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Autore: dirkfelpy89    03/01/2022    1 recensioni
Il mondo è stato abituato a vedere Cornelius Caramell come un uomo mediocre, privo di chissà quali doti morali o fisiche che lo elevassero al di sopra di altri maghi o streghe più meritevoli.
Quando venne eletto Ministro della Magia in molti chiamarono la sua vittoria come "la rivincita dei mediocri". Delle persone normali, semplici per certi versi, lontane dalle bizzarrie di Crouch e dall’alterigia così vecchio stampo delle potenti famiglie Purosangue.
Perché questo era nella loro ottica Cornelius: un mediocre che per chissà quali motivi ce l'aveva fatta. Ma, dal mio punto di vista, era un eroe. Il mio eroe.
[Storia Partecipante al Contest "Someone New" indetto da Severa Crouch sul forum "Ferisce più la Penna"]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Andare Avanti

 



Fin da piccoli cresciamo con l’innata convinzione che i nostri genitori siano degli eroi, persone che hanno avuto il privilegio di non conoscere il significato intrinseco di termini distanti come sconfitta o disonore. Che farebbero di tutti per proteggerci dal male del mondo e dalle sue inevitabili sofferenze.
Sono grandi, perfetti, protettivi e man mano che cresciamo questa convinzione si fortifica in noi rendendoci ogni giorno più sicuri del fatto che non ci deluderanno mai. Che non metteranno mai un piede in fallo.
E invece lo fanno, e quando questo accade ci rendiamo conto che non sono eroi ma semplici esseri umani con i loro pregi e difetti; il nostro schema mentale si frantuma improvvisamente e la vita si fa più dura quando ti rendi conto che anche tuo padre sbaglia e ti delude.

Il mondo è stato abituato a vedere Cornelius Caramell come un uomo mediocre, privo di chissà quali doti morali o fisiche che lo elevassero al di sopra di altri maghi o streghe più meritevoli.
Quando venne eletto Ministro della Magia in molti chiamarono la sua vittoria come "la rivincita dei mediocri". Delle persone normali, semplici per certi versi, lontane dalle bizzarrie di Crouch e dall’alterigia così vecchio stampo delle potenti famiglie Purosangue.
Perché questo era nella loro ottica Cornelius: un mediocre che per chissà quali motivi ce l'aveva fatta. Ma, dal mio punto di vista, era un eroe. Il mio eroe.

Un padre amorevole, giocoso e presente, anche durante il suo mandato come Ministro della Magia.
Un uomo capace di tornare a casa stanco, provato dall'ennesima giornata stressante a lavoro, ma allo stesso tempo di trovare le energie per giocare con suo figlio per tutta la notte.
Lui era il mio eroe e questa cosa non cambiò nemmeno negli anni dell’adolescenza, dove spesso i figli iniziano a stancarsi delle attenzioni paterne. Adoravo scrivergli numerose e lunghissime lettere sulle mie giornate da Prefetto Corvonero e non mancava mai, la mattina, di mandarmi il suo gufo privato con risposte altrettanto lunghe e piene di amore, consigli o, molto raramente, rimproveri.
Questo perlomeno fino all’anno del mio M.A.G.O, il 1995, e il ritorno di Voldemort.

“Charlie Caramell, è passato quasi un anno dalla tragica morte di suo padre!”
“Signor Caramell, qual’è il suo ricordo di una delle persone più controverse del mondo magico?"
“Charlie come crede che abbia gestito questa vicenda il Ministero guidato da Shacklebolt?”

Sono uno sciocco.
Diagon Alley è praticamente vuota e la mia presenza in questo piccolo bar, al centro esatto della via, deve aver attirato l’attenzione.
Ancora oggi non riesco a concepire questo fatto.
Una piccola folla di giornalisti armati di Penne Prendi Appunti mi circonda in maniera tutt’altro che silenziosa o anche solo rispettosa. Scatto in piedi come una molla, lascio cinque Falci sul tavolino nel piccolo gazebo, e mi dirigo all’esterno con la testa bassa, desideroso soltanto di potermi materializzare via da quella folla.
Avvoltoi, schifosi e putridi esseri che si gettano addosso alla vittima senza nemmeno cercare di dimostrare un minimo rispetto.
“Non ho niente da dichiarare," rispondo, sbrigativo. Solo così posso cercare di sopravvivere a questa folla di avvoltoi.
“Sua madre come vivrà questa giornata?”
“É riuscita a superare il lutto?”
“Cosa prova sapendo che la fama di suo padre è alle stelle, dopo il suo suicidio?”

