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Autore: Kimando714    05/01/2022    0 recensioni
La vita da ventenni è tutt’altro che semplice, parola di sei amici che nei venti ormai ci sguazzano da un po’.
Giulia, che ha fin troppi sogni nel cassetto ma che se vuole realizzarli deve fare un passo alla volta (per prima cosa laurearsi)
Filippo, che deve tenere a freno Giulia, ma è una complicazione che è più che disposto a sopportare
Caterina, e gli inghippi che la vita ti mette davanti quando meno te lo aspetti
Nicola, che deve imparare a non ripetere gli stessi errori del passato
Alessio, e la scelta tra una grande carriera e le persone che gli stanno accanto
Pietro, che ormai ha imparato a nascondere i suoi tormenti sotto una corazza di ironia
Tra qualche imprevisto di troppo e molte emozioni diverse, a volte però si può anche imparare qualcosa. D’altro canto, è questo che vuol dire crescere, no?
“È molto meglio sentirsi un uccello libero di volare, di raggiungere i propri sogni con le proprie forze, piuttosto che rinchiudersi in una gabbia che, per quanto sicura, sarà sempre troppo stretta.
Ricordati che ne sarà sempre valsa la pena.”
[Sequel di "Walk of Life - Youth"]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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Prima di lasciarvi al capitolo volevamo avvisarvi che abbiamo aggiornato la nostra playlist di Spotify (che trovate linkata nella nostra pagina utente) dedicata a Growing, con i brani che ritroveremo nei capitoli che vanno dall’11 al 20. Potete scatenarvi con ipotesi e teorie su cosa succederà con questi indizi musicali 🤯
 

CAPITOLO 10 - MISUNDERSTOOD

 
 
None of it was planned
Take me by the hand
Just don’t try and understand
(Robbie Williams - "Misunderstood")*

 
La giornata sembrava essere passata al rallentatore, come se ogni minuto si fosse dilatato all’infinito, come se ogni secondo fosse durato intere settimane. Anche le emozioni, le sensazioni più piccole, e su cui di solito non si soffermava nemmeno a pensare, sembravano ora più pressanti, pronte a pungolarla in ogni istante. Giulia sentiva i battiti del proprio cuore come amplificati, ogni respiro farsi più profondo e prolungato. La fronte cominciava a dolerle, uno dei tanti segnali che il suo corpo le stava mandando per chiederle una tregua.
Ma i pensieri erano troppi, e le tregue non erano contemplate.
Il resto della giornata era scivolato via così, tra la lentezza e il torpore in cui Giulia si era ritrovata catapultata; ora, seduta sul divano del proprio salotto, ripensava a quella stessa mattina come se ripensasse ad un evento accaduto anni prima. Le sembrava di ricordare qualcosa di così lontano dal presente da credere quasi di star a pensare che non era mai esistito davvero. Eppure le lacrime e la disperazione di Caterina erano tangibili nella sua memoria, così come lo erano la preoccupazione e l’ansia che sentiva crescere dentro, ad ogni minuto che passava.
Con il corpo si trovava seduta sul divano, con Filippo che le cingeva le spalle con un braccio, mentre con l’altra mano reggeva il telecomando della tv, intento nel cambiare canale ogni attimo per insoddisfazione; con la mente, invece, rivedeva se stessa con quel test di gravidanza in mano, la dicitura “Incinta, 1-2 settimane” che le lampeggiava davanti agli occhi, come a non lasciarle scampo.
Non aveva idea di come potesse sentirsi Caterina, se già lei si sentiva così persa, senza alcun punto di riferimento.
Quando se ne era andata, Giulia non aveva nemmeno avuto la forza per dirle che sarebbe andato tutto bene. In quel momento le sembravano le parole più stupide ed inutili che avrebbe potuto rivolgerle, perché sapevano entrambe, tacitamente e senza il bisogno di doverlo esplicitare a voce, che non era affatto certo che sarebbe andato tutto per il meglio.
Non riusciva nemmeno a sentirsi tranquilla pensando alla possibile reazione di Nicola: aveva cercato di apparire fiduciosa e positiva con Caterina, ma non poteva negare anche a se stessa di non sentirsi affatto così. La sua mente la riportava all’autunno di quattro anni prima, come a volerle ricordare ancora una volta ciò che era stato il motivo per cui Caterina si era allontanata da Nicola quella prima volta, come a volerle ricordare che probabilmente era anche quello uno dei motivi per cui si sentiva così terrorizzata.
Giulia si strinse maggiormente a Filippo, come a voler cercare un po’ di muto conforto dall’altro, pur non avendogli raccontato nulla. Aveva voglia di piangere, perché in quel momento trovava la vita troppo ingiusta, perché aveva troppa paura per le persone a cui teneva, perché tutto le sembrava troppo grande per poter essere affrontato.
-Tesoro, stai bene?- Filippo si voltò appena verso di lei, mormorandole quelle parole a mezza voce. Giulia fu grata alla luce spenta del salotto: forse Filippo non sarebbe riuscito a vederle bene la maschera di preoccupazione che doveva aver stampata in viso.
-Sono solo un po’ stanca- borbottò lei, poggiando il capo sulla sua spalla. Era difficile tener nascosto tutto proprio a Filippo, ma doveva farlo. Non poteva dirgli come mai era sembrata così assente in quella giornata, né niente altro.
Era una cosa che doveva tenere per sé, per non portare altri problemi a Caterina, che di certo ne aveva già molti anche così.
-Scrivere una tesi e preparare gli ultimi esami è faticoso, lo so- replicò Filippo, ignaro dei pensieri che le stavano affollando la testa – Ma manca poco, un ultimo sforzo e poi ti potrai riposare per bene-.
A Giulia venne quasi da ridere, una risata amara come non mai: d’un tratto la tesi e gli esami le parvero problemi infinitamente piccoli, assolutamente anonimi, ad una distanza siderale dai problemi della vita vera.
-A proposito di tesi- Giulia si inumidì le labbra, prima di continuare – Mercoledì dovrei andare in università. Devo vedermi con il relatore-.
Non era vero, anche se mercoledì mattina di certo sarebbe uscita di casa. Non avrebbe messo piede in università, ma in un laboratorio di analisi: accompagnare Caterina per delle analisi del sangue – il mezzo più veloce per avere una conferma inequivocabile della gravidanza- le sembrava il minimo che potesse fare per darle una mano.
-Non eri già andata qualche giorno fa? Qualche problema con la tesi?-.
-Ho un dubbio su un capitolo- farfugliò Giulia, tesa come una corda di violino. Filippo non indagò oltre, probabilmente convinto di ciò che lei gli aveva appena detto.
Tirò un sospiro di sollievo, anche se la sensazione di tranquillità durò solo pochi attimi. Mercoledì mattina sarebbe stata una giornata altrettanto dura, se lo aspettava.
Per un attimo volle quasi alzarsi dal divano, correre in bagno e buttare a terra il test di Caterina, nascosto nel suo beauty case in attesa di potersene liberare – senza buttarlo nel cestino del bagno, dove Filippo l’avrebbe senz’altro intravisto-, per pestarlo, come a voler cancellare il segno evidente di ciò che stava accadendo. Avrebbe voluto frantumarlo, eliminarlo definitivamente, sbarazzarsene come avrebbe dovuto fare in ogni caso.
Non si alzò, rimanendo ferma dove si trovava, non spostandosi nemmeno di un centimetro: arrabbiarsi così non le sarebbe servito a nulla, solo a farle spendere energie. Energie che le sarebbero servite troppo.
 
