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Autore: RLandH    09/01/2022    1 recensioni
[Spoiler! uno, ma bello grosso, su TOA, qualcosa su MC&TGoA| Crossover con Magnus Chase| What If]
Mi sentivo di essere pronta a fare un tributo a Jason Grace.
“Lo giuro sullo Stige” aveva dichiarato, certo di aver commesso un errore.
La ragazza aveva sorriso per la prima volta, “Ascoltami bene, adesso, non dire la verità. Fingiti un mortale, uno di quelli ciechi, proprio ciechi e di che non ricordi niente. Questo dovrebbe esserti famigliare” lo aveva preso in giro lei.
Sì, decisamente risvegliarsi in lungo sconosciuti con la memoria a brandelli e feroci ragazze che lo trattavano come se fossero conoscenti da una vita era una sensazione che conosceva piuttosto bene.
Solo che non era opera di Hera, ma Kymopoleia.
“Adesso?” aveva chiesto Jason, la ragazza aveva allentato la pressione della lama sul suo collo, permettendo a Jason di respirare bene, aveva provato a puntellarsi sui gomiti, per tirare su appena il busto.
Quella non aveva smesso di sorridere.
“Adesso” aveva esordito la sconosciuta, “Io non sono mai stata qui e tu asseconderai quello che dico” aveva dichiarato, “E permettimi di scusarmi in anticipo, ma farà male” aveva terminato.
Genere: Avventura, Commedia, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cimopolea, Jason Grace, Magnus Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Percy Jackson in The Multiverse'
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Eccomi tornata.
Spero abbiate passato tutti buone vacanze, le mie lo sono state circa, all’insegna del lavoro.
Scusate per un capitolo no-sense, vorrei riuscire a scrivere più velocemente e non essere così vacua, ma sembra impossibile per me. Siamo al capitolo 10, nessuna ombra di profezia, nessun cinghiale. Niente.
Comunque, come sempre, grazie a chi segue/legge/ricorda/preferisce e a chi recensisce. Un grazie di cuore a Farkas, chi ti fa subire questo strazio?
Un bacio
Buona Lettura!

 

Il destino dei Nove Mondi può essere sull’orlo del collasso, ma il Karma non perde mai un colpo!

 

“Le Norne incidono il destino degli uomini su delle tavole, realizzate dal legno dell’Yggdrasil. Se una tavola si scheggia … ecco, sembra una cosa piccola, ma sembra, proprio, un segno di malaugurio” aveva dichiarato Madina, mentre avanzavano nella neve.
Mentre Jason affondava ad ogni passo, lei sembrava immune alla gravita, saltellando quasi come una fata, mentre teneva tra le mani la pergamena che Thrud le aveva dato.
Jason aveva guardato gli scii appesi alle spalle delle sua vicina, “Quando eri ad Idavoll, noi abbiamo notato una cosa” aveva esordito Jason, riportando a Madina la loro preoccupazione.
La scomparsa del cinghiale aveva segnato un punto mai successo prima.
Una deviazione dall’ordinario.
“Ecco sì, l’inizio di un ciclo diverso, assieme a … be, la tavola che si incrina e … quello che ha detto Mimir” aveva considerato lei.
Tempi sconosciuti … aveva considerato Jason, che aveva raccontato alla ragazza, anche quello che i sussurri avevano portato a lui. Inoltre, aveva scoperto che a quanto pareva la sua boa pelosa, era il retro della testa di un dio senza corpo.
Non doveva più stupirsi.
“Potrebbe essere cominciato un nuovo ciclo? Sarebbe assurdo, no? Però, ora che ci penso, Kráka aveva detto che … non aveva ricevuto più sogni” aveva considerato Madina.
“Speriamo sia tutto … una brutta coincidenza” aveva dichiarato Jason, ma non ci credeva molto neanche lui. “Quando mai lo è?” aveva chiesto retorica Madina, voltandosi verso di lui con un sorriso raggiante – non sembrava minimamente preoccupata dell’eventualità della nascita di quella rottura.
“Ciò che mi da pensare però … è il momento” aveva dichiarato Madina, prima di portare gli occhi sulla mappa, “Se si è scheggiata la tavola e perciò si sono persi il verro o il contrario?” aveva chiesto con una certa confusione Jason. “O …” aveva proposto.
Madina lo aveva guardato, “Non esistono coincidenze nel nostro universo, tutti è terribilmente deterministico, anche nel suo fuori programma” aveva chiarito lei, voltandosi verso di lui.
Jason aveva annuito.
“Quindi, quello che mi interessa è il rapporto causa-effetto. Scompare il cinghiale, perciò si incrina il cammino del mondo o … il contrario?” aveva chiesto Madina.
Jason ebbe una spiacevole sensazione … era anche lui parte di quel sistema, era una causa o un effetto. Era un’anima dell’Elisio trapiantata nel Valhalla.
Forse la sua presenza era stata possibile a causa della scheggiatura delle tavole del destino, oppure la sua stessa presenza l’aveva provocata.
“Potrei … potrei essere io” aveva mormorato.
Sapeva di dover mantenere un profilo basso, ma questo era prima che un ciclo perfetto e ben organizzato da millenni cominciasse a cambiare.
“Non preoccuparti Jason, capita continuamente che figli di divinità straniere capitino qui. Pensa solo a Maes, il figlio di Pluto! O quello di Perun” lo aveva tranquillizzato lei, immediatamente.
Jason non era stato rincuorato, perché continuava a pensare che lui era arrivato prima, un giorno sì, ma un giorno prima rispetto la sparizione del cinghiale.