Non dovrei farlo, mi è stato consigliato di affrontare quelle piccole ondate di giornalisti come fossero un muro d'acqua: testa bassa, bocca chiusa e mente altrove.
Però questa volta non ci riesco perché quella domanda, quella voce mi spiazzano.
Alzo il capo e vedo la faccia aguzza e malvagia di Ferdinand McGuirty, giornalista del Settimanale delle Streghe, terribilmente ficcanaso e impertinente.
“Come ha detto?” sbotto, la rabbia che monta velocemente dentro di me.
“Quando suo padre è morto era quasi dimenticato mentre adesso la sua figura è stata parzialmente rivalutata. Cosa ne pensa, un suicidio molto… opportuno, no?”

La rabbia che covo dentro da giorni e giorni, o forse mesi o anni, improvvisamente erutta con violenza. So che questo pensiero circola tra la gente, ma mai nessuno prima d'ora mi aveva fatto una domanda di questo genere. Un suicidio opportuno, che cosa ne sa quel bastardo di cosa ha provato la mia famiglia, il nostro dolore e il senso di colpa che proviamo da allora?
Che cosa ne sa quell'essere schifoso del rapporto tormentato che ho avuto negli ultimi anni con colui che aveva giurato di proteggermi ma che in realtà ci aveva messo in pericolo?

Senza riflettere, senza pensare alle eventuali conseguenze, mi getto addosso a McGuirty.
Non c’è bisogno di parlare o tantomeno di una bacchetta per dare forma e consistenza alla mia rabbia: in pochi secondi, prima che la folla ci possa dividere, un paio di pugni ben assestati raggiungono prima il suo naso e poi il mento.
Basta, basta illazioni, falsità e cattiverie. Non sopporto questo clima, non ce la faccio, non mi appartiene.
Ferdinand cade a terra e ne approfitterei per colpirlo ancora e ancora e ancora, un calcio per ogni vessazione che la mia famiglia ha subito nel corso di quest’anno, ma un paio di grosse mani mi afferrano e mi separano dal reporter, adesso privo di coscienza. Mi dimeno, folle di rabbia assassina, ma la presa è più forte, praticamente d'acciaio.

Alzo lo testa e incrocio lo sguardo di Rubeus Hagrid.
“Lasciami!” ringhio, il tono di voce sommesso e minaccioso.
“No che non ti lascio. Quello lo ammazzi sennò!” esclama il Mezzogigante.
“Lasciami ti dico!” urlo. Nel frattempo i giornalisti hanno raccolto McGuirty da terra e mi osservano, spaventati.
E sono proprio le loro espressioni a calmarmi, a farmi rendere conto di cosa ho fatto.
Di cosa sono diventato, anche grazie a questo clima disumano nei miei confronti.

“Io… io non,” boccheggio, mentre Hagrid mi lascia finalmente andare. Cosa posso dire per giustificare quello che ho fatto?
Posso in effetti farlo? Ne ho davvero voglia
McGuirty ha ripreso conoscenza e mi osserva pieno di indignazione e rabbia, la folla rumoreggia.
Devo andarmene via di qui prima che sia troppo tardi.
“Lasciatemi in pace,” sussurro, prima di estrarre la bacchetta e smaterializzarmi via da Diagon Alley. Lontano dalla sofferenza che mi attanaglia ormai da un anno. Da quel gesto che ancora con comprendo.

/ / / / / / /

Il cimitero di Farw rappresenta una specie di scudo per me, ogni volta che la vita, nel corso di questo anno terribile, si è fatta troppo pesante da affrontare.
Sì, forse è patetico che il mio rifugio, lontano dalle disgrazie del mondo, sia il cimitero dov'è sepolto mio padre e tutti i suoi predecessori, in realtà non ho molto altro a cui aggrapparmi: mia madre non è più la stessa e vederla trascinarsi stancamente per casa, scoppiando a piangere per la più piccola cosa, mi devasta.
A volte provo l'egoistico istinto di andarmene via, comperare una casa all'estero e magari ricominciare da capo, lontano dal dolore. In realtà sono solo fantasie, so che non potrei mai abbandonarla.