*
 
Filippo si strinse nell’accappatoio, il tessuto spugnoso e a tratti ruvido che già asciugava le gocce d’acqua ad un primo contatto con la pelle.
Adorava la sensazione di relax che si sentiva addosso subito dopo una doccia rinfrescante e rigenerante, soprattutto dopo una giornata come quella appena passata. Se ne era stato a casa tutto il giorno, ringraziando il cielo che il 25 aprile fosse festa nazionale, e che quindi nessuna lezione gli avrebbe impedito di restarsene comodamente a letto la mattina e passare del tempo con Giulia. Era ciò che aveva fatto, con l’inizio della giornata che era andato come previsto: si era svegliato tardi, prendendosela con calma. Nessuna fretta, nessuna voglia di aprire i libri, nessuna corsa nemmeno per dover andare a lavorare nel solito affollatissimo supermercato a Marghera.
Una normale e banale giornata di ozio era tutto ciò che aveva chiesto, e ciò che aveva avuto. E probabilmente avrebbe potuto dirsi soddisfatto anche del fatto che anche Giulia era rimasta a casa tutto il tempo, con lui, come aveva desiderato. Il problema era che, pur essendo presente fisicamente, Giulia sembrava avere la mente altrove, distante in ogni senso ed in ogni momento.
Era la stessa sensazione che Filippo aveva avuto anche la sera prima e che aveva deciso di ignorare bellamente, ma che non aveva più potuto fingere di non vederla anche in quella giornata.
Forse era davvero tutta questione di stanchezza: tra la casa da mantenere in ordine, il lavoro e lo studio, Giulia doveva essere davvero sobbarcata di mille pensieri ed impegni. Non poteva certo fargliene una colpa, se per qualche giorno era più affaticata del solito. Se la immaginò stesa a letto: se ne era andata a dormire già un’ora prima, e con tutta probabilità doveva già essersi addormentata.
Sì, doveva proprio essere un po’ di spossatezza di quel periodo.
Filippo cercò di asciugarsi alla bell’e meglio, tamponandosi poi i capelli ricci con un asciugamano. Erano diventati un po’ troppo lunghi, ormai, per riuscire ad asciugarli sul serio solo così: per quanta poca voglia avesse, era davvero il caso di darci una passata con il phon. Non aveva la minima intenzione di buttarsi a letto per dormire con i capelli umidi, rischiando così di bagnare anche la federa del cuscino e di beccarsi un raffreddore che di certo non gli avrebbe fatto comodo.
Aprì l’anta del pensile, fissato in alto di fianco al lavandino. Dovette alzarsi un po’ sulle punte dei piedi per riuscire ad inforcare il phon, e anche così facendo non riuscì a tirarlo fuori senza sbatterlo addosso agli altri oggetti posati sul ripiano interno del mobile.
Il beauty case di Giulia e una scatola di cerotti caddero rovinosamente a terra, provocando un botto che a Filippo, nel silenzio del bagno, parve incredibilmente forte. Sperò di non aver disturbato il sonno di Giulia, mentre posava il phon sopra la lavatrice, e si curvava per raccogliere ciò che era caduto.
Solo quando si piegò verso terra si accorse che il beauty case era aperto, e che alcuni oggetti contenuti si erano rovesciati a loro volta sul pavimento: qualche matita per gli occhi, un eye-liner, un mascara, e qualcosa che Filippo faticò a capire subito cosa potesse essere. Sporgeva appena fuori dal beauty case, ma Filippo lo prese comunque in mano, come attratto ed impossibilitato a fermarsi.
Pur non avendo mai visto con i propri occhi un test di gravidanza, gli ci vollero solo pochi secondi per intuire che ciò che teneva in mano fosse proprio quello. La razionalità glielo stava comunicando inesorabilmente, anche se dentro di sé la speranza di sbagliarsi si faceva sempre più forte e presente.
Deglutì a vuoto, sentendo per un attimo le gambe molli e la testa girare; si sedette sul pavimento, una sensazione del tutto nuova che lo stava invadendo a poco a poco e che non avrebbe saputo come definire.
Che ci faceva un test di gravidanza nel beauty case di Giulia?
Per quanto stupida potesse sembrare quella domanda, non poté fare a meno di chiederselo a ripetizione. La riposta a quella domanda, apparentemente piuttosto ovvia, non fece altro che mandarlo ancor più in crisi di quanto già non si sentisse.
Giulia era incinta?
Gli tornarono in mente le stranezze che aveva notato dal giorno prima, e per un attimo tutto gli fu chiaro: forse era quello il motivo per cui Giulia gli era sembrata così taciturna e distratta. Forse era a quello che pensava: alla sua gravidanza.
Filippo respirò a fondo, cercando di ritrovare un po’ di lucidità. Si ritrovò la mente affollata di immagini alle quali non aveva mai dato più di tanto peso prima di quel momento: si immaginò come sarebbe stata Giulia con il pancione, a gravidanza quasi terminata. Si immaginò come sarebbe stato toccare con le proprie mani quella pancia, sentire sotto lo strato di pelle i calci del bambino. Pensò anche a come sarebbe stato tenerlo in braccio, il bambino, loro figlio.
Un sorriso di sgomento e commozione gli si disegnò in viso, anche se durò solo per qualche secondo fugace.
La verità è che si sentiva quanto mai spaventato, anche per il più piccolo ed insignificante pensiero.
Pensò di nuovo a Giulia, e si chiese come mai non gli avesse detto nulla. Non aveva fatto mezza parola sul suo timore di essere incinta, non aveva espresso nemmeno un dubbio in merito alla questione, mai una volta. Fu tentato di andare in camera da letto per svegliarla e chiederle spiegazioni, ma poi desistette: forse aveva qualche ragione valida per non avergliene parlato prima. Forse avrebbe fatto meglio ad aspettare che fosse lei stessa a farlo, anche se il dover rimanere zitto come se non ne sapesse nulla non gli sembrava affatto facile come cosa da mettere in pratica.
Non sarebbe resistito a lungo, nel fare finta di nulla, già se lo immaginava.
Ed immaginava anche che, inevitabilmente, quella notte non avrebbe chiuso occhio.
 
