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Autore: Nuage_Rose    06/01/2022    1 recensioni
Erica e Guglielmo sono gli opposti: lei studiosa occhialuta e lui palestrato che usa i libri solo per sollevarli al posto dei pesi. Eppure sono costretti a passare un pomeriggio insieme ed il ragazzo la trascina in mezzo alle montagne. Lì c'è una foresta che gli abitanti della zona temono... cosa nasconderà?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Cosa si nasconde nella Foresta Nera?


Partecipante alla Sfida “Benvenuto 2022”del gruppo FB Ritrovo scrittori anonimi (s)bloccati.
Indicazioni: "Quando entri in una foresta simile, sono cavoli amari" da interpretare come vuoi
 
Con una mano libera legò i capelli in una coda di cavallo bruna e mossa che danzò per un attimo, mentre la ragazza guardava dubbiosa la foresta davanti a sé: “Sicuro che sia questa la via migliore?”
Il ragazzo a pochi passi da lei sbuffò sfrontato: “Ma sì, fidati di me, dopotutto sono io l’esperto della montagna!”
Lei invece increspò le labbra, ancora per niente convinta: “Sì, ma ricordi cosa ci hanno detto in paese riguardo a questa foresta? Quando entri in una foresta simile, sono cavoli amari. Così ha detto il barista e sai che loro se ne intendono, sono locali.”
E non aveva nemmeno accennato al fatto che effettivamente quella foresta aveva un aspetto sinistro.
Nonostante fosse una calda giornata di inizio Agosto e ci fosse un sole che rendeva le pietre roventi, sembrava che i raggi di luce non potessero penetrare dentro la foresta, detta appunto la Foresta Nera.
Guglielmo si voltò verso la ragazza con fare malizioso: “Non temere, mia principessa, ci sono io qua con te: nessun mostro o drago ti ferirà.”
Erica non riuscì a fare a meno di arrossire, ma diede la colpa al caldo afoso della giornata. Lo spinse via scherzosamente: “Non fare tanto il gradasso solo perché vai in palestra, ricordati che io ho più cervello di te!”
Incrociò le braccia impettita, finché Guglielmo non la prese in braccio come fanno i cavalieri nei film, portandola contro voglia dentro quella scura foresta.
A nulla valsero le proteste di lei: “Mettimi giù, stupido ammasso di muscoli! Non è dignitoso portare così una ragazza!”
Lui ridacchiò compiaciuto, mettendo così involontariamente in evidenza i pettorali massicci e facendo nuovamente arrossire Erica.
Solo colpa del caldo. Fa solo caldo. Mica mi piacciono i suoi pettorali. O le sue braccia possenti. O lui, ovviamente.
Dopo una decina di minuti, Guglielmo lasciò andare la ragazza, che si ricompose in fretta sistemandosi la maglietta rosa ed i pantaloni sportivi azzurri.
Si guardarono intorno, circondati da alberi scuri e senza che alcun rumore di animali si sentisse. Erica iniziò ad innervosirsi: “Bene, tour interessante della Foresta Nera… ora direi di tornare alla via maestra e lasciarci questo posto alle spalle.”
Cominciò quindi a percorrere la strada del ritorno, ma Guglielmo replicò: “Ma come, credevo che fossi coraggiosa e avventurosa, invece ti fai intimidire da un po’ di buio.”
La ragazza si sentì punta sul vivo e non tardò a replicare: “Non sono spaventata da questa foresta ma, a differenza di te, non sono tanto stupida ed imprudente da attraversarla. Io torno alla strada iniziale, sai, quella luminosa col sole che spacca le pietre e gli uccellini che cantano, quella che potrebbe essere vagamente romantica.”
Lui sorrise trionfante, avvicinandosi a lei: “Ah, quindi stai trovando questa gita con me romantica? Credevo che mi odiassi e mi trovassi solo uno stupido ammasso di muscoli… non era questo lo scopo della penitenza?”
Erica sbuffò, ricordando la stupida penitenza che il loro gruppo di amici aveva ideato per lei: passare un pomeriggio con Guglielmo, detto il rubacuori. Detto la sua nemesi. Detto colui che non sopportava. Detto la sua cotta segreta anche a sé stessa.
Scosse la testa: “Certo che no” rispose orgogliosa, facendo una piroetta e tornando verso il centro della foresta.
Filippo spesso le diceva di fare attenzione ai massi scivolosi per via della umidità e del muschio oppure ancora ai rami che rischiavano di farla cadere: più volte venne presa al volo dal ragazzo, evitandole una disastrosa caduta fino alle pendici della montagna. Più volte aveva rischiato di farsi venire un mezzo infarto per quegli occhi celesti o per il suo profumo inconfondibile, che iniziava ad inebriarle la testa.