E così mi reco qui a respirare un po' di pace perpetua, nella vaga speranza che, quasi per osmosi, questa tranquillità possa in qualche modo lenire i miei dolori.
Farw è un piccolo cimitero molto grazioso, per quanto possano esserlo i campisanti, immerso nel verde e in un silenzio assoluto. Rappresenta il luogo ideale per scappare dal mondo, in special modo dopo la mia aggressione a quel giornalista e i successivi articoli scandalistici comparsi sulle varie riviste. Buffo, o tragico, come improvvisamente io venga dipinto come un mostro o uno squilibrato, disturbato psicologicamente in seguito al suicidio di mio padre.
Ma del resto potevo aspettarmelo, a quegli avvoltoi non è passato neanche per un momento l’idea di mettersi nei miei panni

È un posto normalmente deserto e per questo mi stupisco molto più del normale vedendo che davanti alla tomba di mio padre c'è un'altra persona. All'inizio non la riconosco ma poi, lentamente, riesco a dare un nome a quei capelli neri sparati in tutte le direzioni, agli occhi verdi e alla cicatrice sulla fronte: Harry Potter.
È cambiato enormemente rispetto a due anni fa, l'ultima occasione nella quale ho avuto modo di osservare "il Prescelto": è cresciuto, sia in altezza che in peso, e il suo volto, solcato da alcuni tagli superficiali, è in qualche modo più sicuro e maturo.
Osserva la tomba di mio padre con uno strano sguardo, un'espressione che non riesco a giudicare o a definire.

"Buongiorno, Charlie," esclama, voltandosi nella mia direzione.
Sul momento rimango stupito: mi sono mosso silenziosamente e non credevo proprio che mi avesse sentito.
"Il rumore dei tuoi passi sulla ghiaia. Il silenzio amplifica ogni piccolo rumore," mi spiega con una semplicità disarmante.
Annuisco, distratto. Che cosa ci fa qui?
“Ti chiederai il motivo della mia… visita a Farw.”
Maledizione, adesso è anche un Legilimens?
“Ho incontrato Hagrid, stamattina,” continua, prendendo il mio silenzio stupefatto come un invito a proseguire. “Mi ha raccontato del tuo… diverbio con quei giornalisti, a Diagon Alley.”
“Non credo che siano affari tuoi,” rispondo, scontroso. Come si permette di immischiarsi nella mia vita?

Faccio per andarmene ma Harry si affretta ad aggiungere: “so che non dovrei essere qui a… rovinare la tua solitudine, ma solo quando Hagrid mi ha raccontato la tua disavventura con i giornalisti mi sono ricordato che è trascorso un anno… un anno.”
Mi blocco e lo osservo, non posso evitarlo. Qualcosa nel suo tono di voce o nel suo sguardo mi lasciano intendere che anche lui è… colpito? Triste?
“Penserai che sono un mostro, come dicono i giornali,” osservo.
“Nah. Ci sono abituato,” sorride. “Anche se vedo che la Skeeter ha fatto scuola.”
“Immagino.”

Cade un silenzio tra noi pieno di esitazione. Harry sbuffa e poi dice: “mi dispiace per quello che è accaduto a tuo padre, davvero.”
“Eppure in vita lo odiavi. Non che la cosa mi sorprenda, da quando è morto la maggior parte di quelli che lo disprezzavano adesso piangono la sua morte.”
Non vorrei essere così duro, aspro, ma non posso evitarlo. Sono stanco di questo finto buonismo.
“Io non lo odiavo. Non lo apprezzavo come Ministro, visto i suoi numerosi e tragici errori, ma mai ho desiderato la sua morte,” risponde Potter.
“Già, non era perfetto, anzi. Pensa, era il mio eroe, un modello di comportamento, ma quando ho scoperto quel che aveva fatto… non lo so, mi è parso che la persona che per anni ho idolatrato in realtà fosse completamente diversa. Da allora nulla ha avuto più senso.”
“Sì, tuo padre ha commesso molti errori,” ammette Harry.
“Quando la guerra è scoppiata io sarei rimasto a combattere, ma lui no, per questo ti chiedo, in un certo qual senso, scusa. Mio padre si è fatto prendere dal panico, è fuggito via e sono stato troppo… troppo codardo per rifiutarmi e combattere ad Hogwarts… con te.”

Non so perché mi sto aprendo così tanto con quello che è praticamente uno sconosciuto. Forse perché le persone attorno a me sono pronte a difendere a spada tratta il comportamento di mio padre, o più probabilmente risulta più semplice aprirsi con chi non conosci. Non lo so, ma inizio a parlare e mi rendo conto che ne ho bisogno.
Non parlo di mio padre da mesi, oramai.