*
 
-Capite perché sono così agitato, ora?-.
Filippo si sforzò di smettere di gesticolare: non era riuscito a stare fermo nemmeno per un attimo, muovendo le mani in gesti nervosi per tutto il tempo in cui aveva parlato.
Nicola e Pietro lo guardavano con occhi spalancati, probabilmente ancora soppesando il racconto di Filippo riguardo la sera prima.
Alla fine Filippo non era davvero riuscito a dormire, se non per poche ore, troppo sfinito per continuare a rimuginare sulla sua scoperta. Quella stessa mattina, poi, i pensieri erano di nuovo tornati, ma non aveva avuto il coraggio per chiedere qualsiasi cosa a Giulia. Si era limitato a guardarla mentre usciva di casa, osservandola in una maniera totalmente diversa dal solito: non poteva fare a meno di vederla sotto una luce diversa, ora, più luminosa e calda.
Aveva sentito il bisogno di parlare con qualcuno, appena Giulia se ne era andata, ed il pensiero era andato automaticamente a Pietro e Nicola. Filippo era giunto a casa del primo fin troppo agitato per riuscire a tenersi dentro quel pensiero che lo rodeva fin nel profondo.
Era quasi ora di pranzo, e Filippo aveva appena finito di raccontare ciò che era successo in quel bagno la sera prima; spostò lo sguardo da Pietro a Nicola, e non poté fare a meno di guardarli accigliato, quando dopo diversi attimi non ricevette alcuna risposta:
-Beh, non dite nulla? Io sto per svenire, e non dite nulla?-.
-Innanzitutto: calmati- rispose subito Nicola, zittendolo subito – Sei sicuro che il test fosse positivo?-.
-So leggere, fino a prova contraria. C’era scritto sullo schermo, non me lo sono sognato-.
Filippo gesticolò ancora una volta, incapace di trattenersi. Si sentiva un po’ ridicolo ad agitarsi così tanto, ma aveva bisogno di esternare in una qualche maniera il turbinio di emozioni che sentiva dentro.
-È stato così inaspettato- mormorò piano, abbassando lo sguardo per non incrociare gli occhi di Nicola o Pietro – Non me lo sarei proprio aspettato. Forse è troppo presto, forse non siamo proprio pronti, ci sono un sacco di problemi, però ... -.
-Però?- lo incalzò Nicola, calmo e riflessivo.
-Però, in un certo senso, mi sento bene quando penso al futuro che ci aspetta. È da sconsiderati, lo so, ma ... Oddio, avere un figlio da Giulia è qualcosa di indescrivibile-.
Filippo rimase immobile, per la prima volta da quando era entrato in quella casa. Non si sarebbe aspettato di dire quelle parole ad alta voce, anzi, forse non si aspettava nemmeno di pensarle.
Eppure, in tutta quella situazione assurda, era proprio così che cominciava a sentirsi: confuso, senza sapere bene come comportarsi, ma contento. Contento di avere Giulia accanto a sé, contento del fatto che, un giorno, avrebbero stretto un figlio loro tra le braccia.
Alzò finalmente lo sguardo verso gli altri due, trovandosi di fronte il sorriso appena accennato di Nicola, che gli tirò una pacca amichevole sulla spalla.
-Sei già pronto alla tua futura vita da padre, a quanto pare-.
Pietro sbuffò piano, decisamente più contenuto nella gioia che invece, inaspettatamente, Nicola riusciva a dimostrare meglio:
-Meglio per lui, forse si abituerà più in fretta ai pannolini e alle nottate in bianco. Nottate in bianco in ogni senso, specifichiamo-.
-Sarò curioso di vedere come sarai messo tu, quando avrai un pargolo tuo- lo rimbrottò Filippo, finendo però ben presto per sorridere sia a Nicola che a Pietro – Beh è ovvio che sono sconvolto e contento allo stesso tempo. Chi non sarebbe contento di diventare padre, in fin dei conti?-.
-In questo momento mi sento già bene così. Sei molto più indicato tu come futuro primo padre della nostra compagnia- Nicola rise piano, annuendo con convinzione.
Filippo si sentì rincuorato: la sensazione di leggerezza che si sentiva addosso riusciva perfino a rendergli le idee più chiare.
Spostò lo sguardo verso Pietro, che continuava ad avere un’espressione perplessa e dubbiosa dipinta in viso. Sembrava perso in mille elucubrazioni, da cui si distrasse solamente quando si accorse che Filippo lo stava osservando con sguardo incerto.
-Spiegami solo una cosa: a Giulia non hai chiesto assolutamente nulla? Riguardo al test e alla gravidanza, intendo- domandò infine Pietro, con una certa dose di esitazione.
-Non ancora. Perché?- replicò Filippo, confuso.
Pietro trasse un profondo respiro, congiungendo le mani sopra la superficie del tavolo della cucina, intorno al quale si trovavano seduti:
-Non lo so, solo ... Mi sembra tutto un po’strano-.
-Strano in che senso?-
-Non mi sembra di aver notato nessun cambiamento particolare in Giulia. Tu l’hai forse notato?-.
Filippo ricambiò lo sguardo con lo stesso disorientamento di prima. Non riusciva a capire dove stesse andando a parare Pietro; a giudicare dallo stesso sguardo incuriosito, nemmeno Nicola doveva averlo intuito.
-Negli ultimi due giorni era parecchio affaticata e distaccata- disse infine.
-E a parte questo niente altro? Neanche un po’ di malessere fisico come nausea o mal di testa?-.
Filippo cercò di ricordare altri dettagli che potessero far supporre una gravidanza di Giulia, ma non gli venne in mente nulla: nessuna nausea mattutina, nessun dolore, nessun cambiamento visibile nel suo corpo ... Niente di niente.
-Non mi pare- Filippo sospirò, passandosi una mano sulla fronte – Ma non vuol dire nulla, non tutte le donne hanno gli stessi identici sintomi-.
-Potrebbe essere nelle primissime settimane. La nausea tipica della gravidanza potrebbe manifestarsi più avanti- intervenne Nicola, dopo essersene rimasto in un silenzio riflessivo per diversi attimi.
Pietro annuì piano, anche se per Filippo era piuttosto evidente come non fosse affatto convinto di ciò che aveva appena sentito.
-In ogni caso una chiacchierata con Giulia la farei- tagliò corto Pietro, alzando le spalle – Quanto prima, possibilmente-.
-Hai ragione, su questo hai decisamente ragione- convenne stavolta Filippo, annuendo. Doveva davvero parlare a Giulia, chiederle come stavano le cose, perché non gli avesse detto nulla ancora. Non credeva nemmeno sarebbe riuscito ulteriormente a tenersi dentro tutti quegli interrogativi, quell’ansia mista alla gioia più grande.
Doveva tornare a casa, sedersi accanto a lei da qualche parte, e finalmente parlarle a cuore aperto.
-Allora ... Forse è meglio se vado, che dite?- domandò esitante, di nuovo spostando febbrilmente lo sguardo da Nicola a Pietro, in cerca di una conferma.
-Ma certo che devi andare, va da lei a parlarle- lo spronò subito Nicola. Filippo non se lo fece ripetere oltre: si alzò dal tavolo, con un sorriso impacciato stampato sulle labbra.
-Vi faccio sapere come va, comunque-. Non attese nemmeno una risposta dagli altri due: se ne uscì dalla cucina di Pietro, avviandosi verso l’uscita, ben deciso a giungere a casa il prima possibile.
 


Passarono alcuni minuti prima che Pietro decidesse di alzarsi dal tavolo con un piccolo sbuffo, avvicinandosi ad una delle credenze della cucina. Aprì l’anta, tirandone fuori una bottiglia di vodka.
-Vuoi bere per festeggiare Filippo, o semplicemente per consolarti del fatto che ormai uno di noi sta per diventare genitore?- gli chiese Nicola, con una punta di divertimento nella voce.
-Forse entrambe le cose, forse nessuna- gli rispose vago Pietro, prendendo fuori da un’altra credenza due bicchieri, versando poi della vodka in entrambi – In ogni caso, so solo che ho bisogno di un po’ di alcool. È un peccato che Pippo se ne sia andato così di fretta: un bicchierino avrebbe fatto bene pure a lui-.
Pietro tornò a sedersi al tavolo, porgendo uno dei bicchieri a Nicola, che l’afferrò portandolo subito alle labbra.
Rimasero in silenzio alcuni minuti, prima che Nicola si decidesse a parlare di nuovo, lo stesso tono incuriosito di prima:
-Perché sembri dubitare che Giulia possa essere incinta? Filippo ha trovato il test a casa loro, in fin dei conti, non chissà dove-.
Pietro rifletté ancora, non rispondendo subito. La sua era più una sensazione, che una reale certezza: non sapeva come avrebbe potuto spiegarsi bene con Nicola.
-Giulia non è tipa da tenersi dentro una cosa del genere tanto a lungo. E poi l’ho detto, non mi sembra diversa dal solito-.
-Non c’è mai nulla di certo- replicò l’altro, posando il bicchiere quasi vuoto sulla superficie del tavolo, dopo aver preso un ultimo sorso – Caterina ultimamente è presa malissimo, mentre Giulia è tranquilla come al solito. Vedendole si potrebbe pensare che sia Caterina quella incinta, mentre invece sappiamo che è Giulia. Non si può mai dire con certezza basandosi solo sulle apparenze-.
-Caterina sta ancora male?- Pietro aggrottò la fronte, confuso. Nicola ricambiò il suo sguardo con un’espressione altrettanto accigliata, accompagnata da un’alzata di spalle:
-Sì, troppi impegni, a quanto pare. Lo sai com’è, quando deve star dietro a troppe cose comincia a scaricare l’ansia sul proprio corpo. Può capitare, l’ansia è una brutta bestia-.
Pietro tacque di nuovo, distogliendo lo sguardo, ma non disse nient’altro, non fece nessun’altra domanda.
“E se …”.
-Già, spesso l’ansia può far brutti scherzi. Molto brutti-.
 