Dopo circa mezz’ora di cammino, si fermarono per consultare la mappa e la bussola che Guglielmo aveva portato con sé, con grande sorpresa di Erica.
Ma invece di proseguire, il ragazzo si sedette su un grosso masso e fece cenno ad Erica di fare altrettanto. La ragazza cercò un sasso abbastanza privo di muschio o altra roba verdastra, ma dovette accontentarsi.
Guglielmo tirò fuori dallo zaino blu una borraccia termica, bevendo poi un po’ d’acqua. Gli occhi di Erica stavano per uscirle dalle orbite mentre guardava quel ragazzo scultoreo bere come se fosse in una pubblicità di un qualche profumo maschile, ma comportandosi con una disinvoltura invidiabile.
Ecco, la verità era che lo invidiava anche, nonostante i suoi discorsi femministi: non si sentiva una ragazza attraente, anzi. Il suo corpo non era affusolato o da istruttrice di yoga, ma almeno faceva il suo dovere.
Gli occhiali a cerchio sul suo nasino a patata le davano un aspetto da vera nerd, insieme ai capelli mossi spesso scompigliati e alle unghie per nulla curate. Per non parlare del suo rapporto con la ceretta.
Invece le altre ragazze sembravano tutte uscite da cataloghi di intimo femminile, coi loro corpi perfetti ed il trucco impeccabile: Erica litigava ogni santo giorno con l’eyeliner. E Guglielmo anche sembrava uscito da uno di quelle riviste dove tutti sono perfetti: la cosa la indispettiva e la sola consolazione era che non era perfetto, essendo un vero illetterato che probabilmente non sapeva nemmeno che aspetto aveva un libro.
I suoi pensieri vennero riportati al momento presente dalla voce del giovane: “Quindi secondo te cosa nasconde questa brutta foresta cupa e cattivona? Qualche mostro mitologico?”
Erica fece un verso di scherno: “Non serve mica interpellare la mitologia, bastano gli animali esistenti nel mondo reale, tipo i lupi o gli orsi sai?”
L’altro ridacchiò, per nulla infastidito dalla risposta: “Oh ma non temere, mia principessa: ci sono io qui a difenderti.”
In un altro contesto, una frase simile avrebbe fatto insospettire la ragazza. Ma Guglielmo era di un’altra specie rispetto alla sua, quindi non c’era nessun problema. E lei non era una principessa, tanto meno la sua. Fece un sorriso sghembo e replicò: “Mi difenderai correndo a gambe levate mentre io pesto un povero lupetto con il primo tronco che trovo? Anche se sicuramente il tuo testone sarebbe più duro e dunque più efficace.”
Guglielmo rise di gusto, proprio non riusciva ad offenderlo. Poi si avvicinò a lei e gli porse una mano per aiutarla ad alzarsi.
“Sei proprio di una specie strana, Guglielmo. Forse qui il vero lupo, il vero pericolo… sei tu. Insieme al tuo stupido e perfetto sorriso.”

“Quindi è ufficiale: ci siamo persi!” esclamò Erica nel folto della foresta. Voleva disperatamente pestare quello zuccone del suo compagno di viaggio forzato, che invece rispose con non curanza: “Ma che vai a pensare, io non mi perdo mai. Devo solo… ritrovare la strada giusta. Questa foresta è tutta uguale, un vero labirinto.”
Erica stava perdendo la pazienza: “Ormai è da mezz’ora che cerchi di ritrovare la strada!”
Prese con forza la cartina dalle mani di lui, quasi strappandola: “Ci penso io, stupido ammasso di muscoli!”
Si accorse solo allora che nella cartina non c’era alcun percorso all’interno della Foresta Nera. Nessuna indicazione, solo un groviglio di rami neri. Cercò di ripercorrere mentalmente il percorso che avevano fatto, quando avevano girato e lo disegno mentalmente sulla mappa. Le veniva da piangere per il nervoso ed il panico.
Quella foresta era un vero caos e sarebbero potuti rimanere lì per giorni: si estendeva per ettari ed ettari e loro erano chissà dove lì, nel buio.
Guglielmo notò lo stato d’animo della ragazza e, senza prenderla in giro o dire qualcosa, la abbracciò da dietro. Erica sbarrò gli occhi, sorpresa.
Però il tepore del petto di lui, il suo buonissimo profumo e la sensazione di sicurezza di quell’abbraccio vinsero ogni sua resistenza, tanto che chiuse gli occhi e per un attimo si dimenticò di dove si trovava.
Le labbra di Guglielmo si avvicinarono al suo orecchio: “Dicevo sul serio prima. Non lascerò che ti accada nulla, Erica. Mi dispiace di averti messo in questo pasticcio, io… Ma rimedierò e ti riporterò a casa. Quindi… non aver paura.”
