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Autore: EcateC    06/01/2022    0 recensioni
✒︎ SHERLOCK, LUPIN E IO
✒︎ ADLOCK
Questa storia si propone di dare un epilogo alternativo alla saga di Sherlock, Lupin e io, e non tiene conto dei fatti accaduti dopo l'improvvisa partenza di Irene per New York...
Sherlock ormai è adulto e lavora fianco a fianco con Watson, quand'ecco che un misterioso gentiluomo americano richiede la sua presenza per risolvere un caso d'oltre oceano.
Può essere letta anche da chi non conosce la saga di Sherlock, Lupin e Io.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Trenton

A.S. 13 marzo 1889.

 

Mio caro John Watson, spero che questa mia ultima la trovi bene.

Questa mattina io e Irene siamo usciti, un giro in carrozza nel centro città. Trenton è una città cosmopolita, non ho mai visto tante facce orientali e africane in vita mia. Ho sentito lingue che non sono stato in grado di distinguere, visto cani che non sapevo nemmeno che esistessero.

È tutto così diverso da Londra che a volte ho la sensazione di camminare in un pianeta alieno.

Irene è a suo agio come sempre. Cammina con le spalle dritte e la testa alta, ha degli abiti e un portamento che farebbero sfigurare una gran duchessa. Cammina e si ferma a ogni vetrina, il suo sguardo mentre visiona i capi esposti è molto severo, non cela il disappunto. Rappresentare la scelta di una donna con gusti tanto esclusivi e sofisticati mi rende fiero.

“Ti piacciono?” le ho domandato, anche se conoscevo già la risposta.

“No. La gonna è bella, ma guarda che scollatura volgare. Tanto vale non indossare nulla, no?” mi ha risposto insinuante, con un sorrisetto civettuolo. Ama provocarmi, come se io ne avessi bisogno.

Ho replicato con un complimento e questo mi ha fatto guadagnare un piacevole bacio sulle labbra. A Londra sarebbe reputato un’oscenità, ma qui in America è tutto più libertino. Le persone si baciano e si ubriacano davanti a tutti come se nulla fosse e di notte le prostitute vagano indisturbate in ogni vicolo. Ci sono anche gli uomini vestiti da donna, Irene stessa me ne ha presentati alcuni.

Mi piace? Oh, no. Odio tutto questo lassismo e Londra mi manca come se ci avessi lasciato un pezzo di cuore. Ma dato che lei vive qui…

“Torniamo indietro, che dici?”

Personalmente, ho sempre fretta di tornare a casa. 

“Ma siamo appena arrivati. Non andiamo a mangiare fuori?”

A mio malgrado le ho risposto di sì. Avrei preferito mangiare solo con lei, libero dagli sguardi intrusivi e giudicanti delle persone. Purtroppo la discrepanza tra i nostri ceti sociali si nota più che mai in mezzo alla gente e mi pesa. Rende la presenza di Irene ancora più precaria ai miei occhi, ancor più… incomprensibile. 

Ho bisogno di appianare questo divario che ci separa col contatto fisico. Le porgo il braccio per galanteria, in realtà la sento solo più vicina, più mia.

Come ben sa, Watson, non ho mai avuto complessi in vita mia, di nessun genere. I soldi non mi sono mai interessati, il mio aspetto fisico nemmeno. Mi preoccupavo solo dell’igiene e del decoro personale, il resto per me era superfluo. Non c’è da stupirsi se le donne mi hanno sempre ignorato. Avevo eretto una barriera tra me e loro, una coltre di ghiaccio che sembrava inscalfibile e che io per primo mi sentivo incapace di abbattere.

Irene però ci è riuscita e ora io mi sento fragile ed esposto. Ho paura di perdere ciò che ancora non mi capacito di avere. Perfino un re si era innamorato di lei, è una di quelle donne che potrebbe avere qualsiasi uomo: principi, sultani e ricchi industriali. Questo mi rende ansioso. Io non sono ricco, non sono bello, sono tuttavia intelligente ma non mi reputo una mente straordinaria. Lei invece è straordinaria. Noto gli altri uomini come la guardano, bellezze così esimie sono rare in natura. Io li gelo tutti con lo sguardo, sarei pronto a uccidere per tenermela stretta. 

“Sherlock.”

“Dimmi” le rispondo subito. Noto subito che ha un quotidiano spiegazzato alla mano. Alza gli occhi azzurri su di me e mi sorride. “Leggi qui.”

Leggo e le mie sopracciglia si sollevano senza che io me ne renda conto. La guardo.

