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Autore: Neamh Moonstar    05/01/2022    2 recensioni
Dio non muore, non sbaglia e non abbandona.
Dio non crea il caos tra gli angeli in cielo, né lascia quelli sulla Terra soli tra le lacrime e il sangue.
Dio non parla e non risponde.
Giusto?
(Considerabile come un seguito di: "Quell'angolo di infinito" ma leggibile separatamente).
Genere: Angst, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Dio, Gabriele, Morte
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dilogia sotto le stelle'
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Il silenzio venne rotto dal rumore dei clacson, dal vociare eccitato delle persone in lontananza e dai passi veloci che si susseguivano in massa sul marciapiede.

Che diamine aveva la gente? Pensò Crowley stringendo gli occhi, infastidito. Normalmente riusciva a dormire bene nella libreria, ma quella volta sembrava che qualcuno avesse sguinzagliato una mandria di elefanti impazzita davanti all'ingresso.

Cercò di contrastare il baccano tirandosi la coperta fin sopra le orecchie. Peccato che bastò un tocco per fargli capire che quella che aveva addosso non era una coperta. Al tatto era morbida, calda e soffice, ma era come se fosse ricoperta di... Di piume?

Aggrottando le sopracciglia, toccò la superficie sotto di lui e capì che non erano i cuscini del divano, bensì le fredde e lignee tavole che costituivano il pavimento della libreria. 

Un attimo. Che ci faceva per terra?


Con una fatica immane aprì gli occhi, salvo poi richiuderli a causa della - della luce del sole?

Li riaprì subito, stupefatto. Il piano di sotto era effettivamente inondato dalla calda luce del mattino, segno inequivocabile dell'arrivo di un nuovo giorno. La notte eterna era finalmente finita: ciò spiegava la gioia che aveva invaso le strade.

E sopra di lui era poggiata un'ala dalle belle piume candide come le nuvole in un cielo sereno; appartenenti all'angelo dormiente accanto a lui. Non uno qualunque, il suo: l'amore della sua esistenza. L'essere meraviglioso al quale era sempre stato legato e che ora giaceva tranquillo al suo fianco, con il volto pulito e rilassato; la fronte contornata da riccioli perfetti, ben raggomitolato tra lui e il piccolo rifugio piumato con il quale aveva circondato entrambi. 

Era vivo e vegeto, non era ferito e stava bene. 

E lo amava. Si amavano di un amore che nessuno avrebbe mai eguagliato.


Tutte queste sicurezze inondarono l'animo del demone con un calore così dolce da portarlo alle lacrime.

Pianse tutto: la paura che aveva provato, il sangue che aveva visto sgorgare, il dolore che aveva visto sul volto di Aziraphale, i ricordi che aveva dovuto rivivere... Ma soprattutto, pianse di gioia. Ora sapeva che, nonostante la Caduta, aveva fatto la scelta giusta: aveva deciso di rischiare, chiedere e affezionarsi. Non avrebbe cambiato ciò che provava neanche per tutte le stelle del cielo. E se fosse stato costretto a tornare indietro di nuovo, lo avrebbe fatto solo per non cambiare assolutamente nulla.

Forse, l'unica cosa che adesso rimpiangeva, era la lontananza di Dio. Sapeva che non si sarebbero più parlati, ma poco importava: si erano ricongiunti, per quanto assurdo potesse sembrare. Era abbastanza da farlo stare meglio con sé stesso: gli sembrava di essere riuscito a sanare una vecchia ferita.

Certo che era davvero fuori di testa il Grande Capo. Si ritrovò a sorridere al pensiero, e si disse che gli umani si sarebbero meritati di conoscere la Sua vera natura. Di certo, era molto più interessante di qualsiasi cosa avessero deciso di venerare.


Contrastando lo sfogo a fatica, Crowley si asciugò il viso e prese ad accarezzare le morbide guance dell'altro con un amore e una sicurezza che prima di allora non si sarebbe potuto permettere. 

Adesso sì che erano liberi del tutto. Non che prima non andasse bene, anzi: forse sarebbero riusciti ad andare avanti anche senza scoprire niente di ciò che avevano scoperto. Solo, sarebbero stati un po' più lenti e un po' più incompleti.

Povero Aziraphale: tutti che lo spingevano a fare tutto. Mai nessuno che lo aspettasse, andando al suo passo e godendosi i momenti, attendendo che le cose maturassero da sé. Beh, adesso aveva tutto il tempo di fare con calma: Crowley sarebbe rimasto lì anche un secolo ad attendere che si riprendesse da tutto lo strazio che aveva passato, e lasciando che si riposasse alla luce del nuovo sole e nel calore della ritrovata presenza di Dio.