*
 
Filippo arrivò a casa con il fiatone: aveva corso il più veloce possibile, come se fosse una questione di vita o di morte. Si sentiva un po’ ridicolo, nell’aver avuto così tanta fretta nel correre fin lì: non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea che Giulia potesse non essere ancora rientrata.
Tirò fuori le chiavi dalla tasca per poter aprire la porta d’ingresso; entrò subito, richiudendola poi con uno scatto secco. Rimase per un attimo fermo sulla soglia dell’ingresso, studiando i possibili rumori che vi erano all’interno della casa: sentiva due voci femminili famigliari provenire probabilmente dalla cucina. Dovevano essere Giulia e Caterina.
Filippo avanzò piano verso la cucina, indeciso su cosa fare: era ben contento che Giulia fosse già rientrata, ma non aveva calcolato la possibile presenza di Caterina. Forse Giulia le stava parlando proprio della gravidanza.
-Ciao a tutte- salutò Filippo, bloccandosi sulla soglia della cucina. Così come lo videro sia Giulia che Caterina tacquero improvvisamente. Giulia parve piuttosto stupita nel vederlo lì, mentre Caterina, se possibile, era impallidita ancor più di quanto già non fosse.
-Sei già rientrato? Non avevi detto che dovevi star fuori fino all’una?- gli chiese subito Giulia, cercando di mantenere un tono di voce normale. Non ci voleva molto per capire che sia Giulia che Caterina avrebbero preferito rimanere sole ancora un po’, e che di certo non volevano spiegare a Filippo di cosa parlavano.
-Cambio di programma- rispose lui, che non ricordava nemmeno con quale scusa avesse spiegato quella mattina a Giulia il fatto che doveva uscire – Cate, stai bene? Non hai una bella cera-.
-Pressione un po’ bassa, credo- farfugliò lei, cercando di sorridere, ma ottenendo scarsi risultati. Filippo rimase un attimo in silenzio: il suo sguardo continuava a fermarsi verso Giulia, e il bisogno di parlarle si faceva sempre più pressante. Cominciava a non riuscire più a trattenere dentro di sé quel dubbio, quel tarlo che lo stava assillando dalla sera prima.
L’unica cosa che lo frenava era proprio la presenza di Caterina.
-Giulia, possiamo parlare un attimo?- Filippo parlò ancor prima di finire di riflettere, le parole che gli scivolavano fuori come se avessero vita propria – Magari ... -.
-Non preoccuparti, io vado un attimo in bagno- Caterina lo interruppe, intuendo ancor prima che Filippo finisse cosa voleva dire. Si alzò senza nemmeno aspettare una conferma da parte dell’altro, e scambiandosi un’ultima occhiata con Giulia, sbiancata in viso improvvisamente.
Filippo fece un cenno di ringraziamento a Caterina, ed aspettò di vederla uscire dalla cucina, prima di fare qualche passo verso l’interno della stanza.
Giulia si era alzata a sua volta, andandogli incontro:
-Che succede? Come mai hai tutta questa fretta di parlarmi?-.
Filippo sospirò, non sapendo come iniziare il discorso: si sentiva a disagio, ora, ed era una sensazione strana sentirsi così proprio di fronte a Giulia.
-Sai, è da lunedì che ti vedevo un po’ strana, e non riuscivo a capire perché- iniziò, guardando altrove e non Giulia – Poi ho ... Ho scoperto il perché, per puro caso-.
Il viso di Giulia impallidì ulteriormente, la preoccupazione visibile negli occhi:
-Ascolta, prima che ... -.
-No, fammi finire, ti prego. È già abbastanza difficile così- Filippo rise, di una risata nervosa e per nulla divertita – Non so come dirtelo, quindi andrò dritto al nocciolo della questione: ieri sera, mentre ero in bagno, ho fatto cadere per sbaglio il tuo beauty case. E l’ho trovato. Il test, intendo-.
Giulia rimase per qualche attimo spiazzata, incapace di dire qualsiasi cosa; Filippo non seppe dire se quello poteva essere un buon segno, o chissà che altro. Sapeva solo che il suo cuore stava battendo all’impazzata, come non lo aveva mai sentito prima.
-So che non avrei dovuto scoprirlo così, e non sai quanto mi dispiace. All’inizio ero totalmente sconvolto perché non pensavo certo ad una gravidanza! Insomma, siamo sempre stati attenti, poi mi sembrava che tu non avessi avuto problemi con la pillola- proseguì, parlando talmente velocemente da mangiarsi le parole.
-Posso ... -.
-Aspetta- Filippo non lasciò parlare Giulia ancora una volta. Prese di nuovo un bel respiro, decidendosi infine a puntare gli occhi verso il viso di lei. Un sorriso gli nacque spontaneo nel guardarla:
-Volevo solo dirti che è vero, all’inizio mi sono dato dell’incosciente, e mi sono sentito così in colpa per averti portata in questo casino ... Ma sai una cosa? Credo che, nonostante tutto, questo sia un bellissimo casino-.
Giulia sorrise a sua volta, per la prima volta da quando Filippo era rientrato a casa. Rimase in silenzio ancora per qualche attimo, prima di avvicinarsi a lui e prendergli le mani tra le sue.
Filippo si sentì finalmente in pace con se stesso, con il petto leggero, il respiro finalmente più calmo e meno pesante.
-Posso parlare, ora?- chiese Giulia, ricevendo in risposta un cenno di Filippo – È da quando hai iniziato a parlare che cerco di dirti una cosa: ho il ciclo, da stamattina. Non sono incinta, né ho mai avuto il sospetto di esserlo-.
-Cosa?-.
Filippo la guardò sbigottito, ritrovandosi di fronte solo il sorriso mite dell’altra: Giulia non era incinta? Cominciava a non capirci nulla. Non riusciva a spiegarsi il test positivo in casa loro, le stranezze di lei, tutto.
Non poteva fare a meno di chiedersi cosa stesse succedendo, e la sensazione che non fosse nulla di buono cominciava a farsi presente e ben nitida.
-Quel test che hai trovato non è mio. Era qui perché ho deciso io di nasconderlo qui, ma a quanto pare avrei dovuto sbarazzarmene subito in altri modi-  proseguì Giulia, respirando a fondo e parlando con tono apprensivo – Ma non è mio, questo te lo posso assicurare perché ho visto in diretta chi lo ha fatto. Mi ero ripromessa di non dirti nulla, ma a quanto pare le coincidenze hanno deciso al posto mio. O meglio, le tue mani di burro hanno deciso per me-.
Filippo fece per rispondere qualcosa, anche se non aveva idea di cosa avrebbe potuto dire in quel momento di totale sorpresa, ma venne interrotto da un’altra voce proveniente dalla soglia della stanza:
-Scusate se mi intrometto, ma ho ascoltato la conversazione-.
Caterina era tornata indietro, probabilmente già da abbastanza tempo per capire di che stessero parlando. Filippo si rese conto di non aver nemmeno fatto caso al rumore della porta del bagno aprirsi o al rimbombo dei suoi passi, tanto era stata la sua concentrazione in ciò che stava dicendo.
-Ma era un discorso privato- borbottò, disorientato, senza alcuna convinzione. Caterina fece qualche passo in avanti, arrivando finalmente di fronte a lui e a Giulia:
-Un discorso privato che riguarda anche me-.
-Che intendi dire?- Filippo scosse il capo, sempre più confuso. Spostava lo sguardo da Giulia a Caterina, scontrandosi con i loro sorrisi appena accennati ed imbarazzati, senza capire ancora cosa significasse tutto quello.
-Intendo solo che Giulia ha ragione. Non è incinta, non lei, almeno- Caterina abbassò lo sguardo, una mano che si fermò in maniera quasi casuale all’altezza della pancia – Stamattina non siamo andate all’università, ma in un laboratorio di analisi per un prelievo di sangue. Per vedere se il risultato del test verrà confermato davvero. I risultati li avrò domani al più tardi-.
Calò il silenzio, e Filippo non poté fare altro che lanciare un ultimo sguardo sia a Caterina che a Giulia, come nel cercare una conferma in ciò che aveva appena intuito.
Non servì alcuna parola, e nemmeno lui disse altro: si limitò a farsi cadere a peso morto sulla prima sedia a tiro, le gambe diventate troppo molli per poterlo sostenere in piedi.
Pian piano cominciava ad intuire come potessero essere andate le cose, a conoscere una verità che, prima di quel momento, aveva creduto talmente impossibile da non prendere nemmeno in considerazione.
Alzò piano lo sguardo verso Caterina, e anche se poteva essere impossibile, gli sembrava già cambiata. Forse era la luce diversa nelle iridi scuri, forse erano i piccoli gesti che probabilmente nemmeno si accorgeva di compiere, forse era tutto quanto insieme o forse era solo una sua impressione dettata dalle emozioni del momento. Sapeva solo che, osservando Caterina, si rese conto appieno dell’errore appena compiuto.
-È di Nicola?- mormorò Filippo, con un filo di voce.
-Anche tu con questa storia, ma allora è un vostro vizio!- sbottò Caterina al limite dell’esasperazione, portandosi una mano tra i capelli – Di chi dovrebbe mai essere, accidenti?-.
Filippo agitò una mano a mo’ di scusa, rendendosi conto del dubbio fin troppo esagerato:
-Scusa, scusa, hai ragione, è che ... Oh cazzo, ho fatto un casino-.
-Che stai dicendo?- intervenne Giulia, allarmata. Filippo si morse il labbro inferiore, consapevole di aver solo complicato le cose: come avrebbe potuto spiegare, ora, che Nicola già sapeva di una gravidanza in atto?
Respirò a fondo ed abbassando lo sguardo, prima di iniziare a parlare:
-Stamattina ho parlato con Pietro e Nicola. Della tua gravidanza. O meglio, ormai dovrei dire della gravidanza di Caterina-.
-Cosa? Nicola lo sa?- Caterina quasi urlò per la sorpresa, gli occhi sgranati per l’inquietudine.
-Sa che è Giulia ad aspettare un bambino, non tu-.
-Lo sapevo che le cose sarebbero diventate più complicate di quel che già sono- Giulia chiuse gli occhi per un attimo, le braccia lasciate andare lungo il corpo.
Filippo tacque, preso dalla vergogna: avrebbe dovuto tenersi per sé tutto quanto, o almeno avrebbe dovuto prima parlare con Giulia per evitare equivoci che, ora, stavano emergendo implacabilmente.
-Che reazione ha avuto Nicola?-.
Caterina parlò piano, dopo un breve lasso di tempo. Sembrava timorosa e pronta a conoscere la risposta allo stesso tempo.
-Sinceramente?- Filippo aspettò di vederla annuire, prima di proseguire, cercando di trovare il modo più delicato possibile per dirle la verità:
-Sembrava contento per me. Ma in tutta franchezza, non ho idea di come potrebbe prenderla nel venire a sapere di essere lui ad aspettare un figlio-.
-Ottimo, direi- sospirò Caterina, sconsolata. Andò a sedersi su un’altra sedia, passandosi poi le mani sul viso con aria stanca e angosciata.
-Ormai non hai più molto tempo per tenerglielo nascosto ancora. Soprattutto dopo oggi- le si rivolse Giulia, stringendosi nelle spalle. Caterina annuì nuovamente, senza nemmeno alzare lo sguardo, perso nel vuoto davanti a sé.
-Mi dispiace, davvero- mormorò Filippo, con sincero pentimento – Non mi è passato per la testa che potesse essere tuo ... E poi avevo bisogno di parlare con qualcuno. Se avessi saputo che io non c’entravo nulla in questa storia non avrei detto assolutamente niente-.
Caterina non sembrò molto rincuorata da quelle parole, ma cercò perlomeno di sorridergli in modo rassicurante, come per accettarne le scuse:
-Tanto ormai è questione di giorni. Non posso non dirglielo, in ogni caso-.
Caterina distolse repentinamente lo sguardo, puntandolo verso il proprio cellulare, poggiato sopra la superficie del tavolo, il display che lampeggiava.
Filippo approfittò di quella situazione per voltarsi verso Giulia, prendendole una mano ed inducendola ad avvicinarsi ulteriormente a lui:
-Comunque, anche se non sei incinta ... Beh, se lo fossi stata, sappi che avrei voluto tenerlo. Avrei tanto voluto una femmina, per la precisione-.
-Effettivamente sei stato molto dolce nel parlarmi quando pensavi fossi incinta. Ma per ora abbiamo già abbastanza pensieri così- gli sorrise dolcemente Giulia, ricambiando la stretta della sua mano. Interruppero quel contatto solamente quando Caterina si schiarì la voce, riportando l’attenzione su di sé:
-Hai detto che hai parlato anche con Pietro, vero?- chiese rivolgendosi direttamente a Filippo.
-Sì, eravamo a casa sua-.
-Ora capisco perché ha provato a telefonarmi almeno dieci volte- annuì Caterina, ora meno confusa. Lanciò un’ultima occhiata al telefono, per poi riposarlo sul tavolo.
-Pensi abbia intuito qualcosa? Sarebbe un po’ impossibile- le domandò Giulia, piuttosto incuriosita. Sarebbe stato il colmo se la persona ad avere più dubbi in tutta quella storia fosse stato proprio Pietro.
-Non lo so, ma tanto dovrò andare a chiarire anche con lui- Caterina allargò le braccia, come se quella fosse una ovvietà – Prima che mezzo mondo creda che sia tu quella in attesa, magari. Tanto prima o poi sarebbe venuto fuori comunque. Solo, speravo non così-.
Giulia rimase in silenzio, un’espressione di apprensione dipinta in volto. Filippo non poté darle torto: stava diventando una situazione totalmente assurda, quasi fuori controllo. Si sentiva terribilmente in colpa per tutto ciò che stava succedendo. Si sentiva ancor più impotente, al pensiero di non poter fare nulla di davvero concreto per poter rendere le cose anche solo più facili.
-Hai intenzione di parlare anche con Alessio?- domandò improvvisamente Giulia.
Caterina alzò lo sguardo, non dicendo nulla ancora per qualche attimo. Sembrò rifletterci ancora un po’, prima di mormorare:
-Sì. È un po’ ingiusto che voglia parlare prima a lui che a Nicola, ma ho bisogno del suo parere. Qualunque sarà la sua reazione-.
 
