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Autore: Krgul00    06/01/2022    1 recensioni
Charlie è una donna con dei segreti stufa che questi la tengano lontana da suo padre, l'unica persona che può chiamare famiglia. Tornata al suo paese natale per ricucire il loro rapporto, Charlie si troverà coinvolta con l'affascinate nuovo sceriffo.
Ma ancora una volta, il non detto rischia di mettere a repentaglio ciò che ha di più caro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO CINQUE
I compari di Alan Hill erano degli idioti.
Charlie lo capì dopo appena un minuto di conversazione tra Scott Nelson, braccio destro di Hill, e Robert Adams.
Questo faceva di Alan un idiota a sua volta, perché si circondava di gente incompetente.
Fino a tre giorni prima – la domenica dopo la sua notte insonne – non lo avrebbe creduto. Alan si era dimostrato scaltro nel nascondersi; stando alla posizione del suo cellulare, avrebbe dovuto trovarsi in casa sua – primo posto dove chiunque avrebbe cercato una persona scomparsa – e non si era mosso da lì per i due giorni successivi. Sicuramente aveva comprato un cellulare usa e getta, e per Charlie sarebbe stato impossibile risalire a quel numero.
Inoltre, non risultava avesse fatto pagamenti elettronici negli ultimi dieci giorni o che avesse prelevato una grande quantità di contanti prima di sparire. Era chiaro che qualcuno lo stesse aiutando.
Non poteva credere, però, che quell’uomo avesse come braccio destro un idiota patentato.
“Il capo ha detto che ci sarà.” Stava dicendo Robert. La voce che Charlie sentì nelle cuffie era quella di un uomo che sembrava avesse fumato parecchie sigarette.
“Non capisco perché dobbiamo arrivare fin laggiù, possiamo vederci benissimo in città e-”, iniziò a ribattere Scott, iniziando l’ennesimo battibecco. Charlie alzò gli occhi al cielo esasperata.
Era da domenica pomeriggio che ascoltava le loro chiamate e quei due non erano mai d’accordo su niente, passavano il tempo a discutere di cose inutili – ad esempio se la bistecca di un certo Max fosse meglio al sangue o no – e non si preoccupavano minimamente di poter essere intercettati: dall’inizio di quella chiamata avevano fornito a Charlie luogo, giorno e ora dell’incontro tra Hill e un certo Mignolo – di cui Scott e Robert non conoscevano il nome, Charlie ne era certa, altrimenti glielo avrebbero già fornito.
Charlie dubitava che il Mignolo fosse il nome che Cole Rodriguez si era scelto; lui di certo non era tanto stupido da presentarsi di persona a quell’incontro.
Tuttavia, Charlie aveva bisogno di una sua foto. Sarebbe stato un pezzo importante per il suo puzzle e doveva assolutamente sapere chi era il portavoce di Rodriguez.
Decise di prendere due piccioni con una fava; perciò, esattamente una settimana e due giorni dall’ultima volta, Charlie si ritrovò alla centrale di polizia con un piatto di biscotti – al limone stavolta – per incontrare lo sceriffo.
Non lo aveva più visto dopo la loro interazione di sabato, e presto la rabbia nei confronti dell’uomo era scemata in un leggero turbamento. L’irritazione verso sé stessa, per essersi stupidamente esposta, dopo che era diventato evidente che Logan non si era, in alcun modo, riferito alla precaria situazione con suo padre, l’aveva messa sulla difensiva e, invece di rispondere con la sua normale impassibilità, era stata spinta a reagire in un modo che non era da lei.
Aveva capito perfettamente quale fosse stato l’equivoco. Poteva mai biasimare un padre per voler proteggere il figlio?
Ovviamente no.
Quindi tutto ciò che le era rimasto era un tiepido imbarazzo.
“Logan è impegnato in una chiamata, Charlie. Magari puoi passare domani?” Le disse Hannah, spiacente, quando si presentò alla reception.
Ma Charlie non poteva aspettare il giorno dopo, perciò iniziò ad avviarsi verso l’ufficio dello sceriffo.
“Sono sicura che vorrà vedermi subito, ci vorrà solo un minuto.”
