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Autore: Nocturnia    09/01/2022    1 recensioni
"La mia storia ha le tue stesse radici." conclude, affiancando il proprio braccio al suo - pelle immacolata e sulla quale può vedere le vene pulsare al ritmo del suo cuore.
"Mi ha già colpito e sai che nulla rimane sul mio corpo: né morso, né squarcio."
"Ma fa male." afferma lui, chiudendo le dita attorno il suo polso e misurandone la differenza.
Alex solleva il viso verso il suo, quieta.
"Sempre."
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Donna Beneviento, Karl Heisenberg, Stuart
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Blood and Iron'
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"Beware the fury of a patient man."
- John Dryden -




Counting bodies like sheep




2001

"Le squadre Bravo e Delta non sono rientrate."
Alex solleva appena il mento, fissando una cartina stropicciata e ingiallita.
"Della squadra Alpha solo tre sono sopravvissuti."
Inclina il viso, seguendo con gli occhi due nomi - Coșmarul, Romania.
Stuart si schiarisce la voce, togliendosi gli occhiali e rivolgendole uno sguardo teso, cupo.
"E le loro condizioni si possono definire particolari."
Alex si volta, guardandolo.
"Credo sia meglio li veda di persona, Master Alex."
Nella voce di Stuart l'inquietudine sovrasta ogni altro sentimento.


2009

All'inizio non si era preoccupato; perché farlo, in fondo?
Non era una sprovveduta e nemmeno una fragile ragazzina indifesa.
Era arrivata nel villaggio vestita come una di quelle modelle da copertina, tutta oro e sorrisi smaglianti, un po' troppo taglienti agli angoli.
Così sei tu a darmi tanto disturbo, l'aveva apostrofato.
A ridurre i miei uomini in grumi di carne e metallo, aveva riso, battendo le mani tra loro.
A irritarmi e rovinarmi le giornate, aveva continuato, camminando in mezzo agli avanzi di macchine e carri armati su delle scarpe assolutamente inappropriate.

Cling.

Sussulta, colto di sorpresa dal rumore della spia di fine agglomerazione.
Appoggia i piedi sul pavimento, alzandosi e fissando il calendario.

23 marzo.

Domani la chiamerà; sì, domani, si ripromette, scivolando con le dita lungo il martello e lì lasciandolo.
Il domani sarà già troppo tardi.


2001

Keith la fissa senza davvero vederla; ruota gli occhi nelle orbite, aprendo e chiudendo le dita della mano ancora attaccata al polso.
Alex si inclina verso il suo petto, alzando appena un sopracciglio.
"Crediamo sia una sorta di reattore energetico." comincia a spiegare Stuart, spingendosi gli occhiali sulla radice del naso e indicandogli il pettorale sinistro.
"Gli hanno asportato tutti gli organi vitali e inserito parti meccaniche funzionanti: cannule biocompatibili e altri elementi che stiamo ancora controllando."
Alex si abbassa ulteriormente, premendo il copricapo in acciaio e strappando a Keith un grido agonico, straziante.
Stuart annota qualcosa a margine, imperturbabile.
"Lo è." gli dice poi, infilando l'unghia nello spazio tra la calotta cranica e la placca metallica.
"Un reattore." specifica, indicando il globo luminescente e pulsante conficcato nella carne infiammata del torace.
Stuart annuisce, continuando a scrivere.
Alex si rialza, intrecciando le dita dietro la schiena.
"Ammirevole. Grezzo, ma notevole. Forse un po' troppo rustico per i miei gusti."
Keith digrigna i denti, si morde la lingua - sulle labbra esplodergli bolle di sangue e saliva.
Alex lo fissa ancora qualche secondo, blandamente infastidita.
"Preparami la sala operatoria: condurrò io stessa la dissezione."
"Vuole che prima lo terminiamo o..."
Alex solleva una mano, scuotendo la testa.
"Tecnicamente è già morto." ribatte, studiando il lungo taglio verticale che attraversa Keith dalla gola al pube "Mi serve lucido." prosegue, osservandone i tic involontari, le piccole scosse elettriche che sembrano animargli le gambe, il braccio rimasto.

E poi verrò a prenderti, figlio di puttana.

Le terre dell'est non le hanno mai portato altro che miseria e delusione.


2009

"La tua fidanzatina ti ha lasciato?" squittisce Angie e l'istinto di schiacciarle quella testa rotta e pallida si fa enorme.
"Non hai qualche bambola con cui prendere il tè?"
Angie ridacchia, sobbalzando in grembo a Donna.
"No: tu sei più divertente."
"Prova a pensarlo dal fondo di un pozzo e con venti metri di merda addosso."
Donna inclina il capo verso la spalla ed Angie tace - rimane immobile tra le sue braccia, morta.
"Madre Miranda..."
La stanza sembra flettersi, il metallo scricchiolare - tutto si addensa attorno a lui, alla sua rabbia.
"Se le hai detto qualcosa..."
"No." mormora una voce e non è Angie - non questa volta.
Le pentole ricadono a terra con un clang secco, rotolando ai loro piedi.
Donna ne raccoglie una, posandola sul tavolo e appoggiandovi contro Angie.
"Non mi hai mai detto il suo nome."
Heisenberg la fissa da sopra il bordo degli occhiali, tace.
"Devo tutto a Madre Miranda."
Un suono di gola, derisorio.
"Ma non ti avrei mai tradito."
Perché siamo una famiglia, sono le parole che rimangono sospese tra loro, schiacciate tra i denti, sotto la lingua.

"Non è mio fratello."
"Oh, ma davvero? E dire che vi assomigliate così tanto: saranno state le branchie a trarmi in inganno. O i piedi palmati."

"Forse le è successo qualcosa." suggerisce Donna, quieta - spaventata da se stessa.

"L'immortalità non appartiene ai corpi; Miranda dovrebbe capirlo."

Karl tamburella con le dita sul bordo del tavolo, assorto.

"Ha vissuto troppo a lungo per rendersene conto."
"Tutti muoiono, Karl: è una questione di tempo."

Donna tormenta un filo penzolante dalla manica, arrotolandoselo più volte attorno l'indice.

"Anche tu?"

Heisenberg si volta, incrociando lo sguardo vuoto di Angie - il silenzio di Donna.

"Lo sto già facendo, Karl."

La tragedia è, d'altronde, un affare di famiglia.


2001

Sotto luci asettiche e bianche il volto di Alex è freddo, lontano; simile a quello degli idoli antichi, sgretolati ormai dal tempo e dal vento.
Non c'è più di umano in Keith, se non un involucro di carne e pelle che ancora cammina e grida e soffre.
Stuart posa un vassoio sulla scrivania alle sue spalle, schiarendosi la voce.
"Le ho portato la cena, Master Alex."
Alex libera un piccolo hum di gola, assorta.
"Vista l'ora ho pensato che un tè caldo e un sandwich di pane integrale e prosciutto crudo fossero appropriati."
Alex cataloga i pezzi estratti dal costato di Keith - cannule, ingranaggi, ruote dentate e persino una piccola turbina.
Stuart aspetta, osservandola lavorare - la precisione con la quale taglia, incidendo tessuti, muscoli.
Ne studia il profilo elegante, durissimo - i capelli che le sfiorano appena le orecchie, più corti sulla nuca.
"Un parassita." lo sorprende la sua voce, ovattata dalla mascherina.
Stuart si avvicina, indossando un paio di guanti e mantenendosi a debita distanza.
"Non sono le parti meccaniche a tenerlo in vita; non solo, almeno." continua, stringendo tra le dita una massa rosata e dalla quale protrudono molteplici nematodi.
Stuart socchiude gli occhi, mettendo a fuoco i vermi che si allungano verso di lui, cercandolo.
Alex ne schiaccia uno tra le dita, arricciando le labbra.
"Non è un parassita; non del tutto." prosegue, lasciando che i nematodi si aprano nell'aria, ritraendosi poi all'interno del grumo pulsante che assomiglia a un feto.
"Dobbiamo analizzarne un campione." suggerisce Stuart, attento a non farsene toccare.
Alex tace, rigirandosi tra le mani quella strana e nuova forma di vita.
"E non gli piaccio per niente." dice poi, riponendolo dentro un recipiente sterile.
"Forse è la presenza del virus a disturbarlo, Master Alex."
"Forse." concorda lei, sigillandolo.
Il parassita posa le sue propaggini lungo la parete in vetro, lasciandovi bave traslucide e umide.
Alex lo fissa ancora qualche istante, perplessa - incuriosita.
Il Progenitore ruggisce e il parassita sembra quasi gridare.


2009

Raggiungere Coșmarul dovrebbe essere impossibile.

Eppure lei c'era riuscita.

Addentrarsi nel villaggio senza allertare Madre Miranda una missione suicida.

Ma né Alcina né Moreau si erano mai accorti di lei.

Si siede nell'erba alta, poco lontano dalla fabbrica - da quel buco d'acciaio e cemento che chiama casa.
Il cielo è sempre nero sopra Coșmarul; una membrana scura priva di stelle e speranze.
Heisenberg lo fissa senza davvero vederlo, ascoltando il ritmico rollio delle macchine in azione, gli ansiti della fonderia.

"Un elicottero come quello risveglierebbe persino i morti."
"Oh, ma a quanto pare la tua signora è sorda, oltre che cieca."

Non è la mia signora, le aveva risposto, irritato.
Non è niente per me, aveva ringhiato, spezzando il sigaro tra le dita e sollevando il martello nella sua direzione.

"Uno spirito libero, uhm?"

E aveva sorriso quella donna vestita di bianco, i fianchi stretti in una giacca dal taglio moderno, affilato.

"Io non sono come loro."

No, aveva concordato lei, studiando le sue creature con una curiosità viscerale, fin troppo acuta.
No, ma se ostacolerai un'altra delle mie squadre ti trascinerò a forza fuori da questo buco e ti mostrerò che il mondo è un posto in cui la tua Miranda è il minore degli orrori, l'aveva minacciato, negli occhi una scintilla rossastra e che mai aveva visto negli altri.

Non in Donna, nascosta dietro mille e mille voci di bambola; non in Alcina, così piena di sé da aver perso coscienza del proprio potere, dei propri limiti.

Heisenberg non le aveva creduto,

perché avrebbe dovuto?

Alex si era abbattuta su di lui senza pietà, mettendo a nudo un orizzonte di cui Miranda lo aveva privato troppo a lungo.
La fabbrica continua nel suo incessante mormorio - costruisce, monta, assembla, nasce; il dolore era stata la cifra nella quale si erano (ri)conosciuti.


2001

Lei aveva mandato altri uomini, lui li aveva assemblati.
Lei aveva insistito, lui si era mostrato un creatore instancabile e stravagante.
Lei era rimasta in silenzio due settimane, asciutta di parole e soldati; lui aveva creduto d'averla stancata: forse persino vinta.

Snap.

Tra le sue dita il collo del lycan si piega di lato, slabbrandosi lungo la linea in cui le sue unghie (oh, così curate; così pulite) affondano, bagnandole il polso di sangue e saliva.

Plotch.

Heisenberg la studia in silenzio, appoggiando la testa del martello a terra.
"Erano almeno cinquanta."
"Piccoli cani rabbiosi." ribatte lei, neutra.
"Hanno ucciso puttane come te per anni."
"Forse avrebbe dovuto ucciderne di più; se questo è il massimo che il vostro parassita può fare non mi stupisce siate ancora con la merda fino alle ginocchia."
Heisenberg inspira, fissandola; dilata le narici e lei sorride, scoprendo una chiostra di denti affilati e spietati.
"Coraggio; dimmi che odore senti. Che lezzo mi trascino dietro oltre quello rivoltante di questi bastardi pelosi."

Sangue e una nota speziata che non conosce. Il freddo di una terra simile alla sua, neve e cuoio.

La donna getta di lato il corpo del lycan, lungo il bavero del blazer bianco bave rossastre e lucide.

Qualcosa di più profondo, nascosto: umido, caldo. Appiccicoso. Dolciastro.

Heisenberg si abbassa gli occhiali sulla punta del naso, snundando un canino.
"Sei malata."
La donna solleva il mento verso l'alto, piegando le dita ad artiglio - amplia il sorriso e non c'è nulla di allegro in lei, di soave.
"Questo fetore è quella della decomposizione."
"Strano; avrei detto di aver indossato Bulgari oggi."
Heisenberg socchiude gli occhi, seguendone i movimenti - un profilo così fuori posto in mezzo all'erba alta e ingiallita di Coșmarul.
"Potresti essere il mio esperimento migliore."
"Oh, davvero?" ribatte lei, camminandosi attorno "E cosa vorresti farmi, Karl Heisenberg? Impiantarmi un generatore al posto del cuore? Un paio di cesoie nella mano destra e un trapano industriale in quella sinistra?"
Karl rimane interdetto dal fatto che conosca il suo nome, recupera in fretta, seguendola con la coda dell'occhio.
"Già, so cosa sei: chi eri prima di Miranda."
Heisenberg arriccia le labbra sui denti, da terra sollevarsi schegge di metallo e piccole scariche elettriche.
La donna si ferma, osservando incuriosita il fenomeno.
E c'è meraviglia nel suo sguardo; c'è qualcosa di diverso mentre il metallo si piega e assume la forma di centinaia di frecce.
"Sei maleducato." lo apostrofa poi, sfiorando con l'indice una punta acuminata.
"Sei rozzo e anche volgare." aggiunge, posando gli occhi sul suo viso.
Heisenberg apre le dita, espande il proprio potere attorno a loro - i capelli della donna arricciarsi lungo la nuca, sulla fronte.
"Ma sei intelligente: abbastanza da sapere che Miranda è pazza."
Karl arcua appena l'anulare, il mignolo; aspetta.
"E che il mondo là fuori è molto più grande di lei e del suo rimpianto."

Clang. Clang, clang, crash.

La donna fissa un'elica caduta a pochi centimetri dalla sua scarpa, tace.
Dalla foresta si alza un latrato, poi un altro, seguito da un terzo - infine una cacofonia di ululati e pianti.
"Il mio nome sarebbe Alexandra."
Karl solleva il viso verso il suo, incerto - ancora sospettoso.
La donna abbozza un sorriso quieto, quasi invisibile.
"Ma tu puoi chiamarmi Alex." conclude, tendendogli la mano sporca di sangue.
Nella sua stretta le dita di Alex sono incredibilmente calde.


2009

"Da parte di Master Alex."
Heisenberg fissa il carteggio che l'ometto piccolo e grigio gli sta porgendo, nel petto la preoccupazione mutare in confusione e infine in rabbia.
"Chi cazzo sei?"
L'ometto si spinge gli occhiali lungo sulla radice del naso, impassibile.
"Master Alex ci teneva a mantenere la sua parte dell'accordo: sono gli ultimi risultati sui revenant."
Heisenberg solleva il mento di scatto, strappandogli di mano la cartella e puntandogli un dito contro.
"Non hai risposto alla mia domanda, vecchio: chi cazzo sei?"
L'ometto non batte ciglio, fissandolo con uno sguardo a metà tra il comprensivo e il triste.
"Master Alex mi aveva detto del tuo temperamento: che era prono agli scatti di rabbia e alla delusione."
Karl digrigna i denti, vibra - e con lui ogni singolo rottame abbandonato nella piana circostante.
L'ometto sospira, continuando a rivolgergli quello stupido sguardo compassionevole.
"Mi ha anche detto che lei sa cos'è il dolore; che lo prova ogni giorno, ogni ora."
Heisenberg inspira, accartoccia i fogli tra le dita senza accorgersene.
L'ometto osa picchiettargli l'indice sul petto, , dove il Cadou aveva estroflesso le sue orrende bocche.
"C'è stato un lutto nella vita di Master Alex."
Karl tace, incerto.
L'ometto scuote la testa, premendo le labbra tra loro.
"Master Alex ce la farà." mormora poi, quasi più a se stesso "Lei resisterà. Vivrà."

Ma a che prezzo?

Karl apre la bocca - chi? - l'ometto emette un sospiro tremulo, affranto.
"Non posso dirglielo, signor Heisenberg."
Uno dei soldati scende dall'elicottero, imbracciando il fucile: comincia a calare la notte su Coșmarul e la terra ha fame - sempre.
L'ometto solleva il viso verso il suo, mostrandogli un profilo stanco, forse persino più vecchio di quanto avesse valutato.
"Tornerà."
Silenzio.
"Ma forse noi non saremo più qui, signor. Heisenberg."
Il latrato dei lycan copre ogni altro pensiero.


2001

"Io non ti conosco."
Alex lo guarda da sopra la spalla, alzando un sopracciglio.
"Nemmeno io."
Karl sfrega il pollice sul sigaro spento, fissando il tabacco sgretolarsi e cadere.
"Ah no? Eppure sai un sacco di cose sul mio conto e sui figli di Miranda."
Alex si rigira tra le mani una chiave inglese, studiandola come se fosse una cosa nuova, aliena.
"I tuoi fratelli e sorelle."
"Non lo sono."
Alex libera un piccolo hum di gola, beffardo.
"Ma siete stati creati per questo." prosegue, voltandosi "Per essere una famiglia."
La superficie metallica del tavolo trema, i soldat ruotano il capo all'insù - occhi ciechi, privi di luce.
"Siamo fottuti esperimenti." ringhia Karl, incapace di contenere la propria frustrazione "Cavie, null'altro che topi di laboratorio per quella stronza piumata."
Alex gli rivolge un'occhiata seria, intensa.
"Il parassita."
Karl schiaccia il sigaro nel palmo della mano, tace.
"Dove si trova?" gli domanda, e dalla catena di montaggio provengono suoni raschianti, duri.
Alex avanza, una placca di metallo le blocca prima una caviglia, poi l'altra.
Muove le dita attorno a sé Heisenberg, incatenandole i polsi, il collo - serrandole il bacino in una stretta che è sicura le stia incrinando due costole.
"Avrei dovuto ammazzarti subito." mormora, fissandola.
"Avresti dovuto." ribatte lei, lasciando che si avvicini fin quasi sfiorarle il viso.
"Sono ancora in tempo."
"No, non lo sei." risponde lei, sicura - ridicolmente tranquilla.
Karl sorride suo malgrado, Alex lo imita, ed è allora che qualcosa gli trapassa il fianco, strappandogli un gemito sorpreso.
"Che cazzo...?"

Friiiip.

Karl chiude le dita attorno a una scaglia di metallo, la sta strappando dall'addome quando lo raggiunge una seconda, poi una terza.

Plotch.

Si abbassa, scansando la quarta - recupera la posizione, snudando i denti.
"Non avresti dovuto farlo."
"Già." lo deride lei, i polsi adesso liberi, il giogo che le aveva stretto al collo spezzato e gettato ai suoi piedi.
"Ti ammazzo."
Alex flette il ginocchio destro, rompendo le sue catene come fossero nulla - il sinistro, infine il ceppo attorno la vita.
"Uhm. Puoi provarci: è da tanto che nessuno ci tenta più."
Karl sembra valutarla con una nuova attenzione, annusando l'aria attorno a sé e cogliendo di nuovo quell'odore secco, speziato.
"Cosa sei?"
Alex si toglie il blazer ormai rovinato, buttandolo dietro di sé.
"Con cosa sei infettata?"
Alex si pulisce le braccia dal nero dell'olio di cui ogni attrezzo sembra intriso, stretta in una camicia trasparente e che continua a farla sembrare una fottuta modella di quelle riviste nascoste dal Duca.
"Oh, questa è la domanda giusta, Karl." ridacchia lei, fissandolo.
Heisenberg coglie la pupilla di Alex contorcersi e assottigliarsi, diventando uguale a quella dei serpenti in caccia - l'iride esplodere e bagnarsi di un rosso torbido, quasi nero.
Il Cadou che è in lui si rattrappisce in se stesso e geme.