Un rumore, un frusciare quasi sottile gli aveva distratti, erano scattati entrambi, Madina aveva incoccato l’arco pronta a saettare una freccia, mentre Jason aveva sfilato subito Panikpak; alle loro spalle si era materializzato un lupo. Come Jason affondava nella neve, per questo tre quarti delle zampe sparivano nel bianco, lasciando libero solo un corpo enorme con una pelliccia grigio chiaro.
Era una creatura immensa, splendida, con un manto luminoso ed occhi dorati come coppe di champagne. Era il lupo che aveva salvato da Váli, Jason ne era certo.
“Non sembra bellicoso” aveva constato Madina con l’arco ancora incoccato, “Non dovrebbe esserlo … è il Lupo mezzo-jotun che ho salvato” aveva ammesso Jason. Quello sentendosi preso in causa aveva inclinato la testa, in una maniera quasi buffa.
Madina non aveva comunque abbassato la freccia, mentre Jason aveva fatto un passo verso di lui, non molto abituato ad avanzare nella neve, “Se ti apre la giugulare morirai lo sai?” aveva domandato retorica lei. Il Lupo aveva fatto un balzetto verso di lui, facendo attenzione a non annaspare nella neve, la sua espressione era giocosa e divertita, dopo quell’azione, un po’ più vicino a Jason, aveva steso le zampe anteriori e sollevato il posteriore, chinando il muso, quasi nel farlo affogare nella neve, aveva infilato la coda tra le gambe, in un atto che pareva di sottomissione.
Jason aveva fatto un altro passo, avanzando, cauto, aveva allungato una mano mostrando il dorso, “Non vuoi azzannarmi la mano, vero?” aveva chiesto.
“Se torniamo in tempo al Valhalla prima che si cicatrizzi, potrebbe ricrescerti immediatamente, oppure aspettare la prossima morte” aveva esclamato Madina.
Ma Jason era certo, il Lupo non lo avrebbe morso.
Aveva sfiorato al testa del Lupo, aveva sentito il morbido pelo sotto la sua mano, nella zona tra le orecchie, il lupo si era spinto contro il suo palmo.
“Sei amichevole, eh” aveva constato Jason, il Lupo si era ritratto per un secondo prima di rimettersi in posizione normale, facendo ondeggiare felice la coda. “Tranquillo per ieri, non è stato un problema” aveva commentato Jason.
Il Lupo aveva avvicinato ancora la testa, per farsi accarezzare tra le orecchie, cosa che lui aveva accettato di fare di buon grado, “Sei un coccolone, eh” aveva scherzato divertito. Il Lupo si era prodigato nel lappare la sua mano affettuosamente.
Aveva sentito alle sue spalle Madina ridere, con un certo gusto, “Apprezzo davvero che tu abbia trovato un nuovo amico” lo aveva richiamato, aveva abbassato le armi.
“Adesso dobbiamo andare, puoi venire con noi, amico” aveva considerato Jason, il Lupo si era allontanato, poi aveva inclinato il capo, prima di volgere e sparire via veloce in una serie di balzi, così come era venuto.
“Strano?” aveva detto Jason, voltandosi verso Madina. “Hai salvato un lupo mezzo-jotun, Jason … ho l’impressione che lo rivedremo” aveva esclamato la ragazza mentre sistemava nuovamente freccia ed arco nella faretra.
Jason aveva guardato le tracce del lupo nella neve, esistevano solo nella direzione in cui era andato via e non ve n’erano in quelle in cui era venuto, come se fosse apparso dal nulla.
Magari era un potere da Jotun.
“Riprendiamo?” aveva chiesto Madina, poi, attirando nuovamente l’attenzione di Jason.

 

“Ci siamo quasi, comunque” aveva affermato Madina. Dopo l’incontro con il lupo avevano fatto il resto del viaggio in un silenzio tranquillo.
Davanti a loro era apparsa una casa, aveva una forma lunga, ma piuttosto stretta, la facciata era a capanna ed il tetto era fatto interamente di fieno
La porta era l’unica cosa che spiccava, era di un legno lucido e di classe, con istoriato in oro, la rappresentazione dettagliata di una battaglia, ma sopra, attaccato con un chiodo c’era una tavoletta di legno chiaro, con rune scarabocchiate sopra.
“Uhm” Jason si era voltato verso Madina, in cerca di spiegazioni, “Tipo un incantesimo? Un avvertimento?” aveva chiesto.

Madina aveva messo via la mappa, “Uhm … premettendo che ho imparato a leggere le rune solo qualche secolo fa e che so leggere il futhpark recente e questo è più complesso, essendo quello antico[1], direi che c’è scritto: Sono ad Utgard, viola la mia proprietà e farò dei tuoi genitali gioielli” aveva dichiarato Madina, allegra.
“Utgard?” aveva chiesto Jason, “È il palazzo di Utgard-Loki, in un certo senso è la capitale di Jotunheim” aveva risposto Madina.
Chi sa se era il Loki rappresentato nei film della Marvel, non ricordava avesse un nome così lungo; decise che quello non era la priorità.
“Che facciamo?” aveva chiesto Jason allora, “Oh, be, potremmo tornare indietro o dare un’occhiata all’interno della casa, visto che ci siamo già … almeno non facciamo sprecare il viaggio” aveva considerato lei.
Jason aveva annuito, “Hai un piano per entrare?” aveva chiesto, “Nel seno gli Jotun sono stregoni, vero?” aveva chiesto lui.
“Sì, quasi tutti ma non tutti, Jarnasaxa è una guerriera non credo che si sia abbassata ad usare il seid” aveva risposto la sua amica, facendo le virgolette con le dita sull’utilizzo del seid. “Pensavo fosse un potere da donne” aveva considerato Jason, “No, il seid è per tutti, viene lasciato alle donne perché non è considerato virile e tal volta, guarda caso, chi ne fa utilizzo è visto in maniera piuttosto ambigua. Anche il nostro buon signore Odio Padre-Tutto pratica il Seid ma si guarda bene dal dirlo” aveva risposto onesta Madina.
Jason lo vedeva davvero ambigua, da quel punto di vista; Roma educava all’onore, alla disciplina ma anche all’utilizzo di ogni mezzo per la vittoria, per la gloria.
Inoltre, nel poco tempo che aveva speso nel Valhalla, Jason aveva visto Magnus Chase utilizzare l’alf seid e da quel che sapeva lui, il ragazzo era l’eroe del momento.
“Non chiedere, non ha senso. Se potessi leggere il futuro e praticare le magie lo avrei fatto bendata, ho qualche potere, ma decisamente irrisorio rispetto ad altri” aveva dichiarato Madina, aveva mosso le dita, un turbinio sottile di aria si era avvolto intorno alle sue dita, con piccoli cristalli di ghiaccio.
“Controlli il vento!” aveva esclamato Jason, ammirato, “Sì, ma non abbastanza da richiamare i venti, controllare un cavallo d’aria come le valchirie” aveva detto demoralizzata la ragazza, sciogliendo il piccolo tornando.
Jason avrebbe voluto prenderle la mano e dirle che poteva insegnarle, che era sicuro di poterlo fare, ma aveva sentito nelle orecchie l’eco delle parole di Thrud.
“Dai, proviamo ad entrare” aveva rotto il silenzio Madina, con un sorriso dolce sul viso, avendo recuperato la sua abituale allegrezza.