Hannah le venne dietro, chiamandola e ripetendole quanto fosse occupato il suo superiore. Avevano attirato l’attenzione di tutti, ma nessuno sembrò intenzionato ad intervenire.
Quando raggiunse la porta chiusa, Charlie bussò brevemente e senza aspettare risposta, entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle, lasciando fuori una sbalordita Hannah.
Logan, che aveva la cornetta di un telefono fisso incastrata tra la testa e la spalla e stava scrivendo qualcosa su un foglio davanti a sé, si bloccò a quella interruzione.
“Scusa un secondo, Ryan.” Disse alla persona dall’altra parte della linea. Coprendo la cornetta con il palmo della mano, si alzò, gli occhi pieni di irritazione a quell’intrusone. “Cosa diavolo pensi di fare a-”
Ma le parole successive di Charlie lo ammutolirono. “So dov’è Alan Hill.”
Le sopracciglia di Logan si alzarono per la sorpresa. “Cosa?” Chiese incredulo.
Charlie non rispose; si limitò a fissarlo di rimando, impassibile.
“Ti richiamo.” Disse nel ricevitore e riattaccò senza aspettare risposta.
Le fece segno di sedersi, studiandola circospetto. Quando lei posò il suo piatto sulla scrivania, lo sguardo sospettoso dello sceriffo si spostò sui suoi dolcetti.
Logan iniziò a scoprirli dalla pellicola trasparente, sotto lo sguardo sorpreso di Charlie; non pensava che i suoi biscotti gli fossero piaciuti così tanto da non poter resistere un secondo di più.
Al gemito – che Charlie credette di piacere – dello sceriffo, non appena iniziò a masticarne uno, un sorrisino compiaciuto iniziò a curvarle le labbra e l’orgoglio iniziò ad affiorarle nel petto.
Quell’idillio, però, fu brutalmente infranto dalle parole di Logan: “Questi biscotti sono terribili.”
Charlie sentì i suoi occhi spalancarsi. “C-come?” Balbettò.
Balbettò! Era da quando aveva tolto il pannolino che non balbettava!
“Terribili.” Ripeté Logan, prendendo un altro morso.
Charlie lo fissò basita. “Perché continui a mangiarli, allora?”
Lui alzò le spalle. “Sembra che nessun altro qui dentro mi aiuterà a finirli e non voglio buttare da mangiare.” Logan guardò i biscotti rimasti con repulsione.
Con indignazione, Charlie fece per riprendersi il piatto, ma Logan lo allontanò fuori portata. Lui inarcò le sopracciglia, in una tacita domanda.
“A Maddie piacciono, li darò a lei se tu non li vuoi”, disse stizzita.
La risata di Logan, le diede ancor di più sui nervi. “Ovviamente, ti ha mentito.”
Charlie desiderò che l’ultimo morso gli andasse di traverso, e quel pensiero dovette trasparire dal suo viso, perché Logan le rivolse un sogghigno consapevole.
Doveva ammettere che, nonostante fosse insopportabile, quell’uomo aveva un ché di fastidiosamente attraente.
“Allora”, la voce profonda di Logan la riportò alla realtà. “Alan Hill. Dov’è?”
Charlie incrociò le braccia al petto, appoggiandosi indietro sullo schienale, il gesto le mise in evidenza il seno – lasciato scoperto dallo scollo a V del suo maglione blu - e gli occhi dello sceriffo vi si soffermarono fugacemente. Nulla poté guastare il sorriso compiaciuto di Charlie, stavolta, al breve lampo di emozione che poté leggere nei suoi profondi occhi scuri.
L’espressione di Logan, però, si fece subito impassibile, come a voler nascondere e ignorare quella temporanea debolezza. Alzò un sopracciglio, in una tacita domanda.
Si guardarono a vicenda per un lungo istante. “Stasera sarà al Gryson’s.”
Lo sceriffo appoggiò gli avambracci sulla scrivania, le mani intrecciate; Charlie poté vedere un certo interesse in quegli occhi scuri e si preparò per l’inevitabile interrogatorio.