Lei fece un profondo respiro, calmandosi piano piano: “Ok. Mi fido di te.”
Guglielmo fece un sorriso teso e replicò: “Ti affidi ad uno stupido ammasso  di muscoli testone come me?”
Erica alzò lo sguardo, incrociando l’azzurro degli occhi di lui: “Non ho mai pensato davvero questo di te, anche se ho studiato più di te non vuol dire che tu sia stupido. Solo… sembri sempre troppo perfetto.”
Guglielmo ridacchio, ancora nervoso per la situazione: “Siamo in vena di confessioni allora. Ed io che credevo mi odiassi... lo sai che non sono perfetto. E ho sempre ammirato la tua intelligenza, sai sempre un sacco di cose ed è bello vedere con quanta passione le racconti… sei bella quando lo fai.”
Erica sentì un battito del suo cuore saltare: Guglielmo aveva appena detto che lei era bella. Improvvisamente tutti i preconcetti che aveva su di lui, come un telo bianco, caddero.
Lo vide sotto una luce diversa, era solo un ragazzo sportivo che piaceva molto alle ragazze. Ma a pensarci bene non aveva avuto molte relazioni. E anche se così fosse stato, non avrebbe mai osato usare una ragazza.
Era vero che non era uno particolarmente studioso, ma sapeva un sacco di cose che lei ignorava. Come ad esempio andare per sentieri in montagna, per questo l’aveva portata lì: per farle vedere che non era un essere senza cervello come Erica aveva sempre sostenuto, solo per non sentirsi da meno lei stessa.
La ragazza si sentì terribilmente in colpa: “Quindi sei sempre stato serio prima.”
Guglielmo rise, un po’ più rilassato: “Finalmente lo hai capito. Secondo te perché i nostri amici ci hanno costretti a questo pomeriggio insieme? Perché loro lo sanno.”
Erica fece una espressione interrogativa: “Sanno che cosa?”
Guglielmo le prese il viso tra le mani dolcemente e con un filo di voce disse: “Che tu mi piaci. E che io ti piaccio. Dovresti essere più onesta sui tuoi sentimenti, sai?”
Il volto di lei divenne paonazzo per l’imbarazzo: “Io non… cosa vai dicendo?!”
Guglielmo rise e avvicinò le sue labbra a quelle di lei lentamente, finché non riuscì a sentire il suo respiro: “Dovresti allontanarmi allora.”
Erica non rispose, non si mosse per alcuni secondi, indecisa sul da farsi.
Una vocina in fondo alla sua testa le diceva che forse era tutto un terribile scherzo di Guglielmo e dei loro amici, lei era Erica e non piaceva mai ai ragazzi, specie a quelli come Guglielmo. Eppure ignorò quella vocina infida che le metteva così tanta paura e disse, appena udibile: “Tu dovresti parlare di meno e baciarmi allora.”
Guglielmo fece un sorriso sollevato e non perse tempo: fu un bacio dolce, delicato e rispettoso. Il ragazzo era spaventato quanto lei.
Quel bacio però gli sembrò perfetto e diverso, divenne più lungo ed intenso.
Erica avrebbe voluto darsi un pizzicotto, stava praticamente baciando il suo nemico naturale. E per giunta le stava piacendo, molto anche. Fece quasi un verso di disappunto quando Guglielmo si staccò da lei.
Si guardarono negli occhi e lui aveva un sorriso ebro che non gli aveva mai visto addosso. Una mano del ragazzo andò a sistemarle dietro l’orecchio una ciocca di capelli uscita dalla coda. Ridacchiò e disse: “Non ci posso credere che sia successo. Ed in una situazione del genere poi… Adesso sono cavoli tuoi, Erica: non mi staccherò più da te.”
La abbracciò forte e la baciò di nuovo, premendo le sue labbra contro quelle di lei.
Quando si staccò, esclamò: “Saranno i tuoi baci miracolosi, ma mi sento un vero genio ora. Sai arrampicarti sugli alberi, giusto? Quindi, mia bellissima principessa, i tuoi occhioni da cerbiatta scruteranno dall’alto dove caspita siamo e vedranno sicuramente la via per tornare alla civiltà!”
Lei rimase sorpresa, doveva essere proprio nel panico per non aver pensato ad un piano così semplice.
Ma prima di allontanarsi da lui per arrampicarsi sull’albero più adatto allo scopo, con un filo di voce da bambina spaventata chiese: “Non è che, una volta tornati a casa, farai finta che tutto questo non sia mai successo?”
Lui le fece un sorriso bonario, di quelli che si fanno ai bimbi intimoriti: “Come potrei? Ma mi hai sentito prima?! Ora sono cavoli tuoi… vorrò ancora tanti baci, in tanti posti diversi e possibilmente non in foreste pericolose. Questo è solo l’inizio.”
   
 
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