 

Jason non aveva avuto certezze della teoria di Madina, riguardo l’utilizzo del seid da parte di Jarnsaxa; però aveva cominciato a nutrire dei dubbi, quando aveva osservato che a bloccare il catenaccio della porta c’era un semplice catenella sottile come un nastro. “Oh!” aveva commentato Madina, schiudendo le labbra.
“Immagino che non si rompa facilmente” aveva valutato Jason, “No” aveva constato Madina, prendendo la catena tra le mani, “È come Gleipnir … una catena realizzata con elementi impossibili, viene dritta dalla forgia di Nidavellir. Ovviamente non è così resiliente” aveva spiegato Madina.
“Come la catena che tiene il lupo Fenris incatenato” aveva considerato Jason, ricordando la nozione, non ricordava se venisse dall’Edda o dal Power Point di Odino. “Sì e no. Effettivamente il lupo era incarcerato proprio con Gleipnir … ma adesso hanno cambiato catena, anche le catene impossibili si usurano” aveva dichiarato nozionistica.
“E se il Lupo si libera, verrà il Ragnarok” aveva dichiarato Jason. “Esatto, un continuo rincorrere l’impossibile … fratture a parte” aveva raccontato Madina.
“Se … ecco … la catena si è usurata vuol dire che nonostante la forza è … tecnicamente distruttibile? No?” aveva domandato Jason, soppesandola con le dita, era leggera …
“Certo, magari se avessimo degli strumenti giusti credo … magati qualcosa forgiato a Nidavellir pure, oppure non so uno strumento eccezionale” aveva valutato lei
Leo avrebbe avuto sicuramente una soluzione più chiara e pratica, oltre che capace …
“Io …” aveva cominciato Jason, “Tu?” aveva chiesto lei, “Ho un’idea” aveva ammesso alla fine Jason, dopo aver pensato al suo amico Leo.
“Non importa quanto improbabile sia il ferro … se riscaldato diventa morbido o una cosa del genere, vero?” aveva chiesto Jason.
“Oh, be, se riuscissimo a riprodurre il calore della fucina di Nidavellir, forse … ma si servirebbe anche qualcosa con cui romperlo, oltre i tuoi bicipiti si intende. Io ho un pugnale, che si difende benissimo, ma non è una spada leggendaria, neanche … Panikpak credo” aveva dichiarato.
Giunone, sì.
Però … se avesse tirato fuori Giunone probabilmente avrebbe dovuto dire la verità, o una parzialità di verità, che era Romano o Greco, a Madina – la fidanzata di Mel.
Aveva stretto la sua moneta in una mano, e poi aveva ricordato una cosa. “Sotto la pelliccia, c’è tipo una grata di oro fatto con i capelli di Sif … anche quelli sono opera nanica? Non erano stati fatti insieme a Gullinbursti” aveva dichiarato Jason.
“Sì, certo … ma sei sicuro di voler fare a pezzi il cappotto di Astrid? Non so se lo hai notato, ma ci tiene moltissimo alle sue pellicce” aveva considerato Madina.
Jason aveva strusciato le mani sul pelo morbido del suo vello, ricordando come per due giorni avesse continuato a fare storie per la pelliccia di wapiti che Mel aveva sporcato di sangue, per cui erano finiti per incontrare Váli. “Non ci avevo pensato” aveva considerato Jason.
“Sai quando arriviamo nel Valhalla, la stanza ci dà tutto quello di cui abbiamo bisogno, qualcosa che abbiamo avuto o qualcosa che abbiamo sempre desiderato, sai … e lei ha un sacco di pellicce” aveva considerato Madina.
“Va bene” aveva valutato Jason, “Però se avessimo un calore così forte da riuscirsi con la limonite o il tuo ferro?” aveva chiesto.
O la mia spada di Oro Imperiale.
“Be, Jason, io sono figlia dell’Inverno … se il tuo padre misterioso fosse Logi o una qualche divinità straniera legata alle fiamme” aveva considerato Madina.
“No” aveva dichiarato Jason senza esitazione, poi l’aveva guardata.
Madina era giovane, forse sua coetanea, con la pelle scura come il pecan, alta e flessuosa, con un’espressione buona, così buona, che Jason credeva di averla vista poche volte sul viso di una persona.
Frank.
Hazel.
Dakota.
“Non so se funzionerà” aveva dichiarato Jason, incerto su come dosare le sue parole, incerto di quella gentile fiducia che impropriamente Madina stava facendo dono, “… è qualcosa che sento dentro che non so spiegare” aveva mentito alla fine.
“Se non dovesse funzionare, ci prepareremo per un’ulteriore bagno ghiacciato …” aveva dichiarato lei, “Oppure mi schianterò sul legno con gli scii …” aveva aggiunto Madina con una punta di divertimento.
Jason le aveva sorriso, un pensiero si era affacciato su tutti gli altri, avrebbe voluto presentare Madina – ed anche Mel – ai suoi amici.