“Dici che è lui?” mi chiede lei, ha un sorriso raggiante che mi spaventa.

Sì, è lui.

Arsene. 

 

Suppongo che avrà sentito parlare di Monsieur Arsene Lupin, colui che viene ritenuto - a giusta ragione - uno dei ladri più furbi, lesti e inafferrabili dell’intera Francia, per non dire dell’intera Europa. La Gendarmerie ha rinunciato molti anni or sono all’idea di catturarlo, sarebbe come voler afferrare i fumi di Londra e portarli in prigione. 

Ebbene, costui oltre ad essere il famigerato Ladro Gentiluomo è stato anche un mio carissimo amico di gioventù, forse il più caro che ho avuto dopo di lei. 

La notizia la avrà lasciata certamente a bocca aperta, ma adesso le spiego. Ho conosciuto Arsene in villeggiatura a Saint Malo, quando avevo sì e no quattordici anni. Inutile dire che tra noi si instaurò subito una grande complicità, eravamo entrambi giovani e annoiati, audaci e irrequieti, e la prospettiva di passare dei guai ci sembrava molto più allettante del restare quieti e immobili nelle nostre case. Fu proprio in quei giorni vivaci e soleggiati che conobbi anche Irene. In realtà fu lei a venire da me, era vestita come una contessina e già dimostrava un’esplicita insofferenza per i suoi abiti stretti e ingombranti, quelli che le signore di un certo rango si impongono di indossare anche d’estate. Ma ciò che mi colpì fu il fatto che si offese a morte quando le dissi che soltanto gli uomini potevano diventare pirati e non anche le donne. Può ben immaginare che mi piacque già. Fui io a presentarla ad Arsene e ancora mi domando se quello fu un errore oppure no. 

Vede, Watson, c’è un motivo per cui Lupin viene definito il Ladro Gentiluomo. Non è dato dal fatto, seppur encomiabile, che non usi alcun tipo di violenza durante i suoi mirabili furti. E nemmeno da quello che tenda a colpire chi non se ne accorge nemmeno. Ma dal fatto di essere uno stimato, celebre e incallito tombeur de femme, per dirla in francese.

E quando un uomo del genere è stato anche il primo amore della donna che ami… Beh, le cose si complicano.

Ho sempre saputo che tra loro c’è stato un flirt, anche se a suo tempo fingevo di non essermene accorto. Mi barricavo dietro questa incoscienza costruita e fingevo di non notare le loro labbra secche e arrossate, fresche di baci. Fingevo che la cosa non mi importasse, ma in realtà soffrivo. Irene mi piaceva già da allora e avrei voluto esserci io al posto di Arsene, ma qualcosa dentro di me mi rendeva fin troppo disilluso. Che vuoi pretendere? Mi dicevo. Arsene è sempre stato più bello e più simpatico, e io sono sempre stato logico. Non potevo sperare di piacerle con Arsene di mezzo, non avrebbe avuto senso. Sarebbe stata una speranza vana, stupida. Ma non ce l’avevo con loro per questo, anzi, li adoravo. Irene era la ragazza dei miei sogni, mentre consideravo Arsene a tutti gli effetti il mio migliore amico. Se non avessi conosciuto lei, mio stimato Dottore, probabilmente Arsene lo sarebbe tuttora. Provo molta stima per Arsene Lupin, ha sempre avuto un’elegante disinvoltura e un carisma che gli ho sempre ammirato. Con le ragazze poi ci sapeva fare moltissimo, le faceva innamorare tutte. Io in confronto sembravo una pietra.

Ovviamente anche lui si era preso una cotta per Irene e quando mi rivelò di averla baciata per la prima volta, mi sono limitato a un sorriso sprezzante, ma in realtà provai un’invidia feroce. Volevo baciarla anche io, anche io iniziavo ad avere una cotta per lei. 

Il tempo passò e nell’amicizia che mi legava ad Arsene si frappose in modo sempre più incisivo la presenza di Irene, che creava tra noi una tensione invisibile ma consistente. Arsene smise di raccontarmi dei baci che si scambiava con Irene, ma il mio occhio geloso e allenato impiegava pochi secondi per individuarli tutti.