2009

Era stato il cognome a colpirlo per primo, poi il viso - così simile al suo.
"Qualcosa di suo interesse, lord Heisenberg?" gli domanda il Duca e davanti a lui il profilo durissimo di un uomo lo fissa dalla prima pagina di un giornale di cronaca europea.
"Ah, quello: pare ci sia stato un bel tafferuglio laggiù in Africa."
Karl afferra il giornale, avvicinandolo al volto - studiandone i lineamenti, la piega aspra delle labbra, quasi derisoria.
"Un certo terrorista voleva distruggere il mondo: ci pensa, lord Heisenberg? Potevamo morire tutti."
"Madre Miranda non vuole questo genere di cose nel villaggio." mormora lui, del tutto distratto dalla foto.
Il Duca sobbalza sui cuscini, scuotendo una mano nell'aria.
"Oh, ma non deve saperlo per forza, no?"
No, pensa Karl, percorrendone le guance con il pollice.
"Omaggio della casa, lord Heisenberg; è ancora quasi fresco di stampa."
Gli occhi di Heisenberg scattano verso l'alto, leggendo la data.

11 marzo 2009

Dall'altra parte di una foto a colori gli occhi di Albert Wesker sono uguali a quelli di Alex.


2001

"È interessante."
"Il parassita, Master Alex?"
"Anche." ribatte lei, neutra.
Stuart annuisce, continuando nel suo lavoro di ricucire il braccio della donna alla spalla.
"È volgare e terribilmente primitivo, ma ha del potenziale." prosegue Alex, attenta a non farsi toccare dalla bocca del nematode.
"Coșmarul è isolata dal continente da almeno un secolo, Master Alex; certo non può chiedere la sua eleganza tra i paesani del luogo."
Alex arcua appena un angolo delle labbra, fissando con uno spillo sul vassoio l'ultimo nematode del parassita.
"Adulatore."
"Dico solo il vero, Master Alex."
Stuart richiude la ferita con un nodo serrato, allineando poi la mano al polso.
"Ha cercato di uccidermi."
"Deduco abbia fallito."
Alex incide la superficie del Cadou, socchiudendo gli occhi dietro le lenti di protezione.
"È forte; credo manipoli l'elettricità e con essa il metallo."
Stuart sceglie un filo da sutura in polipropilene per il polso; elastico, ma con una buona tenuta; scarsa capillarità e inerte.
"E odia la sua creatrice."
Stuart ricomincia a cucire, ascolta.
Alex solleva i tessuti del Cadou, vi trova dentro solo muffa e altra muffa - un cuore pulsante di nematodi arrotolati in loro stessi.
"Madre Miranda, la chiamano."
Stuart si concentra sull'operazione che sta eseguendo, cerca di capire dove le parole di Master Alex vogliano arrivare - di precederle, ed essere pronto a ciò che verrà.
"Ho già letto di lei, Stuart."
Alex usa la pinza sul cuore del Cadou, arricciando il naso quando i nematodi vi si arrotolano attorno.
"Nelle lettere private di Spencer."

Cling.

Stuart posa l'ago, spostando le mani lungo il bordo del tavolo autoptico.
Alex rimane china sul Cadou, negli occhi un'espressione indecifrabile, dietro al quale sa nascondersi una rabbia antica, sorda.
"Micorriza, lo definiva."
Usa dei perni per bloccare i lembi della muffa, scostandosi appena dalla scrivania.
"Una forma di mutualismo tra il micete e il vegetale infettato."
"E quello ne sarebbe il prodotto?" le domanda Stuart, disgustato da una creatura così sgraziata.
Alex incrocia le braccia al seno, studiando in silenzio il Cadou.
"No; questo non è il Micorriza, ma una sua emanazione creata da Miranda."
"Grossolano."
"Come lei." mormora Alex, caustica.
"Il dottor. Spencer ha sempre avuto la pessima abitudine di circondarsi di persone talentuose, ma dozzinali."
"James Marcus non lo era e nemmeno Daniel."
"Infatti il primo è morto e il secondo..."
Stuart lascia che le parole si spengano, scivolando tra di loro come un pensiero molesto, che punge e ricorda a entrambi un tempo diverso - lontano.
"I Quattro Signori sono stati impiantati con questo Cadou." spiega poi Alex, voltandosi.
Stuart posa lo sguardo sul parassita, alzando un sopracciglio.
"Già: quella cosa è dentro di loro."
"Anche nel signor. Heisenberg?"
Alex schiocca la lingua contro il palato, accavallando le gambe.
"Soprattutto in Heisenberg, Stuart: il Cadou ha affondato le sue radici nel petto, infettando i tessuti muscolari e dotandolo di un organo simile a quello dei pesci elettrofori."
"Gliel'ha detto lui o..."
Alex inclina il capo verso la spalla, abbozzando un sorriso furbo - crudele.
"Diciamo che quando io divento curiosa so dove mettere le mani, Stuart."
Il cadavere sul tavolo autoptico sussulta, Stuart gli rivolge a malapena un'occhiata, dandogli solo qualche colpetto sul fianco.
Il Cadou protende un nematode verso l'alto, lasciandolo poi ricadere all'indietro, ormai privo di forze.
Sotto la camicia in seta e organza le ferite di Alex hanno appena smesso di sanguinare.


2009

"Cosa stai leggendo?"
Karl arrotola il giornale, nascondendolo dentro il cappotto.
"Porno."
Moreau si ferma, confuso.
"Cosa sono?"
"Qualcosa che tu non potresti fare comunque." sibila Karl, stizzito.
Moreau sembra aggrottare le sopracciglia - non si può mai dire con quella pelle cadente e verdastra - scrollandosi poi nelle spalle e sedendosi al suo fianco.
"Madre ha detto che presto Eva rinascerà."
"Lo dice sempre." borbotta Karl, premendosi il giornale contro il fianco.
"Ma lo farà davvero." puntualizza Salvatore, sputacchiando saliva e acido.
Heisenberg arriccia le labbra sui denti, disgustato dal lezzo che proviene dal corpo rigonfio di Moreau.

"Cos'è questo odore?"
Alex si era sollevata dalle cianografie, fissandolo.
"Quale?"
"Questo." insiste Karl, indicandola.
Alex avvicina il naso al colletto della camicia, annusando.
"È un profumo, Heisenberg."
"Lo so: ormai conosco il tuo."
"Inquietante." ribatte Alex, riprendendo in mano la penna e tornando al suo studio.
Heisenberg le si avvicina ulteriormente, inspirando con forza.
"No, ce ne è un altro."
Alex annota qualcosa a margine del progetto, sottolineando come il generatore abbia bisogno di più cavi per convogliare l'energia anche alle gambe del soggetto.
Si inclina verso di lei e Alex si immobilizza, rivolgendogli uno sguardo in tralice, attento.
"È strano: sembra speziato, quasi esotico. E c'è del rum, forse persino una punta di legno."
Alex lo fissa in silenzio, guardinga.
"Sei troppo abituato alla puzza di merda dei lycan e a quella di olio bruciato della tua fabbrica."
Heisenberg la ignora, elaborando ogni sfumatura di quel sapore nuovo - aggressivo, che la circonda come un sudario.
"È ovunque." prosegue, inclinandosi appena all'indietro "Non lo percepisco solo nei capelli o sulla tua giacca, ma è sotto, Alex: nella pelle."
Nessuna risposta.
"Forse ho fatto la domanda sbagliata."
Alex persevera nel suo silenzio, adesso del tutto concentrata su di lui.
"Non cosa, ma chi è, Alex." dice, e c'è una sicurezza nella sua voce che non lascia spazio ad altra replica.
Anni dopo quell'odore le si aggrapperà addosso come una morte liquida e rovente.

"Non ne sei contento, Karl?"

"E poi sarai libero, Karl."

"Di cosa?"
"Che Madre ha detto che presto saremo una famiglia completa."

"Siamo stati preda di vecchi stupidi e avidi, Karl: dei loro sogni bagnati, di ossessioni che ci hanno reso bambini schiavi, adulti mostri."

Heisenberg si alza, accendendosi un sigaro e inalandone grosse e ampie boccate - tutto pur di soffocare quel fetore rivoltante.

"Saremo tutti liberi, Karl."

Aveva ragione Donna: sperare era il veleno degli sciocchi e lui l'aveva bevuto fino all'ultima goccia.


2002

"Chi è, chi è, chi è?" squittisce Angie, dondolando sulle sue gambette di legno e ceramica.
Heisenberg si massaggia una spalla, sciogliendo un nodo di muscoli e tensione.
"Eddai! Dimmi chi è." si lamenta Angie, aggrappandosi ai suoi pantaloni.
"Levati di mezzo o ti fracasso quella brutta faccia che ti ritrovi." mastica lui, sollevando il pesante scarpone da lavoro.
Angie strilla, correndo in braccio a Donna.
"Vuole uccidermi, vuole uccidermi."
Karl piega le labbra in una smorfia, Donna accarezza il capo di Angie, consolandola.
"È solo curiosa, Karl." mormora poi la signora di Casa Beneviento, così piano che quasi non riesce a sentirla sopra il rullio della macchine.
"Be', dille di farsi i cazzi suoi."
"Io non ho il cazzo, idiota."
Heisenberg si volta di scatto, sgranando gli occhi.
Angie incrocia le braccia rachitiche al petto, sbuffando.
"Giuro che ti faccio a pezzi e poi ti ficco dentro i miei soldat facendoti passare dal culo."
"Ah. Provaci." lo sfida la bambola e Karl sa che sotto sotto è Donna a parlare - la parte più nascosta di lei, quella che potrebbe essere una forza inarrestabile se solo ci riuscisse.
"Angie, smetti di disturbarlo." chiosa Donna, cucendo un nuovo vestito per la sua ultima creazione.
"Prima deve dirmi chi è la bella signora bionda."
"Non so di cosa tu stia parlando."
Angie ciondola verso di lui, fissandolo da sotto in su.
"La donna; quella vestita come una di quelle signorine moderne, pantaloni stretti e camicie trasparenti."
"Non mi dice nulla."
"L'ho vista uscire dalla tua fabbrica."
"Hai le allucinazioni."
"Ho pensato di averle: la signorina è troppo bella per te."
"Disse il mostriciattolo con i vermi nel cervello."
"Madre Miranda non vuole estranei nel villaggio."
"Infatti non ce ne sono." ribatte lui, asciutto.
Angie si mette le mani sui fianchi, piccata.
"Lascialo stare." interviene Donna, richiamandola a sé "Non esiste nessuna bella donna bionda, Angie."
"Ma io l'ho vista." pigola lei, lagnosa.
Donna solleva il capo velato verso di lui e Karl riesce a percepirne lo sguardo ferito, stanco.
"Forse ricordi com'eravamo, Angie."
La bambola apre la bocca, richiudendola subito dopo.
"A volte la memoria fa strani scherzi, piccola mia." mormora poi Donna, accogliendola sulle proprie ginocchia e stringendola a sé.

"La memoria è il fondamento dell'essere, Karl: tutto ciò che siamo. Che saremo."

"Ma io l'ho vista." ripete Angie, chiudendo gli occhi e cominciando a piangere - il dolore di Donna la naturale estensione di quello della sua bambola.

"Sai, ho avuto anche io dei fratelli e delle sorelle."

Heisenberg le osserva in silenzio, tra le dita il martello improvvisamente pesante - greve.

"Ed erano come gli scherzi della natura che ha creato Miranda?"
"Non lo so; sono tutti morti davanti ai miei occhi."

Angie posa il capo contro il petto di Donna, sul tavolo un vestitino rosa cucito a metà.

"Tutti?"
"... no. Uno no."

Tra le costole - dove una volta c'era il suo cuore - il Cadou consuma, instancabile.


2009

"Come si chiama?"
"Chi?"
"Tuo fratello."

Nel silenzio delle antiche rovine Karl studia il suo viso con un'intensità vorace, quasi rabbiosa.

"Non ha un nome così interessante."

L'articolo dice che è morto in una zona autonoma dell'Africa, il Kijuju.

"Toglimi questa curiosità."

Il bioterrorista più ricercato dalla BSAA. L'ombra dietro la caduta dell'Umbrella; la mente di molteplici complotti a livello internazionale.

"... Albert. Si chiama Albert."

Heisenberg è la prima volta che lo vede e gli toglie il respiro notare quanto sia duro il suo viso - crudele sotto la luce bianca della luna.

"E ci vai d'accordo?"
"... sì."

Aveva la stessa età di Alex e potrebbe essere davvero suo fratello se non gli avesse raccontato le loro vere origini.

"Una famigliola unita e felice, uhm?"

Capelli biondi, occhi artici, da lupo - un naso dritto, labbra sottili, piegate in una smorfia derisoria.

"No. No, non direi."

Karl ne percorre il profilo in punta di dita, sul fondo di quella pupilla un vuoto che sembra volerlo inghiottire - divorarlo vivo.

"Cos'è? Il fratellino maggiore ottiene sempre tutte le attenzioni?"

Si siede su una roccia innevata, assorbito dai proprio pensieri - dalle sue parole.

"Non sono invidiosa di lui; non potrei mai esserlo."
"E perché? Non è questo che fanno i fratelli e sorelle? Litigano e poi fanno pace e poi litigano di nuovo?"

Ripiega l'articolo in parti più piccole, incassando il capo tra le spalle - attorno a lui solo silenzio e pietra.

"C'è stato un lutto nella vita di Master Alex."

"Che manica di fottuti nel cervello che siamo, Alex." ridacchia lui senza alcuna allegria.

"Albert è un uomo intenso, Karl. Difficile. Tu sei semplice al confronto, lieve."
"Ne parli come se fosse il tuo amante, Alex."

Coșmarul tace, fredda e vuota come le tombe d'entrambi.


2002

Il comando è un'attitudine in Alex; un riflesso spontaneo.
Nella sua parte di mondo lo fa sorridendo e stringendo mani - soffocando uomini piccoli e stupidi, come ama sempre ripetere.
"Non che le donne siano da meno." gli dice, scorrendo con lo sguardo lo schermo di quello che ha chiamato cellulare.
"Alcina Dimitrescu, per esempio." prosegue, ignorando il ringhio dei lycan "Tutta chiacchiere e distintivo: le piace pensare di essere migliore in quanto femmina, ma è stupida come tutti gli altri."
"E l'uomo-pesce." aggiunge, alzando un sopracciglio e premendo il pollice sui tasti "Innamorato di Vivien Leigh e del roquefort."
Alex arriccia il naso, infastidita.
"Puzza quasi quanto lui." specifica, infilandosi il telefono in tasca.
"E tu sei più intelligente?"
"Indubbiamente."
Heisenberg si solleva dalla pressa che sta cercando di riparare, fissandola da sopra la spalla nuda.
"Arrogante stronza."
"Oh, siamo già ai petit nom."
Heisenberg aggrotta le sopracciglia, confuso.
Alex gli restituisce uno sguardo divertito, per nulla ferito.
"Se non sai cosa vuol dire chiedilo al tuo amico francese."
"Piuttosto mi compro un fottuto dizionario."
"Ottimo: la tua ignoranza è un insulto quotidiano."
Heisenberg si volta, lasciando galleggiare attorno a lui martelli e schegge di metallo.
"Parli sempre come un libro stampato o sai anche colloquiare normalmente?"
"Intendi a grugniti come i tuoi soldat o a latrati come i lycan?"
"Sarebbe uno spettacolo interessante."
"Vedermi grugnire?"
"Latrare."
Alex arcua un angolo della bocca, trattiene un sorriso.
"Malpropre, Karl."
Heisenberg si pulisce le mani in uno strofinaccio logoro, sul fondo della pupilla una scintilla sfacciata, furba.
"Aux femmes parfois aime baiser comme ça." (1)
Alex si porta una mano al petto, fintamente offesa.
Heisenberg snuda i denti in un sorriso ruvido, impacciato.
Tra di loro giochi rotti e infanzie rubate.


2009

Potrebbe essere un fantasma; uno spettro venuto a ricordargli che ogni promessa muore in quella terra di neve e roccia.
C'è un sole debole in cielo, asfittico - che tinge l'erba alta di un colore malsano, infetto.
Non ci sono uomini alle sue spalle, né quello strano ometto con gli occhiali dalla montatura argentata e gli occhi intelligenti.
Se estende il suo potere fin oltre i confini della fabbrica può percepire un lontano ronzio, il quieto clangore delle parti metalliche di un elicottero - probabilmente atterrato oltre il fiume, verso la valle.
La guarda in silenzio, le mani in tasca e gli occhi nudi, privi delle solite lenti scure.
Ed è lei - la donna che ricorda - e allo stesso non lo è più.
"Sei mesi."
"Hai ricevuto i dati sui revenant." mormora Alex, come se bastasse.
Heisenberg sposta il peso da un piede all'altro, fissandola.
"Cosa si dice in questi casi?" le chiede, e Alex è improvvisamente sottile - e dovrebbe saperlo dato che l'ha vista consumarsi anno dopo anno, abiti sempre più stretti, occhi sempre più ossessionati.
Alex apre la bocca, richiudendola subito dopo.
"Ha ricevuto quello che meritava." dichiara allora Karl, asciutto.
"Solo un imbecille può pensare che sganciare una bomba biologica sul mondo sia una soluzione ragionevole." aggiunge, nella voce una nota rabbiosa - frustrata.
Alex lo guarda, non dice nulla - aspetta.
"Quel virus gli ha fottuto il cervello."
"Stai parlando di mio fratello." mormora lei, colpita fisicamente dalla perdita, dalle sue parole.
Heisenberg si scrolla nelle spalle, estraendo un sigaro dalla tasca del cappotto.
"Se credi abbia torto allora sei una povera cretina come lui. O come tutti quegli uomini che dicevi di saper manipolare e schiacciare."
Alex sbatte le palpebre una, due volte; per un attimo ha come l'impressione stia per andarsene: voltarsi e non tornare mai più, tornando a nascondersi nella sua preziosa isola in cui è venerata quasi quanto Miranda.

Si era sbagliato.

"Mio fratello. Un idiota." ripete, quieta - troppo.
"Già." ribatte lui, avvicinando la fiamma alla punta del sigaro.
"Tu." sibila lei, fissandolo come se potesse ucciderlo solo con lo sguardo "Tu; un fottuto scherzo della natura. Poco più di una bestia riempita di muffa e vermi, l'equivalente di una montagna di merda pubblica."
Heisenberg inspira, liberando tra i denti serrati uno sbuffo di fumo.
Alex ride, ed è un suono aspro, di vetro e ossa rotte.
"Voi." mastica poi, avanzando a grandi passi "La troia succhisangue, le sue stupide figlie; quell'aborto uscito da una scopata sbagliata tra un pesce e un essere umano."
Karl inclina il mento verso destra, abbozzando un sorriso.
"La vedova piangente e la sua bambola merdosa." prosegue, ormai a pochi passi da lui.
Alex si ferma e adesso può vederla bene - il volto pallido, scavato; la pelle tesa sugli zigomi, gli occhi grondanti rosso e rosso.

Bellissima.

"Quella puttana di Miranda; la troia personale dei sogni bagnati di Spencer. Le strapperò la lingua e gliela ficcherò su per il culo mentre chiederò a quei bastardi dei lycan di giocare con le sue viscere."
Heisenberg si umetta le labbra, studiandola con attenzione.
E brucia, Alex - di nuovo.
Ha perso, Alex, eppure eccola qui - ferita, vinta.

Viva.

Heisenberg lascia cadere la cenere del sigaro a terra, guardandola.
"È una promessa, Alex?"

Lo farai davvero?

"Io distruggo, Karl: nulla in me è fatto per concedere la vita."

In noi.