Aveva preso con le mani le catene, era leggera e sottile, aveva preso un respiro profondo e poi un altro ed un altro ancora, cercando di focalizzarlo, dentro di lui, in cielo.
Jotunheim era un altro regno, un altro mondo, non rispondeva alle regole di suo padre, ma c’era comunque un cielo sopra la loto testa e così aveva raccolto quell’energia, quella bolla e poi era venuto giù dal cielo, una folgore degna della potenza di Giove, e lì, la saetta aveva toccato la catena, nel punto preciso lasciato libero dalle sue mani e ….
La catena di cui era fatta non era di semplice metallo, che ad una tale potenza e calore si sarebbe fusa, ma aveva comunque arrossato uno degli anelli tanto da averlo reso malleabile. Aveva afferrato la catena da entrambi i lati tirandola con forza, prima che il freddo della terra dei giganti la solidificasse ancora.
“Per la gloria degli Dei! Jason sei … quello era un fulmine!” aveva gridato Madina completamente strabiliata da quella azione. “Sì … puoi darmi una mano?” aveva esclamato di rimando Jason, mentre osservava il pulsante metallo rosso cominciare ad allungarsi, quasi come gomma.
Madina aveva raccolto Panikpak dalla sua cintola e l’aveva fatta calare sul metallo incandescente, la lama si era spezzata, ma anche uno un piccolo frammento dell’anello, aveva finalmente avuto una piccola apertura.
Scusa!” aveva dichiarato lei offesa, guardando i resti della spada di ferro di palude, piena di vergogna. “Non è importante … credo ci siano centinaia di queste spade” aveva considerato Jason, ricordando che Astrid aveva detto fossero opera del suo padre armaiolo, “Inoltre è la seconda che rompo” aveva dichiarato.
“Ci credo!” aveva esclamato Madina piena di stupore, “Jason hai bisogno di un’arma divina, con questo potere” aveva aggiunto. “Sei un semidio, sei un semidio potente” aveva considerato, “Io ho un pugnale di ferro normale, ma ho l’arco realizzato con tasso sacro a mio padre e gli scii sono presi dalla corteccia dell’Albero del Cosmo” aveva raccontato lei.
Jason aveva annuito, “Io … lo sospettavo” aveva ammesso, “Non è discriminazione o altro, i semidei non sono migliori degli altri guerrieri per qualcosa, in uno scontro diretto Astrid e Mel mi farebbero appezzi. Ma i semidei possiedono un potere che non può essere incanalato in oggetti … be, qualsiasi” aveva dichiarato lei, mentre recuperava le catene ammirata, poi aveva cercato di far scivolare via un anello dalla serratura, riuscendo poi ad eludere definitivamente la catena.
Jason aveva aperto la porta con una spallata.
“Potresti essere figlio di Taara[2], di Perkunas[3] o Zeus, chissà. Qualche idea?” aveva chiesto Madina.
Jason si era fatto rigido come una tavola, “Io ….” aveva annaspato.
Madina che era buona aveva messo una mano sulla sua schiena calma, “Tranquillo, tranquillo” aveva dichiarato.

La casa di Jarnsaxa era stata vittima di un tornado. “Credo che o ci sia stata una lotta o la nostra Jotun è stata vittima di una furia” aveva considerato Madina, mentre schivava i resti di un tavolo di legno fatto a pezzi.
L’intera casa era stata rivoltata, a primo acchito aveva pensato che qualcuno si fosse introdotto per cercare qualcosa, ma la furia che imperiava dava manforte alla visione di Madina.
“Io … penso la seconda” aveva dichiarato, non c’erano urti contro un muro significativi, non c’erano i segni di una lotta, ma sicuramente di una furia.
Furia di una frustrata donna Jotun.
“Sai … questa situazione diventa ogni momento più strana” aveva considerato Madina, osservando per terra i cocci di una ceramica e di un corno sfregiato; una cassettiera era stata rovesciata a terra, avendo fatto cadere una pioggia di posate in ferro argentato ed altre stoviglie, anche una serie di letalissimi pugnali.
“Non sono sicuro che qui dentro ci sia il cinghiale, ma potrebbe esserci passato” aveva considerato Jason, avanzando, qualcosa si era attaccato alla soletta della sua scarpa, l’aveva sfilato subito, trovando della carta rigida che aveva inumidito.
Sopra, sbiadito, c’erano delle rune. Jason riconosceva sicura la figura dell’halgaz, con il simbolo della mutina maiuscola con la stanghetta orizzontale posta invece in obliquo. Era un foglio strappato.
“Madina” aveva dichiarato, sventolandolo.
Lei si era alzata, abbandonando una pianta che era stata svasata, per osservarla, “Chi sa se ci sono altri pezzi” aveva considerato.
“Questa è la Grandine” aveva dichiarato Jason, indicando il simbolo, “Direi più la Acca” aveva risposto Madina, prima di strizzare gli occhi.
“Uhm … c’è scritto... a questa parola manca un pezzo, non riesco a capire, il resto sì: dai tuoi servigi. H” aveva spiegato Madina.
“H?” aveva domandato Jason, confuso, “O Halgaz?” aveva insistito.
“Halgaz come parola è la grandine, ma è anche la runa che simboleggia il suono [H], credo sia una firma puntata, come io userei mannaz, la runa che simboleggia l’uomo” aveva spiegato Madina.
“Quindi H … H cita dei servizi, che possiamo presuppore riguardassero Jarnasaxa” aveva considerato Jason osservando il foglietto, “E dalla devastazione in questo posto mi viene da pensare che la cosa potrebbe averla vagamente irritata” aveva considerato Madina, tirando un cacio ad una cesta di frutta secca rovesciata.

“Troviamo il resto della lettera” aveva stabilito Jason con sicurezza, ottenendo un cenno d’assenso di Madina, che aveva cominciato a cercare in giro. “Il nostro mondo non ha coincidenze” aveva dichiarato la figlia di Ullr, “Scompare il cinghiale della signora di Alfheim dopo che lei è andata a prendersi qualcosa da bere con una Jothun … ed ora, la suddetta è fuggita ad Utgard, casa sua e rovesciata ed un biglietto fatto a pezzi” aveva ripercorso i fatti.
“Vuoi vedere come la cosa diventa ancora più insostenibilmente coincidenziale?” aveva chiesto Jason avvicinandosi a lei, “Questa è la runa che Kraka mi ha fatto pescare” le aveva detto, mostrandoli la tessera dell’halgaz.
Madina aveva guardato la runa incantata, quasi sconvolta. Aveva allungato una mano ed aveva sfiorato con i polpastrelli l’incisione sulla tessera.

