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Autore: Carme93    06/01/2022    2 recensioni
Victoire Weasley è una ragazzina di quindici anni, intelligente, premurosa, ma terribilmente testarda. E, in questo caso, nemmeno l'atmosfera natalizia sarà sufficiente a trattenerla dallo scontrarsi con la sua rivale di sempre, Lin Zhang.
[Questa storia si è classificata terza al contest "Potter Drama" indetto da BessieB sul forum di EFP e all'iniziativa "Regali d'inchiostro" indetta sulla pagina Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta"].
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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#regalidinchiostro Fede Lisbeth Salander EFP, BlueBell Efp, Marti Fitzgerald W. Lestrange.
 


 

 
Questione di principio
 


Lo specchio le restituì impietosamente la sua immagine riflessa. Chiuse gli occhi, conscia che nulla sarebbe mutato: il rossore sarebbe sparito di lì a poco, le occhiaie probabilmente no, ma il resto sarebbe rimasto immancabilmente perfetto.
«Vic, ti prego. Siamo in ritardo».
Sospirò e riaprì lentamente gli occhi. Come aveva previsto, nonostante si sentisse distrutta, era ancora la perfetta e bellissima Victoire Weasley.
Si passò una mano sul volto, tentando di tirare fuori l’orgoglio che contraddistingueva la sua Casa.
Il lato materno della sua famiglia le aveva tirato proprio un bello scherzo: sangue veela. E a che accidenti le serviva? Prese un bel respiro e scacciò quei pensieri: se non si fosse calmata, sarebbe rimasta in quel bagno fino all’inizio delle vacanze natalizie.
«Vic».
Il tono quasi supplichevole dall’altro lato della porta non riuscì a scalfire la profonda sofferenza che la lacerava. Lo sguardo le cadde sul distintivo appuntato sulla divisa. Strinse con forza le mani sul lavello di marmo: aveva delle responsabilità. Non era solo Victoire Weasley, ma soprattutto il Prefetto Weasley.
«Arrivo» disse fiocamente, probabilmente l’amica nemmeno la sentì. Si sciacquò il viso un’ultima volta e uscì dal bagno.
«Posso sapere che cos’ha fatto quello stronzo di Morris ieri sera?» chiese a bruciapelo Michelle Mulciber, la sua migliore amica, appena la vide.
«Abbiamo Erbologia» tagliò corto Victoire avviandosi fuori dal Dormitorio a passo svelto.
«Uno. Siamo già in ritardo. Due. Fossi in te, mi porterei lo zaino, perché Paciock potrebbe perdonarti il ritardo, ma, se non gli consegni nemmeno i compiti, potresti metterlo in difficoltà».
Victoire prese l’ennesimo respiro della mattina – erano solo le nove ˗ e agguantò lo zaino che l’amica le porgeva. «Grazie».
«Prego. Però voglio sapere di Morris».
«Non c’è niente da sapere».
«Victoire Weasley! E per chi saresti conciata in quello stato!?».
«Possiamo parlarne dopo?» sbottò Victoire all’ingresso del castello. Aveva ignorato le domande dell’amica per sette piani. «Ti prego» aggiunse con voce lacrimosa.
«Come vuoi» assentì Michelle. «Ma ti conviene darmi al più presto un buon motivo per non spezzargli le gambe».
È colpa mia, pensò Victoire, ma non si espresse ad alta voce. Si scusò con il professor Paciock, appena giunsero alle serre, e poi si perse nei suoi pensieri occupandosi quasi meccanicamente del cavolo carnivoro, oggetto della lezione.
«Sai che a Morris donerebbe un bell’occhio nero?».
Bastò una sola occhiataccia per far smettere Michelle di pronunciare battute del genere.
«Vic, seriamente, perché Morris ti guarda in quel modo?».
Victoire raccolse il proprio materiale scolastico e non si voltò nemmeno verso i compagni Grifondoro.
«Ciao, ragazze».