 Lei cresceva e sbocciava, diventava sempre più bella e anche io iniziai a tentare qualche approccio, in modo certamente più goffo rispetto ad Arsene. La mia gelosia iniziò a diventare palese, smisi perfino di negarla, d’altronde non c’è niente di più ridicolo che negare l’evidenza. La baciai davvero solo una volta, ma lo feci con stile, davanti a tutti. Davanti ad Arsene soprattutto. La mia fu una dichiarazione di guerra, ma la cosa che più mi esaltò fu che Irene non si ritrasse, spinse anzi le sue labbra adolescenti contro le mie. Compresi finalmente di avere delle speranze e iniziai a corteggiarla in modo molto discreto e sottile. Fu codardo da parte mia aspettare di avere delle rassicurazioni, ma ero e sono molto insicuro su queste cose. Trascorremmo insieme un periodo felice in cui restammo io e lei da soli, senza Arsene. Non ci scambiavamo dei baci ma passavamo molto tempo insieme. Correvamo dei pericoli inimmaginabili ma era proprio questo il bello, l’irresponsabilità e l’ebrezza della gioventù ci rendeva coraggiosi al limite dell’incoscienza. Irene poi non aveva paura di niente, più una cosa era pericolosa e più sembrava piacerle. Fortunatamente io riuscivo ancora a impressionarla con le mie capacità analitiche e deduttive, spiccate pur essendo io così giovane. Mi sentivo un eroe quando succedeva. Il mio sentimento per lei cresceva di pari passo al mio corpo e alla mia altezza. Era palese. Lei stessa non più tardi di ieri mi ha confessato di averlo sempre saputo. Sapeva che anche Arsene era innamorato di lei e mi ha detto che non avrebbe saputo scegliere tra di noi… ma che se proprio fosse stata costretta, se proprio avesse avuto la famigerata pistola puntata alla tempia, allora avrebbe scelto me. 

Non so francamente se l’ha detto per farmi piacere, dato che eravamo comunque io e lei sotto le coperte. Se ci fosse stato Arsene, probabilmente avrebbe detto la stessa cosa a lui. Ricordo fin troppo bene il modo in cui si sorridevano e si guardavano. Lo ricordo e mi fa male.

Irene passò la notte a dormire, io invece no.  

 

Arsene non è cambiato di una virgola. Mi ha stretto tra le braccia con sincero affetto e mi ha dato una pacca mascolina sulla spalla. È sempre stato un tipo molto fisico ed espansivo. Ha un sorriso bianchissimo e smagliante, il fisico perfetto e asciutto di un ginnasta. Ahimè è molto bello, nessun uomo normale vorrebbe averlo come rivale in amore.

Ha sollevato Irene tra le braccia e le ha scoccato un bacio sulla guancia. Io mi sono fatto indietro, ho dato loro il tempo per salutarsi. Che mi piaccia o no, li lega un profondo affetto.

“Arsene!”

“Irene!”

“Come stai?”

“Quanto tempo!”

“Ma guardati, sei stupenda” le ha detto, con un’occhiata tutt’altro che innocente. A quel punto sono intervenuto.

“Lo è senza alcun dubbio” mi sono intromesso, cingendole la vita è spingendomela vicino in modo più che eloquente. Arsene ha guardato prima me e poi lei. Ha capito, ma Irene non ha retto il suo sguardo e ha abbassato gli occhi. Questo mi ha ferito.

“Oh” ha sillabato Arsene “Ooh…” ha ripetuto più cupamente, la delusione nel suo viso era lampante. Malgrado tutto, mi ha guardato e ha forzato un sorriso “Quindi hai vinto tu, alla fine. Ha scelto te.”

“Ragazzi, siamo finalmente insieme dopo tanto tempo” è intervenuta Irene, la sua bella voce ha stemperato l’atmosfera “Non roviniamo questo momento.”

“Avete ragione, Mademoiselle Adler!” ha replicato Lupin con fare disinvolto “O forse dovrei dire Signora Holmes?” mi ha guardato “Posso solo sapere se vi siete messi l’anello al dito?”

“Ma no!” gli ha risposto subito Irene “Ti pare che potrei sopportare questo eccentrico sapientone per tutta la vita?”

Forzai un sorriso, sapevo che stava scherzando. “Grazie, eh.”

“E poi russa come un trattore!” aggiunse Arsene, ma lo fece col sorriso sulle labbra “Come fai a dormirci insieme?”

“Io non russo!” mi sono subito difeso “Tu russi!” 

Lui alzò le mani “Io? Le mie ragazze non me l’hanno mai detto.”

“Le tue ragazze?” gli chiese invece Irene, mettendosi a braccia conserte. Sembrava gelosa. “Vorresti dire che ne hai più di una, Arsene Lupin?”