“Innanzitutto, permettimi di chiedere: come facevi a sapere di Alan Hill?” Lo sguardo indagatore di Logan non abbandonò il viso di lei, in cerca della più piccola traccia di menzogna.
Charlie non ebbe bisogno di mentire, però. “Ne avete parlato tu e Luke sabato sera.”
Con un cenno distratto del capo, Logan le diede ragione. “Come sai del Gryson’s?”
Quella era la domanda su cui si era preparata tutta la mattina.
“Maddie mi ha detto che a Twin Lake City c’è questo negozio di fumetti” – il ché era la verità – “così stamattina sono andata a vedere se ci fosse qualcosa di interessante.” Sorrise disinvolta a quella bugia.
Logan le fece segno di continuare.
“Sono entrata in un bar, dopo. Ho sentito due tizi che parlavano di Alan Hill e del Gryson’s.” Fece finta di cercare di ricordare qualcosa e si preparò al suo azzardo. “Uno aveva capelli rossicci ed era molto pallido e magro. Non ho visto i suoi occhi però, quindi non so dire di che colore fossero. L’altro aveva un cappello, ma credo avesse i capelli castani, molto robusto e aveva un tatuaggio sul collo.” Lo guardò sbattendo innocentemente le ciglia. “Ho pensato lo volessi sapere.”
Più che altro, Charlie sapeva che quella descrizione avrebbe convalidato ancor di più la sua storia.
Occhi scuri scandagliarono le profondità degli occhi di lei, sembrava che qualcosa lo impensierisse.
Charlie sentì una goccia di sudore colarle lungo la schiena e subito prese un respiro profondo, contò fino a sette ed espirò, per ritrovare la calma.
“Sembra tu sia stata molto attenta.”
“Mi piacciono le serie poliziesche”, il che era vero. “Inoltre, la scuola militare ti insegna a far caso a certe cose.” Non era proprio così, la scuola militare era senza dubbio dura ma non insegnava nulla del genere, era stato al corso intensivo d’addestramento che le avevano insegnato le basi: sparare, combattere, identificare gli obiettivi e mentire.
Il terzo grado, però, non era finito.
“Come si chiamava il bar?”
Charlie ci pensò un momento, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio con nonchalance. “Non ricordo…”
“Che ora era quando sei entrata?”
“Le dieci, forse dieci e mezza.” Fece spallucce.
“Che cosa hai comprato?” Le chiese Logan con un sorriso furbo. Era bravo a quel gioco, sapeva che per smascherare una menzogna i dettagli erano fondamentali.
Charlie fece finta d’esser interdetta a quel repentino cambio d’argomento. “Non ho trovato niente di interessante.”
Quando lo sceriffo si rilassò di nuovo sullo schienale, Charlie seppe che l’interrogatorio era finito.
 
Il primo problema con le bugie era che dovevi esser capace a raccontarne, soprattutto sotto pressione.
Charlie Royce era di gran lunga la bugiarda più brava che Logan avesse mai incontrato: non aveva mai visto niente del genere.
Un ciarlatano qualsiasi ci avrebbe pensato due volte prima di entrare nell’ufficio dello sceriffo e iniziare a sparare cazzate; tuttavia, se ci avesse provato sarebbe stato sicuramente nervoso. E Charlie non era affatto nervosa, seduta tranquillamente sulla poltrona davanti a lui. Non aveva nemmeno tentato di nascondere il nervosismo rimanendo troppo immobile, come facevano alcuni.
Guardandola, chiunque avrebbe pensato fosse semplicemente una donna che si era trovata al posto giusto al momento giusto e aveva fatto il suo dovere di cittadina.
Anche Logan lo avrebbe pensato, senza dubbio.
Il secondo problema con le bugie, infatti, era che dovevi avere fortuna; Charlie Royce non ne aveva avuta.
Quella stessa mattina Luke e Logan erano andati, ancora una volta, di persona a casa di Alan Hill e avevano fatto un giro del piccolo quartiere. Erano appena le undici, quando erano passati davanti casa di Robert Adams e, per puro caso, lo avevano visto uscire per buttare la spazzatura.
Charlie aveva descritto esattamente Robert: roscio, pallido e allampanato.