Sorrise leggermente a Joey Andrews, anche lui Grifondoro, ma, per fortuna, non aveva nulla in comune con Morris e i suoi amici: era un mezzogigante. I suoi genitori biologici non l’avevano mai voluto e l’avevano abbandonato alla nascita. Per quello che Vic sapeva di lui, che si confidava soprattutto con lei, nell’istituto dove era stato fino agli otto anni, non era stato felice e non gli avevano voluto bene. Poi finalmente il destino aveva girato dal verso giusto e un giovanissimo giocatore di Quidditch aveva deciso di prenderlo in affidamento. Da allora Joey era diventato un Andrews e aveva quello che era una via di mezzo tra un fratello maggiore e un padre. Vic gli voleva molto bene, perché era un ragazzo di cuore nonostante l’aspetto imponente e inquietante.
«Ho detto al professore che stavi male e che Mich era con te».
«Grande» commentò Mich. «Ecco perché non ci ha tolto nemmeno punti!».
Joey sorrise. «Come stai ora?» le chiese avviandosi verso il castello per la lezione successiva.
«Non sta bene» rispose Mich.
«Che ti senti?».
«Che cos’è successo ieri sera? Morris, lui…».
I tre si voltarono verso Robin McLaughlin.
«Morris, cosa?» chiese Victoire presa da uno strano presentimento. Robin era arrossito e si era bloccato non sapendo come continuare.
«No, scusa, sono affari tuoi».
«Cosa va in giro a dire Morris?» chiese perspicace Michelle schioccando le nocche.
«Che voi… insomma che ieri sera, tu e lui…».
«Io e lui…?».
«Robin, muoviti» lo sollecitò Mich minacciosa. «Da chi vuoi che lo scopra?».
«Che siete stati insieme».
Mich, Joey e Robin la fissarono.
«Insieme in che senso?» chiese Joey confuso. «Dovevate studiare insieme, no?». Mich gli tirò un calcio sugli stinchi.
Victoire ispirò e tentò di calmarsi: era prevedibile, no? Aveva ferito il suo orgoglio. Che importanza aveva dopotutto? Poteva anche vantarsi con i suoi amici.
«È un bugiardo. Andiamo o McMillan non sarà clemente quanto Paciock».
Victoire si sentiva stanca e aveva tutto tranne che voglia di seguire un’altra interminabile lezione.
«Vuoi?» le chiese Mich leggendole nel pensiero.
Era una Merendina Marinara di quelle che produceva suo zio. La tentazione era forte, ma Mcmillan, come tutti i professori, conosceva gli effetti di quei dolciumi e Vic non avrebbe fatto una bella figura a servirsene.  «Falla sparire» borbottò.
Mich roteò gli occhi, ma obbedì.
«Quaggiù non sembra Natale» mormorò Robin appoggiando la testa sul banco.
Vic gli sorrise leggermente, mentre, altre due Grifondoro, Sarah Summers e Cecilia Macfusty, prendevano posto di fronte a loro.
Il professor Mcmillan ordinò loro di preparare la pozione pepata di cui c’era una gran necessità in infermeria.
Vic se la cavava abbastanza bene in quella materia, il suo sogno era quello di diventare una medimaga, e si mise subito a lavoro, ben conscia che avrebbe dovuto aiutare Mich e Joey come di consueto.
«Weasley».
S’irrigidì al suono di quella voce: apparteneva alla persona che meno sopportava a Scuola. Lin Zhang, Serpeverde, Prefetto. Una ragazza terribilmente ambiziosa e non che si faceva scrupoli per raggiungere i suoi obiettivi. Era un’arrivista, subdola e inaffidabile.
«Ho saputo della tua nuova conquista».
Le tremò la mano e schizzò il banco con la pozione, ma finse d’ignorarla. Lin era veramente cattiva: ultimamente la stuzzicava così, facendola passare per una donna scarlatta.
«Chissà se Lupin lo sa».
Vic s’immobilizzò: non voleva che Teddy sentisse una sola parola di quelle cattiverie, aveva davvero paura che potesse prestarci attenzione.
«Io e Morris ci siamo visti per studiare». E lui ha tentato di approfittarne, aggiunse mentalmente.
«Certo. Il Prefetto Weasley è sempre pronto ad aiutare tutti i ragazzi della ˗ Oh». Un pezzo di fegato l’aveva colpita in piena faccia. «Professore…» piagnucolò.
Mcmillan, voltato di spalle e intento a disquisire con Jacopo Hoffman di Serpeverde, si voltò rassegnato verso di loro. «Non vi avevo detto di sedervi distante?».