Strisciando lentamente sotto quelle ali sempre pronte a proteggerlo, il rosso avvicinò il volto a quello dell'altro e diede un bacio a quelle labbra così dolci e così morbide da fare un baffo alle nubi del Paradiso. Labbra che non si ritrassero ma risposero lentamente e pigramente al tocco, come se stessero aprendo una porta, invitando quel gesto ad entrare. 

Oh, sarebbe diventato rompi scatole e dannatamente appiccicoso. Cioè, era già entrambe le cose - ma adesso sentiva che non sarebbe riuscito a domare la sua naturale possessività così bene e Lei non era lì per calmarlo.

Mai dare ad un demone esattamente ciò che vuole: rischi che vi si attacchi. Si prospettava un cambiamento divertente e particolare, ma era pronto a viverlo tutto; alti e bassi - anche se già interrompere quel bacio fu difficile. Tanto, tanto difficile.


Fortuna volle che non dovette aspettare tanto per averne un altro.


**


Si svegliò sotto ai tiepidi raggi di sole invernali, e da lì capì che le cose erano tornate apposto. Lo capì anche dall'assenza di freddo e bruciore; così come lo capì dalla presenza persistente di Lei, chiaramente percepibile attorno a sé.

Accolse un bacio, sapendo che ne avrebbe dati tanti da quel momento in poi. Decise di godersi gli ultimi attimi di pigrizia, un po' perché ne aveva bisogno e un po' perché aveva deciso di aver dormito abbastanza. Non lo avrebbe fatto mai più, mai, in tutta la sua esistenza.


Si stirò appena, passandosi le mani sul volto. Venne accarezzato e cullato da un leggero: "Ssh...", seguito da una mano che si faceva strada tra i suoi capelli.

    «Non vorrai alzarti così presto, mh?»


Aziraphale affondò pigramente il volto tra il mento e il collo di Crowley, senza dire una parola. Voleva solo vivere un altro po' in quella bolla di benessere, pace, amore, piume e lontane grida di gioia.

    A proposito delle sue ali: «Sono tornate normali, vero?» Chiese, più per avere la conferma che per effettiva preoccupazione. Non dovette nemmeno specificare.


    «Candide e immacolate,» disse l'altro con una punta di orgoglio. «Puoi stare tranquillo.»


Aveva funzionato davvero, quindi. L'angelo si ritrovò a sorridere, pensando a quanto tutto ciò sembrasse la trama di quelle serie smielate che Crowley faceva finta di detestare - ma che in realtà era capace di finirsi in una serata, piangendo anche. 

    «Davvero hai parlato con Dio?» mugugnò, strofinando il naso contro quella pelle liscia e sottile.


   L'altro ridacchiò: «Già. È stato pazzesco: poi ti racconto,» promise. «Un demone che parla con Lei. Assurdo, eh?»


    «Beh, io ho scoperto che dalle Cadute ci si può rialzare, più o meno. Parlando di assurdo.»

Di certo, era possibile avendo qualcuno pronto a prenderti per mano e tirarti su. E lui aveva la fortuna di avere sempre quel qualcuno pronto a farsi in quattro per aiutarlo.


    Crowley gli rispose con un tenero e gioioso: "mhmh" stampandogli un bacio tra i riccioli. «Vuoi che ti porti su?»

Aziraphale scosse la testa.

    «Il divano?»

Altra negazione.

    «Va bene, allora stiamo qui. Tutto quello che vuoi.»


Venne sorpreso da un altro bacio. Lo ricambiò con un sorriso sulle labbra, si separò appena solo perché l'altro potesse riavvicinarsi, e scoprì che gli piaceva quel piccolo gioco: quel toccarsi, staccarsi, tornare ad unirsi per poi scindersi ancora. Esattamente come la prima volta, all'angelo parve una grande metafora della loro esistenza e del loro rapporto. Rapporto che aveva fatto quel piccolo salto avanti che li avrebbe portati ancor più lontano di quel che avrebbero mai immaginato.


Rimasero lì per tutto il giorno, avvinghiati, stretti l'un l'altro in un abbraccio infrangibile e condito di occasionali gesti d'affetto gratuiti, istintivi. Quell'amore non era più l'ombra del loro passato: ne era diventato la conferma. 

