Eccomi
tornata.
Spero abbiate passato tutti buone vacanze, le mie lo sono state circa,
all’insegna
del lavoro.
Scusate per un capitolo no-sense, vorrei riuscire a scrivere
più velocemente e
non essere così vacua, ma sembra impossibile per me. Siamo
al capitolo 10, nessuna ombra di profezia, nessun cinghiale. Niente.
Comunque, come sempre, grazie a chi segue/legge/ricorda/preferisce e a
chi
recensisce. Un grazie di cuore a Farkas, chi ti fa subire questo
strazio?
Un bacio
Buona Lettura!
Il destino dei
Nove Mondi può essere sull’orlo
del collasso, ma il Karma non perde mai un colpo!
“Le
Norne incidono
il destino degli uomini su delle tavole, realizzate dal legno
dell’Yggdrasil.
Se una tavola si scheggia … ecco, sembra una cosa piccola,
ma sembra, proprio,
un segno di malaugurio” aveva dichiarato Madina, mentre
avanzavano nella neve.
Mentre Jason affondava ad ogni passo, lei sembrava immune alla gravita,
saltellando quasi come una fata, mentre teneva tra le mani la pergamena
che
Thrud le aveva dato.
Jason aveva guardato gli scii appesi alle spalle delle sua vicina,
“Quando eri
ad Idavoll, noi abbiamo notato una cosa” aveva esordito
Jason, riportando a
Madina la loro preoccupazione.
La scomparsa del cinghiale aveva segnato un punto mai successo prima.
Una deviazione dall’ordinario.
“Ecco sì, l’inizio di un ciclo diverso,
assieme a … be, la tavola che si
incrina e … quello che ha detto Mimir” aveva
considerato lei.
Tempi sconosciuti … aveva considerato
Jason, che aveva raccontato alla
ragazza, anche quello che i sussurri avevano portato a lui. Inoltre,
aveva
scoperto che a quanto pareva la sua boa pelosa, era il retro della
testa di un
dio senza corpo.
Non doveva più stupirsi.
“Potrebbe essere cominciato un nuovo ciclo? Sarebbe assurdo,
no? Però, ora che
ci penso, Kráka
aveva detto che … non aveva ricevuto
più sogni” aveva considerato Madina.
“Speriamo sia tutto … una brutta
coincidenza” aveva dichiarato Jason, ma non ci
credeva molto neanche lui. “Quando mai lo
è?” aveva chiesto retorica Madina,
voltandosi verso di lui con un sorriso raggiante – non
sembrava minimamente
preoccupata dell’eventualità della nascita di
quella rottura.
“Ciò che mi da pensare però
… è il momento” aveva dichiarato
Madina, prima di
portare gli occhi sulla mappa, “Se si è scheggiata
la tavola e perciò si sono
persi il verro o il contrario?” aveva chiesto con una certa
confusione Jason.
“O …” aveva proposto.
Madina lo aveva guardato, “Non esistono coincidenze nel
nostro universo, tutti
è terribilmente deterministico, anche nel suo fuori
programma” aveva chiarito
lei, voltandosi verso di lui.
Jason aveva annuito.
“Quindi, quello che mi interessa è il rapporto
causa-effetto. Scompare il
cinghiale, perciò si incrina il cammino del mondo o
… il contrario?” aveva
chiesto Madina.
Jason ebbe una spiacevole sensazione … era anche lui parte
di quel sistema, era
una causa o un effetto. Era un’anima dell’Elisio
trapiantata nel Valhalla.
Forse la sua presenza era stata possibile a causa della scheggiatura
delle
tavole del destino, oppure la sua stessa presenza l’aveva
provocata.
“Potrei … potrei essere io”
aveva mormorato.
Sapeva di dover mantenere un profilo basso, ma questo era prima che un
ciclo
perfetto e ben organizzato da millenni cominciasse a cambiare.
“Non preoccuparti Jason, capita continuamente che figli di
divinità straniere
capitino qui. Pensa solo a Maes, il figlio di Pluto! O quello di
Perun” lo
aveva tranquillizzato lei, immediatamente.
Jason non era stato rincuorato, perché continuava a pensare
che lui era
arrivato prima, un giorno sì, ma un giorno prima rispetto la
sparizione del
cinghiale.
Un rumore,
un frusciare quasi sottile gli aveva distratti, erano scattati
entrambi, Madina
aveva incoccato l’arco pronta a saettare una freccia, mentre
Jason aveva
sfilato subito Panikpak; alle loro spalle si era materializzato un
lupo. Come
Jason affondava nella neve, per questo tre quarti delle zampe sparivano
nel
bianco, lasciando libero solo un corpo enorme con una pelliccia grigio
chiaro.
Era una creatura immensa, splendida, con un manto luminoso ed occhi
dorati come
coppe di champagne. Era il lupo che aveva salvato da Váli,
Jason ne era certo.
“Non sembra bellicoso” aveva constato Madina con
l’arco ancora incoccato, “Non
dovrebbe esserlo … è il Lupo mezzo-jotun che ho
salvato” aveva ammesso Jason.
Quello sentendosi preso in causa aveva inclinato la testa, in una
maniera quasi
buffa.
Madina non aveva comunque abbassato la freccia, mentre Jason aveva
fatto un
passo verso di lui, non molto abituato ad avanzare nella neve,
“Se ti apre la
giugulare morirai lo sai?” aveva domandato retorica lei. Il
Lupo aveva fatto un
balzetto verso di lui, facendo attenzione a non annaspare nella neve,
la sua
espressione era giocosa e divertita, dopo quell’azione, un
po’ più vicino a
Jason, aveva steso le zampe anteriori e sollevato il posteriore,
chinando il
muso, quasi nel farlo affogare nella neve, aveva infilato la coda tra
le gambe,
in un atto che pareva di sottomissione.
Jason aveva fatto un altro passo, avanzando, cauto, aveva allungato una
mano
mostrando il dorso, “Non vuoi azzannarmi la mano,
vero?” aveva chiesto.
“Se torniamo in tempo al Valhalla prima che si cicatrizzi,
potrebbe ricrescerti
immediatamente, oppure aspettare la prossima morte” aveva
esclamato Madina.
Ma Jason era certo, il Lupo non lo avrebbe morso.
Aveva sfiorato al testa del Lupo, aveva sentito il morbido pelo sotto
la sua
mano, nella zona tra le orecchie, il lupo si era spinto contro il suo
palmo.