*
 
Fare le pulizie di casa era sempre stata una delle cose più noiose che gli toccasse fare, anche se doverle fare significava poter lasciare perdere lo studio almeno per qualche ora. Pietro si apprestò ad accendere l’aspirapolvere per passarlo un po’ in tutte le stanze dell’appartamento, ma dovette spegnerlo subito dopo: per quanto potesse essere rumoroso, aveva sentito benissimo il suono del campanello.
Lasciò l’aspirapolvere, avviandosi al citofono. Come sollevò la cornetta non si stupì molto nell’accorgersi di sapere già chi fosse:
-Posso salire? Sei solo?- la voce di Caterina non gli lasciò nemmeno il tempo di chiedere chi fosse ad aver suonato.
-Sali pure- le rispose velocemente lui, riattaccando subito dopo. Premette il pulsante accanto al citofono per poterle aprire il portone del palazzo; aprì anche la porta d’ingresso, attendendo sulla soglia l’arrivo di Caterina.
Non dovette aspettare molto: dopo qualche minuto riconobbe il rimbombo dei suoi passi lungo le scale, e dopo poco la vide infine giungere sul pianerottolo.
-Ti ho interrotto mentre studiavi, per caso?- gli chiese Caterina, mentre gli si avvicinava, le gote lievemente arrossate per aver salito alcuni piani a piedi.
-Scherzi, vero?- le sorrise astutamente Pietro, restando comodamente appoggiato con una spalla contro la parete – Sei arrivata al momento giusto per darmi una mano a passare l’aspirapolvere in casa-.
Caterina lo guardò sbigottita, e lui non riuscì a trattenere una risata divertita:
-Stavo scherzando! Non sono così schiavista con i miei ospiti-.
-Sei proprio un vero gentiluomo- borbottò in tutta risposta lei, seguendolo all’interno dell’appartamento.
Pietro si avviò verso il salotto, con Caterina a seguirlo silenziosamente. Si sedettero entrambi sul divano, prima che Pietro si voltasse verso di lei:
-Vuoi qualcosa da bere?-.
-Sono a posto così- rispose Caterina con un sorriso gentile, che sparì l’attimo dopo. Pietro rimase a guardarla alcuni attimi, prima di scostare lo sguardo per non sembrare troppo insistente.
-A che devo questa visita inaspettata?-.
Pietro congiunse le mani, buttando lì quella domanda in maniera quasi casuale. Il problema era che, in tutta quella situazione, non c’era nulla di casuale, e se ne stava rendendo sempre più conto: la calma apparente di Caterina sembrava vacillare già di fronte a quella richiesta di spiegazioni.
-Non ho fatto in tempo a richiamarti ieri, ero parecchio impegnata- spiegò lei, non sforzandosi nemmeno per apparire perlomeno convincente. Pietro annuì, pensieroso:
-Sei qui solo per dirmi questo?-.
Caterina rimase per un attimo in silenzio, lo sguardo che vagava per la stanza, come in cerca di un qualche cosa che potesse darle il coraggio necessario per parlare. Sembrava vulnerabile, e a Pietro sembrò quasi di vederla avvolta nella propria fragilità.
-Anche per chiederti cosa volevi dirmi. E soprattutto per spiegarti alcune cose che non sarei riuscita a dirti per telefono-.
-Ho come l’impressione che tu sappia già cosa volevo chiederti. O è solo una mia impressione?-.
Lei annuì di nuovo, e Pietro ebbe di nuovo la sensazione che fosse ben consapevole del motivo per cui aveva provato a contattarla, del perché fosse lì, o di cosa avrebbero parlato.
-So che ieri Filippo è stato qui. So anche che ha detto a te e Nicola -.
-Ti ho chiamata per capire se anche tu sapevi di Giulia- replicò Pietro, serio.
-Tu credi che Giulia sia incinta?-.
Pietro rimase per un attimo in silenzio, indeciso se essere sincero fino in fondo, a costo di sembrare troppo sospettoso, o lasciare che fosse lei a condurre quella conversazione. Guardare in viso Caterina, però, scorgervi l’apprensione nelle iridi scure, non fece altro che convincerlo ancor di più che dietro tutta quella storia ci fosse qualcosa di strano.
-Non ne sono molto convinto, sinceramente-.
-Fai bene- tagliò corto Caterina, abbassando subito dopo il capo. Pietro continuò a fissarla, e gli ci volle qualche secondo per capire davvero ciò che aveva appena detto.
Sentì il respiro farsi più accelerato, la mente che cominciava pian piano a comprendere: non era Giulia ad aspettare un figlio, non era lei per davvero. E a Caterina non serviva aggiungere altro, per far intuire come davvero stavano le cose.
Pietro le si avvicinò impercettibilmente, esitante nel poggiarle una mano sulla spalla, come gesto di incoraggiamento:
-Lo avevo capito. Non so come, né perché ... Ma lo avevo intuito-.
-Filippo non sapeva di chi era il test, quando l’ha trovato, quindi ... Beh, era ovvio avrebbe pensato subito a Giulia e non a me. Giulia ... - mormorò lei, tenendo ancora lo sguardo verso il basso, forse troppo in imbarazzo e in difficoltà per guardare in viso Pietro; si passò una mano sul volto, sospirando pesantemente – Giulia è stata la prima a saperlo. L’unica a starmi vicino in quel momento-.
Pietro si contorse le mani, il groppo in gola che cominciava a farsi presente. Cercò di immaginarsi come poteva sentirsi Caterina in quel mentre, in una situazione del genere: al posto suo, probabilmente, non avrebbe nemmeno avuto il coraggio di ammettere apertamente come stavano le cose.
-Cosa pensi di fare, ora? Nicola non lo sa ancora, vero?- chiese piano, temendo di conoscere già la risposta.
-Non gliel’ho ancora detto, no- ammise Caterina, voltandosi timidamente verso di lui – E no, non so nemmeno cosa fare. Non è facile-.
-Lo immagino bene-.
Rimasero ancora in silenzio per un po’, la mano di Pietro che stringeva la spalla di Caterina, come a volerle ricordare della sua presenza. Non aveva ancora trovato il coraggio o la forza per domandarle altro, forse ancora troppo impegnato a digerire la notizia.
Guardava Caterina, e rivedeva la ragazzina di quindici anni che aveva conosciuto in un tempo che sembrava appartenere ad un’altra vita; la osservava ora, e quasi gli sembrava irreale vedere al suo posto la donna che, ormai, era diventata in maniera irreversibile.
-Non credo di essermi mai sentita così- Caterina poggiò il capo contro la spalla di Pietro, chiudendo gli occhi per un attimo e lasciandosi cullare dall’abbraccio con cui lui cercò di ricambiare quel bisogno di vicinanza.
-Ovvio che no, non sei mai stata in una situazione così- mormorò Pietro, un sorriso amaro ad increspargli le labbra, rivolto ad una Caterina che, però, non poteva notarlo – Ma ehi, non sei sola. Non lo sei-.
-Mi sento come se lo fossi, però-.
-Sei sicura di ... – esitò per un secondo, incerto – Insomma, hai fatto solo un test?-.
Pietro si sentì stupido nel porle quella domanda, ma aveva bisogno di avere qualche certezza in più. Oppure, in fin dei conti, sperava solo ci fosse ancora anche una minima possibilità che non fosse così.
-Devo andare a ritirare delle analisi tra poco. Quelle mi daranno la certezza. Volevo aspettare quel risultato prima di parlare con Nicola- spiegò Caterina, piano, alzando il viso verso quello dell’altro.
Pietro annuì, pensieroso: forse c’era ancora qualche possibilità che non ci fosse nessuna gravidanza. I test potevano sbagliare, poteva capitare; per quanto improbabile potesse sembrare, quella era l’unica eventualità alla quale poteva aggrapparsi per sentirsi meno agitato.
-Devi ancora andare a ritirarle?- chiese di nuovo; Caterina gli fece un cenno positivo con il capo, senza aggiungere altro. Era probabile non avesse voglia di pensare al momento in cui sarebbe dovuta andare a ritirare quelle analisi e scoprire il risultato.
Pietro rimase per un po’ in silenzio: non ci voleva molto per poter intuire tutta la preoccupazione che poteva avere in corpo Caterina in quel momento, o quanto potesse esser agitata al pensiero che, una volta andatasene da lì, sarebbe dovuta andare a conoscere quel che sarebbe stato irrimediabilmente il suo destino.
Si sentì quasi in colpa nel pensare che, per quanto avrebbe voluto, non avrebbe potuto fare molto per darle anche solo un po’ di sollievo. Poteva fare un’unica cosa, almeno per non farla sentire davvero troppo sola come invece credeva di essere.
-Beh, credo che le pulizie di primavera possano attendere ancora un po’- annunciò infine, scostando da sé Caterina ed alzandosi dal divano, di fronte a lei. Le porse una mano per aiutarla ad alzarsi a sua volta, un sorriso incoraggiante a disegnargli le labbra.
-Ti stai offrendo di accompagnarmi?- Caterina lo guardò stupita, spostando gli occhi dal suo viso alla mano che le stava tendendo.
-L’hai detto tu stessa: sono un gentiluomo, io- disse con fare fintamente saccente Pietro, annuendo con aria solenne. Si sentì decisamente sollevato quando Caterina scoppiò a ridere, una risata sincera e liberatoria.
Gli afferrò la sua mano subito dopo, una volta finito di ridere, le gote arrossate per le risate e per lo stupore:
-È la prima volta che rido in non so nemmeno quanti giorni-.
Sorrise ancora una volta, Pietro, stringendo la mano di Caterina nella sua:
-Allora posso dirmi decisamente soddisfatto-.
 