«Infatti, ho sempre detto che Zhang ha problemi di comprendonio» commentò Mich impenitente.
«Guardi» continuò a piagnucolare Lin Zhang.
Mcmillan sbuffò: «Mulciber ti avevo avvertito…».
«Sono stata io, professore» lo interruppe Victoire.
Il professore si accigliò, Mich fece per parlare ma si beccò un calcio che le fece perdere il fiato.
«Mi dispiace, ma Zhang mi ha dato della donna scarlatta. E non permetto a nessuno di chiamarmi così» aggiunse in un moto di coraggio, fulminò i compagni con lo sguardo, soffermandosi specialmente su Morris.
«Non le creda!» tentò Lin Zhang.
«Silenzio!» sbottò Mcmillan. «Quindici punti in meno ciascuno e Zhang, cambia posto… Immediatamente! E tornate al lavoro o chiuderete il trimestre con una T!».
Tutti obbedirono e persino Lin Zhang non osò protestare oltre.
Vic continuò a lavorare sul suo calderone quasi euforica per quella piccola vittoria. Lin si sarebbe vendicata, ma almeno l’aveva momentaneamente zittita.
Alla fine della lezione il professore chiese alle due ragazze di trattenersi.
La Grifondoro sospirò e si avvicinò alla cattedra, appena il resto dei compagni era sciamato fuori dall’aula. Lin era in piedi dalla parte opposta alla sua. Non si degnarono di uno sguardo.
Il professore sistemò alcuni plichi di pergamene e infine parlò: «Siete due studentesse brillanti, proprio non comprendo perché dobbiate essere sempre in conflitto. Ci guadagnereste molto di più, se collaboraste».
Victoire si accigliò e si chiese se stesse scherzando: lei e la Zhang non sarebbero mai state amiche.
«Non dite nulla?».
«Professore, lei ha perfettamente ragione… Nessuno più di me vorrebbe stringere un legame sincero con i compagni».
La Grifondoro ebbe un conato di vomito di fronte a melodrammaticità di quelle parole. Ci mancava solo che passasse lei per la cattiva della situazione.
«Signorina Weasley, non dice nulla?».
Se non dico nulla, è perché poi mi direbbe che sono scostumata, pensò Vic; ma disse solo: «Preferirei non esprimermi, signore».
Mcmillan si accigliò e ghignò – ma non era un Tassorosso? -: «Farete una ricerca sulle pozioni curative insieme. Entro il 21 dicembre».
«Insieme?» gli fece eco Victoire. Gli era dato di volta il cervello? Aveva sempre pensato che fosse una via di mezzo tra un Serpeverde e un Corvonero, e ora giocava a fare il dolce Tassorosso che faceva diventare amiche due persone che non si potevano vedere da quattro anni.
«Esattamente».
«Preferirei di no, professore» disse Victoire a denti stretti, ostinandosi a non guardare la compagna.
«Concordo. Professore le assicuro che io e la signorina Weasley lavoriamo molto meglio separate» tentò Lin Zhang.
«Non ho chiesto il vostro parere. Mi aspetto il vostro lavoro il 21 dopo pranzo».
«Mi rifiuto» sbottò Victoire dimenticandosi le buone maniere.
«Non sia impertinente, signorina Weasley» la rimproverò il professore. «Cinque punti in meno a Grifondoro. Voglio quella ricerca, realizzata da entrambe, mi accorgerò se non avrete lavorato insieme; altrimenti non andrete al Ballo dell’Amicizia e vi assegnerò una T».
Tassorosso Tirannico.
«Potete andare».
Victoire a malapena lo salutò. Lei e Lin si separarono appena fuori dall’aula.
Su una cosa era sicura: Victoire Weasley non avrebbe ceduto a quel ricatto. Eppure le dispiaceva non poter andare al Ballo con Teddy, ci aveva sperato e aveva immaginato quel momento un’infinità di volte. Il Ballo dell’Amicizia era un evento voluto dalla Preside McGranitt ormai quasi sette anni prima per favorire l’amicizia tra Case, ma naturalmente era diventata anche un’occasione per le coppie della Scuola. Ma che cos’erano lei e Teddy? In fondo non gliel’aveva nemmeno chiesto ancora.
