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Autore: Carme93    03/01/2022    3 recensioni
E' la vigilia di Natale alla Tana, ma qualcosa turba la consueta atmosfera festiva e calorosa.
Il piccolo Albus sembra sconvolto per qualcosa e Arthur Weasley, nonno affettuoso e premuroso, si assume il compito di far sorridere nuovamente il nipotino.
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Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Arthur Weasley, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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[Prompt⛄ Bonus 2: Creare insieme un pupazzo di neve. Chi parteciperà dovrà “prestare” al signor pupazzo parte di ciò che indossa (cappello, guanto, eccetera). Dovrete utilizzare anche questo dialogo:
- Ce l'hai una carota? -
- Oh certo, ne porto sempre una dietro per ogni evenienza! -]
#regalidinchiostro Blackjessamine, LeilaEFP, Martina Sofifi.
 
 
 
Un gufo di troppo
 
 
 
Strinse con forza il cuscino e tentò di soffocare le lacrime. Quella vigilia di Natale si stava rivelando la peggiore dei suoi otto anni di vita.
«Al, dai, non frignare».
Si alzò di scatto e fulminò sua cugina con lo sguardo. Rose Weasley, sua coetanea, lo fissò con rassegnazione, come ogni volta che gli adulti facevano qualcosa di sbagliato: secondo lei, era tipico dei grandi fregarsene di loro bambini.
«Dai, scendi giù con me. Sono sicura che la nonna ci farà aprire un regalo…».
«Vattene!» strillò nascondendo nuovamente il volto sul cuscino.
«Oh, che palle» borbottò la bambina, che era ben attenta a non utilizzare quel linguaggio davanti a sua madre.
Al non era altro che il diminutivo di Albus Severus Potter. Un nome quanto mai altisonante, ma il bambino non ne era ancora pienamente cosciente, sebbene fosse capitato più volte che i suoi coetanei lo prendessero in giro. Il cognome Potter, poi, non era per nulla sconosciuto nel mondo magico: sua madre, Ginny Weasley, era stata una bravissima giocatrice di Quidditch fino a una decina di anni prima e ora era una giornalista, presso La Gazzetta del Profeta, la testata più importante del mondo magico; suo padre Harry Potter, invece, era il Capitano degli Auror e l’idolo di tutti i piccoli maghi. Ad Albus, però, non interessava per nulla, anzi odiava che suo padre fosse il Capitano degli Auror e odiava il Ministero della Magia!
Prese a pugni il cuscino con foga per qualche minuto, poi smise troppo triste anche per sfogarsi in quel modo.
«Al, muoviti! Rose ha ragione: qualunque cosa chiederai alla nonna in questo momento, ti dirà di sì».
«Vattene» sibilò per la seconda volta all’indirizzo del fratello maggiore, James.
«No, se non scendi con me».
«Ti lancio una scarpa» lo minacciò.
«Oooh, che paura» lo prese in giro.
Albus strinse i denti e gli tirò contro una delle sue scarpe da tennis, che andò a sbattere contro lo stipite della porta.
«Mi hai mancato» esclamò James ridacchiando. «Non hai mira» aggiunse facendogli la linguaccia.
«Ora ti faccio vedere» sbottò Albus.
«Fermo».
Il bambino s’immobilizzò con la scarpa in mano pronto al tiro.
«Tanto non mi prenderebbe mai» ridacchiò James.
«Jamie, per cortesia, vai a giocare con Freddie e gli altri?».
Arthur Weasley era un uomo di mezz’età, dopo anni di fatiche e sacrifici era andato in pensione e la sua attività prediletta era occuparsi dei nipotini, che lo adoravano: era così buono che difficilmente riusciva a sgridarli, nonostante lo meritassero molto spesso, considerando che erano tutti molto movimentati.
Entrando nella cameretta che, un tempo, era stata del suo secondogenito, raccolse la scarpa e la riportò a legittimo proprietario.
«Scusa» mormorò Albus tirando su con il naso.
Il nonno sorrise leggermente e aprì le braccia eloquentemente. Albus si rifugiò immediatamente nel suo abbraccio, certo che fosse di gran lunga più consolatorio del cuscino ormai imbrattato dalle sue lacrime.
Arthur non disse nulla in principio e si limitò ad accarezzargli la schiena per un po’.
«Ehi, Al, ma perché ti stai disperando tanto?» gli sussurrò all’orecchio.
«Perché è la Vigilia di Natale e non c’è mio papà» disse mestamente, ormai al di là delle lacrime.
«Oh, ma il tuo papà è solo in ritardo».
Albus tirò su con il naso e lo fissò attentamente. «Quindi verrà?».
«Certo! Ma insomma, metti davvero in dubbio che il tuo papà preferisca stare con quei noiosi del Ministero e non con te? L’hai preso per zio Percy?».
Il bambino scosse la testa con foga, suscitando un risolino del nonno.
«Allora, sai cosa ti propongo? Mentre aspettiamo il tuo papà, costruiamo un bellissimo pupazzo di neve, che ne dici?».