Era impossibile che alle dieci o dieci e mezza stesse a Twin Lake City, a più di un’ora d’auto di distanza da casa sua. Ma Charlie era stata così credibile che, per un momento, Logan aveva dubitato anche di sé stesso e di ciò che aveva visto quella mattina.
Si chiedeva quale fosse lo scopo di quella bugia.
Una trappola? Anche se Logan dubitava seriamente che Alan Hill fosse così intelligente da orchestrare un piano tanto contorto, non bisognava sottovalutare i suoi nuovi soci; e la scomparsa di Hill giocava a loro favore: meno si faceva vedere e teneva un basso profilo, meno il suo socio correva rischi.
Perciò, quello che gli aveva comunicato Charlie avrebbe aiutato le forze dell’ordine. La domanda, però, rimaneva: qual era il ruolo di quella donna in tutto ciò?
Conosceva l’aspetto di due dei più fidati scagnozzi di Alan Hill e in qualche modo era riuscita a scoprire dove avrebbero potuto trovarlo. Nonostante avesse mentito su come fosse entrata in possesso di quell’informazione, Logan, in qualche modo, era sicuro che il resto fosse la verità.
Quella sera Alan Hill sarebbe stato al Gryson’s. Aveva senso; il locale si trovava appena fuori dalla sua giurisdizione e da quella dello sceriffo di Twin Lake.
Anche se avesse pensato che Charlie fosse davvero in combutta con quell’uomo, come avrebbe potuto considerare di lasciar perdere?
Le parole di Charlie lo distolsero da quei pensieri. “Allora, a che ora mi passi a prendere?” Gli chiese, battendo le mani e sorridendo raggiante.
Logan batté le palpebre, spaesato. “Cosa?” Charlie parve non notare il suo disorientamento e continuò, come nulla fosse. “Le otto e mezza andranno bene, così staremo lì per le dieci. Ho sentito che stasera c’è la serata latina.”
“Charlie”, la richiamò lui. “Non andremo al Gryson’s.”
Non sembrò sorpresa di sentirglielo dire. “Va bene”, disse annuendo, sorprendentemente arrendevole.
Gli occhi di Logan si socchiusero, scrutandola. “Non ci andrai da sola.”
“Ben detto, sceriffo.” Un altro, guardando quel viso angelico, avrebbe potuto interpretare quelle parole come un assenso.
“Te lo proibisco, Charlie.” Insistette.
Il suo sguardo si fece birichino, così come il suo sorriso. Si sporse verso di lui, sulla scrivania, e il movimento gli diede un’ottima visuale di quel seno perfetto. “E come hai intenzione di riuscirci? Intendi legarmi?”
Sentì un brivido d’eccitazione scorrergli lungo la schiena, al tono basso e provocante della voce di lei.
Si schiarì la gola, cercando di darsi un contegno, ma le parole uscirono roche quando, in un sussurro, le disse: “Promettimelo.”
Qualcosa sembrò scaldare quei laghi blu che lo fissavano con giocosità e per un momento Logan ebbe l’impressione di guardare la vera Charlie, senza più alcuna barriera di mezzo.
Per un momento gli parve di aver toccato l’irraggiungibile Miss. Royce.
La magia si infranse alla seguente parola di lei: “No.”
Charlie iniziò ad alzarsi per andar via e Logan si ritrovò in piedi a sua volta.
Sospirando si passò una mano tra i capelli, esasperato. “Va bene! Passo a prenderti alle otto e mezzo.”
Era sicuro che se mai avesse visto una donna vincere alla lotteria, avrebbe avuto lo stesso sorriso radioso della donna davanti a lui.
“Splendido!” Esultò, avviandosi. Quando fu alla porta si fermò con la mano sulla maniglia. “Metti il cappello da cowboy.” Gli disse da sopra la spalla, prima di uscire.
 
 
Logan aveva ripensato all’episodio della fiera più volte in quei giorni. Si sentiva a disagio ogni volta che riviveva la sua discussione con Charlie, era stato uno stupido e avrebbe voluto scusarsi, ma non sapeva come.