Heisenberg fa per riportarsi il sigaro alla bocca, viene fermato dalle dita di Alex sulle sue, che stritolano e lo riducono a nulla più di capa e tabacco.
"Non era un idiota."
"Non era nemmeno tuo fratello." ribatte lui, neutro.

Silenzio.

Nel cielo si arrotolano nubi grigiastre e gonfie, all'orizzonte i primi squarci di luci e il rumoreggiare dei tuoni - un borbottio costante, che si riverbera sotto i loro piedi, nel petto.
La rabbia di Heisenberg basterà per entrambi.


2002

Il sospetto non smette mai di grattare, corrodendogli gli angoli della mente.
Il dubbio lo rende nervoso, vittima di se stesso.
La osserva risalire dall'altra parte del campo, il viso nudo dinnanzi il vento di Coșmarul.

"Uno scambio equo: tu lasci che prenda ciò che mi serva dal villaggio e io ti aiuto con la tua piccola ribellione nascosta."

Heisenberg inspira l'ultima boccata di fumo, la vede toccarsi la mano sinistra, dove sa esserci un gioiello che non cambia mai.

"Hai già dimostrato di poter scavalcare le mie difese piuttosto facilmente: perché non prenderlo e basta?"

Alex getta un'occhiata ai lycan attorno a lei, scivola sui corpi mutati con un interesse clinico, acuto.

"Sei uno dei quattro Signori di queste terre; la tua dipartita si noterebbe."

E crede non ci sia paura in lei, Alex; questo è quello che raccontano i suoi gesti, le sue azioni.

"E a te cosa importa di quello che nota Miranda?"

Avrebbe potuto ingannarlo; ci era quasi riuscita, in fondo.

"Niente, ma non è così che agisco: che mi è stato insegnato."
"Piccola, subdola, volpe."

Quando si era scontrata con lui l'elettricità si era addensata come un grumo di rumori e forza, arrotolandosi tra di loro e facendogli rattrappire la pelle sulle braccia.

"Io prendo i campioni dal Micorriza; tu ci guadagni i risultati dei miei test."
"E una volta che l'avrò uccisa non temi possa venire a cercarti?"

Non temeva il dolore fisico, né il sangue; non si nascondeva dietro una bambina morta o nel suo alto castello d'avorio e ossa.

"No."

Perché non ci sarò più, era stata la frase che aveva percepito rimanere lì, sospesa nel silenzio.
Alex lo raggiunge alle porte della fabbrica, sollevando il viso verso i comignoli fumanti.
Heisenberg getta il sigaro nella neve, schiacciandolo con lo stivale.
Le tende una mano, aprendo con uno scatto secco del polso le porte alle sue spalle.
"Cominciamo?"
Alex posa lo sguardo sulla sua mano e stringe.


2009

La morte ti dona, aveva detto una volta Miranda alla Dimitrescu.
La morte ti ha resto più bella, aveva aggiunto, ammirandola come un insetto inchiodato alla carta colorata di un quadretto.
Alex lavora sull'ultimo soldat jet con una precisione maniacale - occhi lucidi, pelle così tesa sugli zigomi che ha quasi paura potrebbe squarciarsi da un momento all'altro.
"Stai uno schifo." le dice, incapace di usare altre parole.
Alex lo ignora, controllando i collegamenti tra l'encefalo e i nervi del braccio.
"Se svieni non correrò a raccoglierti dal pavimento." aggiunge, rigirandosi il sigaro tra le dita.
Il soldat apre una palpebra di scatto - un riflesso involontario - Alex gliela richiude senza neppure sollevare lo sguardo dal cranio scoperchiato.
"Non dovresti essere qui."
Sospira, fermandosi e artigliando i bordi del tavolo operatorio.
"Sei così magra che posso vederti attraverso."
Tac, tac. Tac, tac. Un'unghia che batte ritmicamente sulla superficie metallica, nessun'altra reazione.
"Tra te e le moroaice non vedo poi molte differenze."
Alex schiocca la lingua contro il palato, chinando il capo.
Heisenberg si avvicina, inspira - attorno a lei un odore denso, appiccicoso.

Di sangue e cenere.

"Vai a casa, Alex." mormora, ed è la cosa più vicina alla gentilezza che riesca a dirle.
Alex solleva il capo, rivolgendogli uno sguardo che conosce - che ha visto tutti i giorni nello specchio per anni.
"Non ho una casa." ribatte, quieta.
"Quell'isola da cui..."
Alex scaraventa un martello contro la parete, cogliendolo di sorpresa.
"Non è una casa, Karl: non è niente." sibila, ed è nuda la sua mano - all'anulare sinistro una fascia di pelle più chiara, leggermente schiacciata.
"Nemmeno questa." replica lui, guardandola.
Alex scivola con gli occhi lungo le travi in acciaio, i mobili un po' storti, la confusione ordinata in cui solo lui era capace di trovare qualcosa.
"Il reattore."
Heisenberg la fissa, tace.
"Non è sufficientemente ventilato. In un corpo umano se l’ipotalamo smette di funzionare allora anche la temperatura corporea si altera: in questo caso è il Cadou a surriscaldarli e a farli esplodere."
Alex lo invita ad affiancarla, indicando uno spazio tra i due emisferi cerebrali.
"Se ti senti male..."
"Lo so, lo so: mi lascerai sbavare sul pavimento."
Heisenberg si rimette in tasca il sigaro, accennando con il mento al divano logoro sulla sinistra.
Alex segue il suo gesto, le labbra tirarsi in un sorriso tiepido, riservato.
La morte non ti dona, Alex, vorrebbe dirle, ma la fabbrica attorno a loro ruggisce e il tempo corre e tutto combatte sempre contro gente come loro e...

Non c'è pietà per i mostri in questo mondo, Karl.

Il viso di Albert Wesker ne è uno spietato monito.


2002

"Come hai saputo di questo posto?"
Alex passa al foglio successivo, studiando i suoi progetti con uno sguardo incuriosito, sorpreso.
"Il villaggio, intendo."
"Ho le mie fonti."
"In una collaborazione non bisognerebbe essere sinceri l'uno con l'altro?"
Alex arcua appena un angolo della labbra, gettandogli un'occhiata veloce.
"Ma io lo sono, Karl: candida e onesta come una di quelle vergini che piacciono tanto ad Alcina."
Heisenberg libera una risata stentorea, chiassosa.
"Certo: e io sono il santo che tutti venerano in questo buco di merda."
Alex richiude il fascicolo, fissandolo da sopra la spalla.
"No, ma sei un ingegnere di un certo talento."
Karl si zittisce, riservandole uno sguardo sospettoso, guardingo.
"Ti ho fatto un complimento; dovresti dire oh, grazie mille Alex: come sei gentile."
"Mi prendi per il culo."
"Affatto."
"La cosa più carina che mi hai mai detto è stato ti sei pettinato oggi, Karl?"
"Ma era vero: mi sembravano più in ordine. I tuoi capelli, intendo."
Heisenberg inclina il mento verso il petto, a metà tra il divertito e il dubbioso.
Alex si volta, quel giorno stretta in un tailleur blu scuro - la giacca abbandonata sulla sedia vicina, sotto uno gilet dai bottoni dorati.
Ed è un contrasto che lo colpisce ogni volta; la signorina bionda vestita moderna, come la chiama Angie, e lui, cuoio e metallo.
"Allora grazie, Alex."
Alex si flette in un mezzo inchino, abbozzando un sorriso beffardo.
"Prego, Karl."
"La mia domanda non cambia, tuttavia."
"Neppure la mia risposta."
"Allora proviamo con questa." inizia lui, alzandosi "A cosa ti serve il fungo?"
Alex segue i suoi movimenti con lo sguardo, negli occhi ancora quella scintilla divertita, che lo fa sentire in parte lusingato, in parte uno strano animale da esibizione.
"Per raggiungere l'immortalità, ovviamente."
"Ah, giusto." ribatte lui, intrecciando le mani dietro la schiena "Conquista l'immortalità, uccidi i tuoi nemici, domina il mondo: una cosa del genere, suppongo."
"Quelli non sono i miei sogni." replica Alex, e dietro gli sembra di scorgere un'altra frase lasciata in sospeso.
Heisenberg comincia a camminarle intorno, studiandola.
"L'hai definito un parassita schifoso; hai detto che è disgustoso quello che fa alle persone."
Alex raddrizza la schiena, per nulla intimorita dalla sua presenza.
Heisenberg si ferma, inclinandosi verso di lei - così vicino da poter vedere il pulsare dell'arteria nel collo, un segno sbiadito di denti sulla spalla, vicino la nuca.
"Perché lo vuoi, Alex?"
"Per essere libera."
Karl tace, Alex inclina il viso verso di lui, fissandolo.
"Da cosa?" insiste lui, il metallo della stanza vibrare, sollevandosi.
Alex indurisce lo sguardo e qualcosa cambia in lei - si trasfigura e assume le sembianze della bestia che aveva incassato e restituito colpi il loro primo, vero, incontro.
"Potrei farti la stessa domanda."
"Sai già la risposta."

Da quella puttana di Miranda e dalla sua ossessione che chiama destino.

"Non mi piace essere tenuto all'oscuro delle cose, Alex." mormora lui, chinandosi fin quasi sfiorarle i capelli.
"È negli angoli ciechi che si nascondono i pericoli peggiori." prosegue, gli oggetti metallici presenti nella stanza arrotolarsi attorno a loro, sfiorandole le caviglie, i fianchi.
Alex ne blocca uno, stritolandolo tra le dita.
"Non sono io il nemico, Karl: non oggi."
"E domani?"
Alex si volta, le labbra stese in un sorriso predatorio, che sembra divorarle l'intero viso.
Heisenberg non batte ciglio, ricordando come si fosse strappata dall'addome un tubo in acciaio largo trenta centimetri.
"Sei un mostro, Alex: proprio come me."
"Lo so."
"Lì dentro," le dice, battendole il dito poco sotto la gola "c'è qualcosa di profondamente sbagliato; che ti fa decapitare un lycan con una mano sola e sopravvivere a un'esplosione altrimenti letale."
"C'è chi l'ha chiamata la prossima evoluzione nel genere umano."
Karl tace, attorno a loro l'elettricità grattare la pelle, le ossa.
"E tu ci credi?"

Silenzio.

La verità è ancora troppo pesante per entrambi.


2010

"Sei tu la signorina moderna?"
Alex posa lo sguardo su una bambola dal viso rotto, il collo piegato in una posizione innaturale.
"Sei tu o no?" insiste la piccola bambola, correndo verso di lei in un insieme di clic clac legnosi.
"E tu da dove cazzo spunti fuori?" bercia Karl, superando Alex e frapponendosi tra lei ed Angie.
"E levati!" strilla la bambola, ricordandole una bambina dell'isola mentre le tagliava la calotta cranica da viva e il virus esplodeva, facendole scoppiare il cuore.
Heisenberg la sposta con un piede, scuotendo la gamba quando Angie gli si arrampica lungo i pantaloni, simile a un ragno dalle zampe lunghe e disarticolate.
"Sì." sorprende entrambi rispondere Alex.
La bambola si volta, una mano alla cintura di Karl e l'altra ben salda dietro il ginocchio.
"Se intendi la straniera, sì, sono io."
Heisenberg si volta, Alex gli rivolge uno sguardo quieto, distante.
La bambola salta giù dalla gamba di Karl, raccogliendosi la gonna logora alle caviglie.
"Oh. Oh, ma sei bellissima."
Alex la studia in silenzio, notando il velo bianco, la scollatura a cuore dell'abito da sposa ormai grigio.
"Anche la mia mamma è bellissima."
Karl deglutisce, aprendo e chiudendo la bocca senza saper cosa dire.
"Vuoi conoscerla?"
"So già chi è." la prende in contropiede Alex, fissandola "Donna Beneviento."
La bambola sbatte le palpebre una, due volte - clac clac; clac clac.
"Sei una spiona."
"A volte."
"Madre Miranda non tollera estranei."
"Lo so."
La bambola sembra non capirla e le rivolge uno sguardo confuso, preoccupato.
"Sei venuta per farci del male?"
Alex apre la bocca - - scuotendo poi la testa.
"No." mormora, posando lo sguardo sulla piana ricoperta di avanzi metallici e vecchie macchine belliche.
Angie ciondola verso di lei, guardandola da sotto in su.
"Tu stai male." le dice poi, i nematodi del Cadou arrotolarsi attorno la guancia in porcellana, lungo il piccolo collo.
"Molto." aggiunge, saltellando fino a salirle sulle scarpe con le sue.
Alex lascia che la bambola le tocchi una coscia, il polso - si arrampichi sulla spalla, toccandole più volte il viso.
"E sei fredda."
La bambola inclina il capo a destra, interdetta.
"Tu sei morta." esala, nella voce una nota spaventata, acuta.
Heisenberg scivola tra l'una e l'altra con lo sguardo, il pesante martello che vibra tra le sue dita, pronto a scagliarsi contro Angie al primo accenno di aggressività.
Alex tace ed Angie nasconde il volto tra le mani, rattrappendo le dita ad artiglio.
"Oh, e sei così triste; così tanto triste." pigola, singhiozzando.
Alex afferra la bambola da sotto le ascelle, appoggiandola nel terreno asciutto e polveroso.
"Quella cosa dentro di te ti sta mangiando." geme Angie, scuotendosi tutta.
Karl assume una posizione d'attacco, Alex solleva una mano, fermandolo.
La bambola grida, ed è la voce di Donna a infrangere il ronzio della fabbrica, la disperazione di chi conosce la solitudine e il suo corollario.
"Oh, ma lui non c'è qui, non c'è." cigola, strattonando entrambi i lati del velo.
La bambola si curva all'indietro, assumendo una posizione a ponte.
"Quella cosa." ripete, e i nematodi si rattrappiscono in loro stessi "Quella cosa." esala, contorcendosi un paio di volte e raddrizzandosi con uno schiocco secco.
Heisenberg le ha ormai raggiunte, il martello stretto tra le dita, sul viso un cipiglio contrariato, nervoso.
"Andiamo." le dice Karl, afferrandole un polso senza pensarci - tirando, e percependo quanto sia leggera adesso Alex.
Angie sobbalza con le spalle, trafitta da un dolore che il virus amplifica - estende come le propaggini velenose di una malattia chiamata evoluzione.
"Quella cosa!" urla ancora, un puntolino biancastro nel mezzo di una radura bianca e gialla.
Karl continua a camminare mentre sotto la pelle il Cadou brucia.


2003

È furioso; no, è devastato.
Alex lo osserva schiumare davanti alla notizia in mondovisione - l'Umbrella U.S.A. viene considerata colpevole di tutti i capi d'accusa, dai crimini contro l'umanità alla tortura; dalla bancarotta fraudolenta a... - aprire e chiudere le dita attorno i braccioli della poltrona, frenetico.
"Bastardi." sibila Spencer, inspirando con forza.
"Figli di puttana." aggiunge, battendo i denti tra loro.
Alex incrocia le mani dietro la schiena, divarica le gambe, raddrizzando la schiena - lo affianca nella sua posa preferita, da soldatino e tiranno.
"Lasciateli berciare." dice, serena.
"Che si prendano ciò che resta di un'azienda fallita." prosegue, per nulla scalfita dalle foto che scorrono sullo schermo.
Spencer si volta, fissandola con uno sguardo acquoso, febbrile.
Alex solleva il mento, indossa il simbolo rosso e bianco dell'Umbrella come una medaglia - sul bavero sinistro della giacca, poco lontano dal cuore.
"L'immortalità è un premio ben più alto della loro piccola vendetta."

Ma non la tua, vecchio.

Spencer tace, davanti a lei i corpi mutilati di Raccoon City - orfani piangenti, branchi di cerberi sbavanti e vittime di cui ricorda a malapena il nome.
Dentro di lei il virus si solleva e ride.


2009

È una donna ossessionata, Alex.
È una donna che gli ricorda Beneviento, alcune volte Miranda - ma è diversa da loro, una femmina spietata e che taglia e taglia e taglia.
Non arretra, Alex, non si ferma; prosegue fino alle prime luci dell'alba a incidere e aprire e collegare e ricomincia poi tutto daccapo.
Vuoi un esercito?, gli aveva chiesto.
Io posso dartelo, gli aveva promesso.
Vedi, tu usi le persone morte, e per quanto questo ti faccia onore non saranno mai come quelle vive, aveva aggiunto, ridacchiando in quel suo modo strano, fuori tempo.
Heisenberg sospira, massaggiandosi la fronte e chiudendo gli occhi quando la prima folata di vento lo colpisce dritto in faccia.
Alex gli è subito dietro, trascinando un soldat per il gancio come fosse niente - ed è ridicolo come sia piccola al suo confronto, esile.
"Riproviamo."
Karl butta un'occhiata critica al lycan incatenato in mezzo al campo, afferrandola per un gomito.
"No."
Alex ruota appena il viso verso il suo, neutra.
"Dobbiamo verificare..."
"Ho detto di no." ripete lui, snudando i denti.
Il soldat ai suoi piedi si agita, allungando le mani verso la placca metallica che gli copre gli occhi.
Alex posa lo sguardo sul punto in cui le sue dita si chiudono attorno il suo braccio, fissandole.
E c'è una flessione in Alex: uno spostamento che Karl riesce a rilevare grazie all'elettricità che si addensa in lei, vibrando tra le sue costole, lungo la spina dorsale - giù, tra le cosce, fino alla punta dei piedi.
Il soldat mugghia qualcosa e Alex gli conficca le unghie direttamente nella carne scoperta del collo, arpionandolo a sé.
"Morirai."
E a te importa qualcosa?, vorrebbe chiederle.
Gli occhi di Alex sono cerchiati di scuro e adesso, nella la luce spietata del giorno, può vedere il colorito malsano del suo viso, le macchie di sudore sotto la camicia trasparente, lungo la schiena.
"Morirai." ripete, e c'è qualcosa di nuovo in lei - di rotto.
Karl apre la bocca, sta per dire qualcosa quando Alex si piega in avanti, liberando una risata stridula, che induce il lycan ad arretrare e a pisciarsi addosso.
Il soldat strattona, cerca di scappare - Alex affonda ancora di più le dita nel suo collo, tirandone fuori cavi elettrici e arterie mollicce.
"Tutto muore." stride, occhi enormi, allucinati.
Heisenberg inspira, viene colpito fisicamente dal suo dolore, dalla sua disperazione - un grumo di sentimenti che assumono la forma di una tempesta elettrica.
Le dita di Alex vanno sempre più giù - strappano, e intanto arrotolano, sembrano comporre una melodia invisibile con ciò che resta del soldat.
"Voi non mi ascoltate mai." grida, voltandosi e staccando la testa del soldat dal corpo.
Karl allunga il braccio dietro di sé, richiamando il martello - la pupilla di Alex sottile, nerissima.
"Voi." ripete, puntandogli un dito contro "Patetici, piccoli, uomini. Pensate di poter vincere. Di aver ragione. Che il vostro fottuto piano sia perfetto e che tutto andrà come previsto."
"Così mi ricordi quella puttana dal culo grosso di Alcina." ribatte lui, rassicurato dalla presenza del martello tra le dita.
Alex solleva il mento, mostrandogli la piega tenera della gola.
"Tu non sai cosa sono, Karl."
Heisenberg tace, perché no, non lo sa. Perché per tutti quegli anni Alex ha portato addosso l'odore di un'altra storia, un altro uomo - ne era intrisa così a fondo da dargli la nausea, sotto la lingua un sapore aspro, di sangue e follia.
"Potrei liberare questa cosa che è dentro di me come tutti i vostri hocus pocus e distruggere Miranda in poche ore, forse minuti."
Il lycan uggiola, Alex non gli presta alcuna attenzione.
"Ma non puoi." mormora lui, fissandola.
Nessuna risposta.
"Perché ne moriresti; perché quella cosa è instabile e ti sta mangiando pezzo dopo pezzo, gustandoti."
Alex arriccia le labbra sui denti, spostandosi appena sulla sinistra.
"Tuo fratello è stato un idiota; io non lo sarò."
Per un istante - un respiro - Alex sembra spegnersi, l'aria cadere,

il mondo fermarsi.