Si recò in Sala Grande, ma era così triste che nemmeno i dodici maestosi abeti, che allietavano l’ambiente, riuscirono a suscitarle un sorriso. Di solito lei amava il Natale, ma quell’anno non riusciva proprio a stare tranquilla. Gli amici le chiesero subito dell’incontro con Mcmillan.
«Che stronzo» sintetizzò Michelle.
La parte razionale di Victoire comprendeva un pochino – solo un pochino – le intenzioni del professore, forse si sarebbe comportata allo stesso modo se due allieve non avessero fatto altro che romperle le pluffe a ogni lezione. Ma era Lin a rompere, perché troppo competitiva.
Sospirò rigirando il purè di cui meccanicamente si era servita.
«Vic». Una ragazzina dai lunghi capelli rossi stretti in una coda disordinata e mal fatta e con il viso leggermente arrossato, su cui le lentiggini tipiche dei Weasley erano particolarmente evidenti.
«Ciao, Molly» rispose costringendosi a sorridere. L’ultima sua intenzione era impensierire i cugini più piccoli, per i quali era un punto di riferimento. Tra l’altro lei e Molly erano sempre state molto legate. Loro due e Teddy. I più grandi della loro grande famiglia. «Tutto bene?».
«È stata una mattinata faticosa» mormorò Molly con una compitezza che non si addiceva a una ragazzina di tredici anni.
«Ti va di raccontarmi?».
La ragazzina sospirò e cominciò a lamentarsi della sua, purtroppo ben nota, difficoltà a relazionarsi positivamente con le sue compagne di classe. «Ho detto loro che preferisco studiare in Sala Comune piuttosto che andare al Ballo e loro mi hanno preso in giro! Mi hanno persino tirato del fango e io l’ho detto al professor Paciock…».
Vic fece del suo meglio per consolare la ragazzina, ma non potendola costringere a cambiare modo di pensare – grazie zio Percy –, le sistemò i capelli in un’ordinata treccia e la convinse a fare almeno un salto al Ballo, anche insieme a lei.
La più piccola l’abbracciò, probabilmente cercando più che altro conforto.
Quel pomeriggio, dopo le lezioni, Victoire desiderava solo rintanarsi nella sua camera e riposarsi: era stata una giornata lunghissima.
«Victoire, dobbiamo parlare».
La ragazza si voltò di scatto e si ritrovò faccia a faccia con Teddy Lupin, Caposcuola di Tassorosso.
«Teddy, sono così felice di vederti». Ebbe l’istinto di abbracciarlo e trovare sollievo tra le sue braccia, ma l’espressione dura del ragazzo la trattenne. «Hai avuto una lunga giornata anche tu?».
Teddy non rispose e la guidò in un corridoio deserto.
«Non sapevo ti piacesse Jacob Morris».
Vic non credeva alle sue parole: stava scherzando? Erano tutti impazziti quel giorno?
«Non mi piace Morris, ti ha dato di volta il cervello?» sbottò la ragazza. «Ti voglio bene, Teddy. Solo a te».
«E Fabian Parker?».
«Ti hanno Confuso, non c’è altra spiegazione» sibilò Victoire. «Parker ha l’età di Molly! Tredici anni!».
«E Jacopo Hoffmann? Ti sta sempre appiccicato».
La Grifondoro sbuffò: era ormai al limite. «Teddy tu credi alle voci messe in giro da Morris e da Lin Zhang?» gli chiese a bruciapelo.
Teddy mantenne l’espressione cupa e non rispose subito.
«Sei un idiota» disse trattenendo a stento le lacrime. «Mi hai deluso!». Gli voltò le spalle e ignorò i suoi deboli richiami. Raggiunse a passo di marcia la Sala Comune di Grifondoro. Come immaginato, trovò Jacob Morris comodamente stravaccato su una poltrona vicino al fuoco che teneva banco con gli altri ragazzi. Si avvicinò a lui con la bacchetta puntata, il ragazzo non fece nemmeno in tempo a rendersene conto e lo colpì con una fattura orcovolante, gentilmente insegnatale dalla zia Ginny, la sorella più piccola del padre.
Gli altri urlarono, qualcuno applaudì, specialmente Michelle, che fischiò nella sua direzione.
«Vic» sospirò Peter Lux, il Caposcuola di Grifondoro fissandola. «Dovrò fare rapporto, lo sai».
