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Autore: eddiefrancesco    06/01/2022    1 recensioni
Odyle Chagny aspirante artista, è costretta a lasciare la Francia per accontentarsi di fare l'istitutrice delle due figlie di Lord Moran.
Dalla sua posizione ai margini del bel mondo, la giovane si rende conto ben presto che in quell' ambiente dove tutto sembra perfetto, in realtà molti nascondono oscuri segreti.
Per esempio, Lord Tristan Brisbane, l'attraente e un po' impacciato gentiluomo la cui timida insicurezza mal si accorda con le voci inquietanti che circolano sul suo conto.
O dell'avvenenente Lady Moran, che pur circondata dal lusso conduce un esistenza triste e solitaria. Scoprendo a proprie spese che nell'Inghilterra puritana di fine Ottocento può bastare un sussurro per distruggere una vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Di tenebra e d'amore 9 Capitolo Mai sarebbe riuscita a immaginare la terribile realtà a cui era stata condannata. Di notte, spesso rimaneva sveglia per ore ad ascoltare le grida e i lamenti agghiaccianti degli ammalati. Di giorno, cercava di estraniarsi fino a volare via dal proprio corpo, per non pensare a quello che le facevano... «Odyle!» si era sentita chiamare un giorno. Si era voltata di scatto verso quella voce familiare e amica. Non era Rouel, bensì Claude, che si era avvicinato a lei appoggiandosi sul suo bastone. Si era gettata tra le sue braccia. Piccola, fragile, enormemente dimagrita nei pochi giorni in cui era stata rinchiusa lì dentro e, per protesta, si era rifiutata di mangiare. Claude l'aveva tenuta stretta accarezzandole i capelli e tempestandole la nuca di baci. «Odyle, tesoro... che cosa ti hanno fatto?» La voce gli tremava on gola. «Perdonami, non sono riuscito a venire prima. Ho tentato tutti i giorni, ma non mi facevano entrare... Solo oggi... devo essere riuscito a intenerire una suora! Ascoltami bene, Odyle.» Le aveva sollevato il mento verso di sé, per guardarla negli occhi. Quegli occhi che aveva sempre visto pieni di calore ed energia, quel giorno gli erano apparsi tristi e vuoti. «Non so se mi faranno entrare ancora qui dentro, quindi devi ascoltarmi adesso... Rouel non ti lascerà andare finché non l'avrà avuta vinta e i tuoi genitori hanno le mani legate. Tuo padre ha ricevuto ingenti somme di denaro in prestito da quell'uomo e spera che tu lo sposi per legarsi a lui in modo definitivo.» Le bacio' la guancia, rigata da una lacrima. «Victor Rouel è un uomo terribile, tesoro, credimi. Ho fatto delle ricerche... Una delle sue ultime amanti è stata ritrovata nella Senna. Era incinta ed è stata uccisa... Ovviamente non si può provare che sia stato lui, ma molti dicono che voleva liberarsene e che lei era diventata molto insistente.» Odyle aveva nascosto il viso contro il petto dell'amico. «Devi scappare, Odyle, hai capito?» «Claude, ma ti rendi conto di dove mi trovo? Come faccio a fuggire, secondo te?» «Ebbene, mia cara, l'unica cosa che puoi fare è... acconsentire a sposarlo.» «Cosa?» «Ssst! Non gridare, calmati. È l'unica cosa che puoi fare per uscire da questo inferno. Non potrà sposarti subito, sulla porta dell'ospedale, Odyle! Dovrà lasciarti un po' di tempo per riprenderti. E per allora io avrò organizzato tutto.» Odyle lo aveva guardato negli occhi con un bagliore di rinnovata speranza. «Un'amica di mia zia, una certa Lady Cartwridge, di Londra, tra un paio di settimane farà ritorno in Inghilterra. È una donna formidabile, piena di energie e di larghe vedute. Le ho accennato della tua storia e lei mi ha fatto capire che sarebbe lieta di aiutarti. Dice che potresti nasconderti facendo l'istitutrice. A Londra, lei ha due nipotine dell'età giusta per iniziare a studiare.» «Londra? Ma...» «Tua nonna era inglese, giusto?» «Sì... è vero, e la lingua non dovrebbe essere un problema... ma dovrei lasciare tutto... l'accademia, la