Rúnar munt þú finna
ok ráðna stafi,
mjǫk stóra stafi,
mjǫk stinna stafi
[4]

Aveva mormorato Madina, i suoi occhi erano stati vacui e la sua voce era stata piana, a Jason per un secondo aveva ricordo Rachel Elizabeth Dare, ma Madina, nonostante tutto, era consapevole. Non era una profezia, era una litania – a modo suo.
“Cosa hai detto?” aveva chiesto Jason, Madina aveva rivolto gli occhi verso di lui, per un secondo lui aveva immaginato che la sua compagna avrebbe risposto di non aver parlato, ma non era stato così: “Sono delle strofe del Discorso di Har, un’opera letteraria, parla di Rune, ma niente di troppo rilevante” aveva liquidato la faccenda, sembrava sincera.
Rune tu troverai, lettere chiare, lettere grandi, lettere possenti” aveva spiegato poi Madina. “Azzeccato” aveva considerato Jason, “Mi piace un sacco la letteratura, il che fa ridere, prima della mia morte ero praticamente analfabeta, sapevo scrivere solo il mio nome: Madina Modja … e non ero sicura della differenza tra una i e una j” aveva risposto con allegrezza.
“Penso che citare passi letterari ad hoc sia una capacità che trovo molto interessante” aveva considerato Jason, “Piper, la mia rag–la mia ex-ragazza aveva una storia cheeroke praticamente per ogni occasione” aveva riferito lui con calma, con un sorriso carico di melanconia.
“Avrei voluto essere così ferrata anche io così, ma anche nei salmi ero piuttosto scadente” aveva raccontato Madina, il suo tono sembrava leggermente intristito, ma non così tanto, poi recuperando il sorriso, aveva aggiunto: “Io ho recuperato, infondo la cultura norrena è comunque la mia, se non per nascita, sicuro per morte”.
Non è come nasci, ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni, mi pare che così dicano i Sioux” le aveva detto Jason; Madina le aveva sorriso in una maniera piuttosto sorniona, “Però questa non è della tua Piper ma della nostra Astrid” lo aveva beccato.
Jason aveva annuito, “Vediamo se troviamo altri frammenti” aveva considerato.

 

Avevano trovato altri biglietti del foglietto, nulla che potesse essere ricomposto, qualche runa che componeva una parola, il nome di Thor.
Dignità tua” aveva letto Madina, sventolando un pezzo della lettera, “Secondo me questo va o prima o dopo amore e thor. Qualcosa sul genere: Dignità tua e l’amore, probabilmente, che nutri per Thor o Thor nutre per te” aveva spiegato la figlia di Ullr.
Jason aveva annuito, “Forse è troppo ardito perché di questo mondo non so nulla, ma se, ecco, Jarnsaxa avesse prestato i suoi servigi per rapire il verro, motivata dall’amore che prova per Thor, inoltre, Bragi mi ha detto che Odino fa di tutto per tenere i due amanti divisi, quindi forse, Jarnsaxa si è sentita offesa nella dignità? Troppo ardito?” aveva proposto Jason.
Madina aveva sollevato le spalle, cupa in viso, “Non saprei. Forse. Dietro questa storia c’è H?” aveva proposto di rimando.
“Sei tu l’esperta di mitologia norrena tra noi due, c’è una qualche H che potrebbe avere un conto in sospeso con Gerd, o Frey o anche gli dei in generale?” aveva chiesto Jason.
Perché aveva come l’impressione di star chiedendo se ci fosse una creatura al mondo che suo padre non avrebbe volentieri posseduto.
“La H è un’iniziale molto in voga per gli Jotun, inoltre, ecco, potrebbe non esserci un gigante, ma chiunque, perfino Odino ha nomi che iniziano con la H. Potrebbe anche un lattaio che decide di rovesciare gli dei … Una volta Padre-Tutto è stato torturato pure da un re umano!” aveva risposto Madina, con visibile incertezza nel viso.
Jason aveva annuito, “Sicuramente, come pensato da Gerd, Jarnsaxa centra qualcosa, H o meno, per quanto la mia Runa mi faccia pensare di sì. A questo punto le soluzioni sono due: o torniamo all’Hotel, sperando che Mel e Stellan abbiano recuperato i pantaloni e Kráka possa darci indizi, piano che mi sembra ottimo, o …” aveva cominciato Jason, anche solo per avere tutti gli amici insieme, “… o potremmo raggiungere Astrid e Fred per parlare con Gerd è vedere se un certo H. ha un conto in sospeso con lei” aveva concluso, anche quello sembrava accettabile.
“O …” aveva cominciato Madina, “Andiamo ad Utgard a chiederlo alla diretta interessata” aveva detto, ammiccando al foglietto nelle sue mani, su cui capeggiava la parola dignità.