L’ultima volta che aveva provato a scusarsi con una donna aveva fatto un casino. Certamente non avrebbe più detto a una donna imbufalita di calmarsi, sembrava scatenare istinti omicidi.
Quello era uno dei tanti motivi per cui Logan preferiva non essere coinvolto con nessuno da quando si era trasferito. Non aveva bisogno di ritrovarsi una donna furiosa ovunque andasse.
Aveva pensato di mandare dei fiori, in segno di scuse, ma subito si era ricreduto al solo pensiero del putiferio che ciò avrebbe scatenato. Alla notizia che lo sceriffo aveva mandato dei fiori a Charlie, si sarebbe ritrovato tutta la città in fila davanti alla porta del suo ufficio.
Magari un’altra volta.
Ugualmente era stata scartata l’idea dei cioccolatini, o qualsiasi altra diavoleria un uomo dovesse regalare a una donna per far penetrare il semplice concetto di: “Sono sinceramente dispiaciuto.”
Ci aveva rimuginato per tutti i giorni precedenti, non riuscendo mai ad arrivare a una decisione.
Tranne per quando era al lavoro, era stato impossibile non pensare a Charlie dopo la sagra di sabato.
A casa era un continuo susseguirsi di: “Charlie ha fatto…” oppure “Charlie ha detto…”, come anche “Charlie pensa…” e qualsiasi altra frase che iniziasse con “Charlie” e proseguisse con un verbo qualunque.
Jake non sembrava riuscire a smettere di parlarne.
Inesorabilmente, era arrivato mercoledì e se l’era ritrovata nel suo ufficio. L’urgenza della situazione non gli aveva lasciato nemmeno il tempo di pensare di scusarsi.
Perciò, alle otto e mezzo in punto, Logan parcheggiò la macchina davanti casa del Maggiore Stephen Royce; aveva indossato il suo Stetson nero, in tinta con la giacca, e per non esser troppo elegante aveva messo un paio di jeans e i suoi stivali.
Sceso dall’auto, arrivò fino alle scale della veranda prima di fermarsi. Sembrava che all’interno fosse in corso un litigio, perché la voce adirata di Stephen era udibile anche da dove si trovava Logan.
Indeciso se bussare alla porta o tornare indietro, rimase nel vialetto per qualche secondo. Non ebbe bisogno di prendere una decisione però, perché improvvisamente la porta si aprì e Charlie apparve sulla soglia.
Il cappotto scuro, lungo fino a metà coscia, nascondeva il suo vestito, lasciandole scoperte le gambe avvolte in calze nere e rese ancor più lunghe da vertiginosi tacchi a spillo.
Non si accorse subito di lui, intenta a frugare in una borsetta minuscola e a brontolare qualcosa che Logan non riuscì a cogliere. Solo quando richiamò la sua attenzione schiarendosi la gola, la donna lo guardò.
Quegli occhi blu ardevano ancora di indignazione, lasciando ancora una volta a Logan uno scorcio di ciò che si celava sotto la superficie.
Charlie si ricompose e, più alta di tre gradini, lo guardò con fierezza: una guerriera reduce da una battaglia.
I capelli biondi che le arrivavano al mento le conferivano un aspetto sofisticato, mettendo in evidenza la linea elegante del collo e la forma delicata della mascella.
Scese lentamente i gradini, l’ondeggiare sinuoso dei fianchi accentuato dai tacchi. Si fermò proprio davanti a lui, gli occhi quasi alla stessa altezza. “Hai messo il cappello.” Mormorò.
“Lo metto sempre.” Di certo non le avrebbe mai detto che aveva impiegato più del solito per scegliere quale indossare.
Il tragitto in macchina fu silenzioso per i primi dieci minuti.
Tutte le donne con cui era uscito avevano sempre riempito il silenzio, non si era mai dovuto sforzare di cercare un argomento di conversazione. Era evidente, invece, che Charlie fosse presa dai suoi pensieri – Logan era pronto a scommettere che stesse pensando alla discussione con suo padre di poco prima – con la testa appoggiata al finestrino, guardava il paesaggio scuro e a malapena visibile all’esterno.