scultura... te.» «Non sarebbe per sempre, solo per qualche tempo, finché non si saranno calmate le acque e Victor non si sarà dato per vinto. E poi, tu e io rimarremo in contatto, non preoccuparti. Tramite mia zia, spediro' delle lettere a lady Cartwridge e lei le consegnerà a te, così sarai sempre informata della situazione. Lascia fare a me.» Il giorno dopo, con il cuore pesante e freddo come un macigno, aveva detto a Victor che l'avrebbe sposato. Dimessa dall'ospedale, non le era stato neanche consentito di tornare nella sua stanza alla pensione. I suoi genitori l'avevano tenuta sotto sorveglianza, come due gendarmi, osservando ogni sua mossa.Il matrimonio avrebbe dovuto essere celebrato entro un mese. Per fortuna, dopo una decina di giorni durante i quali aveva cercato di frenare la lingua e gli impulsi ribelli, le era stato concesso un pomeriggio di spese con la sua amica Marie. Dopo aver vagato senza meta per gli Champs Elysses, Odyle aveva salutato calorosamente l'altra fanciulla adducendo come scusa un impegno inderogabile e si era diretta verso la torre. Ai piedi della monumentale costruzione in ferro, prodigio della Nuova Era ideato da Monsieur Eiffel, Odyle si era confusa tra la folla e aveva intrapreso la salita. Claude l'aspettava in cima, dove avrebbe dato un ultimo saluto alla sua Parigi prima di correre in stazione a prendere il treno per Calais, luogo in cui la attendeva Lady Cartwridge e dove si sarebbe imbarcata su una nave con il nome e i documenti di Odyle Chagny, istitutrice. Iniziava a fare freddo e si era alzato il vento. Forse avrebbe dovuto mettersi uno scialle sulle spalle. Non fece in tempo ad alzarsi in piedi che vide una delle ante della finestra sbattere contro la parete, mentre il vento sollevava alcuni dei fogli che aveva appoggiato sulla scrivania. La foto di Miriam si sollevò per aria, come trasportata magicamente da quella brezza, e fu risucchiata fuori dalla finestra. Un grido soffocato uscì dalla gola di Odyle. Quella foto era tutto ciò che le rimaneva della sorella e non poteva perderla in quel modo. Corse alla finestra, aggrappandosi con disperazione al davanzale, e guardò per strada, per cercare di capire se fosse volata quattro piani più sotto. Niente. Non riusciva a scorgerla. Batte' i pugni sul davanzale, incapace di contenere la rabbia e con una gran voglia di lasciarsi andare a qualche imprecazione. Poi si trattenne e si coprì il volto con le mani. Non doveva lasciarsi andare alla disperazione, si disse, passandosi una mano tra i capelli e guardando ancora. Eccola! Il viso di sua sorella occhieggiava beffardo poco sotto di lei, incastrato tra alcuni rami di un albero. «Accidenti!» mormorò tra i denti. C'era una sola cosa che avrebbe potuto fare. Rientrò in camera e si scosto' dalla finestra, iniziando a slacciarsi il vestito. Con una gonna lunga avrebbe di sicuro perso l'equilibrio all'istante, inciampando nella crinolina, ma in sottoveste, con indosso solo i mutandoni che portava sotto il vestito, sarebbe stato come avere la calzamaglia, e avrebbe potuto saltare con maggiore libertà. In quella tenuta assolutamente indecente, tornò ad affacciarsi alla finestra. Quindi, senza troppo sforzo, salì sul davanzale. Il salto non era dei più difficili, ma non sapeva come sarebbe stato il punto d'arrivo e se quei rami avrebbero retto il suo peso. Prese la mira e si molleggio' sulle gambe tendendo le braccia in avanti. Poi si tuffo'. Con il cuore in gola, si afferrò a un grosso ramo che scricchiolo' senza spezzarsi. Per fortuna, l'autunno non aveva ancora fatto cadere le foglie di quella pianta che riuscivano a nasconderla perfettamente. Vide la foto di Miriam sopra di lei, e alzandosi in punta di piedi, riuscì ad afferrarla e se la infilò nella camicetta. Poi, senza pensarci troppo, visto che c'era sempre la possibilità che qualcuno la scoprisse, tornò