Snap.

Heisenberg si porta una mano al petto, trafitto da un dolore costante, vorace.

Cosa...?

Solleva lo sguardo, incrociando quello di Alex - rosso e rosso.
"Si chiama Progenitore." sussurra, allargando le braccia attorno a sé.
"Ed è l'origine di tutte le cose." conclude, sorridendo senza allegria.

Anche della tua.

Il Cadou riconosce un nemico che è già dentro di lui.


2003

"I tuoi nuovi giocattoli?"
Alex abbozza un sorriso a metà, ridacchiando quando le sue dita le percorrono il fianco, la curva del seno.
"No: non i miei."
Wesker si solleva sui gomiti, sporgendosi oltre la sua spalla.
"Tre metri di altezza, anemia aplastica incrementata dal Cadou: il soggetto richiede continue assunzioni di sangue o carne." comincia a leggere, liberando un piccolo hum di gola, divertito.
"È più alta persino del Nemesis."
"Lo so."
Wesker posa il mento nell'incavo del suo collo, socchiudendo gli occhi.
"L'hai vista dal vero?"
"Non ancora." risponde Alex, osservando Wesker spostare con l'indice e il mignolo le foto di Donna e Moreau.
"Affascinanti creature."
"Non la penseresti così se avessi annusato anche solo per un secondo questo qui." ribatte lei, indicando Moreau.
Wesker ride, e quel suono le si riverbera lungo la schiena, nel petto.
"Il suo film preferito è Via con il vento e ama il roquefort: praticamente Fabron nei suoi giorni migliori."
Alex scuote la testa, sospirando alla pressione delle sue dita tra i capelli, lungo la nuca.
"Sei crudele."
Wesker schiocca la lingua contro il palato, baciandole un angolo della bocca.
"Sono equo." specifica lui, disegnando piccoli cerchi attorno il suo ombelico, sopra il pube.
Alex intreccia le dita alle sue, reclinandosi all'indietro e accartocciando sotto i piedi i dati di Moreau, quelli di Alcina.
Wesker l'accoglie contro il proprio corpo senza remore, quel momento uno dei pochi in cui entrambi si sentiranno vittoriosi e liberi - forse persino felici.

L'Umbrella è fallita, Spencer con lei: possiamo vivere, Albert.

Le cartelle cadono a terra con un tonfo quieto, attutito dalla moquette bianca - il profilo algido di Alcina, quello velato di Donna.
Wesker raccoglie i file rimasti, si sofferma sulla maschera dorata di Miranda - l'H.C.F. è stata contatta dall'azienda di Bailey, Alex. A quanto pare le idee di Spencer non era tutte sue. - il sorriso beffardo di Heisenberg.
"Lui è quello interessante." mormora, studiandolo con attenzione.
Alex si siede sui talloni, allungandosi oltre la rima dei fogli.
"Karl." gli dice, picchiettando con l'indice sulla sua foto "Il Cadou ha creato un vero e proprio organo elettroforo dove è stato impiantato, ovvero nel petto. Si è connesso al sistema nervoso e lo rende capace di percepire e manipolare i campi elettrici, nonché i metalli conduttori."
Wesker sposta lo sguardo da sinistra e destra, leggendo con attenzione le informazioni raccolte da Alex.
"Le sue facoltà intellettive sono integre e i suoi soldat mostrano segni di una certa eleganza creativa."
"Uhm."
"Detesta Miranda."
Wesker si volta, guardandola.
"E questo immagino lo abbia posto direttamente in cima alla tua classifica."
Alex incrocia le braccia sotto il seno, sorridendo.
"Come mi conosci bene."
Wesker scopre appena i denti, tornando poi a fissare la foto di Heisenberg - gli occhi grigi rivolti davanti a sé, tra le labbra un sigaro appena acceso.
"Cosa sa di te?"
"Lo stretto necessario."
Wesker continua a contemplare con una certa insistenza il dossier su Heisenberg, scorrendo con il pollice lungo il bordo pagina.
"Il Cadou però reagisce al virus."
Wesker alza appena un sopracciglio, aspetta.
"Credo sia dovuto ai siti HERV, ma non ne sono sicura: finora sono entrata in contatto solo con dei campioni prelevati dai soldat morti e con Karl."
"Karl." ripete Wesker, premendo la k contro il palato.
Alex gli mostra un'espressione divertita, furba.
"Ha del talento."
Wesker tace, posando poi il carteggio sul comodino.
"Immagino. Sa almeno cosa sia una doccia?"
Alex rotea gli occhi al soffitto, spingendolo poi tra lenzuola - umida tra le cosce, nel cuore.
Per un istante - un ingannevole momento - il futuro non fa più alcuna paura.


2009

Progenitore, l'aveva chiamato Alex.
È già dentro di noi, aveva aggiunto, lasciandosi cadere sul divano.
Ha contribuito all'evoluzione dell'intera razza umana e ciò che rimane di lui giace in sequenze silenti nel DNA chiamate HERV, gli aveva spiegato, neutra - troppo.
Heisenberg si tocca il pettorale sinistro, percorrendo la cicatrice dell'impianto - una linea lunga e frastagliata di pelle arrossata ai bordi, slabbrata e che lo taglia fino all'ombelico.
"Fa male." lo raggiunge la voce di Alex.
"È una domanda?" replica lui, nella voce una nota arrochita dalla stanchezza.
"No." ribatte lei, slacciandosi la camicia e arrotolandone le maniche sulle braccia.
Karl la osserva dallo specchio mostrargli la pelle pallida dei polsi, quella del petto, priva di ferite, imperfezioni.
"Siamo stati ibridati per essere la nuova razza, io e mio fratello."
Alex mantiene lo sguardo fisso nel suo, attorno le labbra piccole rughe d'espressione che non ricorda d'aver mai visto.
"Il Progenitore non lascia segni, lesioni: penetra in te e attiva queste sequenze, rendendoti degno o indegno."
Heisenberg percepice l'eco delle parole di Miranda, del suo delirio - e la rabbia divampa, bruciandogli la gola, il respiro.
"Una famiglia, diceva Spencer. Siete una famiglia, ripeteva."

I miei bellissimi figli, chiosava invece Miranda.

Alex schiocca la lingua contro il palato, scuotendo la testa.
"Non ho alcuna cicatrice che riveli la mia natura, Karl: che mostri il mio dolore. Siamo stati scelti per essere perfetti, privi di segni o crepe. Siamo l'avanguardia di un nuovo mondo."
Heisenberg si tocca istintivamente il viso, , dove una rete di ferite è ormai diventata una ragnatela pallida e che indossa come una maschera.
"Spencer fu un allievo di Miranda." gli rivela, e Karl può sentire chiaramente il proprio stomaco collassare, i testicoli ritirarsi tra le cosce.
"Gli mostrò il Micorriza, spiegandogli la sua natura, le sue potenzialità." sussurra, alzandosi e avvicinandosi.
"E Spencer tornò a casa con un sogno - noi." prosegue, adesso a pochi centimetri dalla sua schiena.
Karl cerca i suoi occhi nello specchio e li trova trasparenti, così azzurri da ricordagli quelle rare giornate di sole a Coșmarul.
"La mia storia ha le tue stesse radici." conclude, affiancando il proprio braccio al suo - pelle immacolata e sulla quale può vedere le vene pulsare al ritmo del suo cuore.
"Mi ha già colpito e sai che nulla rimane sul mio corpo: né morso, né squarcio."
"Ma fa male." afferma lui, chiudendo le dita attorno il suo polso e misurandone la differenza.
Alex solleva il viso verso il suo, quieta.
"Sempre."

In ogni momento.

"E non smette mai."
"Non può." gli dice Alex, abbozzando un sorriso triste "Siamo tutti esperimenti, Karl: alcuni più riusciti degli altri."
"E tuo fratello..."
"Lui era perfetto." ribadisce lei "Compatibile. Integro. Magnifico."

Ma è morto.

"Eppure non è qui."
"No."
"Quindi sono tutte stronzate."
Alex libera un suono a metà tra la risata e il singhiozzo, toccandolo per la prima volta senza l'intento di difendersi o allontanarlo.
"Ecco un altro tuo talento, Karl: riesci sempre a racchiudere il nocciolo della questione in poche parole."
Heisenberg accenna un sorriso sbilenco, posando la mano sulla sua.
"Alcina direbbe che sono un rozzo maleducato."
"Lo sei." asserisce Alex, guardandolo "Ma lei è come Albert: incapace di arrendersi alla verità."
La fabbrica ascolta le loro parole in silenzio.


2003

Lo schema è tutto lì, davanti a loro; un insieme convulso di rimpianti e agonie, tragedie personali elevate a scala mondiale.

C'era una volta una donna che perse la sua bambina,

Alex intreccia le dita dietro la schiena, fissando il villaggio da sopra il crinale.

e pianse la donna; pianse così a lungo che il Dio Oscuro rispose alle sue preghiere e la rese la sua serva più fedele.

Karl l'affianca, gli occhiali nella tasca della camicia e un sigaro già acceso tra le labbra.

Mia figlia, supplicava la donna; ti prego, mia figlia, chiedeva.

"Qualcosa di tuo interesse?"
Alex solleva il mento ed Heisenberg nota quanto parli il suo corpo - dalla rigida posa militare che assume quando irritata al sorriso affilato che concede ai suoi esperimenti prima di inciderli e catalogarli in una serie di barattoli.

Tua figlia è qui, rispose il Dio Oscuro, indicandosi il ventre.
Vienila a prendere; sacrificane mille per averne solo uno, le disse, magnanimo.

"Il castello Dimitrescu."
"Ah, quello: vanto e meraviglia di Alcina."
Alex compie un passo in avanti, si sporge oltre il bordo della collina - rimane in bilico sul ciglio del baratro.
"Pacchiano." risponde invece lei, asciutta "E la sua retorica del sangue di vergine e bla bla bla; noiosa."
Karl inspira, fissandola di sbieco.
"Lei ama definirsi una femmina alfa."
Alex libera un suono asciutto, secco, simile al legno che si spezza.
"Non ne ha mai vista una." mormora, spazzando la piana con lo sguardo.
"Il villaggio non offre molta competizione per il ruolo."
Alex lo fissa da sopra la spalla, neutra.
"Miranda non vuole che conosciate nulla al di fuori di questo buco, eppure lei è libera di andare dove più le piace."
Karl la guarda in silenzio, la punta del sigaro accendersi di un rosso tenue, morbido.
"Sai come so di voi, Karl?" mormora lei, arrotolando il suo nome sulla lingua - tingendolo di un colore osceno, indecente.
L'erba dondola quieta attorno le loro caviglie, nell'aria un vago sentore di tabacco e metallo.
"Miranda è strisciata fuori dalla sua tana e un'azienda l'ha contatta per ottenere un pezzetto di sua figlia. O di quello che lei crede esserlo."
Se presta molta attenzione può percepire i lycan correre nella boscaglia sotto di loro, grattando con le unghie i sentieri rocciosi.
"Un'azienda che ha chiesto aiuto a una persona che io conosco."
Karl lascia che il sigaro si consumi fin quasi a metà, blandendo il viso di Alex in volute sottili, grigiastre.
"E questa persona gliel'ha dato. E ha visto il Micorriza. O Dio Oscuro, come lo chiamate qui."
Un fruscio, seguito da uno scalpiccio duro, pietra che sfrega altra pietra.
Alex si avvicina, togliendogli il sigaro dalle dita e rigirandoselo tra il medio e l'indice.
"Mammina cara ha compiuto il suo bel numero di viaggi fuori di qui alle vostre spalle. E adesso là, nel mondo, un'azienda sta creando bambini con questa muffa."
Karl preme le labbra in una linea sottile, attorno a loro sollevarsi marmitte, scarti di metallo - persino la ruota di un vecchio camion.
"Per sua figlia."
Alex annuisce, annusando la punta del sigaro.
"Oh, questo lo crede lei: l'azienda ne vuole solo fare delle perfette armi da combattimento."
"Poetico."
"Vero? L'ho pensato subito anche io." ridacchia Alex, percorrendo l'etichetta dorata del sigaro - un Montecristo 1935 Dumas, cubano.
Heisenberg la osserva portaserlo alla bocca, gettando un'occhiata annoiata ai paesani che ritornano al villaggio gravati da numerosi secchi d'acqua.
"Eppure non sei diversa da loro."
Alex inspira, arcuando un angolo delle labbra.
"No; anche io ho sperimentato su innumerevoli persone, fottendomene delle loro storie, di chi lasciavo orfano o vedovo."
Il latrare dei lupi si sovrappone a quello più forte dei lycan - la notte si addensa agli angoli del villaggio, spingendo le persone ancora nei campi a rientrare in fretta e senza guardarsi indietro.
"Stai dicendo di essere come Miranda?" la deride lui, percependo lievi mutamenti nel suo campo elettrico, in lei.
"Sono come Miranda, Karl?" replica lei, toccando l'anello che porta all'anulare sinistro come per accertarsi che sia ancora , con lei.
Heisenberg la contempla in silenzio - mentre butta fuori il fumo nell'aria fredda di Coșmarul, negli occhi un'espressione lontana, assorta.

Sono capace di rovinare una generazione intera per riportare in vita chi amo?

L'ossessione li ha resi tutti affamati di troppo.


2009

"Là fuori è Natale." gli dice all'improvviso, fissando il soffitto della fabbrica.
"Là fuori ha un nome." ribatte lui, studiando l'atlante che gli ha portato - così tanti nomi, possibilità.
"Sushetovanie." mormora Alex, intrecciando le caviglie sul bracciolo del divano.
Heisenberg alza un sopracciglio, cercando il nome nelle pagine finali dell'atlante.
"Non la trovo."
"Non è nelle mappe." gli spiega lei, la voce poco più di un bisbiglio.
"Oh, un luogo segreto: così da te." la blandisce lui, voltandosi.
Alex libera un piccolo hum di gola, osservando la luce della fornace aprirsi in tante schegge colorate sul soffitto.
"È un bel posto?"
"No."
"A cosa assomiglia?"
Alex distende un braccio verso la finestra, indicando il buio oltre il vetro.
"Al villaggio." mormora, quieta "Era un'isola del vecchio blocco sovietico, come la Romania."
Karl appoggia i gomiti sullo schienale, divaricando leggermente le gambe.
"Erano alla fame quando arrivai, portando con me risorse, mezzi, denaro." prosegue, ruotando le dita nell'aria.
"E promesse; tante promesse."
Heisenberg inclina il capo verso la spalla, ascolta.
"Sacra Signora, cominciarono a chiamarmi. Oh, la nostra Santa, dicevano. Oh, ti prego, aiutaci, imploravano."
Karl deglutisce, sovrapponendo il profilo di Miranda a quello di Alex e non riuscendo comunque a farli coincidere.
"Ma io l'ho fatto davvero; aiutarli, intendo. Ho costruito scuole, ospedali. Ho riaperto le miniere, fornendo lavoro ed esportando il metallo in Europa, verso l'azienda di mio fratello per il suo progetto nascosto."
Alex riporta il braccio al petto ed è così pallida - esangue - da ricordargli crudelmente una delle sue cavie per i soldat.
"E poi li ho uccisi."
Heisenberg non è bravo in queste cose; nessuno dei due lo è, in fondo.
Sono solo bambini mostri, creature sgraziate che considerano il cuore un peso - un ostacolo inutile, gravoso.
Alex si volta, fissandolo.
"Non c'è alcuna differenza tra me e Miranda, Karl, se non quella che io sono peggio. Più motivata, più spietata, più feroce."

Più sola.

"Lo so."
Alex abbozza un sorriso a metà, sincero.
"Eppure eccoti qui."
"Eppure eccomi qui." ripete lui, togliendosi gli occhiali e guardandola.
La coscienza è il prezzo per la propria vendetta.


2004

"Hai un odore diverso, bambino."
"Tu no: puzzi sempre di arroganza e vecchio." ribatte lui, toccandosi la tesa del cappello.
Alcina solleva il mento, sprezzante.
"Cos'è? Il Duca ti ha per caso regalato un profumo?" continua, ignorando la sua provocazione.
"No, ma potrei sempre proporne uno per le tue figlie." la deride Karl, scuotendo la mano davanti a sé "Sanno di carne morta e stupidità."
Alcina irrigidisce la linea delle spalle, piegando le labbra in una smorfia stizzita, quasi comica.
"Non ti toccherebbero neanche con un dito."
"Come se mi interessasse scoparmi un cadavere."
Angie muove la testa dall'uno all'altro, sbattendo tra loro le piccole mani.
"Ooooh, Karl e Alcina litigano, Karl e Alcina litigano!" squittisce, estasiata.
Donna apre appena le braccia, lasciando scivolare la bambola a terra, dove si esibisce in un grottesco balletto di gioia.
"Sei solo un miserabile: un uomo che segue prima il cazzo della ragione."
Heisenberg appoggia le braccia sullo schienale della panca, snudando i denti.
"E cosa vuoi fare al riguardo? Tagliarmelo come fai ai disgraziati che capitano attorno il tuo castello? O preferisci giocarci prima un po'?"
Karl si inclina in avanti, ampliando quel suo sorriso storto e beffardo.
"Provarci, stronza: vieni nella mia fabbrica e vediamo cosa riesco a fare con quelle tue disgustose figlie."
Alcina si alza di scatto dalla sedia, furiosa.
"Dovevi morire, morire!" sibila, puntandogli contro il bocchino in argento e bachelite.
Karl apre e chiude la mano, unendo il pollice alle altre dita nell'imitazione di una bocca parlante.
"Bla bla bla: la troia dal culo grosso ha detto la sua. E indovina un po'? Non gliene frega un cazzo a nessuno."
Angie libera un fischio acuto, saltellando sulla punta dei piedi.
La Dimitrescu inspira tra i denti serrati, percependo di nuovo quel sapore - una nota metallica di sangue, una più aromatica, femminile.
"Se nascondi qualcosa a Madre Miranda..."
Heisenberg richiama a sé il martello, la cattedrale vibrare attorno a loro - spingere Moreau a nascondersi in un angolo vicino all'altare, Donna a guardarsi intorno.
"Sono un figlio fedele, Alcina."
"Certo." mastica lei, sputando le parole "E non nascondi affatto un piccolo premio personale in quella schifosa fabbrica."
Heisenberg rimane immobile, sul volto un sorriso cicatrizzato, selvatico.
Angie si volta, sta per dire qualcosa quando è Donna a parlare - nella sua voce una flessione morbida, timida.
"Angie, vieni qui."
"Ma..."
Donna solleva una parte del velo, svelando solo la metà del viso integro.
"Vieni, Angie: questa battaglia non ci riguarda."
La bambola sembra confusa dalla richiesta di Donna - clac clac, clac clac: sbatte le palpebre una paio di volte, interdetta.
Heisenberg la fissa con la coda dell'occhio ed è Donna a restituirgli uno sguardo quieto, lucido.

"La signorina bionda vestita moderna è la tua fidanzata? Dai, dimmelo dimmelo dimmelo."

Moreau tossisce, espettorando un grumo di acido e saliva - spezzando la tensione con il suo raglio umido e denso.
Alcina si ritrae nella sua sedia, umettandosi le labbra rosse, piene.
"Topolino, topolino, dove vai? Chissà se al Signore del metallo mancherai quando morirai." intona, fissandolo.
Karl rafforza la presa attorno l'impugnatura del martello, chiude la propria mente dietro un'espressione rilassata, sardonica.
Donna stringe a sé Angie e tace.