E andava bene così.

Andava bene così.


**


Passò un anno da quei tre assurdi giorni.

    Morte affiancò Dio, ponendosi come sempre alla Sua sinistra. «Come va, Mia Signora?» Chiese.


Lei sorrise, gli occhi splendenti fissi sull'edificio davanti alla libreria. Aveva aperto da poco ed era diventato un pub: uno dei migliori della città - oltre che uno dei più festaioli (il che, per qualche miracoloso motivo, non arrivò mai ad intaccare la calma e la concentrazione dei lettori di fronte).

    «Sai, sono cambiati molto senza cambiare per niente,» disse, guardando dolcemente il Suo interlocutore. «Si separano di rado, parlano, ridono, bevono, battibeccano e ricominciano da capo. Ogni volta, però, riescono a rendere il tutto sempre più interessante da osservare


    Il mietitore annuì: «Possono essere più vicini di così?»


    «E chi lo sa,» rise l'altra. «Sono capaci di tutto, quei due. Sai cosa mi ricordano?»


Morte scosse la testa, mettendosi distrattamente a guardare Crowley e Aziraphale uscire dal pub. Il demone chiuse la porta con un unico, fluido movimento del braccio, intrecciò le dita con quelle dell'altro e i due si misero a conversare con naturalezza, prendendo a camminare.


    «Conosci Alpha Centauri?» Chiese Dio, cingendo l'ossuto braccio del mietitore.


    «Oh, eccome. Una delle Vostre migliori creazioni


    «Ha una storia particolare. È un sistema costituito da due stelle così simili tra loro, e così vicine l'un l'altra, che da lontano sembrano una,» Concluse l'Altissima con un sorriso.


    «Capisco cosa intendiate,» affermò l'altro.


Seguirono i due lungo tutto il tratto verso il parco, osservandoli mentre facevano quello che avevano sempre fatto - sin da quando il mondo che tanto amavano ancora non esisteva. Solo che stavolta alle parole si alternavano i baci; al gesticolare si susseguivano le carezze, le dita strofinate sui dorsi delle mani, le loro fronti che si sfioravano. Erano arrivati ad essere ciò che Lei aveva sempre sperato e per il quale aveva mandato in subbuglio la Terra.


    «Si sta mettendo a piovere,» commentò Morte, osservando il cielo plumbeo come le ali di un mezzo Caduto.


    «Non temere, Ombra Mia: Aziraphale ha sempre un ombrello con sé,» disse Dio con un tono dolce e orgoglioso.


    «Dite che se la caveranno? Ho come l'impressione che abbiano davanti a loro ancora tante cose da fare, da vivere, da sistemare...»

Il mietitore La conosceva bene: la sua Signora passava il tempo a pianificare, intrecciando il tessuto dell'universo secondo regole che solo Lei conosceva. Per quanto riguardava Crowley e Aziraphale, però, le cose si facevano sempre piacevolmente intricate.


    «Andrà benissimo,» lo rassicurò Dio, osservando l'ombrello dell'angelo aprirsi all'arrivo delle prime gocce. «E poi: ci sono io con loro. Sempre, anche se non possono sentirmi.»

Le sarebbe mancato parlare col demone. Nonostante tutto, si era divertita e aveva sistemato uno dei rapporti migliori che avesse mai avuto con una delle sue creazioni.


E fu così che Dio e Morte rimasero ad osservare quelle due creature così diverse amarsi così tanto. Sorrisero nel vederle unite, imperturbabili sotto l'acquazzone crescente, saldamente appiccicate l'un l'altra.

Da soli, quei due rappresentavano la perfetta idea di unione e la perfetta idea di amore. Erano meravigliosamente coesi e meravigliosamente... Loro. Loro che avevano spinto l'Altissima a fare l'impossibile, loro che non seguivano regole perché erano loro stessi una regola.

E andava bene così. Andava bene nonostante il tempaccio, il freddo, le differenze. Andava bene perché - finalmente - si erano detti e fatti ciò che per secoli avrebbero voluto.


Non sarebbe stato sempre tutto rose e fiori, ma non importava. Crowley non sarebbe mai stato paziente, ma non importava. Aziraphale sarebbe sempre rimasto un po' indietro, ma non importava. Importava solo il presente. Importavano quei baci rubati sotto la pioggia.

E andava bene così perché meglio di così non poteva andare.

Era tutto assolutamente perfetto.


Stavolta davvero.


**

Fine.

   
 
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