«Fai quello che devi» ribatté la ragazza.
«Vic» la seguì Michelle.
La Grifondoro tirò un sospirò di sollievo solo quando si trovò nella sua camera e si gettò sul letto.
«Wow, oggi giornata piena».
Vic raccontò all’amica di Teddy.
Mich si mise sul letto accanto a lei e sospirò. «È un maschio, gli passerà».
Victoire si accoccolò sul letto stringendo il cuscino. «Voglio tornare a casa prima».
«Pensi che ti daranno il permesso?».
«Appena mia madre saprà quello che ho fatto, mi ucciderà. Probabilmente posso già chiedere asilo politico a mia zia Ginny».
Non si accorse nemmeno di essersi addormentata, ma quando si svegliò la mattina dopo ancora le altre dormivano. Si vestì distrattamente, prese la borsa e si avviò lentamente verso la guferia. Il suo gufo le andò subito incontro, lo accarezzò e gli diede qualche biscotto. Poi si appoggiò al muro e scribacchiò poche parole per i suoi: aveva avuto i suoi buoni motivi per incantare Jacob Morris e che voleva tornare a casa in anticipo. Legò il biglietto alla zampa del gufo e lo fissò finché non scomparve dalla vista. Sospirò, guardò l’orologio e si disse che era un orario abbastanza accettabile per rompere le pluffe al suo Direttore.
Il professor Paciock era giovane, su di lui giravano molte voci, ma c’erano anche molte certezze, tra le quali quella di aver combattuto accanto al grande Harry Potter. Alcuni suoi cugini lo chiamavano addirittura zio per quanto i loro genitori erano legati. Zia Ginny diceva sempre a lei e a Teddy di salutarglielo con calore.
Bussò alla porta.
Al di là di voci e certezze, Neville Paciock era sempre molto disponibile per i suoi studenti, tutti, non solo per i Grifondoro di cui era Direttore.
«Buongiorno, professore».
«Victoire, vieni entra» l’accolse lui. Non sembrava troppo sorpreso di vederla. Sicuramente Peter aveva fatto rapporto la sera prima. D’altronde poteva biasimarlo?
Le dispiaceva di trovarsi in quella posizione: sapeva che non avrebbe dovuto perdere il controllo, ma di certo non provava alcun rincrescimento per aver incantato Morris.
«Il signor Lux mi ha raccontato quello che è accaduto ieri sera. Posso sapere perché?».
Victoire si aspettava quella domanda ed era andata lì, ancora prima di essere convocata, proprio per quello. «Si è comportato male con me» mormorò arrossendo e con voce incerta.
«In che senso?».
«L’altra sera mi ha chiesto di studiare insieme e io ho acconsentito, visto che non fa che perdere punti», Paciock non intervenne dopotutto anche gli insegnanti si erano rassegnati all’idiozia di Morris. «Mentre eravamo insieme è diventato chiaro che non avesse nessuna intenzione di studiare, perché ha cominciato ad allungare le mani. Io l’ho allontanato e me ne sono andata».
Paciock la fissava serio. «E perché l’hai affatturato solo ieri?».
«Perché ha detto in giro che io ero stata con lui e Teddy ci ha creduto» le parole le sfuggirono di bocca senza che potesse trattenerle.
Il professore arrossì leggermente, ma annuì. «Parlerò immediatamente con la professoressa McGranitt, Morris non si permetterà nuovamente di comportarsi in questo modo».
Per un attimo, la ragazza pensò di potersi salvare. «Non ha scritto ai miei genitori, vero?».
«Sei un Prefetto Victoire, non potevo fare altrimenti. Hai usato la magia su un altro studente. Ma scriverò loro nuovamente».
Peggio di andar di notte. Sapeva già che avrebbe detto sua madre: era una veela, perciò era normale che attirasse i ragazzi e doveva imparare a gestire questa cosa senza affatturare la gente a caso. Brava lei che ci riusciva.
«Professore, vorrei tornare a casa prima, è possibile?».
Paciock le rivolse uno sguardo comprensivo e sorrise leggermente. «Con il permesso dei tuoi genitori sicuramente».
Victoire fece una smorfia e lo ringraziò.