2010

Sono entrambi intrappolati: adesso l'ha capito.
Si era presentata a lui nove anni prima come una donna libera, capace di stringere il mondo tra le dita.
Puoi chiamarmi Alex, gli aveva detto, sfogliando per lui una storia piena di pagine e parole - un universo a cui era stato strappato per essere isolato a Coșmarul.
E adesso comprendeva cosa ci avevano visto gli abitanti dell'isola in lei - perché.
Alex non salva, non redime; non ne è capace nemmeno con se stessa.
Poteva andare ovunque, ma nella realtà dei fatti era bloccata in un circolo vizioso - Uroboro, l'aveva chiamato, grattandosi lo spazio vuoto tra l'anulare e il medio.
Osserva la catena di montaggio trasportare i corpi avanti e indietro per la fabbrica, il tamburo motore ruggire tra i vapori della stanza, rendendo l'aria umida e appiccicosa.
"Non sono abbastanza." mormora, ormai con lui da giorni.
Heisenberg ha nuove rughe attorno gli occhi, ai lati della bocca; i capelli si sono fatti ancora più aggrovigliati ed è sicuro di potervi scorgere altro grigio tra i fili scuri.
"Lo so."
"Il Micorriza la sta nutrendo ed è più forte, quella puttana." mastica lei, sbilanciandosi in avanti.
Karl si stropiccia il viso, sospirando.
"Potrei infettarli con..."
"No." ribatte lui, durissima "Ci ho già provato."
Heisenberg schiude le dita, guardandola in tralice.
"Il fungo. Il Progenitore è in grado di infettarlo, ma questo lo rende diverso - più resistente."
"Ma potresti manipolarlo."
Alex preme le labbra tra loro, pallida.
"Non in queste condizioni."
Le ruote cilindriche continuano nel loro movimento, instacabili; dal fondo della fabbrica provenire grida agoniche, liquide.
"Sto morendo."
Karl la guarda e vorrebbe dire che no, non se ne era accorto, ma sarebbe solo una ridicola bugia.
Alex preme la lingua nell'interno guancia, scuotendo la testa.
"So che puoi sentirlo con quel tuo olfatto da cane: o da maniaco, devo ancora deciderlo. Cristo, ogni mattina mi alzo e il tanfo di morte mi schiaccia ancora prima d'essere abbastanza lucida da svegliarmi."
Un uomo strilla, spegnendosi poi un rantolo soffocato, molliccio.
Alex dondola avanti e indietro un paio di volte, sembra quasi sul punto di vomitare.
"Sto per fare qualcosa che non ti piacerà per nulla, Karl."
Nessuna risposta.
"Ma se funzionerà potrei rimediare a tutto." aggiunge, fissandolo.
Heisenberg sposta il peso da un piede all'altro, incerto.
"Immagino tu non voglia dirmi di cosa si tratta."
"Non posso."
"E come capirò se ci sei riuscita o meno?"
Alex si umetta le labbra, ancora bella nonostante la malattia che sembra adesso stritolarla come in una morsa.
"Mi farò viva io."
"Con quella faccia?" l'anticipa lui, e Alex si ritrova sorridere suo malgrado.
"No. O forse sì. Dipenderà da quanto sarà incisiva l'impronta genetica del virus."
Karl accarezza distrattamente la testa del martello posato contro la ringhiera, pensieroso.
"A chi ruberai la vita questa volta?"
Alex si solleva, tra i seni una collana d'oro e lapislazzuli.
"Ha importanza?"
Karl la guarda, negli occhi una serie di emozioni confuse - alcune di rabbia, altre di curiosità.
"Miranda crede nella reincarnazione, non tu."
"Ma è il motivo per il quale ho inviato qui i miei uomini anni fa, ricordi?"
L'umidità le ha arricciato i capelli attorno il viso, lungo il collo, colorandole gli zigomi di un rosa sano, che sparirà appena usciranno da quella stanza.
"Potresti mentire; in fondo, Miranda non è un tuo problema."
Alex picchietta con l'unghia nell'incavo del gomito, quieta.
"Ha insegnato a Spencer molte cose; ha coltivato le sue idee, generando noi." sibila, indicandosi e parlando sempre al plurale.

Noi. Io e Albert. Albert Albert Albert.

"L'ha salvato quando poteva distruggerlo, renderlo uno dei suoi esperimenti." continua, chiudendo le dita a pugno.
"È rimasta in contatto con lui per anni, lusingando i suoi deliri, la sua follia - i bambini prescelti, gli alfieri del nuovo mondo." bercia, nell'iride una sfumatura rossastra, ferina.
"Io sono quella che sono per colpa sua." sancisce, i muscoli tendersi, i denti scoprirsi in un ringhio trattenuto.
Heisenberg percepisce la rabbia di Alex avvolgerlo ed ha il suo stesso odore - metallo e sangue; disperazione e stanchezza.

"Io e te siamo simili, Karl; la nostra storia ha le medesime radici, cambiano solo le sue propaggini."

Alex inspira e la sua furia cade - torna a essere rinchiusa in quell'angolo sperduto della mente che anche Karl possiede, lontano da Miranda e dai suoi fratelli e sorelle.

"Tornerò."

"Tornerò."

"E se dovessi fallire? E se il tuo esperimento non riuscisse?"

"E se non dovessi farlo?"

Alex abbozza un sorriso sbilenco, fissandolo.
"Tornerò, Karl: nel frattempo tieni in piedi questa baracca e costruisci - inventa, crea."

"Allora aspettami."(2)

"Combatti." conclude, nella sua voce una nota feroce - assoluta.
Il tempo non sarà mai abbastanza; per nessuno di loro.


2004

Angie striscia tra le carcasse vuote, curiosa.
La donna bionda moderna è qui, lo sa - lo sente.
Inzuppa il vestito in una pozza di olio, scuotendo tutto il corpo schifata, ma il desiderio di vederla - toccarla - è troppo, e decide che anche gli avvertimenti di mama sono esagerati.
"Oh, camicia nuova? Karl, così mi lusinghi." la raggiunge una voce profonda, così diversa da quella di mama.
La risposta di Heisenberg è un cupo brontolio, di petto e gola.
"Sai, una donna potrebbe anche innamorarsi dopo tutte queste attenzioni. Mi comprerai dei cioccolatini la prossima volta?" ridacchia la prima voce, ed è come sentir sgretolare il vetro, le ossa.
"Dio, sei insopportabile."
"Me lo dicono in tanti."
"E hanno ragione."
"Ma sono bella e questo tiene al guinzaglio molti di voi."
"Ah, questo lo pensi tu: sei rachitica come una di quelle modelle da rivista."
"Quali riviste? Perché sai, quelle porno non sono sempre attendibili e l'anatomia femminile è un po' esagerata e quelle vag..."
"Cazzo, vuoi darmi una mano qui o no?"
Angie si appiattisce ancora di più al suolo, sollevando appena il mento.
Rumore di passi - i primi pesanti, indubbiamente di Heisenberg, i secondi più leggeri, eppure ritmici, quasi militari.
"Cosa vuoi farne? Attaccargliela al collo?"
"L'idea era quella."
"Si surriscalderà."
"Non se usiamo un sistema di raffreddamento ausiliario."
"E dove glielo vuoi mettere? Su per il culo?"
"Merda, quanto sei volgare."
"Disse il bue all'asino; dico, ti sei mai ascoltato? Sei tutto un merda di qua, vaffanculo di là - quella troia grassa e quel mostro vomitevole e..."

Clang.

Angie trattiene il fiato, non sente più nulla - si azzarda a scostare i ciuffi d'erba, spostando lo sguardo dal magazzino al corpo centrale della fabbrica.

Ma dove...?

"Oh, Karl: non è così che si tratta una donna." mormora la prima voce, melliflua.
"Tu sei un mostro." ribatte Karl, ed Angie adesso può vederli chiaramente - la donna bionda moderna vicina a Heisenberg, le dita guantate di lui attorno al collo pallido, sottile.
"Come te." replica lei, ed Angie rimane incantata dal suo viso - da come gli zigomi si alzino sulle guance, dandole un aspetto elegante, aristocratico.
Karl rafforza la presa e la donna ride - una vibrazione bassa, che persino Angie riesce a sentir riverberare in lei.
"Te l'ho già detto, Karl: ho avuto a che fare con persone peggiori di te." sussurra lei, portandosi le dita alla gola e tirando - facendo pressione su quelle di Heisenberg.
"Sei stancante." bercia lui, fissandola negli occhi - azzurri, così trasparenti da ricordare ad Angie un cielo invernale.
La donna schiude le labbra ed è come veder sorridere un lupo - tra di loro pulsare una rete elettrica che rende l'aria pungente, tagliente.

Calda.

Heisenberg sembra studiarla ancora per qualche istante, ritraendo poi la mano e infilandola in tasca alla ricerca di un sigaro.
"Soffocamento, uhm? Avrei detto fossi più uno da catene e collare, ma..."
Heisenberg emette un gemito esasperato, lanciando una serie di portiere e ruote per tutta la piana, rischiando persino di schiacciare l'ignara Angie sotto una di esse.
"Permaloso." ridacchia la donna, inclinando il mento verso il petto - addosso una strana casacca in pizzo infilata in un paio di pantaloni che Angie non ricorda d'aver mai visto nel villaggio.
"Rompicoglioni." mastica lui, accendondosi un sigaro e tirandone lunghe e grandi boccate.
Angie si porta le mani alla bocca, ingoiando uno squittio felice: a casa Madalina creperà di invidia.


2010

Gli aveva sorriso quando le aveva detto che no, quella canzone non gli piaceva proprio.
Nemmeno a me, aveva mormorato, sfiorando il coperchio del pianoforte.
Si chiama Moonlight Sonata, aveva proseguito, eseguendola senza nemmeno guardare i tasti.
Ma credo che questa sia più adatta, era stata la sua decisione, la melodia virare bruscamente verso tonalità più cupe, tristi.
Karl l'aveva osservata riempire lo spazio ridotto delle sue stanze con una musica intensa, che vibrava insieme ai suoi pensieri.
Alex preme le ultime note, ascoltando quel suono tendersi e infine spegnersi nel lontano borbottio dei reattori della fabbrica.
"Dove l'hai trovato?" sussurra, quieta.
"Il Duca."
Alex piega le labbra in una smorfia, guardinga.
"Non mi fido di lui."
Karl si stringe nelle spalle, toccando un tasto, poi l'altro - ottenendo solo un insieme sgraziato di note.
"Nemmeno io." le ribatte, incuriosito dalla struttura del pianoforte.
Alex solleva lo sguardo, fissandolo.
"E perché l'hai preso? Tu non sai suonare."
"Ma tu sì, a quanto pare."
Alex aggrotta le sopracciglia, perplessa.
"Le donne come te sanno sempre suonare uno strumento."
"E tu hai dedotto fosse il pianoforte."
"O quello o il violino." borbotta lui, ruvido.
"Avrebbe potuto essere anche l'arpa."
"Naaah: troppo fighetta. Ti ho sentita bestemmiare come un fabbro, Alex: ad Alcina verrebbe un colpo secco al solo ascoltarti."
Alex accarezza la superficie opaca della tavola armonica, assorta.
"Lacrimosa." specifica poi, guardandolo "Il Requiem, di Mozart."
"È quello che hai appena suonato?" le domanda lui, accendendosi un sigaro.
"Sì."
"Era molto triste."
"Mozart morì prima di poterla concludere; era convinto che il committente fosse un emissario dell'aldilà e che l'incarico fosse in realtà quello di scrivere la messa di requiem per se stesso."
Heisenberg inspira, studiandola in silenzio.
Alex si massaggia un polso, posando lo sguardo sulla punta dei suoi anfibi.
"Quanto?" le domanda, piano.
"Poco." ribatte lei, cercando i suoi occhi "I polmoni ormai sono al 40% della loro capacità e i reni stanno smettendo di funzionare; produco sempre più cellule aplastiche che alla fine mutano e credo che anche il fegato stia iniziando a cedere."
Karl scrolla il sigaro verso il basso, lasciando cadere la cenere sul pavimento.
Alex sostiene il suo sguardo, allungando all'improvviso una mano verso la cicatrice che gli taglia le labbra.
"Te l'ho detto, Karl: sono stata creata per essere perfetta. Almeno fuori." mormora, scivolando con il pollice lungo i bordi slabbrati, leggermente in rilievo.
"Muoio, ma nulla in me lo dimostra."
"Una fregatura."
"Già." ridacchia lei, ritraendo la mano "Il tuo Cadou è più onesto, diretto: sopravvivete, ma ne portate anche i segni, il ricordo."
Karl si alza, scrollandosi la cenere dal cappotto e ignorando la sensazione di disagio che lo sta attanagliando, rendendogli le viscere pesanti, liquide.
"Se il tuo piano funzionasse..." inizia, fermandosi a metà della frase.
Alex solleva il viso verso il suo, occhi grandi, trasparenti.
"Ho molte cose da fare se riuscirò nella mia idea." dichiara, alzandosi a sua volta.
"E tra queste c'è anche riportare indietro tuo fratello?"
Alex gli regala un'espressione indecifrabile, neutra.
"Come immaginavo."
"Te l'ho detto, Karl: non sono poi così diversa da Miranda."
Oh, lo sei invece, vorrebbe dirle lui; perché lei era libera - umana. Poteva scegliere se sopravvivere al proprio dolore o procurarne altro e ha deciso, deturpando tutti noi nella sua folle corsa. Rendendoci schiavi e mostri, vittime e carnefici.
Allunga invece una mano verso di lei, Heisenberg, sulla punta delle dita macchie d'inchiostro e olio.
"Ma la ucciderai."
"Se non lo farai prima tu, sì."
"E poi mi insegnerai a suonare."
Sul fondo dell'iride di Alex si accende una scintilla divertita, giovane.
"Grazioso come sei finiresti per rompere tutti i tasti."
"Oh, queste mani sanno fare cose che tu nemmeno immagini."
Alex scuote la testa, liberando un suono a metà tra il grugnito e la risata.
Arrendersi non era mai stata un'opzione: per nessuno di loro.


2005

Il branco l'annusa, accerchiandola.
I più giovani digrignano i denti, scuotendo il capo nell'aria gelida di Coșmarul, lungo il mento saliva e sangue.
Alcuni degli anziani rimangono in silenzio, studiandola con un'intelligenza viva - umana.
Alex si accosta il bavero del cappotto al viso, abbozzando un sorriso.
"I paesani li chiamano lycan." mormora Karl, appoggiando tutto il peso del corpo sull'impugnatura del martello.
"Lýkos e ánthropos." ribatte Alex, scivolando con lo sguardo su ognuno di loro.
Karl le rivolge un'occhiata neutra, quieta.
"Definiscono il mondo attraverso ciò che conoscono."
Alex annuisce, tra i capelli cristalli di neve e ghiaccio.
"Ma in realtà sono gli esperimenti falliti di Miranda."
Uno degli esemplari giovani schiocca la mandibola verso di lei, ringhiando.
"Lo so." gli dice, continuando nella sua silenziosa valutazione.
"Ho estratto il Cadou dagli uomini che mi hai così gentilmente rimandato indietro." prosegue, scoccandogli un'occhiata divertita.
"Ah, giusto." ridacchia, curvandosi verso di lei "Ottimi esemplari, peraltro."
"I migliori." chiosa Alex, per nulla impressionata quando un lycan scatta, fermandosi a pochi passi dal suo profilo.
Heisenberg si solleva, attraendo a sé il martello: Alex lo ferma con un gesto placido, rilassato.
"Oh, ma cosa abbiamo qui." sussurra, sedendosi sui talloni "Un cane che non sa stare al suo posto."
Il lycan - Eugen, se ricorda bene, il figlio del fattore - dilata le pupille, arricciando le labbra sui denti.
Karl mantiene la posizione, gettandole un'occhiata incerta.
Alex inclina il capo verso la spalla, amplia il sorriso - gli mostra i denti e preme un suono basso, feroce, fuori dalla gola.
Eugen inspira, dilatando le narici - lo percepisce, e così anche Karl.

Sangue e metallo; feromoni e malattia.

Il branco sembra agitarsi, dimenandosi nella neve - grattando contro la roccia, cercando una via di fuga.
Uno degli anziani si frappone tra lei e il branco, emettendo un suono simile a un ululato - Uriaș Străjer, il guardiano.
"Sai, il Cadou è solo una muffa infettata da nematodi - un verme parassita." inizia Alex, mantenendo il contatto visivo con Uriaș.
"Se uno di questi cani ti morde attraverso la saliva ti inietta una bella dose di uova di verme." aggiunge, alzandosi "Ti entrano nel circolo sanguigno e da lì possono raggiungere qualsiasi organo vogliano: ecco da cosa nasce la leggenda dei vostri licantropi."
Heisenberg solleva la tesa del cappello, la osserva fissare Uriaș come se fosse niente - nulla più di un insetto molesto e disgustoso.
"Ma io ho qualcosa in più." motteggia poi, battendosi l'indice sul petto.
"Qualcosa che persino queste bestie riconoscono come superiore." bisbiglia, ed è terribile la sua voce - antica, spezzata.
Il branco latra, ringhia - alcuni si pisciano addosso, altri dilaniano la propria carne pur di scappare, andarsene da lì.

Da lei.

Alex si volta, ignorando completamente Uriaș - il suo martello grondante sangue e pelle avvizzita.
"Puoi sentirlo anche tu, vero?"
"Sì." le conferma lui, irritato dal non sapervi dare un nome - una forma.
La pupilla di Alex si fa liquida, invade tutta l'iride per poi ritrarsi e assumere una forma allungata, sottile.

Da rettile e predatore.

"Alla fine sono tutti uguali." bisbiglia, e c'è una nota malinconica nelle sue parole - sconfitta.
"Creati e ibridati per essere bestie da monta; animali da combattimento, giochi perversi con i quali credono di potersi divertire - di essere Dio."
Heisenberg tace, negli occhi di Alex accendersi una luce rossastra, appena più scura attorno la rima esterna.
Uriaș abbassa il martello di colpo, Karl fa per lanciare il suo, ma qualcosa blocca a metà quello di Uriaș - attorno la testa le dita di Alex stringono e brucia quella striscia in oro bianco e ossidiana.
Il branco libera un suono agonico, spaventato; Alex grida, spingendo il martello all'indietro - e con lui Uriaș.
Heisenberg rimane in silenzio, osserva il branco disperdersi - il respiro di Alex addensarsi in piccole nuvolette bianche.

"Fottere e combattere; questo volevano da noi. Fottere e obbedire e morire."

Se il Cadou gli era sembrato osceno, il virus di Alex gli mostra una realtà ben peggiore.


2010

"Come si vive là fuori?"
Alex solleva lo sguardo da un soldat zwei, le dita ancora strette attorno il tubo del respiratore.
Karl gesticola verso la finestra, indicando un generico là.
"Nel mondo?" gli chiede lei, aggrottando le sopracciglia.
"Sì. Via dal villaggio, da tutto." prosegue, ruotando le dita in aria.
Alex sposta leggermente il laringoscopio per visualizzare meglio la glottide, pensierosa.
"Dipende."
"Da cosa?" la incalza lui, osservandola lavorare.
"La disponibilità economica. La nazione in cui si nasce. Chi si incontra. Gli eventi casuali." elenca lei, trovando spazio e inserendo il tubo endotracheale.
Heisenberg sembra riflettere sulle sue parole, confuso.
"Tu come vivi?"
Alex controlla che il tubo sia inserito correttamente, collegandolo alla maschera impiantata sul viso del soldat.
"Quanti leu hai?"
Alex ridacchia, scuotendo la testa.
"Molti." gli dice, agganciando la maschera alle ossa zigomatiche.
"Quindi sei ricca."
"Abbastanza da aver comprato un isola e poter finanziare i miei esperimenti senza problemi."
Karl schiocca la lingua contro il palato, grattandosi una guancia.
"Fighetta."
Alex sorride, cominciando a suturare il petto del soldat.
"Il completo che indosso oggi costa duemila dollari."
Karl fa un rapido conto con la mente, sputando poi una bestemmia.
"Ottomila leu!"
"Più o meno."
"Alcina ti odierebbe."
"Già." chiosa lei, scoccandogli un'occhiata divertita.
Karl accosta a sé una sedia, posando poi i gomiti sullo schienale e divaricando le gambe.
"E io cosa farei là fuori?" mormora, portandosi un sigaro alla bocca.
Alex si ferma, guardandolo.
Heisenberg lascia scivolare il pollice sulla ruota zigrinata dell'accendino, inspirando con forza.
"Non ho niente di quello che dici tu; né denaro, né persone."
Alex posa l'ago nella ciotola in acciaio, studiandolo con attenzione.
Karl solleva il viso verso il suo, serio.