“Sei amichevole, eh” aveva constato Jason, il Lupo
si era ritratto per un
secondo prima di rimettersi in posizione normale, facendo ondeggiare
felice la
coda. “Tranquillo per ieri, non è stato un
problema” aveva commentato Jason.
Il Lupo aveva avvicinato ancora la testa, per farsi accarezzare tra le
orecchie, cosa che lui aveva accettato di fare di buon grado,
“Sei un
coccolone, eh” aveva scherzato divertito. Il Lupo si era
prodigato nel lappare
la sua mano affettuosamente.
Aveva sentito alle sue spalle Madina ridere, con un certo gusto,
“Apprezzo
davvero che tu abbia trovato un nuovo amico” lo aveva
richiamato, aveva
abbassato le armi.
“Adesso dobbiamo andare, puoi venire con noi,
amico” aveva considerato Jason,
il Lupo si era allontanato, poi aveva inclinato il capo, prima di
volgere e
sparire via veloce in una serie di balzi, così come era
venuto.
“Strano?” aveva detto Jason, voltandosi verso
Madina. “Hai salvato un lupo
mezzo-jotun, Jason … ho l’impressione che lo
rivedremo” aveva esclamato la
ragazza mentre sistemava nuovamente freccia ed arco nella faretra.
Jason aveva guardato le tracce del lupo nella neve, esistevano solo
nella
direzione in cui era andato via e non ve n’erano in quelle in
cui era venuto,
come se fosse apparso dal nulla.
Magari era un potere da Jotun.
“Riprendiamo?” aveva chiesto Madina, poi, attirando
nuovamente l’attenzione di
Jason.
“Ci
siamo
quasi, comunque” aveva affermato Madina. Dopo
l’incontro con il lupo avevano
fatto il resto del viaggio in un silenzio tranquillo.
Davanti a loro era apparsa una casa, aveva una forma lunga, ma
piuttosto
stretta, la facciata era a capanna ed il tetto era fatto interamente di
fieno
La porta era l’unica cosa che spiccava, era di un legno
lucido e di classe, con
istoriato in oro, la rappresentazione dettagliata di una battaglia, ma
sopra,
attaccato con un chiodo c’era una tavoletta di legno chiaro,
con rune
scarabocchiate sopra.
“Uhm” Jason si era voltato verso Madina, in cerca
di spiegazioni, “Tipo un
incantesimo? Un avvertimento?” aveva chiesto.
Madina aveva
messo via la mappa, “Uhm … premettendo che ho
imparato a leggere le rune solo
qualche secolo fa e che so leggere il futhpark
recente e questo è più
complesso, essendo quello antico[1],
direi
che c’è scritto: Sono ad Utgard, viola la
mia proprietà e farò dei tuoi
genitali gioielli” aveva dichiarato Madina, allegra.
“Utgard?” aveva chiesto Jason,
“È il palazzo di Utgard-Loki, in un certo senso
è la capitale di Jotunheim” aveva risposto Madina.
Chi sa se era il Loki rappresentato nei film della Marvel, non
ricordava avesse
un nome così lungo; decise che quello non era la
priorità.
“Che facciamo?” aveva chiesto Jason allora,
“Oh, be, potremmo tornare indietro
o dare un’occhiata all’interno della casa, visto
che ci siamo già … almeno non
facciamo sprecare il viaggio” aveva considerato lei.
Jason aveva annuito, “Hai un piano per entrare?”
aveva chiesto, “Nel seno gli
Jotun sono stregoni, vero?” aveva chiesto lui.
“Sì, quasi tutti ma non tutti,
Jarnasaxa è una guerriera non credo che
si sia abbassata ad usare il seid” aveva
risposto la sua amica, facendo
le virgolette con le dita sull’utilizzo del seid.
“Pensavo fosse un potere da
donne” aveva considerato Jason, “No, il seid
è per tutti, viene lasciato alle
donne perché non è considerato virile e tal
volta, guarda caso, chi ne fa
utilizzo è visto in maniera piuttosto ambigua. Anche il
nostro buon signore
Odio Padre-Tutto pratica il Seid ma si guarda bene dal dirlo”
aveva risposto
onesta Madina.
Jason lo vedeva davvero ambigua, da quel punto di vista; Roma educava
all’onore, alla disciplina ma anche all’utilizzo di
ogni mezzo per la vittoria,
per la gloria.
Inoltre, nel poco tempo che aveva speso nel Valhalla, Jason aveva visto
Magnus
Chase utilizzare l’alf seid e da quel che sapeva lui, il
ragazzo era l’eroe del
momento.
“Non chiedere, non ha senso. Se potessi leggere il futuro e
praticare le magie
lo avrei fatto bendata, ho qualche potere, ma decisamente irrisorio
rispetto ad
altri” aveva dichiarato Madina, aveva mosso le dita, un
turbinio sottile di aria
si era avvolto intorno alle sue dita, con piccoli cristalli di ghiaccio.
“Controlli il vento!” aveva esclamato Jason,
ammirato, “Sì, ma non abbastanza
da richiamare i venti, controllare un cavallo d’aria come le
valchirie” aveva
detto demoralizzata la ragazza, sciogliendo il piccolo tornando.
Jason avrebbe voluto prenderle la mano e dirle che poteva insegnarle,
che era
sicuro di poterlo fare, ma aveva sentito nelle orecchie l’eco
delle parole di
Thrud.
“Dai, proviamo ad entrare” aveva rotto il silenzio
Madina, con un sorriso dolce
sul viso, avendo recuperato la sua abituale allegrezza.
Jason non
aveva avuto certezze della teoria di Madina, riguardo
l’utilizzo del seid da
parte di Jarnsaxa; però aveva cominciato a nutrire dei
dubbi, quando aveva
osservato che a bloccare il catenaccio della porta c’era un
semplice catenella
sottile come un nastro. “Oh!” aveva commentato
Madina, schiudendo le labbra.
“Immagino che non si rompa facilmente” aveva
valutato Jason, “No” aveva
constato Madina, prendendo la catena tra le mani,
“È come Gleipnir …
una
catena realizzata con elementi impossibili, viene dritta dalla forgia
di
Nidavellir. Ovviamente non è così resiliente”
aveva spiegato Madina.
“Come la catena che tiene il lupo Fenris
incatenato” aveva considerato Jason, ricordando
la nozione, non ricordava se venisse dall’Edda o dal Power
Point di Odino. “Sì
e no. Effettivamente il lupo era incarcerato proprio con Gleipnir
… ma adesso
hanno cambiato catena, anche le catene impossibili si
usurano” aveva dichiarato
nozionistica.