Nella Sala d’Ingresso incontrò Lin Zhang e le sue amiche. Quando il buongiorno si vede dal mattino…
«Weasley, pomeriggio in biblioteca. Facciamo la ricerca per Mcmillan».
Era un ordine? Aveva sentito bene? «Sapevo che fossi stupida, ma pensavo che fossi stata chiara ieri: non farò quella ricerca».
«Non puoi dire sul serio» sbottò Lin. «Avremo i G.U.F.O. a giugno! Te lo sei scordata? Non puoi prendere una T. Credevo che fossi una secchiona».
«Mi dispiace deluderti, non lo sono. E i G.U.F.O., così come la mia media, sono un problema mio» replicò freddamente Victoire.
«È un problema mio. Mcmillan punirà entrambe. Non puoi essere così egoista».
«Egoista? Sei una serpe infida! Ti rendi conto delle voci che hai messo in giro su di me?». Victoire le voltò le spalle, chiarendo che il discorso era chiuso.
«Attenta ai piedi, Weasley».
Vic finì sul pavimento e gemette all’impatto delle sue ginocchia contro la pietra. Strinse i pugni, mentre voci indignate e risate si sollevavano nella Sala d’Ingresso da alcuni studenti che si stavano recando in Sala Grande per fare colazione.
Victoire Weasley era una ragazza tendenzialmente mite, affettuosa e premurosa con i suoi amici e cugini più piccoli, ma non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. Men che meno da una spocchiosa Serpeverde.
«Adesso, ti tiro tutti i capelli» sibilò, rialzandosi.
Estrasse la bacchetta e la puntò contro Lin, che, come aveva previsto, la fissava divertita. La Serpeverde non s’intimorì e si preparò a difendersi. Alcuni studenti si ritirano ai lati della sala per assistere al duello imminente; altri pensarono ben di dileguarsi per non finire in mezzo.
«Vic, lascia stare» borbottò Joey sopraggiungendo.
Lin non colpì per prima, la Grifondoro conosceva la sua tattica: lasciava agli altri l’onore, così, se fossero arrivati dei professori, avrebbe potuto recitare la parte della vittima.
«Ma che ti passa per la testa?» sbottò una voce parandosi davanti a Victoire. «Sta arrivando la McKlin, fai sparire la bacchetta, se non vuoi una punizione l’ultimo giorno!». Jacopo Hoffmann, Prefetto di Serpeverde e suo caro amico, la spinse verso la Sala Grande senza delicatezza.
La Grifondoro lo fissò imbronciata. «Lin mi fa impazzire».
Il Serpeverde roteò gli occhi e le fece il verso, ignorando la sua occhiataccia. «Non fare la bambina. Lin lo fa apposta».
«Oh, non ci ero arrivata da sola. E, per caso, sai anche perché si comporta così?». Victoire e Lin non si erano potute vedere fin dal primo momento e la Serpeverde aveva sempre mostrato un atteggiamento ostile nei suoi confronti, ma l’aveva sempre imputato al fatto che fossero in competizione a Scuola e alla tipica rivalità tra Grifondoro e Serpeverde.
Jacopo sorrise maliziosamente. «No, non lo so».
«Tu lo sai».
«Non te lo dico» dichiarò sinceramente il ragazzo. «Non posso andare in giro a raccontare quello che vedo e sento nelle mia Casa, no?».
Vic lo conosceva abbastanza per sapere che era inutile insistere.
Nel pomeriggio incontrò Paciock che le disse di aver contattato i suoi genitori via Metropolvere, ma la signora Weasley si era mostrata irremovibile sul fatto che la figlia sarebbe rientrata a casa solo il 22 dicembre con l’Espresso di Hogwarts.
Victoire, per nulla sorpresa, lo ringraziò per il tentativo.
L’unica piccola soddisfazione della serata fu la comunicazione, da parte di Peter Lux, che Morris era stato sospeso.
Victoire si trascinò tra una lezione e l’altra tentando d’ignorare i pettegolezzi, Lin e Teddy. Ce la poteva fare. Era incerta su come comportarsi con Mcmillan: la cosa più semplice sarebbe stata ignorare anche la sua esistenza, sebbene sapesse che doveva almeno parlagli. Il problema non si pose, perché fu lui a convocarla dopo pranzo il 21 dicembre.