L’espressione malinconica sul suo viso lo spinse a rompere il silenzio e a tentare di distrarla.
Immaginò che iniziare con lo scusarsi non fosse una cattiva idea.
Si schiarì la gola, cercando di ricordare le parole che aveva provato e riprovato davanti allo specchio, a casa.
“Vorrei scusarmi per sabato, ho esagerato.” Quella era esattamente la frase che Logan avrebbe voluto dire ma, sfortunatamente, era uscita dalle labbra di Charlie.
Ancora una volta, quella donna lo spiazzò.
“Cosa?” Farfugliò. “Sono io che ti devo delle scuse, Charlie. Sono stato uno stupido a pensare che tu potessi-” La mano di lei interruppe quelle scuse concitate e raffazzonate, quando si appoggiò delicatamente sul suo braccio. Con la coda dell’occhio vide la sua bocca curvarsi in un sorriso gentile.
“Non lo sapevi. Non mi conosci.” Strinse leggermente il suo avambraccio, prima di lasciarlo andare. “Non devi preoccuparti.”
Il silenzio riempì nuovamente l’abitacolo.
Pensando a quando finalmente si sarebbe scusato con lei, Logan aveva immaginato un momento catartico, ma distogliendo brevemente gli occhi dalla strada, per poter guardare la donna seduta vicino a lui, si sentì peggio di prima.
Sembrava una donna non avvezza alle scuse.
Era tornata a guardare fuori dal finestrino, la faccia inespressiva se non fosse per un velo di tristezza che l’avvolgeva. Se mai avesse dovuto raffigurare la solitudine, avrebbe scattato una foto di Charlie in quel momento.
Un’improvvisa determinazione lo pervase. Si sarebbe scusato come si deve, e quella donna avrebbe fatto meglio a farsene una ragione.
Con lo sguardo fisso sulla strada, iniziò.
“È vero, non ti conosco.” Con la coda dell’occhio vide Charlie girarsi a guardarlo. “A mio figlio, però, gli estranei non sono mai piaciuti, eppure, ti adora, è evidente a chiunque. Avrà anche otto anni ma è un ragazzino intelligente e avrei dovuto rendermi conto del significato di tutto ciò.” Logan scosse la testa. “Ho visto come lo guardavi. Non si può non volergli bene, vero?”
Quando si girò verso di lei, rimase senza fiato.
Si rese conto che tutti quei sorrisi che gli aveva rivolto – che Logan aveva pensato fossero autentici – erano solo un altro strumento per mettere più distanza tra lei e gli altri.
Quello che gli stava rivolgendo, invece, era pura dolcezza e scioglieva quegli occhi azzurri in due laghi profondi. Lì vi trovò la stessa emozione che, alla fiera di sabato, non aveva saputo identificare.
Deglutendo, riportò l’attenzione alla strada.
Ora capiva perché Jake stravedeva per lei. Un uomo avrebbe potuto uccidere per quello sguardo.
Si costrinse a continuare. “Dimmi che mi perdoni.” Le parole gli uscirono mormorate.
“Ti perdono.” La guardò nuovamente e l’emozione in quegli occhi era ancora lì ad attenderlo. “Non potrei fare altrimenti, quando indossi quel cappello.”
A quelle parole canzonatorie, le spalle di Logan si rilassarono e, per la prima volta dall’inizio di quel viaggio, si abbandonò sul sedile.
 
 
Il Gryson’s era pieno, nonostante fosse un mercoledì sera. Quando Logan e Charlie entrarono, l’enorme pista da ballo centrale era già piena di ballerini e i tavoli tutt’attorno sembravano essere tutti occupati. Sarebbe stata un’impresa trovare un posto a sedere.
Lasciarono i loro cappotti al guardaroba e Logan apprezzò il vestito poco appariscente che aveva indossato la sua accompagnatrice. Era un semplice vestito nero accollato; uniche particolarità erano le maniche a sbuffo, che lasciavano scoperte le braccia, e la gonna, che sembrava formasse dei pantaloni.
In quel modo almeno non avrebbero dato troppo nell’occhio.
Si guardò intorno, cercando, inutilmente, di individuare Alan Hill tra la folla.