“E se il Lupo si libera, verrà il
Ragnarok” aveva dichiarato Jason. “Esatto, un
continuo rincorrere l’impossibile … fratture a
parte” aveva raccontato Madina.
“Se … ecco … la catena si è
usurata vuol dire che nonostante la forza è …
tecnicamente
distruttibile? No?” aveva domandato Jason, soppesandola con
le dita, era
leggera …
“Certo, magari se avessimo degli strumenti giusti credo
… magati qualcosa
forgiato a Nidavellir pure, oppure non so uno strumento
eccezionale” aveva
valutato lei
Leo avrebbe avuto sicuramente una soluzione più chiara e
pratica, oltre che
capace …
“Io …” aveva cominciato Jason,
“Tu?” aveva chiesto lei, “Ho
un’idea” aveva
ammesso alla fine Jason, dopo aver pensato al suo amico Leo.
“Non importa quanto improbabile sia il ferro … se
riscaldato diventa morbido o
una cosa del genere, vero?” aveva chiesto Jason.
“Oh, be, se riuscissimo a riprodurre il calore della fucina
di Nidavellir,
forse … ma si servirebbe anche qualcosa con cui romperlo,
oltre i tuoi bicipiti
si intende. Io ho un pugnale, che si difende benissimo, ma non
è una spada leggendaria,
neanche … Panikpak credo” aveva dichiarato.
Giunone, sì.
Però … se avesse tirato fuori Giunone
probabilmente avrebbe dovuto dire la
verità, o una parzialità di verità,
che era Romano o Greco, a Madina – la
fidanzata di Mel.
Aveva stretto la sua moneta in una mano, e poi aveva ricordato una
cosa. “Sotto
la pelliccia, c’è tipo una grata di oro fatto con
i capelli di Sif … anche
quelli sono opera nanica? Non erano stati fatti insieme a
Gullinbursti” aveva
dichiarato Jason.
“Sì, certo … ma sei sicuro di voler
fare a pezzi il cappotto di Astrid? Non so
se lo hai notato, ma ci tiene moltissimo alle sue pellicce”
aveva considerato
Madina.
Jason aveva strusciato le mani sul pelo morbido del suo vello,
ricordando come
per due giorni avesse continuato a fare storie per la pelliccia di
wapiti che
Mel aveva sporcato di sangue, per cui erano finiti per incontrare
Váli. “Non ci
avevo pensato” aveva considerato Jason.
“Sai quando arriviamo nel Valhalla, la stanza ci
dà tutto quello di cui abbiamo
bisogno, qualcosa che abbiamo avuto o qualcosa che abbiamo sempre
desiderato,
sai … e lei ha un sacco di pellicce” aveva
considerato Madina.
“Va bene” aveva valutato Jason,
“Però se avessimo un calore così forte
da
riuscirsi con la limonite o il tuo ferro?” aveva chiesto.
O la mia spada di Oro Imperiale.
“Be, Jason, io sono figlia dell’Inverno
… se il tuo padre misterioso fosse Logi
o una qualche divinità straniera legata alle
fiamme” aveva considerato Madina.
“No” aveva dichiarato Jason senza esitazione, poi
l’aveva guardata.
Madina era giovane, forse sua coetanea, con la pelle scura come il
pecan, alta
e flessuosa, con un’espressione buona, così buona,
che Jason credeva di averla
vista poche volte sul viso di una persona.
Frank.
Hazel.
Dakota.
“Non so se funzionerà” aveva dichiarato
Jason, incerto su come dosare le sue
parole, incerto di quella gentile fiducia che impropriamente Madina
stava
facendo dono, “… è qualcosa che sento
dentro che non so spiegare” aveva mentito
alla fine.
“Se non dovesse funzionare, ci prepareremo per
un’ulteriore bagno ghiacciato …”
aveva dichiarato lei, “Oppure mi schianterò sul
legno con gli scii …” aveva
aggiunto Madina con una punta di divertimento.
Jason le aveva sorriso, un pensiero si era affacciato su tutti gli
altri,
avrebbe voluto presentare Madina – ed anche Mel –
ai suoi amici.
Aveva preso
con le mani le catene, era leggera e sottile, aveva preso un respiro
profondo e
poi un altro ed un altro ancora, cercando di focalizzarlo, dentro di
lui, in
cielo.
Jotunheim era un altro regno, un altro mondo, non rispondeva alle
regole di suo
padre, ma c’era comunque un cielo sopra la loto testa e
così aveva raccolto
quell’energia, quella bolla e poi era venuto giù
dal cielo, una folgore degna
della potenza di Giove, e lì, la saetta aveva toccato la
catena, nel punto
preciso lasciato libero dalle sue mani e ….
La catena di cui era fatta non era di semplice metallo, che ad una tale
potenza
e calore si sarebbe fusa, ma aveva comunque arrossato uno degli anelli
tanto da
averlo reso malleabile. Aveva afferrato la catena da entrambi i lati
tirandola
con forza, prima che il freddo della terra dei giganti la solidificasse
ancora.
“Per la gloria degli Dei! Jason sei … quello era
un fulmine!” aveva gridato
Madina completamente strabiliata da quella azione.
“Sì … puoi darmi una mano?”
aveva esclamato di rimando Jason, mentre osservava il pulsante metallo
rosso
cominciare ad allungarsi, quasi come gomma.
Madina aveva raccolto Panikpak dalla sua cintola e l’aveva
fatta calare sul
metallo incandescente, la lama si era spezzata, ma anche uno un piccolo
frammento dell’anello, aveva finalmente avuto una piccola
apertura.
“Scusa!” aveva dichiarato lei
offesa, guardando i resti della spada di
ferro di palude, piena di vergogna. “Non è
importante … credo ci siano
centinaia di queste spade” aveva considerato Jason,
ricordando che Astrid aveva
detto fossero opera del suo padre armaiolo, “Inoltre
è la seconda che rompo”
aveva dichiarato.
“Ci credo!” aveva esclamato Madina piena di
stupore, “Jason hai bisogno di
un’arma divina, con questo potere” aveva aggiunto.
“Sei un semidio, sei un semidio
potente” aveva considerato, “Io ho un pugnale di
ferro normale, ma ho l’arco
realizzato con tasso sacro a mio padre e gli scii sono presi dalla
corteccia
dell’Albero del Cosmo” aveva raccontato lei.
