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Autore: N92    31/12/2021    0 recensioni
Natan è un uomo pesantemente dipendente dalla droga. Ha appena perso il lavoro e sente di non avere più ambizioni né uno scopo per cui andare avanti. Tutto ciò che era è ormai un ricordo del passato, e l'unico futuro che riesce a vedere è solo quello dell'assunzione della prossima dose.
La sua vita sembra finita, finché un giorno non riceve una visita riservata solo a pochi nella storia: è L'angelo Gabriel.
L'angelo è venuto per conto di Dio, e metterà in discussione tutto quello che Natan ha vissuto, pensato e agito fino a quel momento. Il drogato contro l'angelo, in un viaggio che smuoverà l'animo dell'uomo e lo costringerà a presentarsi nudo davanti a sé stesso e alla Divinità.
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Incontro

 

 

Los Angeles, 17.33 P.M.

 

Natan sedeva in maniera scomposta su un vecchio divano rosso, la testa rivolta al soffitto. Era madido di sudore e la maglietta grigia che indossava disegnava chiazze scure sotto le ascelle e nell'incavo dei pettorali. Ansimava leggermente, e gli occhi erano persi nel vuoto, ma l'eccitazione era enorme e cresceva nell'attesa che la droga che si era sparato in vena facesse effetto. Era così la droga: paradiso e inferno assieme, estasi ed oblio, consapevolezza ed ignoranza. Sorrise un poco contemplando il vecchio disegno geometrico disegnato sul muro che lentamente cominciava a cambiare forma.

Si ritrovò a pensare a quanto fosse strano essere un tossico: quando si è “fatti” tutto intorno cambia, persino dei vecchi disegni scoloriti. L'unica cosa che non riesce più a cambiare, e che anzi diventa sempre più schifosamente uguale, è se stessi. E da lì ci si ritrova a pensare solo alla droga, sempre e solo alla droga.

Un tossico è un santo che non ce l'ha fatta”. Questo pensiero lo fece sbellicare e rischiò di farlo cadere dal divano. Si resse a malapena sul bracciolo e con uno sforzo enorme (in quella situazione era enorme) ritornò nella posizione scomoda di prima. D'altronde le posizioni scomode sembravano far parte della sua vita.

Fanculo”. L'avrebbe voluto dire a voce alta se ce l'avesse fatta ad articolare la parola. Le cose dette sfogano molto di più di quelle pensate.

Levò lo sguardo alla finestra completamente spalancata. Si intravedevano gli edifici adiacenti, con le loro vetrate, e balconi, e piante, e tante altre noiosissime cose che tappezzavano quel noiosissimo panorama. Quando aveva comprato l'appartamento aveva pensato che prenderlo al decimo piano gli avrebbe regalato una vista mozzafiato sulla città. Era vero, ma nella concezione visiva di una persona normale. Ad un tossico non piace la “normalità normale”, perché per lui la normalità è un'altra cosa. Per lui è un disegno cangiante, o un palazzo che diventa improvvisamente e senza una ragione precisa un grosso serpente con le squame e tutto il resto. Come in quel film sui maghi che aveva visto qualche anno fa.

Natan lo vedeva il serpente, e questo magico fatto gli procurò un'altra potente scarica di risa, che minacciò ancora di farlo cadere. Si tenne di nuovo al bracciolo e subito tornò ad osservare il serpente. Gli piacevano i serpenti, perché erano come la droga: velenosi e bellissimi.

Questa volta però non vide né animali, né edifici. La finestra era coperta completamente di una luce bianco candido.

Se ce l'avesse fatta si sarebbe grattato la testa, ma più la droga faceva effetto, più lui si sentiva immobilizzato. Questo era un fastidioso effetto collaterale.

Ah, ma dai! Veramente? Hey, stronza! Ridammi il serpente! Voglio il serpente! Questa luce è una merda”. Si stava veramente sfastidiando di non riuscire a parlare, e allora aveva provato a comunicare il suo disappunto col pensiero. D'altronde è questo il bello di essere un tossico no? Puoi rivolgerti ad una finestra come se fosse una cosa normale.

Natan sbuffò perché il suo divertimento era finito.

Fanculo” imprecò fra sé mentre girava lo sguardo per tornare ad osservare il soffitto mutevole.

«Non dovresti disprezzare ciò da cui sei stato generato» lo ammonì una voce.

Natan si girò nella direzione da cui la voce era provenuta, e si rese conto di quanto i suoi sensi fossero rallentati, perché ci aveva messo molto a compiere il gesto. Stranamente, si trovò a constatare nonostante la sua pessima condizione, non era allarmato come avrebbe dovuto aspettarsi da una situazione così anomala. Del fatto che era solo nell'appartamento non aveva dubbi. Se ci fosse stata una donna non sarebbe di certo rimasto lì a fissare i serpenti... cioè gli edifici. Diamine se non era così!

Il problema era la droga: quante volte gli aveva fatto vedere o sentire cose che non erano reali? Forse era per questo che si sentiva così tranquillo.

Anche perché, se ci fosse davvero qualcuno, non riuscirei neanche fargli ciao ciao con la mano”. Ancora una risata, ma questa volta solo nella mente. Era il massimo che poteva fare adesso.

«Il fatto che non sia reale per gli altri, non vuol dire che non possa esserlo per te».

Natan era sicuro che la voce provenisse dalla finestra.

Aspetta un minuto” si ordinò, “da quando la luce del sole è così forte? Sembra la porta per il parad...”

«Lo è, in un certo senso» lo interruppe la voce, «o almeno nella concezione che voi umani avete di paradiso».

Da tutta quella luce che ormai abbagliava l'intera stanza, cominciò ad uscire qualcosa. Natan ebbe un sussulto, o meglio la sua mente, e se avesse avuto ancora il controllo del corpo, sicuramente avrebbe espresso anche lui tutto il suo stupore. Quello che ne uscì fu invece una non-reazione, come se ad assistere a quell'evento misterioso fosse stata una bambola.

Gli occhi di Natan però funzionavano bene, e poterono osservare ciò che si palesò da tutto quell'intenso bagliore: la figura di un uomo. Il suo viso era giovane e la pelle candida, come quella di un bimbo. Effettivamente era difficile dagli un'età, perché c'era un innaturale sensazione di anzianità, con linee dure e ben delineate, che si mischiava però con una morbidezza e dolcezza che erano appunto sottolineate dalla pelle. Un connubio strano, rifletté Natan. Gli occhi erano azzurri e i capelli castano chiaro. L'individuo indossava una tunica bianca, divisa sulla vita da una fascia gialla, con due drappi che cadevano dai fianchi fino ai piedi. Era scalzo, e fu proprio questo che permise a Natan di rendersi conto che stava levitando. L'essere usciva lentamente, come se il tempo stesso avesse rallentato il suo scorrere per poter ammirare anche lui tutto quello splendore. Natan era ipnotizzato da quella figura, con quelle linee così perfette. Notò però qualcosa che cominciava ad essere visibile dietro alle spalle dell'uomo.

NON DIRMI CHE...”. Il cuore ebbe un sussulto così forte che pensò che sarebbe potuto venirgli un infarto. Dietro all'essere comparvero due grandi ali bianche, sfumate qua e là di tutti i colori. Brillavano anch'esse e il riflesso che emettevano colorava degli stessi infiniti colori tutta la stanza. A Natan ricordarono la palla lucente che si vedeva nelle discoteche degli anni '80.

Porca di quella...è un angelo?”

«Si, mio giovane umano. Ma tu chiamami Gabriel».

 

   
 
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