09/01/2022
0 recensioniPROLOGO
Era strano, l’aroma della pelle umana arsa dalle fiamme assomigliava a quello di un maiale che gira sullo spiedo. Era comune; così familiare da far paura. Se solo avesse chiuso gli occhi, Rin avrebbe potuto immaginare d’essere nel bel mezzo di un banchetto. Una di quelle feste in cui il cibo sembra non finire mai, accompagnato dal tintinnio delle risate e dalla sgargiante danza dei ballerini.
«Rin, mia signora, dobbiamo andarcene da qui».
Peccato che non fosse uno di quei momenti. In un battito di cuore, la carne bruciata e l’odore del fumo la trascinarono fuori dal suo nascondiglio incantato. I contorni della realtà riacquistarono consistenza e, con loro, la fame delle fiamme. L’incendio aveva oramai distrutto gran parte della torre a Sud, succhiando via dai suoi muri tutta la felicità che quel luogo aveva saputo regalarle.
«La prego, mia signora. Non c’è più tempo».
Yuuma chinò un ginocchio a terra ma, nel farlo, una fitta gli trafisse il torace. La ferita al costato continuava a eruttare sangue, le forze lo stavano abbandonando. Sotto l’armatura, la tunica gli si era incollata alla pelle. Il soldato avrebbe fatto di tutto per portare al sicuro la sua principessa, ma non sarebbe servito a niente se non avesse avuto l’energia necessaria per difenderla da un’offensiva nemica.
Un impasto di sangue e fango imbrattava i vestiti della fanciulla. La delicatezza che in genere le cingeva le spalle era svanita, trasformata in fumo dalla guerra e dal lutto. Tutto ciò che rimaneva della vecchia Rin era un insieme di schegge dai contorni slabbrati. Purtroppo, per quanta dedizione il tempo potesse impegnare nel guarire quelle ferite, non c’era certezza che la principessa avrebbe ritrovato la forza di sorridere. Tutto quello che conosceva era svanito, divorato dall’unica persona a cui aveva deciso di regalare il cuore.
Rin lo guardò. I suoi occhi erano vuoti, tombe di un’anima spezzata.
«Andiamocene, Yuuma»
L’uomo provò ad aiutarla ma le forze l’abbandonarono. I piedi persero la presa sul terreno fangoso e, per un lunghissimo istante, i suoi occhi divennero catrame. Rin gli cinse la vita con le braccia per impedire che il soldato cadesse rovinosamente sulla schiena ma, dato il peso dell’armatura, il tentativo fu fallimentare. In un confuso groviglio di arti, Yuuma e la fanciulla si ritrovarono stesi supini l’uno accanto all’altra. I respiri affannati si condensavano nell’aria a pochi millimetri dalle labbra. Gli alberi, come riuniti in consiglio, li scrutavano dall’alto in attesa della loro prossima mossa.
«Yuuma?»
«Sì, mia signora?»
Malgrado il pericolo fosse in agguato, nessuno dei due aveva il coraggio di muoversi. Era come se entrambi si aspettassero di venir inglobati dal terreno fangoso su cui erano distesi.
«Come siamo arrivati a questo punto?»
Yuuma rimase in silenzio per qualche minuto. Il suo cuore, proprio come quello della principessa, aveva smesso di battere con la caduta del regno. Niente sembrava avere più senso e, pur sapendo di dover essere forte per entrambi, la verità riecheggiò tra le sue labbra.
«Non lo so, mia signora. Non lo so».