Lui le fece un occhiolino “Che ci posso fare, sono pieno d’amore.”

… Pieno di lussuria, vorrà dire. Che Arsene Lupin fosse un donnaiolo l’avevo capito fin da ragazzino, dato che ha cominciato ad avere rapporti sessuali prima ancora che gli spuntasse la barba, prima ancora che io dessi il mio primo bacio ad Irene. Ma non farei mai a cambio con lui, perché lui avrà avuto tante donne, ma non ha mai avuto La Donna, a differenza mia.

 

Quando io e Irene siamo tornati a casa, tuttavia, aleggiava uno strano silenzio tra noi. Io non sono un chiacchierone, di solito è lei quella che riempie di parole le nostre corse in carrozza. Quella sera tuttavia qualcosa la turbava e ovviamente sapevo già di cosa si trattasse… o meglio, di chi.

È forse un caso che dopo aver visto Arsene Lupin il suo volto si fosse fatto così contrito e pensieroso?

Ovviamente mi sono preoccupato moltissimo. Ho iniziato a temere che l’antica indecisione tra me e Lupin fosse tornata alla luce e mi sono perfino domandato se si fosse pentita di essere salita in carrozza con me e non con lui. 

Non avevo il coraggio di chiarire, nemmeno di guardarla. Mi sentivo paralizzato, percepivo l’abbandono in ogni suo silenzio e in ogni mancato sorriso. Dopotutto la nostra relazione non aveva niente d’ufficiale, nessun vincolo formale che avrebbe potuto frenarla dal decidere di lasciarmi per sempre.

Siamo arrivati sotto casa e le ho porto subito la mano per aiutarla a scendere dalla carrozza. Inutile galanteria, lei ha dimostrato varie volte di essere agile come un’amazzone, tuttavia ha accettato la mia offerta e ci siamo tenuti per mano fino alla porta di casa. Questo mi ha rincuorato.

“Vado a fare un bagno caldo.”

“Naturalmente” le ho risposto subito, troppo velocemente. Di sicuro lei ha percepito la mia tensione, ma non ha fatto domande. 

Si è chiusa in bagno.

Irene quando si chiude in bagno ci sta moltissimo tempo e io non ho motivo di farle fretta. Quella volta tuttavia ero impaziente e la mia mente correva come un cavallo senza requie. Immaginavo tutti i possibili scenari del prossimo futuro, ognuno dei quali culminava con lei che mi lasciava per correre da Arsene. Iniziai a pensare che averla avuta, seppur per poco tempo, era stato comunque un privilegio. Comunque fosse andata, dovevo ritenermi fortunato.

La porta del bagno finalmente si aprì e una lama di luce ferì la stanza buia. Io ero già a letto, coricato, ma ero più sveglio di un grillo. Irene uscì dal bagno con i capelli tutti tirati da una parte, la pelle lentigginosa e arrossata dall’acqua calda. Provai il fortissimo desiderio di baciarla e la sensazione di non poterlo più fare ne esasperò l’intensità.

La guardai mentre scivolava dentro la camicia da notte e spegneva la luce, perciò seguii la sua figura snella nella penombra. Ha la strana abitudine di mettere a posto i suoi abiti e i suoi mille vezzi prima di venire a letto.

Ci fu un tonfo.

“Ahia!”

“Tutto bene?” le ho chiesto subito.

“Ho sbattuto, stupida sedia” mi ha risposto secca, facendomi sorridere.

Finalmente sentii il materasso abbassarsi sotto il suo peso. Mi sono istintivamente voltato verso di lei, Irene emanava un profumo intenso, come ogni volta che esce dalla vasca da bagno. Si è stesa al mio fianco con molta disinvoltura, ho sentito i suoi piedi prendere contro ai miei. Ho preso l’iniziativa e mi sono voltato del tutto dalla sua parte, le ho poggiato una mano sul ventre e ho cominciato a massaggiarglielo. Volevano essere solo carezze affettuose.

“Come ti è parso Arsene?” mi ha domandato con gli occhi fissi al soffitto.

“Uguale a come lo ricordavo”.

“Credo stia frequentando delle compagnie sbagliate”.

Ho sorriso “Sei in ritardo per quello. Lui stesso ora rappresenta una compagnia sbagliata.”

Irene si è voltata a guardarmi “Che vuoi dire?”

“Voglio dire che ha fatto del furto il suo mestiere. E non dirmi che non lo sapevi, perché non ti credo.”

“Forse ha solo bisogno di soldi?”