Jason aveva annuito, “Io … lo
sospettavo” aveva ammesso, “Non è
discriminazione
o altro, i semidei non sono migliori degli altri guerrieri per
qualcosa, in uno
scontro diretto Astrid e Mel mi farebbero appezzi. Ma i semidei
possiedono un
potere che non può essere incanalato in oggetti …
be, qualsiasi” aveva
dichiarato lei, mentre recuperava le catene ammirata, poi aveva cercato
di far
scivolare via un anello dalla serratura, riuscendo poi ad eludere
definitivamente la catena.
Jason aveva aperto la porta con una spallata.
“Potresti essere figlio di Taara[2],
di
Perkunas[3]
o Zeus,
chissà. Qualche idea?” aveva chiesto Madina.
Jason si era fatto rigido come una tavola, “Io
….” aveva annaspato.
Madina che era buona aveva messo una mano sulla sua schiena calma,
“Tranquillo,
tranquillo” aveva dichiarato.
La casa di
Jarnsaxa era stata vittima di un tornado. “Credo che o ci sia
stata una lotta o
la nostra Jotun è stata vittima di una furia”
aveva considerato Madina, mentre
schivava i resti di un tavolo di legno fatto a pezzi.
L’intera casa era stata rivoltata, a primo acchito aveva
pensato che qualcuno
si fosse introdotto per cercare qualcosa, ma la furia che imperiava
dava
manforte alla visione di Madina.
“Io … penso la seconda” aveva
dichiarato, non c’erano urti contro un muro
significativi, non c’erano i segni di una lotta, ma
sicuramente di una furia.
Furia di una frustrata donna Jotun.
“Sai … questa situazione diventa ogni momento
più strana” aveva considerato
Madina, osservando per terra i cocci di una ceramica e di un corno
sfregiato;
una cassettiera era stata rovesciata a terra, avendo fatto cadere una
pioggia
di posate in ferro argentato ed altre stoviglie, anche una serie di
letalissimi
pugnali.
“Non sono sicuro che qui dentro ci sia il cinghiale, ma
potrebbe esserci
passato” aveva considerato Jason, avanzando, qualcosa si era
attaccato alla soletta
della sua scarpa, l’aveva sfilato subito, trovando della
carta rigida che aveva
inumidito.
Sopra, sbiadito, c’erano delle rune. Jason riconosceva sicura
la figura dell’halgaz,
con il simbolo della mutina maiuscola con la stanghetta orizzontale
posta
invece in obliquo. Era un foglio strappato.
“Madina” aveva dichiarato, sventolandolo.
Lei si era alzata, abbandonando una pianta che era stata svasata, per
osservarla, “Chi sa se ci sono altri pezzi” aveva
considerato.
“Questa è la Grandine” aveva dichiarato
Jason, indicando il simbolo, “Direi più
la Acca” aveva risposto Madina, prima di strizzare gli occhi.
“Uhm … c’è scritto... a
questa parola manca un pezzo, non riesco a capire, il
resto sì: dai tuoi servigi. H” aveva
spiegato Madina.
“H?” aveva domandato Jason, confuso, “O
Halgaz?” aveva insistito.
“Halgaz come parola è la grandine, ma è
anche la runa che simboleggia il suono
[H], credo sia una firma puntata, come io userei mannaz,
la runa che
simboleggia l’uomo” aveva spiegato Madina.
“Quindi H … H cita dei servizi, che possiamo
presuppore riguardassero
Jarnasaxa” aveva considerato Jason osservando il foglietto,
“E dalla
devastazione in questo posto mi viene da pensare che la cosa potrebbe
averla
vagamente irritata” aveva considerato Madina, tirando un
cacio ad una cesta di
frutta secca rovesciata.
“Troviamo
il
resto della lettera” aveva stabilito Jason con sicurezza,
ottenendo un cenno
d’assenso di Madina, che aveva cominciato a cercare in giro.
“Il nostro mondo
non ha coincidenze” aveva dichiarato la figlia di Ullr,
“Scompare il cinghiale
della signora di Alfheim dopo che lei è andata a prendersi
qualcosa da bere con
una Jothun … ed ora, la suddetta è fuggita ad
Utgard, casa sua e rovesciata ed
un biglietto fatto a pezzi” aveva ripercorso i fatti.
“Vuoi vedere come la cosa diventa ancora più
insostenibilmente coincidenziale?”
aveva chiesto Jason avvicinandosi a lei, “Questa è
la runa che Kraka mi ha
fatto pescare” le aveva detto, mostrandoli la tessera
dell’halgaz.
Madina aveva guardato la runa incantata, quasi sconvolta. Aveva
allungato una
mano ed aveva sfiorato con i polpastrelli l’incisione sulla
tessera.
“Rúnar
munt þú finna
ok ráðna stafi,
mjǫk stóra stafi,
mjǫk stinna stafi[4]”
Aveva
mormorato
Madina, i suoi occhi erano stati vacui e la sua voce era stata piana, a
Jason
per un secondo aveva ricordo Rachel Elizabeth Dare, ma Madina,
nonostante
tutto, era consapevole. Non era una profezia, era una litania
– a modo suo.
“Cosa hai detto?” aveva chiesto Jason, Madina aveva
rivolto gli occhi verso di
lui, per un secondo lui aveva immaginato che la sua compagna avrebbe
risposto
di non aver parlato, ma non era stato così: “Sono
delle strofe del Discorso
di Har, un’opera letteraria, parla di Rune, ma
niente di troppo rilevante”
aveva liquidato la faccenda, sembrava sincera.
“Rune tu troverai, lettere chiare, lettere grandi,
lettere possenti”
aveva spiegato poi Madina. “Azzeccato” aveva
considerato Jason, “Mi piace un
sacco la letteratura, il che fa ridere, prima della mia morte ero
praticamente
analfabeta, sapevo scrivere solo il mio nome: Madina Modja …
e non ero sicura
della differenza tra una i e una j” aveva risposto con
allegrezza.
“Penso che citare passi letterari ad hoc sia una
capacità che trovo molto
interessante” aveva considerato Jason, “Piper, la
mia rag–la mia ex-ragazza
aveva una storia cheeroke praticamente per ogni occasione”
aveva riferito lui
con calma, con un sorriso carico di melanconia.