Che posto c'è là fuori per quelli come noi - come me?

Se fosse stata un'altra donna gli avrebbe detto vieni con me.
Se fosse stata l'eroina romantica di un romanzo rosa si sarebbe avvicinata per abbracciarlo e consolarlo, dicendogli andrà tutto bene; qualcosa troveremo, Karl.
Se fosse stata diversa...

Se.

La sofferenza è un cancro che ha svuotato il petto d'entrambi.


2006

Excella è bella.
Ride e si mette in posa per una foto che probabilmente comparirà sulle maggiori copertine nazionali, al collo una Agrafe Résille di Cartier, oro rosa diciotto carati, centodue diamanti taglio brillante da cinque carati.
Wesker l'affianca, umettandosi appena le labbra con un whisky invecchiato - Benromach, 1969.
"Certo sa come gestire la stampa." esordisce, e Alex tace, mantenendo lo sguardo fisso su Excella.
Wesker inclina il mento verso sinistra, dilatando appena le narici - tabacco e metallo.
"Tu non fumi."
"No." ribatte lei, quieta - troppo.
Scivola con gli occhi lungo il suo corpo, tra le pieghe di un Armani bianco in seta - tulle trasparente e revers in raso.
Alex si volta, guardandolo.
"A breve riapriremo il sito abbandonato di Bailey in Africa."
"Magnifico." mormora lei, rigirandosi tra le dita un flute ancora pieno.
Wesker preme la lingua contro il palato, studiandola con attenzione.
"È infantile."
"Cosa?"
"La tua reazione."
Alex scuote la testa, liberando un suono a metà tra la risata e il ringhio.
"Perché trovo che la tua sia un'idea del cazzo?"
"Anche."
"O perché ti stai scopando l'ereditiera dell'impero Gionne?"
Wesker assottiglia gli occhi, irritato.
"Non la metterei in questi termini."
"No. No, giusto." mormora Alex, bevendo lo spumante tutto in un sorso "Come la vogliamo mettere? Mentre ti dileggi con lei? O mentre le insegni a fare pompini? Ah, ecco, vedi? In realtà sei un magnanimo precettore."
Il click delle macchine fotografiche fa da contrappunto alle parole di Alex, ferite - furiose.
"La Tricell ha le risorse che ci servono per..."
Alex frantuma il bicchiere tra le dita, lasciandone grondare sangue e vetro.
"A me non serve proprio un cazzo, Al." mastica lei, trattenendosi dal colpirlo in mezzo alla sala.
Wesker solleva il mento, irrigidendo la linea delle spalle.
"L'Uroboros può curarti, Alex."
"No, non può."
Wesker si china verso di lei, sovrastandola.
"Io non mi sbaglio, Alex."

Tu sì.

Alex chiude gli occhi, stringendo a sé un pugno di cristalli rossastri.
"È un errore, Al." dice - supplica.
Wesker inspira, sta per dire qualcosa quando l'applauso della folla distoglie la sua attenzione da Alex - l'intervista è finita, signori: ora, se volete scusarci, la signorina Gionne ha altri impegni a cui presenziare e...
Quando allunga le mani davanti a sé trova solo uno spazio vuoto.


2010

La crisi lo coglie del tutto impreparato.
Un momento prima stava discutendo con lui le proprietà del Micorriza e di come Miranda ne fosse protetta e nutrita, il momento successivo i denti schioccano tra loro, producendo un suono orrendo.
Si alza di scatto dal divano, osservandola portarsi una mano alla gola e tossire - sangue lungo il mento, a terra.
Alex dilata le pupille, inspira con forza dal naso - un suono umido, gorgogliante.
"Va tutto bene." mormora, ma è densa la sua voce - appiccicosa.
"È il virus: deve essersi destabilizzato." aggiunge, serrando la mandibola.
"Probabilmente un gruppo di alveoli ha deciso di smettere di funzionare." esala, piegando le labbra in una smorfia.

"Sto morendo, Karl."

E lui ricorda il dolore dell'impianto - del dono di Miranda.
Ricorda la sensazione d'essere aperto - rovesciato come un guanto di carne e viscere: l'orrore di poter sentire i nematodi scivolare lungo i suoi organi, attorno al cuore, infilandosi in ogni anfratto, ogni angolo.

Violandolo e togliendogli ogni dignità - ogni speranza.

Alex deglutisce, le spalle che sobbalzano, la manica della camicia inzupparsi di rosso e nero - tra le dita bave umide, collose.
"Non puoi fare niente." lo anticipa, sul viso un'espressione furiosa - schifata.
"Il processo ha radici nella sintesi delle mie stesse proteine: una catena infinita di errori." sussurra, cercando a tentoni il cestino della carta straccia.
"E smettila di guardarmi in quel modo." sibila, voltandosi e sputando quello che gli sembra una bistecca mal digerita.
Heisenberg si alza, sedendosi dalla parte opposta del divano e aspettando.
Conosce la vergogna, il profondo imbarazzo generato da un corpo che ti tradisce, rendendoti schiavo e mostro.
Alex trema, curvandosi in avanti con una tale forza da far cigolare ogni vertebra, adesso visibili persino sotto la camicia sottile.
Si tocca la cicatrice che gli percorre il pettorale sinistro, rattrappendo le dita.

"Sei bellissimo, figlio mio."

Alex emette un sospiro tremulo, debole.
Karl la guarda in silenzio, non la tocca - non fa nulla di quello che una persona normale farebbe, perché sa cosa significhi sentirsi deboli, esposti.

Vittime e prigionieri.

Si dirige verso il rubinetto, dondolando le dita nell'aria e ruotando il pomello dell'acqua fredda.
Alex si scosta i capelli dal viso, umettandosi le labbra.
"Tieni." le dice, porgendole un bicchiere sbeccato.
E c'è del sangue agli angoli della sua bocca; striature che la fanno assomigliare a un lupo appena sfamato.
Alex accetta il bicchiere, i polpastrelli freddi, asciutti.
Karl la guarda fissarne il fondo, sotto la lingua un odore dolciastro e qualcosa che ormai è arrivato ad associare solo a lei - argan, gli aveva detto una volta: è argan.
Si siede, abbastanza vicino da intrecciare il proprio campo elettrico al suo, sufficientemente lontano da non ferirla.
"Stavi dicendo? Che quella muffa di merda la nutre e allo stesso tempo la protegge?"
Alex ne beve un sorso, due; svuota il bicchiere in un colpo solo, respirando.
"Sì." conferma "Una forma di mutualismo tipica dei micorriza anche in natura. Nelle piante, per esempio, se il ph del terreno cambia e si rende necessario cercare nutrimento altrove allora..."
Heisenberg ascolta la sua voce rafforzarsi parola dopo parola.


2006

La testa di un Orlov nero; a circondarla un ferro di cavallo, il nome Heisenberg inciso in lettere eleganti, composte.
Alex solleva il foglio, fissando lo stemma sotto la pallida luce del laboratorio.
Stuart posa accanto a lei un vassoio coperto, schiarendosi appena la voce.
"Sono le tre di notte, Master Alex."
Alex libera un piccolo hum hum, sovrappensiero.
"Le ho portato quella che può definirsi una colazione in anticipo."
Stuart posa lo sguardo sulla scrivania di Alex, trovandovi una serie di documenti in tedesco, altri ancora in rumeno.
"Il signor Heisenberg?"
Alex arcua un angolo della bocca, sollevando alla cieca la cloche.
"Storia interessante?" incalza, sedendosi nella poltrona vicina.
Alex allunga la mano verso il piatto, incontrando la consistenza morbida di una brioche, quella liscia di una pesca.
"La solita: imprenditore e ingegnere ha la pessima idea di trasferirsi nelle terre di Vlad nel 1896: costruisce una fabbrica, fornisce lavoro alla popolazione e bla bla bla." inizia lei, scostando gli occhi dai carteggi quel tanto che basta per non sbriciolarsi addosso la brioche.
Stuart si slaccia il primo bottone della giacca, ascolta.
"Arriva la guerra, poi la spagnola. La moglie muore, così anche il suo primogenito e la giovane nuora."
Alex addenta la brioche, masticandola piano, assorta.
"Rimane un bambino: poco più di un infante."
Ruota verso di lui una foto in bianco e nero che ritrae una coppia, seduti l'uno vicino all'altro - pelle cadente e occhi infossati dietro le palpebre mollicce.
"È una foto post mortem." mormora Stuart, quieto.
"Sì." conferma Alex, raccogliendo con l'indice un rivolo di crema " Era una pratica comune per le famiglie agiate almeno fino alla metà del 1940."
Stuart solleva gli occhi, guardandola.
"I suoi genitori."
Alex preme le labbra in una linea sottile, tace.
"Miranda perse sua figlia nel medesimo periodo." prosegue, nella pupilla una luce durissima, impenetrabile.
"E trovò lui."
Alex irrigidisce la mandibola, neutra.
"Non proprio: trovò prima il Micorriza, poi la fabbrica. E Adalmar, suo nonno."
Stuart congiunge le mani davanti a sé, studiando il profilo di Alex in quel suo modo pacato, tranquillo.
"Fu rubato."
Alex schiocca la lingua contro il palato, tra le dita un tavogliolo stropicciato.
"Fu rubato e infettato." specifica Stuart, fissandola.
"Immagino che le andasse bene anche un maschio." ribatte Alex, asciutta.
Stuart inclina il capo verso la spalla, stando ben attento a cogliere ogni più piccolo mutamento nelle espressioni di Alex - nel suo stato d'animo.
"Adalmar non badò a lui; si suicidò poco dopo la dipartita del figlio."
Alex getta il tovagliolo nel cestino, guardando la tazza di caffè ancora fumante, la buccia rosata della pesca.
"Sarebbe dovuto morire nella fabbrica della sua stessa famiglia."
Stuart sposta il peso da un fianco all'altro, chinandosi leggermente in avanti.
"Ma Miranda l'ha trovato e ha pensato di fargli un favore." mastica Alex, premendolo fuori tra i denti serrati, nudi.
"È ancora vivo." intercala Stuart, paziente.
La risata di Alex è improvvisa, secca.
"Certo." bercia, tornando a fissare i fogli davanti a sé "Come me, d'altronde."
Stuart solleva il mento, togliendosi gli occhiali e pulendoli con un fazzolettino bianco.
"Crede che lei e il signor Heisenberg abbiate più in comune di lei e del dottor Wesker?"
Alex solleva il viso, regalandogli un'espressione confusa, interdetta.
"È questo che sta dicendo, no? Che entrambi siete in una posizione che non avete mai voluto, al contrario del dottor Wesker."
Nessuna risposta.
Stuart rinforca gli occhiali, sbattendo le palpebre.
"Mi sbaglio?"
Alex guarda prima il foglio alla sua sinistra, poi la foto; sorride, e non c'è alcuna allegria in quel gesto, sollievo.

Karl Siard Heisenberg, 10 agosto 1919 - 3 novembre 1919.

Alcune cose assumono valore solo una volta rotte.


2011

La fabbrica di Heisenberg è gravida di rabbia e frustrazione.
Si erge sopra il villaggio e osserva - al suo interno soldati e armi, speranze e disperazione.
"Mi ricorda la Torre." mormora, fissando la luce dell'ascensore illuminare prima il numero due, poi il tre.
"Piena di fumo e rifiuti tossici?"
Alex mantiene lo sguardo fisso davanti a sé, immobile.
"Anche."
E parla sempre meno, Alex, ma quando lo fa sono pesanti le sue parole - piene di significato.
Si è mostrata volubile almeno quanto lui - prona all'ira, alle sue diramazioni.
Sta perdendo pezzi, Alex; se fosse una delle sue macchine potrebbe ripararla - riassestare il generatore, aumentare il liquido di raffreddamento, persino ricalibrare la centralina elettrica.

Ma Alex non è una macchina e pulsa - la sua energia irrequieta, brutale.

"Posso sentire il tuo cervello pensare." lo interrompe lei, guardandolo in tralice.
"Ogni tanto lo fa; pensare, intendo."
Alex abbozza un sorriso, spostandosi i capelli da una spalla all'altra.

Cling.

L'ascensore si ferma, spalancandosi sul piano più profondo della struttura - uno spazio scuro e umido, interrato di almeno venticinque metri.
Heisenberg scivola con lo sguardo lungo il profilo di Alex, schioccando la lingua contro il palato.
"Sai, non ho mai capito perché ti ostini a indossare abiti del genere in un posto come questo. Si sporcano ogni volta."
Lo dice in un tono leggero, quasi due vecchi amici che chiacchierano davanti a un caffè o a uno di quegli eclair ripieni, come li aveva chiamati Alex.
Heisenberg avanza, Alex con lui - e lo stupisce ancora quanto sia indifferente al fetore dei cadaveri, a quello metallico e aspro della ruggine.
Un paio di hauler si inclinano verso di lei, brandendo le loro asce rudimentali - annusano, ritraendosi poi non appena avvertono lui.

Metallo e tabacco: signore e padrone di quel luogo, di quelle anime.

"Abitudine, credo." gli risponde lei, svoltando a destra "L'immagine nel mio lavoro è tutto."
"Fuori puliti e dentro pieni di merda?"
"Una cosa del genere." conferma Alex, aliena in un blazer rosso scuro, quasi sangue coagulato.
Raggiungono la fine del corridoio, dove si apre l'arena in cui lycan e soldat si scontrano quotidianamente - nell'aria un vago odore di adrenalina e sudore.
Alex chiude le dita attorno la balaustra, Karl schiaccia sotto la suola dello stivale il sigaro, spegnendolo.
"Non posso fornirti agenti virali per potenziare le tue creature." inizia, posando i gomiti lungo la ringhiera "Se lo facessi infetterebbero il Micorriza e lo renderebbero fuori controllo."
Heisenberg la studia in silenzio, quieto - sereno mentre sotto di loro un soldat panzer affonda il trapano a triplice punta nell'addome del lycan.
"Inoltre funzionano solo sui vivi." aggiunge, osservando lo scontro "E tu lavori con i morti."
"È la mia regola."
Alex reclina la guancia nel palmo della mano, fissandolo.
"Onorevole." dice, e non c'è malizia nella sua voce, derisione.
Karl si toglie gli occhiali, concedendole uno sguardo nudo, incapace di filtrare gran parte delle sue emozioni.
"Non c'è nulla di onorevole in tutto questo, Alex."
Alex lo soppesa in silenzio, tamburellando con l'indice e il medio sulla ringhiera.
"Non saresti compatibile."
Crack, plotch: il braccio del lycan si disperde nella rena in tanti brandelli di carne e osso - attorno a loro il mugghiare del branco, il lezzo acre della paura.
"Se liberassi un agente virale qui, in questo villaggio, nessuno di voi lo sarebbe." specifica, sollevandosi "Non che poi mi importi degli altri, ma tu," prosegue, indicandolo "non lo sei di sicuro."
Karl si porta la mano al petto, regalandole il suo miglior sorriso sarcastico.
"Così mi imbarazzi, Alex; non sapevo di piacerti tanto."
Alex alza appena un sopracciglio, arricciando le labbra in una smorfia.
"L'ho già visto, Karl: quando il Progenitore infetta il Micorriza non ne esce niente di buono."
Heisenberg le lancia un'occhiata seria, in netto contrasto con il suo sorriso.
Il lycan grida, il soldat gli conficca il trapano nel cranio, spruzzando sangue e cervella ovunque.
"Ma posso lasciarti delle informazioni, ricerche: tutto quello che ho del Micorriza e di Miranda. Le sue debolezze, i suoi punti deboli. Come esce dal villaggio e perché. L'azienda con la quale ha lavorato, i prototipi di B.O.W. a cui sono arrivati."
Il soldat si ferma, aspetta - calpesta ciò che resta del lycan, scrollandosi un pezzo di intestino dallo stivale.
"E il denaro." conclude, guardandolo.
"Sembra un testamento." mormora lui, nessuna traccia d'ironia nella voce.
Alex inclina il mento verso sinistra, negli occhi la stessa scintilla spenta di chi ha ruotato la clessidra per l'ultima volta.
I lycan ruggiscono, ululano al loro compagno caduto - riempiono il silenzio, lo spazio che li divide.

"Miranda morirà."
"E poi?"
"E poi sarò libero, Alex. Come te."

Attorno a lei l'odore della malattia si è fatto quasi dolce.


2007

C'è qualcosa che non va in quello stupido uomo.
Alcina non saprebbe dire cosa, ma continua a punzecchiarlo ripetutamente, sperando di ottenere una reazione.
Angie apre e chiude la bocca in continuazione, ma Donna sembra trattenerla per la prima volta in anni, stringendola in grembo quasi avesse paura potesse scapparle da un momento all'altro.
Heisenberg inspira una boccata di fumo, lasciando cadere la cenere a terra e fissando lo spazio tra le travi del tetto.
"Madre è in ritardo." borbotta Moreau, agitato.
Alcina rotea gli occhi, arricciando le labbra in una smorfia disgustata.
"Taci, mostriciattolo." sibila, alzando il mento.
"Già, taci." la imita Karl, fissandola "Sia mai che la signora qui presente non ti soffochi con quel culo gigante."
"Almeno io non puzzo di sudore e olio per motori." ribatte lei, stringendosi il naso tra il pollice e l'indice.
Heisenberg si abbassa gli occhiali sulla punta del naso, beffardo.
"Questo perché hai la testa così in alto che non senti l'odore dei tuoi piedi: fanno a gara con quelli di Moreau."
Angie sgrana gli occhi, battendo tra loro le mani.
"Ooooh, questa mi piace. Sì, sì, mi piace. Ancora, ancora!"
Alcina snuda i denti, chinandosi in avanti.
"Sei un essere disgustoso, Karl Heisenberg: dovrebbero tagliarti il cazzo e ficcartelo dove dico io."
"Ti piacerebbe, eh? Magari potrebbe essere il tuo nuovo giocattolo personale."
Angie ridacchia, saltellando contro il petto di Donna: Moreau sposta lo sguardo dall'uno all'altro, nervoso.
"Schifoso."
"Lo prendo come un complimento." replica lui, reclinandosi all'indietro e allargando le braccia attorno lo schienale della panca.
Alcina socchiude gli occhi, inspirando con forza - ed eccolo quell'odore, quel sottile filo rossastro che gli aleggia intorno, persistente.
Angie scende dalla cosce di Donna, sgambettando verso Karl e sedendosi al suo fianco.
Heisenberg le rivolge un'occhiata annoiata, in parte irritata.
La bambola si arrampica verso di lui, i nematodi arrotolarsi nello spazio tra l'orbita e la guancia in porcellana, eccitati.
"Come sta?"
Moreau tossisce, fissando inquieto l'entrata della chiesa.
"Chi?" ribatte lui, neutro.
Angie aggrotta le sopracciglia, chiudendo di scatto la piccola bocca.
"Lo sai." squittisce, piccata.
Alcina intreccia le dita tra loro, attenta.
Heisenberg non cambia espressione, scopre appena un canino.
"No, non lo so; e adesso, se non vuoi che ti fracassi quella bella testolina piena di vermi..." inizia, afferrandola per la vita e lanciandola contro l'altare, scatenando la reazione spaventata di Donna "levati dalle palle, psicopatica di merda."
Angie atterra in malo modo contro la pietra, liberando un versetto acuto, quasi il pigolio querulo di un uccellino.
Moreau si copre ulteriormente il viso, ormai vicino a un collasso nervoso - madre, madre, madre è in ritardo.
Donna corre in soccorso della sua bambola, Karl cerca nelle tasche del cappotto un secondo sigaro - il pensiero di Alex alla fabbrica in quel fottuto momento un pungolo fastidioso tra i pensieri, che gli muove una sensazione simile all'ansia.