Jason l’aveva guardata; realizzava improvvisamente che Madina sarebbe stata un’ottima compagna di merende. “Ecco … avevo l’impressione che Utgard, da come lo hai definito, sia tipo una rocca-forte jotun impenetrabile” aveva provato Jason.
Come cercare di raggiungere il mediterraneo nonostante ci fosse un veto su di loro. Madina aveva inclinato il capo, facendo oscillare la treccia spessa e scura, “Ecco” aveva cominciato, “Sicuramente è una roccaforte, è qui nello Jotunheim ma si trova ai confini di Midgard” aveva dichiarato Madina, mettendo da parte il messaggio frastagliato, per raccogliere invece la vecchia pergamena di Thrud. “Non sono due mondi diversi? Nel senso Midgard non è la terra?” aveva chiesto Jason.
“La geografia dell’universo è terribilmente strana, amico!” aveva risposto Madina, liquidando la faccenda, “Se vuoi posso entrare nel cuore è cominciare a spiegarti come Utgard oltre al palazzo sia anche il recinto di Midgard. Letteralmente: il recinto esterno[5]. L’ultimo avamposto …” aveva cominciato Madina, con l’intenzione di essere interrotta.
Troppe informazioni per Jason.
“Sei sicura?” aveva domandato Jason, “Sei sicura di voler andare?”
“Eri sicuro quando hai deciso di sfidare Vali?” aveva domandato retorica lei.
Jason aveva annuito, alla fine.
“Sai arrivarci?” aveva chiesto Jason, mentre Madina dava uno sguardo alla mappa, “Qui è menzionato. Con i miei scii potrei portarci entrambi, ci metteremmo un bel po’ in più …” aveva constato poi, prima di sollevare lo sguardo verso qualcosa alle sue spalle, con un sorriso bello splendente sulle labbra.
“Però forse qualcuno può aiutarci” aveva considerato Madina, ammiccando con il mento.
Jason si era voltato ed il lupo era lì, in piedi sulla soglia.
“Ci stiamo fidando del mezzo-jotun?” aveva domandato Jason, ma non era sul serio una richiesta.
“Sei tu che due minuti fa lo stavi coccolando come fosse il tuo barboncino” aveva dichiarato Madina, scrollando le spalle, con un sorriso allegro ad illuminarle il viso.
Jason aveva guardato il lupo nei suoi occhi d’oro, sembravano buoni e limpidi.
La creatura si era tirata indietro per permettere loro di uscire; “Ehm … Madina esiste un modo per avvertire gli altri?” aveva domandato Jason, “Per mandare un messaggio” aveva provato.
Come i messaggi di Irisi, o le Aquile …
“A meno che tu non abbia un Gonfiabile a forma di gorilla[6], no” aveva dichiarato Madina, Jason aveva sbattuto le ciglia e si era anche aggiustato gli occhiali, come se quel gesto avesse potuto aprire di più le sue orecchie. “Cosa?” aveva chiesto.
“Me lo ha raccontato Mallory. Comunque, no, nel senso, se uno di noi due fosse bravo nel seid potremmo mandare un messaggio con la magia” aveva dichiarato Madina poi.
Jason si era morso il labbro, “Immagino, perciò, nessun dio dei messaggi nel pantheon?” aveva chiesto alla fine, Madina aveva annuito, “Esatto. Dici che è strano? So che i greci ed i romani lo hanno, me l’ha detto Mel, aspetta … Mercurio, come il metallo” aveva valutato la figlia di Ullr.
Jason era uscito dalla piccola casa di Jarnsaxa, seguito dalla sua amica. Anche se la pelliccia di Astrid lo riscaldava naturalmente, fuori dal tepore dell’abitazione, aveva sentito di nuovo, come schiaffi sulla carne, l’aria gelida di Jotunheim.
“Lo stiamo facendo davvero?” aveva chiesto Jason.
“Chi sei tu e che ne hai fatto del ragazzo che salva jotun da divinità spaventose, senza remore?” aveva domandato Madina, retorica.
Già, aveva pensato stancamente Jason, adesso si riconosceva più in sé stesso.
“Mi sono già messo nei guai” aveva dichiarato stancamente.
“Già …” aveva concesso Madina, “Siamo qui e siamo senza permesso, le tavole del destino si sono rotte ed il cinghiale luminoso che probabilmente illumina Alfheim la terra senza notte è scomparso. Sai cosa succede agli elfi quando cala il sole? Se non lo sai, non è bello” aveva risposto lei, cominciando a sfilarsi gli scii.
Per l’ultimo periodo da lei pronunciato Madina aveva perso quella verve di gioia che sembrava impregnare ogni sua parola, le era rimasto il sorriso e gli occhi dolci, ma il suo tono era stato perentorio.
A Jason fu subito chiara una cosa: Madina sarebbe andata.
Forse smaniava per una missione, per qualcosa da fare, o come lui, con Váli ed il Lupo, aveva sentito un richiamo incontenibile.
“Vengo con te” aveva concordato e lei aveva sollevato il pollice verso di lui entusiasta, “Penso che i miei scii possano portare entrambi, anche se …” la ragazza aveva fatto cadere la frase, inclinando il capo ed indicando il lupo.
Il mezzo-jotun si era avvicinato a Jason ed aveva piegato le articolazioni delle zampe, per dar lui un facile accesso alla sua schiena. “Vuole essere cavalcato?” aveva domandato Jason. Madina si era sistemata i suoi scii di legno dell’albero di Yggdrasill ai piedi, “Così pare. Magari sei un futuro Ulfhethinn!” aveva dichiarato lei.
Jason aveva guardato il lupo, lui aveva uggiolato, non molto contento di quella prospettiva, neanche Jason lo era in quel momento, anche se non sapeva cosa significasse. “Lui non è concorde” aveva dichiarato infatto, indicando il Lupo mezzo-jotun.
“Non mi sorprende!” aveva riso Madina, “Sono i Guerrieri vestiti di Lupo – animaleschi e con la furia guerriera donata da Padre-Tutto in persona. Combattono in braco. Nel Valhalla i piani cinquanta-tre e cinquanta-quattro sono occupati da loro. Ne vivono tre a camera. Se hai miei tempi la gente credeva ai lupi mannari è perché loro hanno dato una bella mano” aveva racconto subito lei, piena di gioia, “Mel lo vuole diventare vero?” aveva ricordato Jason.
“No, Mel vuole essere un Berserker; combattono da soli e spesso vestiti di pelle d’orso” aveva raccontato Madina, “Ma povero amore mio, è terribilmente disciplinato e riflessivo per cadere nella berserksgang” aveva raccontato.
Figlio della rigida educazione della scuola gladiatoria. “Troppo Romano” aveva commentato Jason, “Spettacolare, ma padrone di sé. Almeno in quello” aveva soppesato Madina, il suo tono era stato distante, “Andiamo?” aveva recuperato la sua allegrezza lei.
Jason aveva annuito, voltandosi verso il Lupo, era decisamente più imponente di qualsiasi creatura avesse mai visto fino a quel moneto, anche di Lupa. “Spero di non farti male” aveva dichiarato Jason, allungando una mano per afferrare la pelliccia morbida e folta della bestia e con uno slancio si era issato sul dorso della bestia.
Si era sentito sicuro.
“Andiamo?” aveva ripetuto Madina.

 

Sebbene fosse il Lupo a guidare la corsa, con falcate ampie, guidati da balzi così forti e degni di un canguro, anziché di uno della sua specie – cosa che aveva preoccupato non poco Jason, se una bestia di tale potenza era stata ferita da Váli, cosa attendeva lui? –  Madina di tanto in tanto scivolava al loro fianco e lì superava.
Jason nel vederla nella neve aveva la stessa impressione di vedere uno spirito della natura.
Era rapida, leggera ed assolutamente a suo aggio, tra il vento freddo e la bianca coltre di neve. Di tanto in tanto Madina muoveva le dita, un piccolo sfarfallio e il manto di neve davanti a lei si modificava un poco, appiattendosi o irrigidendosi per permetterle di scattare un salto che lei voleva particolarmente. Jason aveva conosciuto la signora della neve nella sua vita, la fredda e terribile Khione, eppure in quel momento, non avrebbe potuto immaginare quel titolo per nessun’altra che per Madina.
Il che era surreale, realizzava, lei che era una personalità così solare e luminosa.
“Be … pff … amico … pff … grazie” aveva bofonchiato Jason, tra un colpo di tosso ed un altro. Il lupo aveva emesso un verso gutturale, ma soddisfatto.
Jason si era tenuto stretto al manto della bestia.