sul ramo più alto e di lì balzo' sul davanzale. Si infilò in camera sua con il cuore che le batteva così forte che sembrava volerle saltare fuori dal petto, chiuse la finestra e tiro le tende. Poi si accascio' a terra sbuffando. Per fortuna, "nessuno" l'aveva vista. La donna giaceva accanto a lui, distesa sul fianco. Incorniciato dai lunghi capelli scuri cui i bagliori del fuoco donavano riflessi color mogano, il suo corpo nudo e sinuoso era un irresistibile invito alla lussuria. Tristan non riusciva a distogliere gli occhi da lei, dalla sua pelle levigata, dai suoi fianchi perfetti, dalla spalla che si spostava impercettibilmente al delicato ritmo del respiro. Degluti' e, con cautela, allungò la mano per toccarla. Un calore insostenibile gli infiammo' i lombi non appena posò le dita su quella pelle tiepida e vellutata. La donna si voltò verso di lui, invitante, il viso ancora avvolto nell'ombra, e Tristan si sentì confortato da quell'anonimato. Gli offrì i seni e lui affondò il capo nel seducente incavo, stringendo, baciando le morbide rotondità. Desiderava possedere quella donna più di qualsiasi altra cosa al mondo. Sentiva l'irresistibile urgenza di accarezzarla più intimamente. Sentiva che una volta fatto, e questo pensiero lo stupì, tutta la sua esistenza avrebbe trovato un significato. Senza emettere un suono, la donna divarico' le gambe, invitandolo a possederla, a usare il suo corpo senza ritegno e senza remore. E Tristan la prese, affondando in lei con disperazione. Quando si svegliò, all'alba, con la camicia da notte inumidita dal sudore di quella passione immaginaria, si sentì invadere da un misto di sollievo e delusione. Non aveva compiuto quell'orrendo peccato e nessuno, a parte lui, avrebbe mai saputo di quei pensieri libidinosi, ma neppure aveva fatto davvero l'amore con quella seducente donna senza volto. Si asciugo' la fronte con il dorso della mano e spinse indietro una ciocca di capelli. In fondo, stava solo cercando di ingannare se stesso per lenire i propri sensi di colpa. La donna del sogno non era affatto una sconosciuta: per tutta la durata di quel amplesso immaginario, lui aveva sempre saputo che si trattava della ragazza che aveva visto alla finestra. Non si era sbagliata sull'effetto che quella ragazza straniera avrebbe avuto su suo figlio e la sua famiglia. Lady Angelina Cartwridge tornò a posare la tazza di caffè sul piattino e studiò il volto del suo caro Michael. Gli occhi del figlio sembravano più vispi dell'ultima volta che l'aveva incontrato e le guance avevano ripreso un po' di colore. Un nuovo elemento in casa, e così diverso da ciò cui i Moran erano abituati, era quello che ci voleva per scuotere un po' tutta la famiglia, e in particolare suo figlio e la moglie, che da circa un anno e mezzo erano caduti in una sorta di distante apatia. Era stata la stessa Odyle, con la sua innata vivacità e le sue idee moderne, che le aveva fatto venire in mente quella soluzione. Michael ed Emma avevano sofferto molto, e Lady Angelina si rimproverava di non averli saputi aiutare. Quando suo figlio e la moglie si erano chiusi in loro stessi, allontanandosi sempre più, lei aveva preferito fuggire per un lungo viaggio cercando di dimenticare. E ora poteva soltanto sperare che non fosse troppo tardi per rimettere le cose a posto. Si sistemo' l'abito, spazzando via con la mano un paio di immaginarie briciole dal grembo. «Michael, tesoro, hai un'ottima cera.» «Grazie, madre. Le giornata sono ancora calde e ho ripreso a passeggiare.» Lady Angelina assenti' con un cenno del capo e gli sorrise. «E come vi sembra la nuova istitutrice, se la cava bene? Che cosa ne pensa Emma?» «Emma? Be', non ne ho idea... Suppongo che le piaccia, per quanto riesca a dimostrare entusiasmo per qualcosa o qualcuno» le risposte, quasi seccato.
   
 
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