“Ha cercato di proteggerti, non è stata una mossa da codardi, se ci pensi bene,” replica il ragazzo occhialuto.
“Facile da dire. Il nostro auto-esilio è stato il periodo peggiore della mia vita, sarebbe stato molto meglio morire combattendo che passare mesi e mesi a contatto con quel Cornelius Caramell, te lo assicuro.”
Ancora oggi, se ripenso all’uomo che ho avuto di fronte durante quei mesi d'inferno, rabbrividisco. Pavido, timoroso, costantemente sull’orlo di una crisi di nervi, del mio eroe non era rimasta la benché minima traccia, e la cosa che più mi feriva era vedere quello che per anni avevo individuato come un eroe trasformato in una patetica imitazione d’uomo.

Avrei davvero voluto fuggire… ma non potevo fare questo a mamma.
“Lo odiavo, lo odiavo perché mi aveva illuso. credevo che lui fosse infallibile, che vivesse esclusivamente per il nostro bene, eppure aveva commesso decine e decine di errori, che mettesse al primo posto la sua famiglia, eppure le sue azioni sconsiderate l’avevano messa in pericolo.”

Potter rimane in silenzio, osservandomi intensamente. Non mi interrompe, capisce che non ho ancora terminato.
“Poi la guerra terminò e la situazione, se possibile, peggiorò ancora. Da una parte il Ministero gli chiuse tutte le porte, rifiutando l’aiuto di chi aveva, forse, ancora qualcosa da dire,” osservo, con una nota di rammarico nella voce. “Forse se il Ministro avesse accettato il suo aiuto mio padre si sarebbe ripreso, avrebbe potuto trovare il modo di fare ammenda per i suoi errori. Invece no, ha trovato solo la vendetta e l’odio dei vincitori.”
“Sai che Kingsley non avrebbe mai potuto ammettere tuo padre nel Ministero, non dopo i suoi trascorsi. Nessuno, nel clima post-vittoria, lo avrebbe accettato,” replica Harry.
“Ma avrebbero potuto dargli un supporto, accettare un aiuto ufficioso, fare qualunque cosa. Ed invece lo avete abbandonato al suo destino, un destino che si è fatto via via più tragico,” replico, alzando la voce. Dio quanto è ottuso!

“I mesi successivi sono stati un inferno per lui, per me e mia madre, costretti a convivere con una persona che lentamente aveva perso la volontà e la forza di vivere. Lo spronavo, cercavo di farlo reagire, anche insultandolo, ma niente. Era come morto."
Sbuffo.
“E da lì a qualche mese lo fu davvero,” esclamo, i pugni contratti.

“La notizia ha devastato tutti,” prova a replicare Harry ma subito lo blocco.
“Lo sai qual’è la cosa che più di tutte mi fa incazzare? Che tutta la comunità magica lo aveva abbandonato, quando era in vita, e adesso, dopo che si è suicidato, improvvisamente nessuno si ricorda più dell’odio che ha dovuto subire. É diventato un martire, un santo, quando per mesi era stato dipinto come un decelebrato o un codardo. È bastata la sua morte per cambiare l’opinione di tutti.”
Raccolgo le energie per non urlare nel cimitero. Ci mancherebbe solo questo.
“Quindi sì, odio mio padre perché è stato un debole che non ha reagito alle avversità della vita, che ha preferito togliersi la vita e lasciarci nella merda, scusami la franchezza. E odio la comunità magica perché negli ultimi anni ha creato una vera e propria crociata contro mio padre per poi cambiare idea solo perché è morto. Ipocriti e falsi,” riprendo il mio discorso.
“Immaginerai la confusione che ho in testa e tutta… tutta la rabbia che mi ribolle dentro. Vengo qui perché è l’unico posto dove questa…ira riesce a placarsi. In un certo senso”

Rimango per qualche secondo in silenzio, leggermente ansante dopo aver dato forma e consistenza ai pensieri che mi tormentano da mesi. Potter mi osserva, non ha mai abbassato lo sguardo, e non vedo in lui nessuna traccia di paura, rabbia o qualsiasi altra emozione che riesca a concepire. No, mi osserva e appare estremamente triste.