Nell’aula di Pozioni naturalmente c’era già Lin Zhang.
«Allora, ragazze, la ricerca?» chiese tranquillamente Mcmillan, che stava finendo di riordinare dei compiti, probabilmente anche lui desideroso di tornare dalla sua famiglia.
«Eccola, signore».
Victoire sgranò gli occhi: Lin Zhang aveva svolto la ricerca per entrambe.
«Molto bene…» iniziò Mcmillan.
«Io non ho scritto quella cosa» sbottò Victoire interrompendolo.
«Stai zitta» sibilò Lin perdendo palesemente il controllo e fissandola come una folle.
«Signorina Weasley» disse Mcmillan in tono di avvertimento.
«È la verità, professore. Non ho scritto quella ricerca, le avevo detto che non avrei collaborato con la signorina Zhang».
«Professore, non le dia ascolto» esclamò Lin disperata.
«Non me l’aspettavo da lei, signorina Weasley» disse il professore ignorando la Serpeverde. «Sono deluso, spero che si renda conto delle conseguenze delle sue azioni».
«Sì, signore».
«Non è giusto» strillò Lin fuori di sé. «Professore, io ho svolto la ricerca».
Le sue proteste non servirono ad altro che a farle perdere quindici punti per Serpeverde.
«Ti odio, Weasley» sibilò la Serpeverde appena furono fuori dall’aula.
In camera, Victoire trovò le sue amiche intente a prepararsi per il Ballo sempre più imminente.
Mich, che per l’occasione si stava colorando i capelli come l’arcobaleno e nel mentre accordava la sua chitarra, le lanciò un’occhiata e le chiese: «Il Grinch cosa dice?».
Da quando aveva visto quel film babbano ogni anno conferiva quel titolo ad almeno un professore. Di solito toccava alla McKlin, ma quell’anno era stata spodestata da un tutt’altro che dolce Tassorosso.
«Niente Ballo e la mia media in Pozioni è scesa in picchiata» comunicò sedendosi sul letto.
«Certo che sei testarda» sospirò dispiaciuta Sarah Summers e Cecilia Macfusty annuì.
Vic si strinse nelle spalle.
Trascorse il pomeriggio a sistemare il baule e ad aiutare le amiche a prepararsi, tentando di rilassarsi e divertirsi con loro.
Almeno avrebbe avuto la camera, e probabilmente l’intera Sala Comune, a disposizione per un bel po’ di tempo; anche se, probabilmente, sarebbe andata a letto presto.
«Ehi».
Sulla porta Mich la fissava impaziente.
«Hai dimenticato qualcosa?» le chiese. Le compagne erano uscite per recarsi in Sala Grande da quasi cinque minuti.
«C’è qualcuno che ti vuole parlare. Fuori dal quadro della Signora Grassa. Sbrigati».
Mich non le diede il tempo di ribattere; perciò, Victoire curiosa decise di lasciare il calore della sua stanza.
Sorprendentemente ad aspettarla c’era Teddy.
«Perdonami, sono un idiota».
Sembrava davvero contrito. Sul suo volto non c’era più quella strana espressione dell’altro giorno. Il suo cuore le disse di perdonarlo subito. Da piccoli avevano litigato tante volte, ma non erano mai stati distanti tanto tempo. Eppure stavolta la questione era stata più seria. Poteva perdonare il quasi cugino, ma il ragazzo di cui si stava innamorando?
Vic prese il giacinto bianco che le porgeva e lo odorò per prendere tempo.
«Vuoi ancora essere la mia dama?» ne approfittò Teddy porgendole la mano.
«Chiedilo a Mcmillan» sbuffò, consapevole che non ci avrebbe messo molto a perdonarlo. Dopotutto aveva reagito per gelosia, certo gliel’avrebbe rinfacciato per un po’.
«Mi farò perdonare, te lo giuro».
«Sono seria» sospirò. «Mcmillan mi ha vietato di andare al Ballo».
«Cosa?».
Si sedettero con le spalle appoggiate al muro e Vic gli raccontò quanto era accaduto in quei giorni.
«Mi dispiace averti lasciato sola» sussurrò il ragazzo baciandole i capelli.
«L’importante è che ora tu sia qui» disse lei rifugiandosi tra le sue braccia.
 
   
 
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