“Avrei voluto essere così ferrata anche io
così, ma anche nei salmi ero
piuttosto scadente” aveva raccontato Madina, il suo tono
sembrava leggermente
intristito, ma non così tanto, poi recuperando il sorriso,
aveva aggiunto: “Io
ho recuperato, infondo la cultura norrena è comunque la mia,
se non per
nascita, sicuro per morte”.
“Non
è come nasci,
ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni, mi pare che
così dicano i Sioux” le
aveva detto Jason; Madina
le aveva sorriso in una maniera piuttosto sorniona,
“Però questa non è della
tua Piper ma della nostra Astrid” lo aveva beccato.
Jason aveva annuito, “Vediamo se troviamo altri
frammenti” aveva considerato.
Avevano
trovato altri biglietti del foglietto, nulla che potesse essere
ricomposto,
qualche runa che componeva una parola, il nome di Thor.
“Dignità tua” aveva
letto Madina, sventolando un pezzo della lettera,
“Secondo me questo va o prima o dopo amore
e thor. Qualcosa sul
genere: Dignità tua e l’amore,
probabilmente, che nutri per
Thor o Thor nutre per te” aveva
spiegato la figlia di Ullr.
Jason aveva annuito, “Forse è troppo ardito
perché di questo mondo non so
nulla, ma se, ecco, Jarnsaxa avesse prestato i suoi servigi per rapire
il
verro, motivata dall’amore che prova per Thor, inoltre, Bragi
mi ha detto che
Odino fa di tutto per tenere i due amanti divisi, quindi forse,
Jarnsaxa si è
sentita offesa nella dignità? Troppo ardito?”
aveva proposto Jason.
Madina aveva sollevato le spalle, cupa in viso, “Non saprei.
Forse. Dietro
questa storia c’è H?”
aveva proposto di rimando.
“Sei tu l’esperta di mitologia norrena tra noi due,
c’è una qualche H che
potrebbe avere un conto in sospeso con Gerd, o Frey o anche gli dei in
generale?” aveva chiesto Jason.
Perché aveva come l’impressione di star chiedendo
se ci fosse una creatura al
mondo che suo padre non avrebbe volentieri posseduto.
“La H è un’iniziale molto in voga per
gli Jotun, inoltre, ecco, potrebbe non
esserci un gigante, ma chiunque, perfino Odino ha nomi che iniziano con
la H.
Potrebbe anche un lattaio che decide di rovesciare gli dei …
Una volta
Padre-Tutto è stato torturato pure da un re
umano!” aveva risposto Madina, con
visibile incertezza nel viso.
Jason aveva annuito, “Sicuramente, come pensato da Gerd,
Jarnsaxa centra
qualcosa, H o meno, per quanto la mia Runa mi faccia pensare di
sì. A questo
punto le soluzioni sono due: o torniamo all’Hotel, sperando
che Mel e Stellan
abbiano recuperato i pantaloni e Kráka possa darci indizi,
piano che mi sembra
ottimo, o …” aveva cominciato Jason, anche solo
per avere tutti gli amici
insieme, “… o potremmo raggiungere Astrid e Fred
per parlare con Gerd è vedere
se un certo H. ha un conto in sospeso con lei” aveva
concluso, anche quello
sembrava accettabile.
“O …” aveva cominciato Madina,
“Andiamo ad Utgard a chiederlo alla diretta
interessata” aveva detto, ammiccando al foglietto nelle sue
mani, su cui
capeggiava la parola dignità.
Jason
l’aveva guardata; realizzava improvvisamente che Madina
sarebbe stata un’ottima
compagna di merende. “Ecco … avevo
l’impressione che Utgard, da come lo hai
definito, sia tipo una rocca-forte jotun impenetrabile” aveva
provato Jason.
Come cercare di raggiungere il mediterraneo nonostante ci fosse un veto
su di
loro. Madina aveva inclinato il capo, facendo oscillare la treccia
spessa e
scura, “Ecco” aveva cominciato,
“Sicuramente è una roccaforte, è qui
nello
Jotunheim ma si trova ai confini di Midgard” aveva dichiarato
Madina, mettendo
da parte il messaggio frastagliato, per raccogliere invece la vecchia
pergamena
di Thrud. “Non sono due mondi diversi? Nel senso Midgard non
è la terra?” aveva
chiesto Jason.
“La geografia dell’universo è
terribilmente strana, amico!” aveva risposto
Madina, liquidando la faccenda, “Se vuoi posso entrare nel
cuore è cominciare a
spiegarti come Utgard oltre al palazzo sia anche il recinto di Midgard.
Letteralmente: il recinto esterno[5].
L’ultimo avamposto …” aveva cominciato
Madina, con l’intenzione di essere
interrotta.
Troppe informazioni per Jason.
“Sei sicura?” aveva domandato Jason, “Sei
sicura di voler andare?”
“Eri sicuro quando hai deciso di sfidare Vali?”
aveva domandato retorica lei.
Jason aveva annuito, alla fine.
“Sai arrivarci?” aveva chiesto Jason, mentre Madina
dava uno sguardo alla
mappa, “Qui è menzionato. Con i miei scii potrei
portarci entrambi, ci
metteremmo un bel po’ in più
…” aveva constato poi, prima di sollevare lo
sguardo verso qualcosa alle sue spalle, con un sorriso bello splendente
sulle
labbra.
“Però forse qualcuno può
aiutarci” aveva considerato Madina, ammiccando con il
mento.
Jason si era voltato ed il lupo era lì, in piedi sulla
soglia.
“Ci stiamo fidando del mezzo-jotun?” aveva
domandato Jason, ma non era sul
serio una richiesta.
“Sei tu che due minuti fa lo stavi coccolando come fosse il
tuo barboncino”
aveva dichiarato Madina, scrollando le spalle, con un sorriso allegro
ad
illuminarle il viso.
Jason aveva guardato il lupo nei suoi occhi d’oro, sembravano
buoni e limpidi.
La creatura si era tirata indietro per permettere loro di uscire;
“Ehm … Madina
esiste un modo per avvertire gli altri?” aveva domandato
Jason, “Per mandare un
messaggio” aveva provato.
Come i messaggi di Irisi, o le Aquile …
“A meno che tu non abbia un Gonfiabile a forma di
gorilla[6],
no”
aveva dichiarato Madina, Jason aveva sbattuto le ciglia e si era anche
aggiustato gli occhiali, come se quel gesto avesse potuto aprire di
più le sue
orecchie. “Cosa?” aveva chiesto.