Quando si voltò di nuovo verso Charlie, per poco non gli venne un infarto.
“Cristo santo.” Le parole di Logan furono inghiottite dal frastuono circostante.
Aveva pensato fosse poco appariscente? Quel vestito non avrebbe potuto essere più vistoso nemmeno se avesse avuto una freccia al neon sulla testa ad indicarla.
Una scollatura vertiginosa lasciava la schiena completamente scoperta, la linea sinuosa della spina dorsale si faceva strada fino al sedere dove la stoffa cedeva il posto a un tessuto trasparente che lasciava intravedere un accenno dell’invitante linea di demarcazione dei glutei, prima di tornare opaca. Era evidente a chiunque, quindi, che la donna non indossasse la biancheria intima.
Nel complesso il vestito era assolutamente elegante e sicuramente adatto alla serata, se solo non avessero voluto passare inosservati.
Logan tenne quelle riflessioni per sé, però. Lui era lì solo in veste di accompagnatore.
Luke e Ryan Clark – che aveva prontamente avvisato quel pomeriggio - avrebbero provveduto al piano vero e proprio.
Il primo ad avvicinarsi per chiederle un ballo fu un idiota con un piercing al naso e un mucchio di tatuaggi sulle braccia. Con sorpresa – e gran fastidio – di Logan, Charlie accettò con un sorriso quell’invito.
La donna sembrava aver completamente dimenticato il loro proposito per quella sera.
Come un falco, Logan tenne d’occhio il tipo tatuato, assicurandosi che tenesse le mani a posto.
Li guardò ballare una salsa, digrignando i denti ogni volta che la mano dell’altro uomo si faceva più audace.
La stessa cosa si ripeté in rapida successione per altre sette volte; ma una volta sbollita una certa irritazione verso quegli uomini così sfrontati da cercare di sedurre la sua accompagnatrice, Logan si rese conto di quanto Charlie sembrasse perfettamente nel suo elemento.
Gestiva le attenzioni che riceveva in modo magistrale, distraendo i suoi ammiratori con sorrisi e moine. Una volta che se ne rese conto, Logan non poté più distogliere lo sguardo.
Era come incantato da quel gioco complesso. Oltre al ballo effettivo, infatti, era in corso un’altra danza, che Charlie portava avanti con maestria, per allontanare e distrarre i corteggiatori più audaci.
Non avrebbe avuto bisogno dell’intervento di Logan, in nessun caso, sembrava assolutamente padrona di sé e in grado di respingere – Logan era certo anche con le cattive se avesse voluto – qualsiasi attenzione sgradita.
Questo diceva molto di quella donna.
Quando finalmente la canzone finì, la vide tornare verso di lui. In quel vestito, accaldata e con le guance rosse, era una visione. Ma un uomo si frappose tra loro, dandogli la schiena.
Con l’intenzione di dissuadere il tizio nel suo intento di portare di nuovo Charlie sulla pista, Logan iniziò a farsi strada verso di loro, per poi fermarsi improvvisamente quando lo riconobbe.
Alan Hill stava chiedendo un ballo a Charlie Royce, e per poco Logan non scoppiò in una risata fragorosa.
Dannazione, ecco a cosa serviva il vestito. Pensò, assolutamente meravigliato.
Improvvisamente, gli avvenimenti divennero così ridicolmente ovvi, che Logan si domandò come avesse fatto a non rendersene conto prima.
Alan Hill era stato costretto a tenersi lontano da tutto ciò che amava dalla vita, in particolare dalle belle donne; ed ora, la prima volta in una settimana che – a quanto sapevano – si concedeva di uscire dal suo isolamento, si trovava difronte la donna più bella che - Logan era certo – avesse mai visto.
Nella calca del Gryson’s, Charlie era come un tanto desiderato bicchiere d’acqua per un uomo che stava morendo di sete. Era impossibile non esserne attratti.
Come trovare un ago in un pagliaio? Facile, prendevi una bella calamita e aspettavi che la fisica facesse il resto. E Charlie era la sua calamita.