Il lupo si arrestato di fretta, usando tutte le sue forze per frenare l’avanzata nella neve e cercare di non cadere e rotolare via, con Jason sulla groppa. Madina era scivolata al loro fianco con grazia ed eleganza, anche se quando l’aveva avuta vicino, Jason aveva potuto osservare che la sua amica aveva il fiatone, ma gli occhi scuri luccicavano come stelle.
La sua amica aveva sgranato gli occhi, così Jason aveva seguito il suo sguardo, per vedere cosa aveva fatto arrestare il Lupo.
Si era aspettato di vedere Utgarda o qualcosa di strabiliante, come quando aveva veduto Idavoll, invece, non lontano da loro, su un altura non troppo distante da loro, erano ferme delle donne a cavallo.
Solo che i loro destrieri erano fatti di ossa e tenebre, così come i loro manti. Visi bianchi e spigolosi. Erano cinque.
“Oh, immagino che non siano niente di buono” aveva considerato Jason. Aveva da loro la stessa impressione, quando da ragazzino, durante l’assalto a Monte Othro[7] aveva visto sul campo di battaglia aveva intravisto i Makhai – gli spiriti della Battaglia, alcuni con loro, alcuni contri, ma tutti ugualmente spaventosi.
“No! Tranquillo, non ci diranno niente … credo” aveva dichiarato Madina riprendendo colore e così era stato, le donne non avevano dedicato a loro niente più di uno sguardo distante, prima di girare i loro destrieri ed allontanarsi da lì.
Solo una di loro era rimasta lì a guardarli, Jason si chiese come avesse fatto a non notarla bene tra le sue compagne, spiccava anche solo per i capelli, tinti – presumeva – di un colore innaturale. La donna aveva alzato una mano ed aveva fatto un cenno di saluto.
Madina aveva risposto timidamente con un movimento appena accennato delle dita, poi aveva guardato Jason, “Amico!” lo aveva rimproverato – lui si era sentito colto in imbarazzo ed aveva eseguito un saluto forse troppo eccessivo, muovendo entrambe le braccia.
La cavallerizza aveva tirato le briglie della sua bestia ossuta ed era scomparsa nella neve, impresa ardua visto i capelli sgargianti e il lungo mantello nero.
“Chi erano? Cosa è appena successo?” aveva chiesto Jason confuso.
Il lupo aveva uggiolato e tremolato per tutto il tempo, terribilmente spaventato. “Erano le Dísir … diciamo che puoi figurartele come le valchirie di Hellheim[8] e Nilfheim[9]. Erano qui a raccogliere anime, probabilmente” aveva dichiarato Madina.
Jason non lo aveva trovato molto rassicurante, da come avevano spiegato le cose la stessa Mel e Madina il primo giorno, non esisteva una seconda vita da einherjar per loro.
“Sono spaventose” aveva considerato Jason, Madina aveva riso, “Non sono mai uscite dalla fase Viking Metal. Ma sono simpatiche, sul serio, solo che se per caso hai la sfavorita idea di inimicartele … ecco, sì, non finisce bene” aveva asserito Madina con tranquillità. Jason aveva aggrottato le sopracciglia, il lupo aveva latrato, neanche lui molto rincuorato. Madina aveva infilato una mano nella sua giacchetta ed aveva estratto la mappa di Jotunheim data da Thrud. “Allora secondo questa carta ci aspetta ancora un po’ di arranco nella neve” aveva considerato Madina, “Tu come stai Jason?” aveva chiesto poi con più dolcezza, “Reggi bene il freddo?” aveva chiesto.
“La pelliccia magica di Astrid funziona divinamente. Sono contento di non averla distrutta” aveva risposto Jason con un sorriso gentile. Madina aveva annuito e poi si era data uno slancio, aiutata con un movimento di dita dai suoi poteri, sfilando nella neve. Jason aveva chinato lo sguardo verso il lupo, ancora un po’ segnato dalla presenza delle Dísir, Jason aveva aperto una mano ed aveva accarezzato il manto con gentilezza, “Sì, anche io sono preoccupato” aveva confessato, empatico.
Il lupo aveva inclinato il capo per dare a Jason un accesso più facile ad una zona di pelo sotto le sue orecchie, così Jason aveva eseguito il consiglio.
L’azione aveva calmato la bestia, abbastanza perché decidesse di riprendere la sua corsa.

 

Utgard era comparsa davanti a lui, improvvisamente; Jason avrebbe giurato che l’attimo prima non ci fosse e dopo un battito di ciglia era lì.
Enorme. Immensa. Grandiosa.
Jason dovette dichiararsi piuttosto stupito, perché invece della lunga casa rettangolare in legno con tetto di paglia – e muschio – come quella di Jarnsaxa, davanti a loro si era aperta la visione di uno Chalet iper-moderno, con tre piani, di cui uno interamente fatto con una facciata di vetro.
Era su un pendio, non troppo in alto, rispetto loro, ma abbastanza da dominare Jutland.
Alle sue spalle spiravano enormi montagne, come un muro di roccia.
Jason intravedeva una faccia, accennata, sulle montagne, la riconobbe come il viso – ancora in fase di completamento – di Cavallo Pazzo, come aveva ascoltato distrattamente al Collegio.
Quelle erano le Black Hills!
“Valicate quelle montagne, saremmo a Midgard. Sì, al contrario non funziona. L’universo è un posto da pazzi” aveva dichiarato Madina, smontando dagli scii con scioltezza.
Poi aveva fatto un respiro profondo, “Tutte le montagne a modo loro sono Utgard, non solo le Black Hills” aveva spiegato subito Madina, prima di prendere un respiro.
“Nel peggio potremmo fuggire direttamente da lì” aveva borbottato Jason.
“Sì, peccato non finiremo sul versante del Wyoming. Ci sono vissuta lì … Ho imparato a ciaspolare prima di camminare” aveva raccontato con un’espressione divertita. Il Lupo aveva chinato le zampe per permettere a Jason una discesa agevolata e leggera.
“Pensavo ci vivessero i nativi” aveva dichiarato Jason alla fine, ricordava che le montagne del Wyoming erano terre degli autoctoni. Una nozione del collegio, anche quella.
“Oh, be, così è ora, così è stato. Tranne per un certo periodo durante la Caccia all’Oro! Però, nel settimo secolo, le alture vertiginose, le temperature letali e gli Arapaho tenevano lontani gli uomini bianchi, cosa che mia madre gradiva mooolto” aveva scherzato Madina con un bel sorriso.
“Pensavo fossi di Capoverde” aveva commentato Jason, mentre affondava nell’alta neve fino alle rotule, “Mia madre è nata lì e, be, gli indigeni ci hanno permesso di star lì, ma non eravamo molto integrati. Ho conosciuto solo la sua cultura, sono morta che parlavo portoghese e credevo nel Signore, in parte credo di crederci ancora adesso[10]” aveva raccontato senza malizia.
Jason aveva annuito, pensando a Fred ed invece a sua crisi mistica che lo spaccava, ancora, dopo ottocento anni. Per lui sembrava difficile comprendere ambedue i sentimenti, tra Madina e Fred.
“Io sono cresciuto a vicino San Francisco. Molti terremoti” aveva dichiarato Jason, colmo fino all’orlo di disagio, grattandosi la nuca. Spesso provocati anche degli scontri tra mezzosangue e mostri.
Al campo e prima ancora quando era con il branco.
Ricordava, quasi dolcemente, il periodo con loro; dormiva abbracciato al pelo morbido di Lupa quando sentiva freddo; a quel pensiero aveva declinato lo sguardo al loro amico a quattro zampe, ma il mezzo-Jotun era scomparso …
“Oh!” aveva dichiarato Madina, notando anche lei l’assenza, “Senza neanche salutare” aveva sottolineato Jason, facendola ridere.
Ma come aveva valutato Madina stessa, anche lui ne era certo, avrebbero rivisto il Lupo.