“Me lo ha raccontato Mallory. Comunque, no, nel senso, se uno
di noi due fosse
bravo nel seid potremmo mandare un messaggio con la magia”
aveva dichiarato
Madina poi.
Jason si era morso il labbro, “Immagino, perciò,
nessun dio dei messaggi nel
pantheon?” aveva chiesto alla fine, Madina aveva annuito,
“Esatto. Dici che è
strano? So che i greci ed i romani lo hanno, me l’ha detto
Mel, aspetta …
Mercurio, come il metallo” aveva valutato la figlia di Ullr.
Jason era uscito dalla piccola casa di Jarnsaxa, seguito dalla sua
amica. Anche
se la pelliccia di Astrid lo riscaldava naturalmente, fuori dal tepore
dell’abitazione, aveva sentito di nuovo, come schiaffi sulla
carne, l’aria
gelida di Jotunheim.
“Lo stiamo facendo davvero?” aveva chiesto Jason.
“Chi sei tu e che ne hai fatto del ragazzo che salva jotun da
divinità
spaventose, senza remore?” aveva domandato Madina, retorica.
Già, aveva pensato stancamente Jason,
adesso si riconosceva più in sé
stesso.
“Mi sono già messo nei guai” aveva
dichiarato stancamente.
“Già …” aveva concesso
Madina, “Siamo qui e siamo senza permesso, le tavole del
destino si sono rotte ed il cinghiale luminoso che probabilmente
illumina
Alfheim la terra senza notte è scomparso. Sai cosa succede
agli elfi quando
cala il sole? Se non lo sai, non è bello” aveva
risposto lei, cominciando a
sfilarsi gli scii.
Per l’ultimo periodo da lei pronunciato Madina aveva perso
quella verve di
gioia che sembrava impregnare ogni sua parola, le era rimasto il
sorriso e gli
occhi dolci, ma il suo tono era stato perentorio.
A Jason fu subito chiara una cosa: Madina sarebbe andata.
Forse smaniava per una missione, per qualcosa da fare, o come lui, con
Váli ed
il Lupo, aveva sentito un richiamo incontenibile.
“Vengo con te” aveva concordato e lei aveva
sollevato il pollice verso di lui
entusiasta, “Penso che i miei scii possano portare entrambi,
anche se …” la
ragazza aveva fatto cadere la frase, inclinando il capo ed indicando il
lupo.
Il mezzo-jotun si era avvicinato a Jason ed aveva piegato le
articolazioni delle
zampe, per dar lui un facile accesso alla sua schiena. “Vuole
essere
cavalcato?” aveva domandato Jason. Madina si era sistemata i
suoi scii di legno
dell’albero di Yggdrasill ai piedi,
“Così pare. Magari sei un futuro
Ulfhethinn!” aveva dichiarato lei.
Jason aveva guardato il lupo, lui aveva uggiolato, non molto contento
di quella
prospettiva, neanche Jason lo era in quel momento, anche se non sapeva
cosa
significasse. “Lui non è concorde” aveva
dichiarato infatto, indicando il Lupo
mezzo-jotun.
“Non mi sorprende!” aveva riso Madina,
“Sono i Guerrieri vestiti di Lupo –
animaleschi e con la furia guerriera donata da Padre-Tutto in persona.
Combattono in braco. Nel Valhalla i piani cinquanta-tre e
cinquanta-quattro
sono occupati da loro. Ne vivono tre a camera. Se hai miei tempi la
gente
credeva ai lupi mannari è perché loro hanno dato
una bella mano” aveva racconto
subito lei, piena di gioia, “Mel lo vuole diventare
vero?” aveva ricordato
Jason.
“No, Mel vuole essere un Berserker; combattono da soli e
spesso vestiti di
pelle d’orso” aveva raccontato Madina,
“Ma povero amore mio, è terribilmente disciplinato
e riflessivo per cadere nella berserksgang”
aveva raccontato.
Figlio della rigida educazione della scuola gladiatoria.
“Troppo Romano” aveva
commentato Jason, “Spettacolare, ma
padrone di sé. Almeno in quello”
aveva soppesato Madina, il suo tono era stato distante,
“Andiamo?” aveva
recuperato la sua allegrezza lei.
Jason aveva annuito, voltandosi verso il Lupo, era decisamente
più imponente di
qualsiasi creatura avesse mai visto fino a quel moneto, anche di Lupa.
“Spero
di non farti male” aveva dichiarato Jason, allungando una
mano per afferrare la
pelliccia morbida e folta della bestia e con uno slancio si era issato
sul
dorso della bestia.
Si era sentito sicuro.
“Andiamo?” aveva ripetuto Madina.
Sebbene
fosse il Lupo a guidare la corsa, con falcate ampie, guidati da balzi
così
forti e degni di un canguro, anziché di uno della sua specie
– cosa che aveva
preoccupato non poco Jason, se una bestia di tale potenza era stata
ferita da Váli,
cosa attendeva lui? – Madina
di tanto in
tanto scivolava al loro fianco e lì superava.
Jason nel vederla nella neve aveva la stessa impressione di vedere uno
spirito
della natura.
Era rapida, leggera ed assolutamente a suo aggio, tra il vento freddo e
la
bianca coltre di neve. Di tanto in tanto Madina muoveva le dita, un
piccolo
sfarfallio e il manto di neve davanti a lei si modificava un poco,
appiattendosi o irrigidendosi per permetterle di scattare un salto che
lei voleva
particolarmente. Jason aveva conosciuto la signora della neve nella sua
vita,
la fredda e terribile Khione, eppure in quel momento, non avrebbe
potuto
immaginare quel titolo per nessun’altra che per Madina.
Il che era surreale, realizzava, lei che era una personalità
così solare e
luminosa.
“Be … pff … amico … pff
… grazie” aveva bofonchiato Jason, tra un colpo di
tosso ed un altro. Il lupo aveva emesso un verso gutturale, ma
soddisfatto.
Jason si era tenuto stretto al manto della bestia.
Il lupo si
arrestato di fretta, usando tutte le sue forze per frenare
l’avanzata nella
neve e cercare di non cadere e rotolare via, con Jason sulla groppa.
Madina era
scivolata al loro fianco con grazia ed eleganza, anche se quando
l’aveva avuta
vicino, Jason aveva potuto osservare che la sua amica aveva il fiatone,
ma gli
occhi scuri luccicavano come stelle.