*
 
Il venerdì era sempre stato il suo giorno preferito, da quando aveva cominciato l’università: era l’ultimo giorno di lezione, il giorno che preannunciava finalmente il weekend. Era sempre stata, tutto sommato, una giornata tranquilla, che riusciva a donargli una distensione e un senso di calma che non provava in nessun altro momento della settimana.
Non si sentiva così, quel primo pomeriggio di venerdì. Alessio camminava velocemente, come se la tensione lo portasse meccanicamente a compierei quei passi spediti, senza arrestarsi nemmeno un attimo. Era appena uscito dalla stazione di Santa Lucia: aveva avuto solo due ore di lezione la mattina presto, e si ritrovava ad essere libero senza alcun impegno per tutto il resto del giorno. Avrebbe fatto meglio a tornarsene a casa, pranzare tranquillamente e cercare di ignorare quella sensazione che lo stava rodendo ormai da settimane. Continuava così da giorni, e probabilmente avrebbe potuto andare avanti alla stessa maniera ancora per un bel po’, ma alla fine aveva rifiutato categoricamente l’idea di tornarsene a casa, di pranzare con Alice, e di ignorare ancora una volta tutta quella confusione che si ritrovava in testa.
Aveva bisogno di parlare con qualcuno, ormai si era rassegnato all’evidenza dei fatti. Detestava esporsi, odiava esternare le sue difficoltà e i suoi dubbi, soprattutto su questioni così futili come quelle amorose – ed ecco che tornava ad usare il termine sbagliato, perché di amoroso in tutto quello non c’era proprio nulla, non poteva esserci nulla-, ma cominciava a non farcela più.
A distanza di settimane, si domandava ancora cosa gli fosse saltato in mente quando la sera del suo compleanno aveva provato a parlare a Pietro del loro vecchio bacio sulla spiaggia. Non poteva nemmeno incolpare l’alcool, visto che aveva bevuto poco niente: aveva fatto tutto da solo, aveva raggiunto Pietro fuori, si era commosso per i suoi regali, lo aveva abbracciato come non aveva mai abbracciato nessun altro –  nemmeno Alice.
E stava per dirglielo, glielo avrebbe detto davvero, se solo Giulia ed Alice non li avessero interrotti, che aveva ripensato a quel bacio. Forse era stato meglio così, che non ci fosse stato più il tempo per dire altro, perché non aveva idea di che sarebbe potuto succedere negli istanti successivi a quella constatazione.
Non era successo nulla, ma la sensazione di essersi spinto troppo in là lo tormentava ancora, lo faceva impazzire. Lo tormentava il senso di colpa verso Alice – e non riusciva a capire per cosa esattamente avrebbe dovuto sentirsi colpevole-, e lo tormentavano anche i ricordi di quella serata.
Cominciava a non capirci più nulla, e probabilmente non ne avrebbe mai cavato fuori niente, se non ne avesse parlato con qualcuno.
La situazione gli stava sfuggendo di mano, e il senso di spaesamento non lo aiutava a rendere le cose più nitide, a ritrovare i confini giusti e a farlo sentire meno pazzo e meno sbagliato. Aveva passato le ultime settimane a fare finta di nulla, ad ignorare del tutto quei ricordi ogni volta che vedeva Pietro e a fingere che non fosse mai successo niente, ma c’era un limite a tutto.
Si stupì nell’accorgersi di essere arrivato a destinazione in pochissimo tempo. Doveva aver camminato davvero in fretta, per averci messo così poco.
Trovò il portone del palazzo già aperto, e non ci pensò due volte prima di entrare: sapeva che, se avesse esitato, se ne sarebbe tornato indietro dandosi del buffone.
Salì le scale per arrivare al primo piano, e bussò cautamente alla porta dell’appartamento dove era diretto. Non sapeva se Caterina fosse in casa o no: aveva provato a chiamarla solo una volta un’ora prima, e non aveva ricevuto alcuna risposta, né un messaggio da parte sua. Forse era impegnata altrove, e a lui non sarebbe rimasto che tornarsene indietro, e seppellire una volta per tutte quella confusione che si trovava in testa.
Attese qualche attimo, le palpitazioni del cuore che cominciavano a farsi accelerate. Quasi sussultò, quando la porta si aprì e Caterina rimase un attimo ad osservarlo, stupita.
-Lo so che non mi aspettavi, ma ho bisogno di parlarti- Alessio parlò velocemente, senza nemmeno darle il tempo di salutarlo – Sempre se non devi uscire o se hai da fare-.
-Avanti, vieni- Caterina si scostò dalla porta per farlo passare, con un sorriso appena accennato – Nicola non c’è. Mi farai un po’ di compagnia-.
Alessio si sentì sollevato nel sapere di essere solo con lei: si sarebbe sentito ancor più in imbarazzo nel parlare di una cosa del genere con la presenza di Nicola lì vicino, o anche solo dovergli spiegare come mai si trovava lì. Lasciò la propria tracolla usata per l’università nell’ingresso, seguendo subito dopo Caterina verso la cucina.
-Devi ancora pranzare?- le chiese, per spezzare il silenzio che si era creato mentre le camminava dietro. Una volta entrati notò la tavola coperta dalla sola tovaglia, come se Caterina non avesse fatto in tempo a mettervi neanche un piatto ed un bicchiere sopra. Doveva essere stata interrotta proprio dal suo arrivo.
-Sì, ma posso aspettare. Non ho molta fame- rispose lei, voltandosi verso di lui.
-Possiamo pranzare insieme. Anche io non ho ancora mangiato nulla-.
Caterina annuì piano, come a riflettere sulla proposta di Alessio. Sembrò indecisa per un attimo, prima di riprendere la parola:
-Per me va bene. Anche perché ... – distolse lo sguardo per un attimo, d’un tratto più seria – Ti dovevo parlare anch’io. Ma a quanto pare mi hai anticipato venendo tu qui-.
-Sul serio? Di che mi devi parlare?- Alessio aggrottò la fronte, confuso. Non aveva idea di cosa volesse dirgli Caterina: cominciava a vederla strana, sfuggente, molto più seria di quanto si sarebbe aspettato. Sembrava preoccupata.
-Cosa ti andrebbe per pranzo? Della pasta?- chiese lei, ignorando del tutto la sua domanda. Si chinò per aprire una credenza, prendendone fuori una pentola da usare, e voltandosi verso di lui in attesa di una risposta.
-Decidi pure tu, a me va benissimo qualunque cosa- Alessio liquidò velocemente la questione, avvicinandosi a lei e appoggiandosi contro il ripiano della cucina.
Caterina non disse altro, di nuovo evitando qualsiasi contatto visivo tra di loro. Alessio rimase ad osservarla per un po’, mentre Caterina riempiva la pentola d’acqua, mettendola poi a scaldare sopra il fornello, in silenzio. Dai gesti impacciati sembrava tesa, a disagio, ed Alessio si chiese nuovamente cosa ci fosse dietro tutti quei comportamenti insoliti.
Forse erano in due a tenersi dentro qualcosa che faticavano a metabolizzare e a comprendere.
-Stai bene? Hai un’aria strana- le disse piano, avvicinandosi a lei e togliendole di mano i piatti che stava per mettere in tavola – Lascia, faccio io. Tu mi stai offrendo già il pranzo-.
Caterina non protestò, nonostante gli avesse lanciato un’occhiataccia. Rimase immobile mentre Alessio finiva di apparecchiare, le braccia incrociate contro il petto.
-Sto bene- mormorò lei, sulla difensiva. Alessio le lanciò un’occhiata eloquente, come per intimarle di non negare l’evidenza; Caterina sciolse le braccia, passandosi una mano sulla fronte con aria stanca:
-Va bene. No, non sto bene- ammise, con un ampio sospiro – E volevo parlarti di questo, anche se non ho ancora trovato il coraggio sufficiente per farlo-.
-Devo preoccuparmi?- domandò lui, fermandosi di fronte a lei.
Caterina resse poco il suo sguardo, finendo per prendersi il volto con entrambe le mani; Alessio si allarmò all’istante nel vederla così. Era totalmente impreparato nel vederla in quello stato.
-Che succede? Non deve essere nulla di così terribile per tenerselo dentro così- le mormorò piano. La prese avvicinandola a sé, in un tentativo di calmarla almeno un po’.
Caterina alzò il volto per un attimo, gli occhi lucidi che incrociarono per un attimo le iridi chiare di Alessio:
-Oh, fidati, lo è. Ora come ora lo è-.
-C’entra Nicola?- domandò ancora Alessio, anche se era abbastanza sicuro di quale sarebbe stata la risposta. Era sempre così: la persona a cui tieni di più è anche la stessa che ti rende più fragile nelle difficoltà.
-In un certo senso sì-.
Caterina andò a sedersi su una sedia attorno al tavolo, come a voler frapporre un po’ di distanza tra sé ed Alessio. Non accennò nemmeno a voltarsi verso di lui, nonostante dovesse sentire i suoi occhi addosso con insistenza.
-Cominci a preoccuparmi-.
Iniziava a sentirsi a disagio in quella situazione in cui non sapeva come agire. E si sentiva spaventato, come ogni volta in cui non capiva cosa avrebbe dovuto fare, cosa avrebbe dovuto dire.