“Ne ha più di me” risposi di getto. Ma poi mi pentii. “Voglio dire… Forse ne ha più di me, in ogni caso non sono soldi puliti.”

Lei ha fatto un profondo sospiro e ha chiuso gli occhi, il suo corpo ha iniziato a rilassarsi, i suoi muscoli a distendersi. Con i polpastrelli sono salito delicatamente verso il suo petto e le ho sfiorato entrambi i seni. Lei continuava a tenere gli occhi chiusi, il suo respiro era regolare.

Sono ridisceso nel suo ventre.

“Ha detto che sei stupenda. Cosa ne pensi di questo?”

Irene ha sorriso “Penso che lo dica a tutte.”

“Io invece lo dico solo a te. Sei stupenda, Irene Adler.”

Lei ha sorriso nuovamente e mi ha guardato con le palpebre a mezz’asta “Cosa vuoi sentirti dire, Sherlock?”

Io mi sporsi a baciarle la bocca. “Niente” sussurrai, per poi stringerla in un abbraccio forte e sentito. Volevo imprimere nella memoria tutte le forme del suo corpo, la sua voce e il suo profumo. Volevo ricordarla, avrei usato finalmente la mia memoria per qualcosa che non fossero nozioni, casi vincolanti e altre teorie.

Le sue gambe sotto di me si aprirono lentamente, come i petali di un fiore in sboccio.

“Secondo me… Vuoi sentirti dire che preferisco te” mormorò con tono malizioso, mettendomi una mano tra i capelli.

“Dici?” ho accennato un sorriso, in realtà non avevo molti motivi per cui sorridere. L’ho guardata infatti con più serietà, lei se n’è accorta e ha cambiato espressione.

“Che c’è?” mi ha chiesto infatti.

“Irene, se preferisci Arsene, io lo capisco” ho cercato di dirle con tutta la sincerità del mio cuore, non sa quanto coraggio ho dovuto racimolare per farlo “Non devi sentirti obbligata a restare con me. Non ti serberò rancore, se decidi di andare da lui.”

“Oh, Sherlock” mi ha chiamato subito “Ma io non voglio andare da lui. Sono esattamente dove vorrei essere.”

“Dici sul serio?”

“Sì. Non ti nego che Arsene ha sempre esercitato un certo fascino su di me e che ci siamo anche frequentati per un po’…”

“Frequentati?” ripetei, spiacevolmente sorpreso “Avete avuto una relazione?”

Lei annuì e dalla sua espressione io compresi tutta la verità. Watson, ci crede che in quel momento mi sono sentito come un miope a cui avevano appena messo gli occhiali? La realtà dei fatti mi si era dipanata con una nitidezza cristallina. Ecco perché Irene mi aveva fatto quella scabrosa confidenza in carrozza, ecco perché aveva fronteggiato Arsene con tanto imbarazzo, ecco perché lui ci aveva chiesto se eravamo sposati.

Si erano frequentati. 

“Quindi è successo con lui?” le chiesi a bruciapelo  “L’uomo con cui hai tradito il tuo ex marito è stato Arsene, non è vero?”

Lei dischiuse le labbra dallo stupore, per una volta non fui contento di averla impressionata.

“Oh, cielo” mi sussurrò “Oh, Sherlock…”

Come di consueto avevo ragione.

“Non avrei voluto che tu lo sapessi” disse lei, mogia “Ma dopotutto non avevo fatto i conti con le tue straordinarie capacità.”

Malgrado tutto le sorrisi. “Conoscere verità scomode suppongo sia il prezzo da pagare.”

“Non considerarla scomoda. Arsene è e sarà sempre nel mio cuore, ma tu… Tu sei il mio cuore.”

Mi appoggiai sui gomito e la guardai intensamente negli occhi “Hai davvero scelto me, Irene Adler?”

Lei mi sorrise “Sì.”

“E non mi tradirai con Arsene?”

“Cosicché tu possa scoprirci dieci minuti dopo?” mi domandò lei, col sorriso sulle labbra “No, grazie.”

“Dieci? Dì pure cinque” l’ho corretta senza pudore, facendola ridacchiare. 

“Ti amo” mi disse, con uno sguardo dolce e luminoso.

In quel momento seppi che nessun Arsene Lupin ci avrebbe più potuto separare, che eravamo destinati a stare insieme, eravamo anime gemelle per diritto divino e naturale.

Peccato solo che Arsene non fosse della stessa opinione.