La sua amica aveva sgranato gli occhi, così Jason aveva
seguito il suo sguardo,
per vedere cosa aveva fatto arrestare il Lupo.
Si era aspettato di vedere Utgarda o qualcosa di strabiliante, come
quando
aveva veduto Idavoll, invece, non lontano da loro, su un altura non
troppo
distante da loro, erano ferme delle donne a cavallo.
Solo che i loro destrieri erano fatti di ossa e tenebre,
così come i loro
manti. Visi bianchi e spigolosi. Erano cinque.
“Oh, immagino che non siano niente di buono” aveva
considerato Jason. Aveva da
loro la stessa impressione, quando da ragazzino, durante
l’assalto a Monte
Othro[7]
aveva
visto sul campo di battaglia aveva intravisto i Makhai – gli
spiriti della
Battaglia, alcuni con loro, alcuni contri, ma tutti ugualmente spaventosi.
“No! Tranquillo, non ci diranno niente …
credo” aveva dichiarato Madina
riprendendo colore e così era stato, le donne non avevano
dedicato a loro
niente più di uno sguardo distante, prima di girare i loro
destrieri ed
allontanarsi da lì.
Solo una di loro era rimasta lì a guardarli, Jason si chiese
come avesse fatto
a non notarla bene tra le sue compagne, spiccava anche solo per i
capelli,
tinti – presumeva – di un colore innaturale. La
donna aveva alzato una mano ed
aveva fatto un cenno di saluto.
Madina aveva risposto timidamente con un movimento appena accennato
delle dita,
poi aveva guardato Jason, “Amico!” lo aveva
rimproverato – lui si era sentito
colto in imbarazzo ed aveva eseguito un saluto forse troppo eccessivo,
muovendo
entrambe le braccia.
La cavallerizza aveva tirato le briglie della sua bestia ossuta ed era
scomparsa nella neve, impresa ardua visto i capelli sgargianti e il
lungo
mantello nero.
“Chi erano? Cosa è appena successo?”
aveva chiesto Jason confuso.
Il lupo aveva uggiolato e tremolato per tutto il tempo, terribilmente
spaventato. “Erano le Dísir …
diciamo che puoi figurartele come le
valchirie di Hellheim[8]
e
Nilfheim[9].
Erano
qui a raccogliere anime, probabilmente” aveva dichiarato
Madina.
Jason non lo aveva trovato molto rassicurante, da come avevano spiegato
le cose
la stessa Mel e Madina il primo giorno, non esisteva una seconda vita
da
einherjar per loro.
“Sono spaventose” aveva considerato Jason, Madina
aveva riso, “Non sono mai
uscite dalla fase Viking Metal. Ma sono simpatiche, sul serio, solo che
se per
caso hai la sfavorita idea di inimicartele … ecco,
sì, non finisce bene” aveva
asserito Madina con tranquillità. Jason aveva aggrottato le
sopracciglia, il
lupo aveva latrato, neanche lui molto rincuorato. Madina aveva infilato
una
mano nella sua giacchetta ed aveva estratto la mappa di Jotunheim data
da
Thrud. “Allora secondo questa carta ci aspetta ancora un
po’ di arranco nella
neve” aveva considerato Madina, “Tu come stai
Jason?” aveva chiesto poi con più
dolcezza, “Reggi bene il freddo?” aveva chiesto.
“La pelliccia magica di Astrid funziona divinamente. Sono
contento di non averla
distrutta” aveva risposto Jason con un sorriso gentile.
Madina aveva annuito e
poi si era data uno slancio, aiutata con un movimento di dita dai suoi
poteri,
sfilando nella neve. Jason aveva chinato lo sguardo verso il lupo,
ancora un
po’ segnato dalla presenza delle Dísir, Jason
aveva aperto una mano ed aveva
accarezzato il manto con gentilezza, “Sì, anche io
sono preoccupato” aveva
confessato, empatico.
Il lupo aveva inclinato il capo per dare a Jason un accesso
più facile ad una
zona di pelo sotto le sue orecchie, così Jason aveva
eseguito il consiglio.
L’azione aveva calmato la bestia, abbastanza
perché decidesse di riprendere la
sua corsa.
Utgard era
comparsa davanti a lui, improvvisamente; Jason avrebbe giurato che
l’attimo
prima non ci fosse e dopo un battito di ciglia era lì.
Enorme. Immensa. Grandiosa.
Jason dovette dichiararsi piuttosto stupito, perché invece
della lunga casa
rettangolare in legno con tetto di paglia – e muschio
– come quella di
Jarnsaxa, davanti a loro si era aperta la visione di uno Chalet
iper-moderno,
con tre piani, di cui uno interamente fatto con una facciata di vetro.
Era su un pendio, non troppo in alto, rispetto loro, ma abbastanza da
dominare
Jutland.
Alle sue spalle spiravano enormi montagne, come un muro di roccia.
Jason intravedeva una faccia, accennata, sulle montagne, la riconobbe
come il
viso – ancora in fase di completamento – di Cavallo
Pazzo, come aveva ascoltato
distrattamente al Collegio.
Quelle erano le Black Hills!
“Valicate quelle montagne, saremmo a Midgard. Sì,
al contrario non funziona.
L’universo è un posto da pazzi” aveva
dichiarato Madina, smontando dagli scii
con scioltezza.
Poi aveva fatto un respiro profondo, “Tutte le montagne a
modo loro sono
Utgard, non solo le Black Hills” aveva spiegato subito
Madina, prima di
prendere un respiro.
“Nel peggio potremmo fuggire direttamente da
lì” aveva borbottato Jason.
“Sì, peccato non finiremo sul versante del
Wyoming. Ci sono vissuta lì … Ho
imparato a ciaspolare prima di camminare”
aveva raccontato con
un’espressione divertita. Il Lupo aveva chinato le zampe per
permettere a Jason
una discesa agevolata e leggera.
“Pensavo ci vivessero i nativi” aveva dichiarato
Jason alla fine, ricordava che
le montagne del Wyoming erano terre degli autoctoni. Una nozione del
collegio, anche
quella.
“Oh, be, così è ora, così
è stato. Tranne per un certo periodo durante la
Caccia all’Oro! Però, nel settimo secolo, le
alture vertiginose, le temperature
letali e gli Arapaho tenevano lontani gli uomini bianchi, cosa che mia
madre
gradiva mooolto” aveva scherzato Madina
con un bel sorriso.