Rimase in piedi, le mani sui fianchi, in attesa. Si sforzò di non dire nulla, di lasciare a Caterina il tempo che le serviva, anche se cominciava a scalpitare per saperne di più.
Caterina se ne rimaneva ferma, voltandosi appena verso di lui per poi tornare a distogliere lo sguardo.
-Ho avuto un ritardo, la settimana scorsa- mormorò, dopo un tempo che ad Alessio parve infinito. Lui aggrottò di nuovo la fronte, forse già intuendo dove Caterina stesse andando a parare.
Non era più molto sicuro di voler sapere come sarebbe andata a finire quella conversazione.
-Era più una sensazione che altro, ma lunedì ho fatto un test di gravidanza- continuò Caterina, per poi bloccarsi di nuovo. Non aggiunse altro.
Si voltò più lentamente che mai, ed Alessio non si stupì nel notare gli occhi di lei ancor più lucidi di prima, fermi come solo gli occhi di coloro rassegnati al proprio destino possono essere – un vuoto nelle iridi che anche lui aveva conosciuto bene.
Continuò a ricambiarne lo sguardo, incapace di formulare qualsiasi parola. La mente era annebbiata, domande a cui avrebbe voluto dare voce ma che non riusciva a pronunciare.
Guardava Caterina, e si accorgeva che la conferma a tutte quelle domande gliele poteva già leggere negli occhi velati di lacrime, nel silenzio stordente che era calato nella stanza, nei brividi freddi che sentiva scorrere lungo il corpo.
-Non è vero. Dimmi che non è vero-.
Alessio faticò a riconoscere la propria voce, così infinitamente stridula e acuta, così supplicante e ferita.
Avrebbe voluto dire che i test potevano sbagliare, che i ritardi potevano esserci senza per forza che ci fossero altre implicazioni, che doveva esserci un errore, che era troppo giovane per qualcosa di così grande.
Non riuscì a dire nient’altro, il groppo alla gola che gli impediva quasi di respirare.
-Ho fatto anche delle analisi del sangue, e le ho ritirate ieri- Caterina cercò di nascondere l’incrinarsi della voce, senza molti risultati – Le ho ripetute anche stamattina, e stavolta mi hanno dato il risultato dopo poche ore, poco prima che tu arrivassi qui. Ci sono dei valori alti delle beta HCG, sono raddoppiati in due giorni. Sono gli ormoni della gravidanza-.
-Cazzo!- Alessio non riuscì ad impedirsi di imprecare, alzando la voce più di quanto avrebbe voluto e facendo sobbalzare Caterina. Si portò una mano sul viso, scuotendo il capo, in un misto di rabbia ed incredulità.
-Ma non potevate stare più attenti? Avreste dovuto farci più attenzione, invece che accorgervi solo ora a casino fatto!- parlò ancora, la voce ancora troppo alta, e Caterina che per la prima volta ricambiava lo sguardo senza abbassarlo.
-Cosa vuoi che ti dica? Credi che non ci abbia pensato?- Caterina si alzò di scatto, le lacrime che ormai le rigavano il viso ma che non le impedirono di urlare a sua volta. Alessio tacque di colpo, colto di sorpresa: rimase ad osservarla, mentre Caterina se ne rimaneva di fronte a lui, guardandolo e senza fare nulla per nascondere le lacrime.
-Parlare adesso per se e  per ma, Alessio, non servirebbe più a nulla. Non posso più parlare per ipotesi, non me lo posso più permettere, perché da qui in avanti non posso più tornare indietro, in qualsiasi caso, e questa è una certezza- Caterina parlò senza interruzioni, quasi tutto d’un fiato – L’unica che mi è rimasta, oltre a quella che non posso più pensare solo ed unicamente per me stessa-.
Il fiato si fece corto, il dolore che gli opprimeva il petto sempre più pesante.
Le lacrime che rigavano le guance di Caterina riuscirono a calmarlo e a farlo sentire dolorosamente vuoto allo stesso tempo, in una bolla di silenzio che lo stordiva.
Strinse i denti, cercando di ignorare il groppo in gola che non lo faceva respirare – doveva essere forte, almeno per lei-, ma la paura assordante e quel senso di impreparazione lo lasciarono frastornato.
Continuava a ricambiare lo sguardo lucido di Caterina, e nelle iridi bagnate di lei riusciva a riconoscere anche le sue.
Alessio si sedette su un’altra sedia, accanto a quella di Caterina, prima di prendersi il viso tra le mani per nascondere le proprie lacrime.
-Non pensavo che dicendotelo avresti avuto questa reazione- sentì farfugliare Caterina, che cercava di trattenere altre lacrime, ma riuscendoci ben poco.
-Non volevo dire quel che ho detto- Alessio tirò su con il naso, passandosi una mano sugli occhi, l’intento di riprendere il controllo di sé – È che ... -.
“Non volevo capitasse anche a te”.
-È tutto così troppo grande per te, per Nicola, per chiunque. E non posso farci nulla, non posso cambiare niente-.
Cercò di calmare le lacrime e i singhiozzi che lottavano per uscire dalla sua bocca. Non sapeva più come si sentiva, non avrebbe saputo definire il vortice di emozioni e dolori che l’avevano travolto in così poco tempo: si sentiva letteralmente sconnesso. Sconnesso con la realtà, con i propri pensieri, con qualsiasi altra cosa.
E si sentiva in colpa, così tremendamente in colpa per quella che era stata la sua prima reazione e per ciò che aveva urlato, come se gridare come sarebbero dovute andare le cose avrebbe risolto tutto. Si sentiva inutile, perché non aveva idea di che avrebbe potuto fare, anche solo per dare un singolo attimo di conforto a Caterina, per farla sentire meno sola e sbagliata di come doveva pensare di essere.
Avrebbe voluto alzarsi da quella maledetta sedia e stringerla a sé, dirle di calmarsi e che tutto sarebbe stato risolto. Non riuscì a fare nulla di tutto ciò, forse perché, quasi ironicamente, sarebbe servito a lui per primo qualcuno che lo confortasse.
Caterina si passò una mano sul volto, osservandolo in silenzio, gli occhi bagnati di Alessio del tutto simili ai suoi.
-Che ha detto Nicola?- Alessio si schiarì la gola, parlando in poco più di un sussurro roco e spezzato.
-Ancora nulla- mormorò Caterina, abbassando lo sguardo – Ed è una delle mie paure più grandi, conoscere quale sarà la sua reazione-.
Alessio comprese bene i suoi timori: probabilmente doveva sentirsi ancor più spaventata dopo aver assistito a quella che era stata la sua prima reazione. Ma Nicola non era avventato, istintivo ed impulsivo come lui: Nicola era razionale, ragionevole, non era problematico come lui.
Sperava sarebbe stato così anche in quel caso.
-Tra qualche giorno glielo dirò. Glielo dirò e poi ... - Caterina prese a torturarsi le mani, le guance ancora bagnate dalle ultime lacrime che le mani non avevano cancellato – E poi andrà come deve andare-.
-Hai paura-.
Non era una domanda, né un dubbio. Ad Alessio non serviva una conferma per capirlo, perché era tutto già così evidente che niente lasciava adito ad incertezze.
Era un’ingiustizia così grande, vedere una donna così distrutta nel momento in cui invece avrebbe dovuto essere più felice che mai.
-Come l’avrebbe chiunque. Come ce l’hai avuta tu quando le cose non sono andate come avresti voluto-.
Caterina lo conosceva meglio di quel che pensava persino lui stesso.
-Come ce l’ho avuta io, sì-.
Alessio annuì, un sorriso rassegnato sulle labbra. D’un tratto il motivo per cui si era recato fino a lì si era offuscato fino a scomparire del tutto, lontano dal presente e dai timori che lo attanagliavano ora. Tutti i problemi che aveva ritenuto tali fino a quel momento si era ridimensionati, apparendo ora poco più che inutili questioni infantili. Faccende che avrebbe fatto meglio a dimenticare una volta per tutte, e per cui riusciva finalmente a trovare la motivazione valida per seppellirle per un bel po’ di tempo.
-Vorrei poter fare qualcosa, invece che restarmene fermo qui a parlare e piangere e basta. Ma non so che fare-. Era dolorosa quell’ammissione, la voce che faticava ad articolare quelle parole.
Alessio alzò gli occhi verso Caterina quando sentì la sua mano poggiarsi sul suo ginocchio, a richiamarne l’attenzione.
Caterina gli stava rivolgendo un sorriso appena accennato, che gli ricordò quello di una madre rivolto al figlio in difficoltà, pronta a consolarlo. Quell’impressione lo fece sentire strano, ed assolutamente indifeso: era come se fosse lui ad aver bisogno di qualcuno che lo sostenesse, non Caterina.
In un certo senso, per quella consapevolezza, si sentì più tranquillo.
-Non devi fare nulla, Alessio. Non ti sto chiedendo nulla, se non il tuo conforto-.
“Come avevi fatto tu con me cinque anni fa”.
Era certo che sarebbe stato così, non avrebbe potuto fare altrimenti.
Non avrebbe voluto fare altrimenti.
Ripensò di nuovo ai suoi momenti bui, anni prima. Ripensò a tutte le volte in cui Caterina c’era stata per lui, nonostante tutti i suoi tentativi di allontanarla.
Ricordava quanto fosse stata presente, e quanto gli fosse servita la sua presenza.
Avrebbe fatto lo stesso per lei.
-Quello lo avrai sempre-.
 