«Ma mamma e nonna non vogliono che usciamo fuori».
«Ma tu sei con me» gli strizzò l’occhio Arthur alzandosi.
«Solo io e te?».
«Sì, solo noi. Non dire nulla agli altri o vorranno venire anche loro e poi chi le sente la nonna e la mamma?».
Albus annuì e indossò le scarpe, prima di tallonare il nonno fino al piano di sotto. In cucina quest’ultimo appellò il mantello, i guanti, il cappuccio e la sciarpa del nipotino e lo aiutò a coprirsi.
«Voi due dove pensate di andare?» chiese assottigliando gli occhi Ginny Weasley, che, insieme alla zia Angelina, aiutava la nonna in cucina.
«Abbiamo un impegno, torniamo presto» rispose Arthur con noncuranza.
«Arthur, fa troppo freddo fuori» intervenne Molly Weasley. «E gli altri bambini ci rimarranno male».
«Tra poco torniamo» tagliò corto l’uomo, prendendo per mano il nipote e ignorando le proteste della moglie.
«Nonno», Albus gli piantò addosso due occhi enormi, «sei coraggiosissimo».
Arthur ridacchiò e gli accarezzò la guancia. «Forza, dobbiamo costruire un super pupazzo di neve prima che arrivi il tuo papà».
Albus annuì e avanzò felice nella neve: «Il più bello di sempre».
Il bambino iniziò a lavorare alacremente: scelse uno punto del giardino dove c’era meno neve e cominciò a creare un enorme palla. Era così felice che aveva dimenticato i suoi crucci precedenti: il nonno gli aveva promesso che il papà sarebbe tornato in tempo e il nonno non mentiva mai. Si concentrò e quasi non volle aiuto: voleva farlo da solo il pupazzo per il papà. Nonostante la buona volontà fu costretto a chiedere aiuto per sollevare la palla che avrebbe funto da testa.
Conclusa quest’operazione, fece qualche passo indietro e osservò criticamente il risultato.
«Mi sa che ha bisogno di due occhi e di una bocca» gli suggerì Arthur.
Albus pensieroso annuì. «Lo so, ma non so come farli. C’è troppa neve per cercare delle pietre».
«Impossibile» concordò il nonno.
«Magari potremmo mettergli un paio di occhiali da sole… Jamie dice che sono fighi…».
«Se tua mamma sente quelle parole vi affattura la lingua…». Al si coprì la bocca istintivamente. «Occhiali da sole, eh? Sarebbe originale… Vediamo un po’… Accio occhiali da sole…».
Albus, eccitato, si guardò intorno ma scorse la custodia, volata fuori da una dalle finestre della casa, quando era ormai vicina. Osservò il nonno con tanto d’occhi, mentre la prendeva e l’aprì.
«Dici che vanno bene?».
«Bellissimi» approvò il bambino. «Di chi sono?» s’informò mentre, mettendosi in punta di piedi, gli poneva sul volto del pupazzo.
«Credo di zio George, non se la prenderà».
«Oh, guarda» disse improvvisamente Albus correndo verso il sentiero. «Questo rametto è perfetto per il naso. Ora mancano sciarpa e cappello… o sentirà freddo, no?».
«Certo» assentì Arthur. «Allora, questa è la sciarpa e tieni anche il cappello» aggiunse liberandosi dai caldi indumenti.
«E tu non hai freddo, nonno?».
«Beh, noi abbiamo il caminetto dentro, no?».
«Giusto!».
«Ora è pronto?».
Albus lo scrutò con attenzione e scosse la testa: «Manca il naso! Ce l’hai una carota?».
«Oh, certo, ne porto sempre una dietro per ogni evenienza» rispose il nonno.
Il bambino lo fissò curioso mentre tirava fuori il suddetto ortaggio da sotto il mantello.
«Ooooh, sei un mito nonno!». Afferrò la carota e la piantò al centro del volto del pupazzo.
«Aspetta, diamogli anche le braccia a questo punto». Arthur appellò dei rametti e il nipotino li inserì ai fianchi del pupazzo.
«Perfetto!».
«Oh, ma che bello!» una voce un po’ roca ma forte giunse alle loro spalle.
Albus la riconobbe subito.
«Papà!» gridò correndo verso di lui e rischiando di scivolare un paio di volte.
«Già qui Harry?» gli chiese sorpreso Arthur.
«Sì, per fortuna, alla fine la riunione è stata velocissima. Nessuno voleva rimanere al Ministero il 24 dicembre».
Albus si era appigliato a lui ˗ non sembrava intenzionato a staccarsi tanto presto ˗ e non faceva che elogiare il pupazzo di neve. «Ti piace? Eh, ti piace, papà?».
«Sì, tantissimo. Come lo hai chiamato?».
«Non ha ancora un nome».
«Allora chiamiamolo Ron, come lo zio. Ne sarà onorato».
«Va bene» trillò felice Albus. «Papà, ti presento Ron il pupazzo di neve; Ron, ti presento mio padre».
Harry fece finta d’inchinarsi e i tre entrarono in casa. Albus lo liberò per andare a raccontare alla madre e alla nonna del pupazzo.
«Harry».
«Sì» disse il giovane voltandosi verso il suocero.
«La prossima volta che il tuo imprevisto è una riunione non mandare nessun gufo a casa».

 
 
   
 
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