E se Miranda se ne fosse accorta? E se fosse proprio adesso alla fabbrica? E se avesse trovato i soldat? E se Alex si fosse scontrata e avesse perso e...

Un fruscio, seguito una rada pioggia di piume nerastre.
"Madre." chiosa Moreau, tornando al suo posto vicino all'altare - tremante.
Alcina si volta di scatto, lanciando un'ultima occhiata ad Heisenberg - la lingua che assapora un odore diverso, estraneo.
Angie piagnucola nell'incavo del collo di Donna, Miranda scivola con lo sguardo su tutti loro - la stronza è troppo concentrata su quella marmocchia di merda per accorgersi di altro, aveva ridacchiato una volta Alex - uguale a sempre.

Quando ti vedrò morire penso sputerò sul tuo cadavere, puttana.

Heisenberg si tocca la tesa del cappello e sorride.


2011

Non sa cosa siano stati; se fortuiti alleati o disperate creature in cerca di vendetta.
Segue i passi di Alex scuotendo la testa, ancora incredulo che stia provando a insegnargli il valzer.
"Non è difficile." mormora, contando "Un passo avanti con il sinistro, in diagonale con il destro." continua, muovendosi insieme a lui.
Heisenberg è veloce a imparare - non avrebbe potuto sopravvivere tanto a lungo senza un cervello più agile degli altri - e ben presto la segue senza alcuna difficoltà, ridacchiando.
"È ridicolo."
"Sì, be', lo penso anche io." ribatte lei "Ma ballare è come combattere e credo ti servirà ben più dei tuoi soldat là fuori."
"Scarico elettricità dalle dita e fletto il metallo come fosse argilla: credo di essere abbastanza preparato."
Alex solleva il viso, guardandolo.
"È quello che mi è stato insegnato, Karl: il corpo è un'arma, nulla più. Che sia per distruggere il tuo avversario o costringerlo a un altro tipo di resa, non cambia. È la naturale estensione del tuo essere, un prolungamento della tua volontà."
Heisenberg unisce i piedi, indietro con il destro, in diagonale con il sinistro - giro di trequarti e chassé.
Alex gli rivolge un'occhiata pensierosa, attorno l'iride una serie di capillari rotti tradisce la sua condizione - la pressione intraoculare sta aumentando, Karl.
"Il tuo corpo può sopportare la trasformazione, " inizia, ruotando insieme a lui "ma ti sconsiglio di usarla."
"È la mia ultima opzione." le conferma, ricominciando tutto daccapo.
"Il Cadou potrebbe destabilizzarsi e se i colpi ricevuti diventassero superiori alla sua velocità rigenerativa andresti incontro alla morte cellulare." prosegue, assorta - tiepida sotto le dita, sulla pelle.
"La biosintesi dell'ergosterolo si bloccherebbe del tutto e se l'enzima 14αdemetilasi ne risultasse inibito diventeresti polvere in pochi minuti e..."
Heisenberg si ferma, fissandola mentre recupera l'equilibrio e quasi gli pesta uno stivale.
"E poi non ci sarebbe più niente da fare e di me resterebbe solo un mucchietto di cristalli pieni di muffa e biomassa e bla bla bla. Un bel souvenir da tenere sulla mensola del camino, non trovi?"
Alex preme le labbra in una linea sottile, contriata.
Heisenberg abbozza un sorriso storto, si ritrae dietro un mezzo inchino e il suo profilo migliore - quello del vincitore e dell'uomo che non teme alcun male.
"Non succederà."

"Fallirai."
"No."
"Sì, e io non potrò fare niente per salvarti, Albert."

Alex sta per dire qualcosa - lo sente, lo vede - ma è veloce come il frullio d'ali di un uccellino morente, schiacciato dall'orgoglio, dalla paura.
"Saresti una pessima decorazione da salotto, Karl." mormora poi, scuotendo la testa.
"Potresti sempre mettermi in camera da letto; almeno mi godrei lo spettacolo." ribatte lui, schioccando il pollice con il medio.
Negare è l'unico modo che conoscono per scappare.


2008

Overseer una volta, Overseer per sempre.
Tra le sue dita il mondo è una fitta rete d'informazioni e dati, segreti che si legano a verità mute e futuri che muoiono già nel presente.
Si erge sopra tutti loro come una divinità salvifica e pallida, il capo cinto d'oro, negli occhi un orizzonte trasparente come le loro preghiere.
Excella ride, Albert avanza - l'Uroboros cresce, e le invade il corpo come un feto deforme e grottesco.
Sanguina, Alex, ed è sempre Albert a infliggere il primo colpo - lei l'ultimo, quello letale.

Che consuma e lascia entrambi esausti, sconfitti da loro stessi - avvolti l'uno nella pelle dell'altro come un serpente che divora la sua stessa coda.

Quando l'elicottero atterra a cinque chilometri dal fiume che divide la fabbrica dal resto del mondo lui è già - un sigaro tra le labbra e il martello al fianco.
Alex gli getta un'occhiata interdetta, curiosa.
Il pilota si volta, facendole un cenno con la mano - Alex lo congeda con un gesto brusco del capo, mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
Karl solleva la tesa del cappello, abbozzando un sorriso sbilenco.
"Adesso capisco perché Miranda non ti ha mai trovata."
Il pilota le scocca un'ultima occhiata, inclinando poi la cockpit dei comandi e iniziando ad alzarsi dal terreno.
"Cambi punto di accesso ogni volta." continua, incamminandosi verso di lei.
Alex lo guarda, neutra - addosso ancora l'odore chimico dei laboratori della Tricell.
Heisenberg comincia a girarle intorno, intrecciando le braccia dietro la schiena; si ferma, dilatando appena le narici.
"Sei arrabbiata. No, anzi: sei furiosa."
Alex inclina il mento verso la spalla, fissandolo.
Karl le si avvicina, quel sorriso storto ben stampato in faccia - una maschera collaudata, sicura.
"Credo sia inutile mentire tra di noi, uhm? Siamo partner in fondo, no?"
"Riluttati colleghi." lo corregge lei, seguendo i suoi occhi mentre le scivolano lungo il collo, fermandosi dove sa esserci il segno dei denti di Albert.
"La rabbia mi è utile, Alex." mormora lui, fissandola da sopra la rima degli occhiali "Ma non quando distrae dall'obiettivo."
Alex snuda i denti, indurendo la linea della mandibola - tendendola così tanto che è sicuro di aver sentito un muscolo schioccare.
"Non sono io quella che si mette a lanciare pezzi di ferraglia per tutta la stanza."
"No." concorda lui, avvicinandosi ulteriormente "Ma sei tu quella il cui campo elettrico è più instabile di quella psicopatica di Donna."
"Ironico detto da uno parla con un'elica a motore attaccata a un cadavere."
"Ognuno ha le sue brutte abitudini." ribatte lui, il martello vibrare, percuotendo il terreno in una serie di piccole scosse telluriche.
"Ti sto facendo una gentilezza." sibila lei, stizzita.
"E io la sto facendo a te a mantenerti la testa in linea e non dietro a chissà quale cazzo di progetto che puzza più di una fossa comune a cielo aperto."
Alex si volta completamente, adesso a pochi centimetri dal suo viso.
"La mia testa è dove deve essere, Karl."
"Non è vero." mastica lui, imperturbabile.
Alex non risponde - non subito - e lo studia con un'attenzione malsana, vorace.
"Non esisti solo tu."
"Mai detto il contrario."
"Il mondo là fuori è molto più vasto di quello che credi: le situazioni che sono chiamata a controllare ti farebbero scoppiare il cervello."
Heisenberg schiaccia la lingua contro il palato, lasciando che quell'odore diventi un sapore - cuoio e sabbia: un vago retrogusto di legno e rum. Solventi chimici, decomposizione e qualcosa di pungente, viscerale.

Eccitazione e ferormoni: un maschio e una femmina - simili, quasi sovrapponibili.

"Non ti ho chiesto io di aiutarmi."
"No, ma hai accettato comunque." ribadisce lei, contrariata.
Heisenberg coglie gli ultimi scampoli di quell'odore - denso, pesante.

Che tutto vuole e tutto prende.

Alex raddrizza la schiena, sfidandolo a contraddirla ancora - a minacciare la sua posizione in cima alla catena di comando.
"Un patto è un patto, Alex."
Il sole comincia a calare dietro i Carpazi, attorno a loro il cupo fruscio dei lycan in caccia, unghie che raspano lungo la roccia, nel terriccio.
"Ma non sei l'unica ad avere qualcosa da perdere in questo gioco." conclude, porgendole il braccio nell'imitazione del perfetto accompagnatore.
Tra di loro l'aria si contorce e brucia.


2011

Tutto crolla, tutto muore; l'ha capito nel momento stesso in cui è arrivata alle porte della fabbrica, una ventiquattro ore nera e lucida al fianco.
"È una bella giornata." gli dice, strizzando gli occhi al sole d'agosto, caldo persino in quel buco sperduto di mondo.
"Potremmo stare fuori." gli propone, e lui accetta, perché ha visto, e sebbene non sia estraneo alla morte questa volta è diverso - fa male.
Alex lo guarda spostare con un gesto della mano due sedie, abbozza un sorriso alla vista delle minuscole particelle di metallo che gli volteggiano intorno.
Karl si siede, mettendosi in bocca un sigaro.
È così che te ne vai?, vorrebbe chiederle; nessun lampo di gloria, nessun ultimo grido di battaglia?
Alex picchietta un paio di volte sul bordo della valigetta, pensierosa.
"Sono per te." mormora, appoggiandogliela vicino lo stivale.
Karl estrae l'accendino dalla tasca, fissandola.
"I tuoi soldat sono stati utili: ho creato i revenant. Non hanno un reattore, ma l'Uroboros funge da nucleo energetico."

Il progetto di tuo fratello.

"Le ricerche sul Micorriza e l'azienda di cui ti ho parlato." prosegue, e mentre parla Karl può notare la pelle attorno la bocca tendersi - troppo sottile, fragile.
"Si chiama Connections, comunque. E collaborava con l'H.C.F., una milizia di estrazione materiale biologico di mio fratello."
Heisenberg scivola con il pollice sulla ruota zigrinata dell'accendino, ripetendo il movimento una, due, tre volte - fino a quando non ottiene una fiamma.
"Ci sono anche dei prototipi di fungicida - alcuni bloccano il suo ciclo vitale, altri la sua capacità di nutrirsi."
Alex ruota il bracciale che porta al polso - oro rosso e diamanti - socchiude gli occhi al vento.
"Non l'hanno ancora creata." aggiunge, cercando il suo viso "La B.O.W. in grado di essere compatibile con il Micorriza. E adesso li chiamano Mold, nel caso te lo stessi chiedendo: forme del Micorriza modificata dalla Connections."
Karl inspira, lascia che il fumo gli invada la gola, scivolando lungo il palato.
Alex lo guarda, negli occhi un'espressione quieta, limpida.
"C'è un fascicolo in fondo agli altri."
Heisenberg la studia in silenzio, teso.
"Lo riconoscerai."
Alex chiude le dita attorno il bracciolo e per un attimo avvampa - brucia di quella determinazione capace di distruggere esistenze intere.
"La scelta è tua, Karl." conclude, all'anulare sinistro di nuovo quell'eterna fascia in oro bianco e ossidiana - per Alex un simbolo, per lui solo una catena in più da chiamare con un nome diverso.
Heisenberg le offre uno sguardo attento, riflessivo.

"La nostra storia ha le medesime radici: cambiano solo le sue diramazioni."

Alex si rilassa contro lo schienale, chiudendo gli occhi.
"Non fa poi così schifo questo posto."
"Te ne sei accorta solo adesso?" ribatte lui, ma è priva di forza la sua replica - stritolata da una malinconia ridicola.
Alex solleva una palpebra, scoccandogli un'occhiata beffarda.
"Dovresti vedere le prigioni sulla mia isola: lì che c'è davvero puzza di paura e merda."
"L'ideale per un pacchetto vacanze tutto incluso."
"Ti stupiresti di quanti incauti viaggiatori ho catturato nel corso degli anni."
"Li hai appesi per le palle alle grate della Torre?"
"Quello è un privilegio di Alcina: non oserei mai." chiosa, portandosi una mano al petto.
Heisenberg schiocca la lingua contro il palato, gettando a terra il sigaro ormai consumato.
Per alcuni istanti c'è solo il silenzio e loro - sotto la pelle un formicolio quieto, che si espande da Alex in piccole ondate.
È così che finisce?, vorrebbe dirle - e premono quelle parole, sfregano contro i denti, vogliono uscire, devono, ma...
La mano di Alex gli tocca appena il braccio, tiepida.
Heisenberg si volta, trovandola intenta a guardarlo - e deve essere stata più che bella prima di tutto questo Alex: la signorina bionda vestita moderna, come ripeteva sempre Angie.
"È così che inizia, Karl." sussurra, l'elettricità del suo corpo attraversarlo piano, senza fretta.

"Forse non mi riconoscerai."
"Difficile non notarti con quell'espressione sussiegosa perennemente stampata in faccia."

"La ucciderò."
Alex annuisce, lasciando la propria mano sulla sua - tornando a fissare il cielo blu di Coșmarul.

"Combatti, Karl. Spencer è morto; che Miranda lo segua."

Heisenberg solleva la tesa del cappello, seguendo lo sguardo di Alex - sopra di loro nembi pallidi e attraversati da stormi di corvi.

"Tornerò."
"Oh, ne sono certo: una rompicoglioni come te la risputerebbe pure l'inferno."

A pochi passi dalla fine quei ricordi saranno gli unici a non affogare nel rimpianto.





But you've been crying now for forever,
but forever's come and gone.
You keep begging for forgiveness,
but you don't think you've done wrong.
You've been crying now for forever,
forever's come and gone,
my pleading hands, your shaking head.


2021

Tutto è bianco, freddo.
Cade la neve su ciò che resta della fabbrica ed è una visione sbagliata - estranea.

Tap tap. Tap tap.

"Esplosioni multiple." mormora Wesker, sollevando lo sguardo.
"Sei cariche per ogni piano." prosegue, spostando il peso sulla gamba destra.
"L'intera catena di montaggio è andata distrutta; la squadra Alpha sta recuperando quanto possibile."
"3A7?"
"È in prima linea." le risponde, quieto.
Alex osserva l'ingresso della fabbrica fissarla come un ventre svuotato, a terra pezzi di metallo e grumi di carne - fili di muscoli intrecciati a ingranaggi fusi, sciolti dal calore e dal collasso del Cadou.
"Non lo troveranno qui." gli dice, inclinando il mento verso la valle.
Wesker segue i suoi occhi, scivolando lungo le pareti scavate del castello Dimitrescu, le case combuste del villaggio.
"Io vado." sancisce, calandosi il cappuccio bordato di pelliccia nera sul viso "Di' alla squadra Delta di preparare l'attrezzatura per il trasporto B.O.W."
Wesker rafforza la presa attorno la testa dell'aspide e accetta che questa non è mai stata la sua storia.


2012

Angie gli tocca appena una spalla, fissandolo triste.
"La signorina bionda non viene più?"
Heisenberg indurisce la linea della mandibola, tace - nella mente tutto il peso delle verità abbandonate da Alex, la sua eredità e fardello.

"Questo terminale accende direttamente a una connessione satellitare non ritracciabile; immagino uno dei tanti vantaggi di essere ciò che sono."

La metà destra del viso di Angie si solleva piano, mostrando appena un accenno del parassita.

"Troverai gran parte di quello che ti serve nei fascicoli, ma il server della BSAA è solo online."

La bambola apre la bocca, lasciandola sospesa a metà - incerta.

"Ci sono nomi, date, coperture: il più importante di tutti è Christopher James Redfield, uno dei fondatori."

Moreau si siede sui gradini vicini all'altare, fissandoli.

"Se succederà qualcosa inerente al bioterrorismo loro saranno i primi a essere chiamati: loro e la Blue Umbrella."

Angie scuote il capo, producendo un clac clac spento, malinconico.

"La Connections non si fermerà: per adesso sono alla linea C di produzione, ma presto passeranno alla D. Il progetto gli scapperà di mano: succede sempre quando gli incompetenti giocano a fare dio."

"Al cane è caduta la lingua a forza di lavarsi le palle?" ridacchia Alcina, sollevando il mento verso di lui.

"Quando morirò il mio nome sarà lì dentro, tra quello degli altri bioterroristi: probabilmente accanto a quello di Albert."

Moreau si torce le mani in preda all'ansia, rischiando di vomitarsi sui piedi.

"Potrebbe non chiamarsi Miranda, ma lei è lì, Karl: fuori nel mondo a cercare ancora quella marmocchia."

"E alla stronza la nuova dieta a base di vergini fa male? Il tuo culo ormai non sta più nemmeno nella sedia." ribatte lui, reclinandosi all'indietro.

"Anche il mio nome cambierà; il mio volto."

Alcina arriccia le labbra in una smorfia, liquidandolo con un gesto stizzito della mano.

"Ma tornerò."

Angie sposta il peso da un piede all'altro, sedendosi poi accanto a Karl - Donna un profilo silenzioso dall'altra parte della navata.

Alexandra Wesker.
Status: deceduta.

Heisenberg abbozza un sorriso derisorio, reggendo il martello su una spalla - rassicurato dal suo peso, dalla sua forza.

Rapporto sottoscritto da Claire Redfield e Barry Burton, rispettivamente agente di TerraSave e collaboratore del BSAA, sezione U.S.A.

Moreau libera un versetto acuto quando compare Madre Miranda, prostrandosi verso la sua figura - piume di corvo e oro.

Conclusioni finali verificate e approvate dall'agente Christopher James Redfield.

"Figli miei."

Caso chiuso.

Karl la guarda e brucia.


2021

Lui è ancora , immutato come tutte le cose di prima.
Ruota il viso verso di lei e sorride - le guance piene, gli occhi piccoli e furbi.
"Signorina bella." l'accoglie, dondolando sulla pancia "È un brutto momento per fare visita a Coșmarul."
E risponde al suo sorriso, Alex, scivolando con le dita sui portagioie in legno e vernice, le statue a forma di capretto e altri ninnoli di poco valore.
"Pessimo." ribatte, sollevando tra il pollice e l'indice un cristallo verde e giallo "Sembra sia esplosa una miniera."
"Ah, vedo che ha letto i giornali."
Alex si stringe nelle spalle, il virus quieto - ben nascosto tra strati e strati e anni di rabbia e delusione.
"Mi piace tenermi informata."
Il Duca intreccia le dita grassocce tra loro, scrutandola.
"Non ti ho mai vista da queste parti; devi essere nuova."

"Non sei di questo posto, uhm?"