“Pensavo fossi di Capoverde” aveva commentato
Jason, mentre affondava nell’alta
neve fino alle rotule, “Mia madre è nata
lì e, be, gli indigeni ci hanno
permesso di star lì, ma non eravamo molto integrati. Ho
conosciuto solo la sua
cultura, sono morta che parlavo portoghese e credevo nel Signore, in
parte
credo di crederci ancora adesso[10]”
aveva
raccontato senza malizia.
Jason aveva annuito, pensando a Fred ed invece a sua crisi mistica che
lo
spaccava, ancora, dopo ottocento anni. Per lui sembrava difficile
comprendere
ambedue i sentimenti, tra Madina e Fred.
“Io sono cresciuto a vicino San Francisco. Molti
terremoti” aveva dichiarato
Jason, colmo fino all’orlo di disagio, grattandosi la nuca.
Spesso provocati
anche degli scontri tra mezzosangue e mostri.
Al campo e prima ancora quando era con il branco.
Ricordava, quasi dolcemente, il periodo con loro; dormiva abbracciato
al pelo
morbido di Lupa quando sentiva freddo; a quel pensiero aveva declinato
lo
sguardo al loro amico a quattro zampe, ma il mezzo-Jotun era scomparso
…
“Oh!” aveva dichiarato Madina, notando anche lei
l’assenza, “Senza neanche
salutare” aveva sottolineato Jason, facendola ridere.
Ma come aveva valutato Madina stessa, anche lui ne era certo, avrebbero
rivisto
il Lupo.
La salita
per Jotunheim era stata più snervante e faticosa di quanto
fosse apparsa,
almeno per lui, che era affondato ad ogni passo, la fatica lo aveva
così tanto
stremato, che aveva cominciato anche a sudare. Il che era surreale
rispetto
l’aria glaciale che albergava lì, se fosse stato umano
a Jason sarebbero
esplosi i polmoni. Madina era tranquilla di rimando, Jason sospettava
fosse una
combo della sua vita nelle alture delle Black Hills e la sua origine
divina.
Quando erano stati vicino lo Chalet modello-Saint-Moritz, Jason aveva
visto che
era preceduto da uno striscione, sorretto da due pali, issati nella
neve. C’era
una vistosa scritta in caratteri futhark runico, immaginava antico.
“Penso che se non diventerò schiavo di Vali,
dovrò proprio imparare questa
benedetta lingua” aveva considerato Jason.
“Oh! Che gioia!” aveva esclamato Madina, piena di
vitalità, Jason l’aveva
guardata: “Annuale Gara di Biathlon per gli Audaci”
aveva dichiarato
piena di gioia.
“Cosa è?” aveva chiesto Jason,
“Scii di fondo e tiro con l’arco in un'unica
competizione, cosa che puoi immaginare è fatta su misura per
me” aveva risposto
lei, facendo ondulare l’arco e gli scii che portava appesi
alle spalle.
“In notturna?” aveva domando Jason,
“Contro degli Jotun?” aveva aggiunto.
“L’ho
già fatto, duecento-trentacinque anni fa e sono qui per
raccontarlo” aveva
risposto lei, strizzando un occhio e continuando dritto verso il
palazzo.
Jason, in quel momento, si sentiva terribilmente in empatia con Astrid
quando
era accorso a salvare il Lupo.
Chi di comportamenti audaci ferisce di comportamenti audace perisce, si
disse.
Jason seguì Madina.
[1]
Il
Futhark è l’alfabeto runiko. Il Futhark recente
è quello noto come il Futhark
scandinavo (quindi di epoca medievale), composto da 16 caratteri.
Il Futhark antico invece è quello germanico (che insomma
risale sicuro al I
secolo d.C, però credo che sia ancora più
vecchio), composto da 24 caratteri.
Ho deciso di dare quello più antico agli Jotun per
testimoniare la loro “antichità”
(secondo la mia amica germanista, gli Jotun sono un po’ come
i titani, la
categoria di divinità prima della nuova generazione,
composta da dei, visto che Odino a sua volta è figlio di
Jotun. Teoria
potata avanti anche dalla serie tv Ragnarok).
[2]
Signore
dei fulimini della mitologia finlandese (i loro
“vicini”)
[3]
Signore
del fulimini della mitologia baltica … cioè
insomma il ruolo è più o meno
pieno.
[4]
Rune tu
troverai
lettere chiare,
lettere grandi,
lettere possenti,
[5]
Utgard è
considerata la capitale di Jotunheim, ma è su Midgard.
LASCIAMO PERDERE VAAAA …
In realtà ho parlato con la mia amica germanista (Ormai
presenza fissa) è mi ha spiegato che
c’è
questo bug della mitologia norrena, dove Midgard e Jotunheim sono
considerati
due mondi ma sono separati dalle montagne(?). Ed è per
questo che di tutti i
mondi “vengono” sempre nella terra e tocca a Thor
salvarci tutti.
Ho cercato una rappresentazione:
https://www.germanen-plakat.de/wp-content/uploads/kosmos-asgard-midgard-mittelerde-utgard-niflheim.jpg
E quindi, sì, i terrapiattisti pensano che ai confini della
terra ci sia Utgard
con gli Jotun. AMO.
[6]
Ebbene
sì, è un riferimento ad una scena di Magnus
Chase. No, non voglio contestualizzare.
[7]
La
battaglia di Monte Othro avveniva in contemporanea a quella di
Manhattan, quello
che Jason narra di quell’evento, in questo particolare
momento, non è conforme
al canone riordiano – ma può essere.
[8]
Diciamo
che una descrizione di questo genere delle Disir è molto,
molto, blanda e
semplicistica.
[9]
Questa
cosa può sembrare confusionaria, ma Hellheim e Nilfheim sono
nello stesso
mondo, ma occupano due posizioni diverse. Nilfheilm è il
vero è proprio mondo
della morte, dove risiedono tutti gli uomini non morti di morte
valorosa (circa),
mentre Hellheim è l’ultimo
“girone” se permettete il termine, di
quest’ultimo,
che sarebbe il vero e proprio “inferno” dove
risiedono i malvagi.
(Personalmente mi piace immaginare Nilfheim come una grande casa di
riposo
ahah).
[10]
Forse
troppo profondo? Forse no? Comunque, voleva essere un riferimento alla
conversazione di Magnus e Sam a proposito della loro fede, che credo
sia stato
uno dei pezzi di Riordan che mi è piaciuto di
più. Molto delicato.