Non si agiti, Watson. Non abbiamo duellato come due cicisbei medievali né tanto meno ci siamo sfidati in una gara di abilità intellettuale. Arsene sarà stato anche un mio rivale, sia in amore che - è proprio il caso di dirlo - nel lavoro, ma era un mio carissimo amico. Aveva e ha tuttora la mia stima e il mio rispetto.

Ebbene, in un giorno d'inverno il ladro gentiluomo è tornato a farci visita. Si è presentato in casa nostra in piena notte, sgattaiolando dentro in un modo certamente poco ortodosso.

Me ne sono accorto in quanto un insolito e impercettibile rivolo di corrente fredda era subentrato in camera da letto dalle fessure della porta, destandomi all'improvviso. Lei sa quanto il mio sonno sia leggero e infatti ho capito subito che si trattava di un ladro. Ma le finestre erano serrate e fuori non si udiva nessun rumore, nemmeno il più lieve. Solo un gatto poteva insinuarsi dentro una casa padronale arrampicandosi sull’olmo nel giardino ed entrando dal tetto in modo così silenzioso. Un gatto oppure…

“ARSENE!” ho gridato verso l’uscio “Metti subito giù il mio cappello!”

Irene è trasalita mentre il suddetto Arsene ha spalancato la porta della nostra camera e si è affacciato come se niente fosse.

“Buonasera, ragazzi” ha esclamato col suo solito sorriso da schiaffi, il mio cappello a scacchi in testa.

“Arsene!” ha strillato Irene, incredula “Come diavolo hai fatto a… ? È una mia collana quella che hai tra le mani!?” gli domandò allarmata, scattando fuori dal letto. Nell’esatto istante in cui lo disse, la collana sparì dalle dita di Lupin.

“Quale collana?” le sorrise lui, dispettoso “Non ho nessuna collana!”

“Ridammela, disgraziato!” gli intimò Irene, ma era divertita “Sherlock! Sherlock, digli…” si voltò verso di me con fare esigente, ma poi si bloccò non appena vide che la sua collana era magicamente comparsa in mano mia. A stento trattenni un sorriso. 

“Oh molto divertente, voi due” esclamò Irene, mettendosi a braccia conserte “Continuate pure a comportarvi come due dodicenni.”

“Colpa mia, sono rimasto lo stesso scavezzacollo di sempre” le rispose Arsene, poi mi guardò “Trattala bene, mi raccomando” mi intimò, con una parvenza di serietà dietro il solito sorriso. In apparenza sembrò rivolgersi al gioiello, ma ovviamente capii che si stava riferendo a un gioiello ben più prezioso per noi, che mi aveva appena metaforicamente passato per mano.

“Puoi giurarci” gli risposi con altrettanta fermezza. Irene ci guardò e poi si volse verso Arsene, comprese anche lei ciò che era appena accaduto. I suoi begli occhi si fecero lucidi.

“Tornerai a trovarci?” gli chiese, emozionata.

“Quando sarò a corto di quattrini, senz’altro” scherzò Arsene, per poi metterle una ciocca di capelli dietro l’orecchio “Ci sarò sempre per te, mon cheri. E anche per te, vecchio segugio”

“Comincia intanto col restituirmi il cappello, grazie.”

“Dai, vecchio mio, ho fatto una scommessa! Ruba il deerstalker a Sherlock Holmes e avrai le chiavi del mondo!”

Io risi e alla fine gli permisi di andarsene col mio cappello in testa, dopotutto lui mi aveva lasciato Irene.

“Adesso dirà a tutti che ti ha derubato, lo sai, vero?”mi chiese lei, sedendosi sul letto accanto a me.

Io alzai le spalle. “Che faccia” minimizzai “Tanto la battaglia più importante l’ho comunque vinta io”.

E poi la guardai, le sorrisi. Era lei la mia battaglia più importante.

 

 

 

 


 

Note

Ho adorato scrivere questa storia, quanto ho amato la saga Sherlock, Lupin e Io, è bellissima! <3 

Vi dirò, all'inizio questa storia era semplicemente introspettiva, uno stream of consciousness di Sherlock, e solo dopo mi è venuta l'idea di renderela una sorta di scambio epistolare tra Sherlock e John. Ciò mi è piaciuto moltissimo, ma ha avuto come conseguenza l'estromissione di tutte le parti a rating rosso, dato che non potevo certo far scrivere a  gentiluomo come Sherlock cose del genere! ;)
Vedrò poi se pubblicare in altro modo quei pezzi oppure no... Vediamo.

A presto,

Ecate

 
   
 
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