"Comprendo il tuo odio perché l'ho provato anch'io," risponde. Sorrido sardonico: il salvatore del mondo magico in preda all'odio? Non ce lo vedo proprio.
"Dopo la fine della guerra ho provato un odio cocente misto a un inedito sentimento di vendetta opprimente per tutti i Mangiamorte, o semplice sostenitori di Voldemort, che erano riusciti a scappare alla battaglia di Hogwarts," continua e per la prima volta abbassa lo sguardo, come si vergognasse.
"Gli ho dato la caccia con una ferocia che non mi appartiene, ho trascurato persino gli affetti pur di aiutare gli Auror a trovarli. Qualche mese dopo la nostra vittoria," aggiunge, "ne ho trovato uno, era poco più di un ragazzo, in fuga solitaria. Pensavo che uccidendolo la mia sete di vendetta si sarebbe placata, che il mio odio sarebbe scomparso. Ma non è stato così."

"Tante volte ho pensato anch'io di farla pagare a chi ci ha messo in questa situazione," ammetto riluttante. Non lo dico ad alta voce ma in effetti, mentre prendevo a calci quell'uomo, provavo come una inedita sensazione di vittoria dentro di me.
"Ebbene mi sbagliavo, la situazione non migliora, te lo posso assicurare,” risponde Potter. Dopo che ho ucciso quel Mangiamorte i miei drammi interiori continuavano a persistere e non mi sentivo meglio ma anzi sempre peggio.”
“E come mai?”
“Perché sentivo che non era la maniera adatta di fare giustizia. Ci ho messo settimane e settimane a capire che non è con la vendetta o con l'odio che la situazione migliora,"
"Ah no, e allora con cosa?" rispondo, non riuscendo davvero a comprendere le sue parole.

"Andando avanti. Non ti dico di perdonare, non è una cosa facile o naturale, ma di superare i problemi, andare avanti e pensare al futuro, non al passato, può aiutare. Non farti trascinare dall'odio e dalla vendetta perché ci sono passato anch'io e non puoi trovare sollievo tra le braccia mortifere della morte," risponde, guardandomi fisso negli occhi. Non riesco a sostenere il suo sguardo.
“Vendicarsi, magari uccidendo qualcuno o solamente pensandolo, ti trascinerà negli abissi, credimi perché cis noo andato vicino e solo grazie alle persone che amo sono riuscito a tirarmene fuori. Capire che rispondere alla violenza passata con la violenza non ti farà sentire meglio. Forse sul momento, ma dopo, quando avrai capito cosa hai realmente fatto, le cose andranno sempre peggio.”
"Dovrei dimenticare che mio padre è stato abbandonato dalla comunità magica? Nello stesso momento dovrei cercare di non ricordare che mio padre è stato un debole che c'ha lasciato nella merda?"

"No, non dimenticare ma cercare di andare avanti con la tua vita, viverla anche per chi non c’è più. Non ne sono sicuro, forse non ci arrivi, ma penso di sapere che cosa può essere passato nella mente di tuo padre. Ho letto il biglietto che ha lasciato poco prima di morire e ho cercato di leggere tra le righe. Io, o forse dovrei dire Hermione," aggiunge.
"Non c'è niente di nascosto tra quelle righe," replico, astioso.
"Mi permetto di dissentire. Tuo padre sapeva che la sua condizione all'interno del ministero non sarebbe migliorata, anzi, era a conoscenza del fatto che il mondo magico lentamente lo avrebbe abbandonato e con lui anche la sua famiglia. Ma allo stesso tempo sapeva che ci voleva un gesto tragico e drammatico per cambiare il corso degli eventi e questo gesto era la sua morte, di questo ne sono assolutamente convinto," Harry sospira, incerto. "Tuo padre non si è suicidato perché era debole ma lo ha fatto per espiare le sue colpe e, in qualche maniera malata, migliorare la vostra condizione. Sapeva che la sua morte era il prezzo da pagare per darvi un futuro migliore all’interno della comunità magica."

Accolgo questa specie di Rivelazione silenzio attonito. Possibile? Possibile che mio padre dopotutto non fosse stato un codardo?

"So di quello che sono capaci di fare i giornali, ci sono passato e ci sto passando anch'io," Harry sorride, cercando di stemperare la tensione. "E so quello che provi ma devi credermi, dovresti cercare di darmi una possibilità. Forse è una cosa buonista ma dovresti andare avanti, lasciarti alle spalle quello che è successo, evitare i giornalisti e non cadere nei loro tranelli; vedrai che tra qualche mese nessuno ne parlerà più. Soprattutto dovresti smettere di odiare tuo padre perché, pur con i suoi tanti difetti ed il suo comportamento negli ultimi anni, alla fine si è sacrificato anche per il tuo bene."

