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Autore: sky_full_of_stars    07/01/2022    0 recensioni
Un piccolo character study su Decim.
È questo il vero motivo per cui costruisce quei manichini di ceramica: cercare di rendere quelle vite eterne.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Decim
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli arbitri dimenticano. Dimenticano le persone che giudicano, i loro volti, le loro voci, le loro vite. E del resto perché dovrebbero ricordare? Centinaia di uomini e donne arrivano ogni giorno al Quindecim per la sentenza finale che decreterà se meritano la reincarnazione oppure sono destinati al vuoto eterno e irreversibile, e per i giudici non avrebbe davvero senso memorizzare le loro fattezze, i loro nomi e i loro ricordi: sarebbe un’operazione totalmente futile, uno spreco di tempo.

Ma Decim ci prova.

Non lo fa tanto per lui, quanto per loro. Tutte quelle vite, spezzate o vissute fino al limite... Che cosa rimane di loro, dopo essere passate dal suo locale? Che segno resta del loro ultimo breve passaggio in quel luogo senza tempo né spazio? Nulla, se non quei manichini.

Decim sa che sono bambole vuote, gusci freddi e privi di anima, proprio come lui, eppure ogni volta che pronuncia il suo giudizio e un ospite se ne va, non riesce a fare a meno di assemblare quelle parti del corpo sconnesse, abbellirle con i vestiti e gli accessori più svariati e sistemarle in qualche angolo della sala, invisibili ma costantemente presenti, come vecchi fantasmi silenziosi.

Perché Decim non riesce far finta di niente, non riesce a giudicare, a scegliere la destinazione di tutti coloro che varcano la soglia dell’aldilà per poi andare avanti come se questi non fossero mai esistiti: persona dopo persona, vita dopo vita, così all’infinito. Ci prova, ma davvero non ne è capace. E sente che, in qualche modo, tra quei cocci di ceramica che paiono così insignificanti, qualcosa di quelle anime perdute rimane davvero: un'ultima scintilla di vita, un ultimo segno della loro effimera ma unica, preziosa esistenza. Quei manichini, quelle effigi senza nome e senza ricordi, dai volti inespressivi e i corpi immobili come burattini, sono il suo ultimo omaggio a quelle storie dimenticate.

Del resto che male c'è? La morte è fondamentale perché dà significato alla vita, di questo Decim ne è consapevole – che significato abbia la vita, però, non è ancora in grado di spiegarlo con esattezza – e per questo non può, e anzi non deve, essere sconfitta, ma l'essere dimenticati è un discorso diverso. Non è forse quella la paura che accumuna tutti gli umani che incontra? Non è forse quello il motivo per cui hanno così timore della morte? Ed è proprio quella stessa paura di essere dimenticati, di smettere di esistere nella memoria di coloro che rimangono, di essere cancellati per sempre dalla storia e dal mondo, che li spinge a vivere così intensamente, che li sprona a cercare di compiere qualcosa di grande, a tentare di lasciare un'impronta indelebile del loro passaggio che riesca a sconfiggere persino il tempo.

Decim sa che non potrà mai comprendere a pieno gli esseri umani, né quella paura così tanto insita e profonda in loro: del resto lui non vive e non muore, esiste e basta. Eppure fa di tutto affinché non si concretizzi, affinché venga esaudito il loro desidero più grande.

È questo il vero motivo per cui costruisce quei manichini: cercare di rendere quelle vite eterne.

Perché Decim rispetta le persone che vivono a pieno la propria vita e semplicemente non vuole che la loro esistenza cada nell’oblio.
E se lui non è in grado ricordare, sarà la ceramica a farlo al suo posto.

   
 
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