La salita per Jotunheim era stata più snervante e faticosa di quanto fosse apparsa, almeno per lui, che era affondato ad ogni passo, la fatica lo aveva così tanto stremato, che aveva cominciato anche a sudare. Il che era surreale rispetto l’aria glaciale che albergava lì, se fosse stato umano a Jason sarebbero esplosi i polmoni. Madina era tranquilla di rimando, Jason sospettava fosse una combo della sua vita nelle alture delle Black Hills e la sua origine divina.
Quando erano stati vicino lo Chalet modello-Saint-Moritz, Jason aveva visto che era preceduto da uno striscione, sorretto da due pali, issati nella neve. C’era una vistosa scritta in caratteri futhark runico, immaginava antico.
“Penso che se non diventerò schiavo di Vali, dovrò proprio imparare questa benedetta lingua” aveva considerato Jason.
“Oh! Che gioia!” aveva esclamato Madina, piena di vitalità, Jason l’aveva guardata: “Annuale Gara di Biathlon per gli Audaci” aveva dichiarato piena di gioia.
“Cosa è?” aveva chiesto Jason, “Scii di fondo e tiro con l’arco in un'unica competizione, cosa che puoi immaginare è fatta su misura per me” aveva risposto lei, facendo ondulare l’arco e gli scii che portava appesi alle spalle.
“In notturna?” aveva domando Jason, “Contro degli Jotun?” aveva aggiunto. “L’ho già fatto, duecento-trentacinque anni fa e sono qui per raccontarlo” aveva risposto lei, strizzando un occhio e continuando dritto verso il palazzo.
Jason, in quel momento, si sentiva terribilmente in empatia con Astrid quando era accorso a salvare il Lupo.
Chi di comportamenti audaci ferisce di comportamenti audace perisce, si disse.
Jason seguì Madina.



[1] Il Futhark è l’alfabeto runiko. Il Futhark recente è quello noto come il Futhark scandinavo (quindi di epoca medievale), composto da 16 caratteri.
Il Futhark antico invece è quello germanico (che insomma risale sicuro al I secolo d.C, però credo che sia ancora più vecchio), composto da 24 caratteri. Ho deciso di dare quello più antico agli Jotun per testimoniare la loro “antichità” (secondo la mia amica germanista, gli Jotun sono un po’ come i titani, la categoria di divinità prima della nuova generazione, composta da dei, visto che Odino a sua volta è figlio di Jotun. Teoria potata avanti anche dalla serie tv Ragnarok).

[2] Signore dei fulimini della mitologia finlandese (i loro “vicini”)

[3] Signore del fulimini della mitologia baltica … cioè insomma il ruolo è più o meno pieno.

[4] Rune tu troverai
lettere chiare,
lettere grandi,
lettere possenti,

[5] Utgard è considerata la capitale di Jotunheim, ma è su Midgard. LASCIAMO PERDERE VAAAA …
In realtà ho parlato con la mia amica germanista (Ormai presenza fissa) è mi ha spiegato che c’è questo bug della mitologia norrena, dove Midgard e Jotunheim sono considerati due mondi ma sono separati dalle montagne(?). Ed è per questo che di tutti i mondi “vengono” sempre nella terra e tocca a Thor salvarci tutti.
Ho cercato una rappresentazione:
https://www.germanen-plakat.de/wp-content/uploads/kosmos-asgard-midgard-mittelerde-utgard-niflheim.jpg
E quindi, sì, i terrapiattisti pensano che ai confini della terra ci sia Utgard con gli Jotun. AMO.

[6] Ebbene sì, è un riferimento ad una scena di Magnus Chase. No, non voglio contestualizzare.

[7] La battaglia di Monte Othro avveniva in contemporanea a quella di Manhattan, quello che Jason narra di quell’evento, in questo particolare momento, non è conforme al canone riordiano – ma può essere.

[8] Diciamo che una descrizione di questo genere delle Disir è molto, molto, blanda e semplicistica.

[9] Questa cosa può sembrare confusionaria, ma Hellheim e Nilfheim sono nello stesso mondo, ma occupano due posizioni diverse. Nilfheilm è il vero è proprio mondo della morte, dove risiedono tutti gli uomini non morti di morte valorosa (circa), mentre Hellheim è l’ultimo “girone” se permettete il termine, di quest’ultimo, che sarebbe il vero e proprio “inferno” dove risiedono i malvagi. (Personalmente mi piace immaginare Nilfheim come una grande casa di riposo ahah).

[10] Forse troppo profondo? Forse no? Comunque, voleva essere un riferimento alla conversazione di Magnus e Sam a proposito della loro fede, che credo sia stato uno dei pezzi di Riordan che mi è piaciuto di più. Molto delicato.

   
 
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