Trovò un tavolo da dove godersi lo spettacolo e ordinò da bere per entrambi. Non avrebbe saputo dire quanto tempo passò prima che, finalmente, Charlie riuscì a riemergere dalla folla dei suoi ammiratori.
Gli si sedette a fianco sul divanetto, e tracannò la bottiglietta d’acqua che Logan le aveva preso.
La guardò affascinato quando lei tirò fuori uno specchietto da quella borsetta minuscola e si diede una sistemata ai capelli.
Logan si rese conto, guardandola, che per tutta la serata non si era minimamente annoiato, nonostante fosse rimasto solo fino a quel momento.
Vide le sue labbra – quelle labbra che sembravano così meravigliosamente morbide – muoversi, ma la musica coprì le sue parole; pertanto, le si avvicinò, allungando una mano sulla spalliera dietro di lei e piegando la testa in avanti, l’orecchio ad un soffio dalla sua bocca.
Così vicino, poté sentire il suo dolce profumo di fiori e le sue labbra accarezzargli la pelle quando gli chiese: “Ti stai divertendo, cowboy?”
Si scostò per guardarla in viso, gli occhi di lei pieni della stessa emozione che avevano condiviso in macchina.
Logan non rispose, allungò invece una mano per sistemarle una ciocca bionda dietro l’orecchio.
Sembrò sorpresa dalla sua audacia, ma subito gli sorrise e inclinò la testa per permettergli di accarezzarle il collo.
Non staccò gli occhi da quelli di lei, semischiusi per la beatitudine, mentre si avvicinava.
“Vuoi tornare a casa, tesoro?” Il vezzeggiativo gli uscì dalle labbra in modo naturale e anche Charlie non parve prestarvi particolare attenzione, come se non fosse la prima volta che lo pronunciasse.
Tutto ciò su cui erano concentrati era quel momento tra loro, dove quel vezzeggiativo suonava intimo e assolutamente appropriato.
Entrambi sembrarono dimenticare la domanda.
Gli occhi languidi di Charlie si chiusero e la sua guancia premette su quella di lui.
La mano di Logan, ancora sul collo di lei, si spostò più in basso, fino alla clavicola, per poi risalire di nuovo verso l’alto in una dolce carezza.
Sentì il corpo della donna rabbrividire e farsi più avanti, gli appoggiò la testa sulla sua spalla e a Logan bastò piegarsi leggermente in avanti per posare un piccolo bacio nell’incavo del collo di lei.
Lì, inspirò profondamente il suo profumo floreale e, senza staccarsi, tracciò con il naso una linea invisibile fino al suo orecchio.
Sentì Charlie rabbrividire ancora e pronunciare in un ansito: “Logan.”
Il suo nome non gli era mai sembrato più bello e il suo cuore iniziò a battere più velocemente quando incontrò di nuovo i suoi limpidi occhi blu. Così come era successo prima, Logan riuscì a raggiungere la donna che Charlie celava dentro di sé. Gli sembrò di essere tirato negli abissi dell’oceano, spinto verso il basso dalle onde e dalla pressione, e in quelle profondità Logan trovò un disperato desiderio di appartenenza.
Automaticamente le sue braccia si strinsero intorno a lei.
Non sei sola, pensò.
Non ebbe il tempo di ragionare su quel pensiero così spontaneo e naturale, perché la mano di Charlie gli accarezzò una guancia ispida, seguendo il segno della cicatrice sul suo viso.
Nei suoi occhi malinconici ora alleggiava una piccola luce di speranza, mentre lo guardava. Il mento di Charlie si inclinò verso l’alto e le sue labbra si schiusero in un chiaro invito.
Nonostante il desiderio di baciarla gli infiammasse il corpo, Logan se la prese con calma.  Appoggiò la fronte su quella di lei ed entrambi emisero un sospiro di aspettativa.
Le stuzzicò il naso con il suo, in una lenta carezza e strofinò lentamente il pollice sulla sua guancia.
Si staccò di qualche centimetro per ammirare il suo splendido viso, giusto in tempo per vederla inumidirsi le labbra con la lingua.
Non poté aspettare oltre, e lentamente si abbassò su quella bocca che sembrava averlo stregato.
   
 
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