/ / / / / / /

Torno a casa a fine serata, verso le dieci; non ho avuto il coraggio di affrontare mia madre, non dopo questa giornata assurda.
Dorme, sento il suo leggero russare provenire dal salotto.

Lentamente mi dirigo verso le scale che portano in soffitta, ben attento a non fare troppo rumore. Non vorrei che si svegliasse sul più bello.
Il caos è totale, non entro in questa parte di casa da mesi e mesi, e per un momento non riesco a ricordarmi dove si trova il grosso baule dove abbiamo nascosto tutte le cose appartenute a mio padre. Infine lo identifico, posizionato tra un vecchio armadio con un'anta penzolante e alcuni scatoloni mezzi rotti.
Con un colpo di bacchetta apro il coperchio e rimango per qualche secondo a osservare i numerosi oggetti gettati alla rinfusa: i vestiti, ormai logori e ammuffiti, i numerosi trofei vinti nel corso della sua lunga carriera e, infine, una busta sottile contenente una pergamena. L’ultima che ha scritto.

La prendo, chiudo il baule e mi siedo su una poltrona polverosa. Ero rimasto così sconvolto e furioso dalla morte di mio padre che non avevo mai letto a fondo quella breve lettera lasciata apposta per me.

”Ciao Charlie.
So che non capirai il mio gesto, che forse mi odierai per quello che farò oggi e per quello che ho combinato nel corso di questi mesi e anni. Ti, vi chiedo scusa per questo.
Forse un giorno capirai che ho agito solo ed esclusivamente per il tuo bene, anche questo gesto estremo lo compio per tentare di fare ammenda per i miei peccati.
Non pensare che sia un codardo, forse lo sono perché ho scelto la via più facile, ma un giorno, quando l’inevitabile polverone si poserà, capirai.
Ti voglio bene”


“Charlie, che cosa ci fai quassù?”
Mia madre. Ovviamente, il suo sonno è leggerissimo, deve avere sentito i miei passi in soffitta. Sento le lacrime cadere dagli occhi, il suo sguardo indagatore, ma non mi importa.

Si avvicina, mi aiuta ad alzarmi e le porgo la lettera, in silenzio: se non trovi le parole giuste allora è meglio tacere.
La lettera cade per terra e mia madre, in pochi passi, colma la distanza che ci divide e mi abbraccia, forte. Non lo fa da mesi.
Basta quell’abbraccio per distruggere le mie difese, per comprendere appieno quello che Potter mi ha detto. Sento le lacrime che adesso rigano le guance, senza ritegno alcuno.
“Ti voleva bene. So che era il tuo eroe e che ti ha fatto star male capire che ha commesso tanti e tanti errori. Che vederlo ridotto a una larva ti ha spezzato dentro ma era un essere umano, con i suoi difetti, e ti adorava all'infinito.”

Mi stacco dolcemente e raccolgo la lettera. Non capisco bene perché ma adesso tutto l’odio e la rabbia che provavo dentro di me si è affievolita.
No, non perdonerò mai la comunità magica e non so nemmeno se avrò la forza per perdonare mio padre per le sofferenze degli ultimi anni, ma quella presa che mi serrava il cuore si è notevolmente affievolita.
Forse Potter aveva ragione, forse l’odio e la vendetta non porteranno a nulla, solo all’autodistruzione.

“Anch’io. Anch’io gli volevo bene.”

/ / / / / / /

Scrivere questa storia mi ha messo in confusione perché adoro parlare di nuovi personaggi ma mi piace farlo inserendoli in storie con più capitoli, dove ho molto più tempo per farli venire fuori.
Perciò ho deciso di utilizzare un personaggio che avrebbe introdotto in un'altra mia mini-long: Charlie Caramel è infatti il figlio, inventato da me, di Cornelius Caramell.
Nella saga non esiste nessun accenno a un ipotetico figlio di Cornelius quindi, almeno per me, è un personaggio completamente nuovo così come la madre.
Avrete avuto occasione di capire che si tratta di un ragazzo tormentato, tribolato: da una parte l'odio verso la comunità magica e dall'altra il disprezzo che ha avuto per il padre. Un disprezzo magari non molto logico dal nostro punto di vista ma che comunque ha visto suo padre, il suo eroe, e la sua figura idealizzata che si era creato, spezzati e all'improvviso tramutati in una larva.
Non deve essere stato facile per lui come ho cercato di farvelo capire inserendo un dialogo con Harry Potter per evitare al solito spiegone introspettivo :D

  
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