 
 
 
 
*il copyright della canzone appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori
NOTE DELLE AUTRICI
Ben ritrovat* a tutt*! Come avete passate le feste?
Tornando subito a noi: il primo capitolo del 2022 è un bel mix di comicità involontaria e momenti un po’ più malinconici!
La notizia della gravidanza di Caterina di certo non ha lasciato indifferente Giulia, che in questo capitolo vediamo reagire con una certa apprensione... E non è l'unica! Filippo, in circostanze non proprio fortuite, sembra aver scoperto qualcosa che non doveva sapere, dando così via ad un pasticcio vero e proprio.
Nel finale, poi, abbiamo finalmente scoperto come Alessio ha vissuto il quasi bacio avuto con Pietro, rimanendone talmente confuso da essere sul punto di confidarsi e sfogarsi con Caterina. Con lei, l'interlocutrice prescelta, avrebbe forse potuto capire cosa non va nella sua situazione e, di conseguenza, avrebbe anche potuto sentirsi meglio. I suoi piani, però, vengono velocemente distrutti proprio da Caterina: la ragazza, che doveva aggiornare l'amico sugli avvenimenti degli ultimi giorni, lancia la bomba, mettendo inconsapevolmente a tacere la scelta di Alessio di aprirsi finalmente con qualcuno.
Magari la reazione alla notizia della gravidanza non programmata apparentemente eccessiva di Alessio, in realtà, ha motivazioni profonde che risalgono ad anni prima. Il ricordo del padre che abbandona lui e la sua famiglia è infatti ancora vivido e viva era anche la speranza di non vedere qualcuno a cui tiene dover affrontare una situazione allo stesso modo così imprevista e difficile da gestire.
E così, dopo tanti imprevisti e altrettanti fraintendimenti, siamo arrivati alla fine di questo capitolo... Visto che manca solo lui all'appello, la prossima volta sarà quella buona in cui Nicola scoprirà la verità oppure no? Continuate a leggere per scoprirlo!
Noi vi diamo appuntamento a mercoledì 19 gennaio con un nuovo capitolo!
Kiara & Greyjoy


 
   
 
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