Alex posa una bottiglietta ripiena di uno strano liquido viola, guardandolo.
"Sì e no: avevo un amico da queste parti."
Il Duca socchiude gli occhi, studiandola con attenzione.
"Coșmarul era un villaggio molto riservato." le dice, seguendola con gli occhi mentre si sposta verso destra, toccando i pezzi di carne appese ai ganci.
"Lo so." mormora lei, fermandosi "Ma anche io e il mio amico lo eravamo." prosegue, infilandosi le mani in tasca.
"Riservati, intendo." specifica, schioccando la lingua contro il palato.
Il Duca si gratta un polso, allargando poi le braccia attorno a sé.
"Be', signorina bella, il bazar del Duca è aperto per te: chiedi e ti darò tutto quello che posso."
Alex si toglie il cappuccio, slacciandosi il primo bottone del cappotto.
"Tutto?" ripete, tirando verso il basso il polsino della camicia.
Il Duca si umetta le labbra, inspira - la cerca, ma non può trovarla perché lei adesso è diversa, nuova: senza più il fetore della malattia stretto addosso come una seconda pelle.
Alex si scrocchia il collo - prima a destra, poi a sinistra.
"Il cerebrum." dice - ordina.
Il Duca aggrotta le sopracciglia, confuso.
"Non capisco di cosa tu stia parlando, signorina bella."
Alex snuda i denti, fissandolo.
"No?" gli offre, divertita.
"No." ribatte lui, adesso più incerto - guardingo.
Alex libera un piccolo hum di gola, compiendo un passo verso la cassa su cui sono appoggiati tre candelabri, un paio di libri e un cristallo dal profilo femminile, morbido.

Paralizzato in un'espressione di eterno dolore.

Il Duca segue ogni suo movimento e Alex sa che sotto quella montagna di lardo e codardia si nasconde un verme veloce - letteralmente.
"Come vuoi." sussurra, e nell'istante in cui il Duca scatta lo fa anche lei - spezza in due le barriere della carrozza, strappandogli un occhio e metà della faccia.
Il Duca urla, vibra - e Alex schiude la bocca in un smorfia selvaggia, eccitata.
Dalla boscaglia ciò che resta di Coșmarul solleva il suo immondo capo e ulula.


2013

Io non ho un passato, ma tu sì.

Ecco cosa c'è scritto in un foglio allegato all'ultimo fascicolo.

"La scelta è tua, Karl."

Heisenberg fissa l'emblema di famiglia da un carteggio beige e nero, la grafia di Alex una serie di linee eleganti, affilate.
Dal piano di sotto i soldat continuano la loro inesorabile marcia, nel petto ingranaggi che sono la naturale estensione del suo potere.

Io non ho un passato,

Legge e rilegge quelle righe, nel posacenere un sigaro consumato a metà.

ma tu sì.

Heisenberg afferra il fascicolo e lo ripone nel cassetto più lontano del suo studio.


2021

Può sentirla tra le costole, nel cuore.

La caccia. Il sangue. Il grido di pura gioia di Alex.

Wesker raddrizza le spalle, posando entrambe le mani sul pomello del bastone.
L'auricolare si accende, trasmettendogli le ultime notizie dalla squadra Alpha - ricognizione completata: abbiamo recuperato alcuni soldat e diversi campioni di materiale biologico.
"Passate al castello Dimitrescu." risponde, ricevendo un secco roger; tra dieci minuti saremo sul posto.
Solleva il viso verso il cielo, scuro e pieno di neve.

"Tu non c'eri."
"No."

Si incammina verso la fabbrica, accanto a lui le impronte del suo fallimento - il piede sinistro che si trascina dietro quello destro, cicatrici e ferite che sanguinano ancora.

"Coșmarul."

Si ferma sul ciglio dell'entrata, fissandone le pareti divelte, immaginandola prima - piena di rumore e vapore e calore.

"Cosa? Cosa è succeso a Coșmarul, Albert?"

Plic plic. Plic plic.

Alex era sempre stata la più brava a mantenere le promesse.


2014

Il mondo è andato avanti, ma lui no - come tutto in quel fottuto villaggio.
"Hai una pessima cera, bambino." lo irride Alcina, ma lui è troppo stanco e incazzato per darle retta.
Lancia il martello a pochi centimetri dalla sua testa, schiacciandole il cappello contro la parete della chiesa.
"La prossima volta sarà la tua faccia di merda." sibila, sedendosi e fissandola malevolo.
Ed è furioso, Karl: pieno di una rabbia bollente, che gli ustiona la gola, il petto.
Se aprisse la bocca ne uscirebbe probabilmente un fiotto denso e rovente come quello delle sue fucine - forse persino peggiore.
"Animale." ribatte lei, negli occhi una scintilla dorata, ferina.
"Puttana." rimarca lui, e questa volta nemmeno Angie osa interromperli, ben nascosta al fianco di Donna.
"Sei solo uno spreco di spazio." prosegue lei, lasciando che le unghie crescano, sfiorando il pavimento.
Karl indurisce lo sguardo, per nulla intimorito.
"Fallo, troia: colpiscimi e giuro che ti aprirò in due come un pesce, lanciando le tue schifose interiora ai lycan."
Moreau inspira con forza, trattenendo un conato dettato più dall'agitazione che dalla mutazione; Angie pigola qualcosa, affondando il viso nella stoffa della gonna.
"Rifiuto umano! Non puoi parlarmi così." grida lei, sollevandosi di scatto dalla sedia.
Heisenberg mantiene la posizione, dal soffitto sfondato piovere bulloni e ingranaggi sparsi - colpire la schiena di Moreau, poi un piede ad Angie, infine Alcina, tagliandole una guancia, il labbro.
La Dimitrescu ringhia, snudando i denti e lanciandosi contro di lui.
Karl si alza, evitando il primo colpo, il secondo - richiama a sé uno scudo che è solo la portiera di una vecchia jeep arrugginita.
"Basta!" supplica Moreau "Madre si arrabbierà! Madre non vuole che litighiamo. Madre..."
Alcina non lo ascolta nemmeno, affonda gli artigli nella spalla di Karl, estraendoli in uno schiocco umido, rossastro.
Nella mente di Heisenberg la solitudine è ormai diventata follia.


2021

Coșmarul è ormai un buco nerastro e combusto, ma qualcosa è sopravvissuto, e adesso corre con lei - per lei.
Alex non gli concede respiro, spazio: ride alla sua forma mutata, gentile concessione del Cadou.
"Un verme schifoso!" lo sbeffeggia, schiacciandogli la parte terminale con il tallone.
"Ecco cosa sei: un vigliacco, un traditore." sibila, osservandolo dibattersi nel terriccio umido.
"Una parola di qua, una di là: ora all'orecchio di Alcina, il momento dopo a quello di Miranda." prosegue, scacciando con un gesto secco della mano le propaggini della sua mutazione.
"Li hai spostati come fossero pedine; usati come se tu, tu," ripete, affondando le braccia nella sua schiena e tirando - strappandone brani di carne e organi "avessi diritto di sopravvivergli. Di lasciarlo morire come un cane!"
Il Duca geme, la colpisce ripetutamente con i suoi tentacoli rostrati, ma nulla sembra funzionare - il bel viso distorto in una smorfia crudele, feroce.
Alex ne afferra uno, spezzandolo e lanciandolo poi a un lycan appostato nella boscaglia.
"Di tutte le creature di Miranda tu sei quello che assomiglia di più al suo caro Cadou." mormora, melliflua.
"Un sacco di merda pieno di vermi." aggiunge, chinandosi verso la massa informe in cui si sono infossati i suoi occhi.
"Ma guardati." ridacchia, puntando l'indice e il medio verso le orbite "Ho sempre pensato avessi occhi piccoli e porcini." commenta, premendo i polpastrelli e ruotandoli poi sotto il bulbo oculare.
Il Duca libera un verso acquoso, gorgogliante - sbatte i tentacoli e le loro bocche verso Alex, invano.
Alex dilata le narici, inspirando l'odore della sua paura - il sangue, l'adrenalina.
"Ed Ethan. Quel miserabile. Lo hai aiutato. Lo hai salvato." sussurra, arcuando le dita e pop!, estraendo gli occhi dalla loro sede.
Il Duca apre il buco che ha per bocca - una misera imitazione di quello dei nematodi - e Alex è veloce e ficcarci dentro i suoi stessi occhi, insieme a un ammasso di pietre e terra e le sue stesse viscere, estratte prima.
"Non te l'ho chiesto!" bercia lei, sfogando mesi e mesi e anni di frustrazione e di sensi di colpa.

Per Albert. Per Karl. Per se stessa.

"Non mi devi rispondere." insiste, sollevandosi "So che l'hai fatto."
Il Duca sposta appena il capo verso la sua voce, annaspando.
"Io sono l'Overseer." dice, chinandosi verso l'orecchio rimasto "È il mio compito sapere tutto."
Il Duca biascica qualcosa e Alex arcua un angolo delle labbra, sardonica.
"Oh, adesso allora hai capito chi sono." bisbiglia, melliflua.
Alex congiunge le mani davanti a sé, fili rossastri e traslucidi tra le dita, sotto le unghie.
"La signorina bionda moderna." chiosa, imitando Angie.
"Il nuovo giocattolo." continua, adesso più simile ad Alcina.
Alex gli preme le ginocchia nell'addome, lasciando che i lycan si avvicinino, annusando il sangue, la carne.
"Alex." conclude, nella voce una sfumatura roca, quasi maschile - Karl.
Il Duca grida quando un lycan affonda i denti nella polpa tenera del collo, la siringa contenente la necrotossina che protrude poco più sotto, grottesca e ridicola al tempo stesso.
Alex si rialza, allargando le braccia attorno a sé - e riconoscono l'alfa i lycan, accerchiando gli avanzi di quella creatura così disgustosa, ma oh, anche così piena.
"Squadra Alpha: rapporto."
Rumore statico; qualche interferenza.
"Siamo al castello Dimitrescu; ordini?"
"La squadra Delta ha completato la procedura di attivazione contenimento rischio biologico?"
"Sì."
"Bene; voglio una barella ad alto biocontenimento alla mia posizione."
"Roger. Cinque minuti e siamo da lei."
Alex preme l'auricolare, degnando appena di un'occhiata il corpo martoriato del Duca.

Sono tornata, Karl.

Quando le voci della squadra la raggiungono è già quasi al bazar ormai distrutto.


2015

C'è una foto di lei nei server della BSAA.
La connessione satellitare gli dà accesso a una quantità di informazioni stordenti, che non riesce filtrare - che lo fanno sentire piccolo, stupido.
È poco più di una bambina, Alex; scarpette lucide, un orsacchiotto spelacchiato tra le braccia - un vestitino a balze bianco e azzurro.
Assomiglia già alla donna che diventerà e nei suoi occhi c'è una rabbia assoluta, capace di distruggere mondi ed esistenze intere.
Una seconda foto, luglio 1991: Alexandra Fayer, capo dell'Intelligence Division dell'Umbrella - capelli più corti, una spilla rossa e bianca al petto, labbra piene, derisorie.
Scivola con il cursore sull'altro nome - Albert Wesker, dottore, ricercatore, membro dell'Intelligence Division dell'Umbrella, ex militare nelle forze USA, capitano della S.T.A.R.S e altri titoli che farebbero impallidire persino quella stronza di Alcina.
Si passa una mano tra i capelli, raccogliendoli sulla nuca con un elastico.

Christopher James Redfield.

Karl lo studia in silenzio, attorno a lui il borbottio della fabbrica, il suo battito.
Ha una storia con Albert Wesker, il soldatino: una di quelle brutte, che lascia cicatrici e rimpianti; sensi di colpa e rabbia.
Posa lo sguardo sul profilo di Redfield - un sorriso a metà, piccole rughe d'espressione agli angoli delle labbra, attorno gli occhi.
Torna poi su quello di Wesker - un viso durissimo, appena più giovane di quello che ricorda dal ritaglio di giornale.

Ugualmente crudele: disumano.

L'unico che non cambia mai è quello di Alex.


2021

Wesker l'aspetta sul ciglio dell'abisso, dove una volta giaceva il Micorriza.
È rimasto poco delle statue dei quattro re e il pilastro centrale con i simboli dei Lord è ormai scomparso, inghiottito dall'esplosione.
Le rivolge uno sguardo in tralice, quieto.
La morte l'ha reso più cauto, attento: il dolore della rigenerazione adesso lo accompagna sempre, e nei suoi occhi la colpa è diventata ormai un'emozione costante.
Alex lo affianca, sangue tra i capelli, lungo gli zigomi.
Wesker allunga le dita verso di lei, blandendo con il pollice una macchia rossastra all'angolo delle labbra.
Alex inclina il capo verso la sua mano, posandovi la guancia.
"L'hanno preso." le dice, la sua voce poco più di un sussurro.
"È orribile. Un nematode sproporzionato." aggiunge, percorrendole la linea del mento in punta di dita.
Alex socchiude gli occhi, abbozzando un sorriso.
La neve si arrotola ai loro piedi, il vuoto che chiama e grida - non smette mai.
Wesker si volta, la mano sinistra chiusa a pugno attorno la testa dell'aspide, la pupilla dilatata, morbida.
"È qui che è iniziata."
"Così pare." ribatte lei, piano.
Wesker abbassa lo sguardo, posando lo sguardo sull'oggetto che stringe al petto, unghie spezzate e sporche di terra.
"L'hai trovato." contempla, studiandolo con attenzione.
Alex rafforza la presa attorno quella massa di metallo e carne, sollevando il viso verso il suo.
"Sì."
"L'aveva lui?" chiede Albert, sinceramente curioso.
"Ovviamente." mastica Alex, aggrottando le sopracciglia "Insieme ai resti di Alcina e a quelli Moreau."
Wesker la trattiene a sé per la nuca, massaggiandole lo spazio dietro l'orecchio.
"E la bambola parlante?"
Alex si rilassa nella sua mano, socchiudendo gli occhi.
"Anche Angie, ma il Cadou è morto: nulla più di qualche granello di polvere e porcellana rotta."
Wesker libera un hum di gola leggero, senza malizia.
Dalla boscaglia si alza un latrato, poi un altro: rompono il silenzio quei suoni, avvolgendoli in un coro di voci e ricordi.
L'oggetto tra le dita di Alex sembra vibrare e Wesker può percepirne fluirne una forza diversa - che chiama a sé la pistola che porta nella fondina dentro la giacca, la placca temporanea che gli sostiene il ginocchio.
Alex lo guarda, Wesker le restituisce uno sguardo quieto - consapevole.

"Noi non siamo dio, Alex, ma la sua evoluzione."

Coșmarul è adesso davvero una tomba vuota e senza più importanza.


2016

Un tintinnio lo distrae dal suo lavoro, facendogli sollevare il viso dalla scheda elettronica.
Tra gli scarti metallici coglie un balugino diverso, più chiaro; aggrotta le sopracciglia, sporgendosi in avanti e sollevando gli occhiali sulla testa.
Raccoglie un orecchino, stringendolo tra il pollice e l'indice - oro rosa e diamanti, a giudicare dal taglio.

"Questo posto di merda: ingoia ogni cosa."
"Se tu la smettessi di vestirti come a una serata di gala..."
"Ah. Perché adesso sai cos'è un gala?"
"... stronza."

Il tempo avanza, la sua rabbia con lui: il computer che gli ha lasciato Alex giace silente, ignorato.


2021

Luci bianche, asettiche; un odore pungente, che non riconosce.
Cerca di sbattere le palpebre, ma con orrore si accorge di non riuscirci.
Annaspa, ma qualcosa gli blocca la gola - spinge ai lati delle costole, tra i polmoni.
"Oh, sei sveglio."
Si volta, percependo il Cadou ritrarsi, spaventato.
La donna gli dà le spalle, ma lui sa chi è - può percepirlo, e questo lo schiaccia sul posto, immobile.
"Le ho rimosse." gli spiega, con calma - come se parlasse a un animale molto stupido e lento.
"Le palpebre, intendo." specifica, esaminando un bisturi, un paio di forbici.
Un grugnito, seguito dal rumore metallico di una ciotola che viene riempita.
"Non sforzarti." aggiunge, rassicurante "Non farai altro che peggiorare la tua condizione."
La donna si volta, mostrandogli un viso giovane - diverso da quello che aveva visto nelle foto della BSAA.
Abbozza un sorriso, il camice bianco chiuso fino alla gola - sotto il mento una mascherina azzurra.
"Il tuo Cadou è intatto; i lycan non l'hanno mangiato e posso capirli; chi mai vorrebbe avere quella cosa in corpo." gli dice, piegando le labbra in una smorfia.
Alex si avvicina, posando sul carrello il costotomo, la sega vibrante.
"Non certo io." mormora, intrecciando le dita dietro la schiena e chinandosi verso di lui.
"O Karl." sibila, arrotolando la k attorno la lingua.
Il Duca scuote la testa, scoprendola bloccata - ferma.
"Che maleducata che sono." esclama poi Alex, spostando la lampada scialitica sopra di lui "Non ti ho ancora permesso di guardarti: in fondo, questo spettacolo è per entrambi, uhm?"
Per un attimo - un delirante istante - non si riconosce.
Non può essere lui quella cosa aperta sul tavolo operatorio come una rana nel vassoio della dissezione.
Non può essere lui, il Duca, quella miserabile creatura molliccia a cui mancano i visceri, buona parte degli altri organi - solo il Cadou risalta, un grumo nerastro e sopra al quale si arrotolano nematodi grassocci e bianchi.
"Bello, eh? Vedila come una liposuzione gratis." motteggia lei, indecisa tra le forbici per nervi o lo scalpello.
Il Duca le rivolge uno sguardo frenetico, tremante.
Alex si alza la mascherina sul volto, gli occhi due pozze rossastre e nei quali la pupilla è solo una fessura sottile e uncinata.
"Sono un dottore, Duca: puoi stare tranquillo." sussurra, morbida - oscena con il frangicoste in una mano, nell'altra un paio di pinze.
"Voglio solo il tuo dono: niente di più." lo blandisce, accostando lo strumento al piastrone sternale.
"E se nel mentre sanguinerai un po' - o meglio ancora, urlerai attraverso quel delizioso tubo tracheostomico - be', pazienza." chiosa, procedendo con il primo taglio, poi il secondo.
Il Duca richiama a sé il proprio potere, Alex è più veloce e afferra il Cadou tra le dita, stritolandolo.
"Oh no. No, no, no, piccolo maiale schifoso." bercia, chinandosi su di lui fin quasi sfiorargli ciò che resta del naso.
"Miranda poteva anche aver pensato di aver trovato il dio oscuro, ma questo abominio..." cantilena, tirando e tirando e strappando " è solo una fottuta muffa piena di vermi."
Il Duca si flette all'indietro, la schiena schioccare in una serie di suoni secchi, aspri.
Alex mantiene il Cadou sospeso sopra il suo petto, i nematodi che si contorcono nello spazio tra il parassita e il loro ospite.
"L'hai mandato a morire: hai mandato tutti loro a crepare come cani."
Il Duca vorrebbe risponderle, ma la verità è che ad Alex non interessa: lei è l'Overseer - lei sa, e tanto le basta.
"Miranda è morta." dice poi, e c'è qualcosa di definitivo nelle sue parole - di appagato.

Ding dong, la strega è morta.

Alex lo guarda, negli occhi una scintilla intensa, feroce.
"Avevi a cuore la piccola Rose Winters?" prosegue, fissandolo "No, io credo di no. Credo che tu volessi sopravvivere e per farlo avevi bisogno che tutti e quattro i Signori morissero."

Anche Karl.

Il Cadou si solleva di qualche altro centimetro buono, il dolore esplode in lui come una rete pulsante e che s'irradia in ogni angolo del suo essere.
"Chris Redfield sarebbe più pietoso: ti darebbe una morte veloce, pulita."
Il Duca rovescia gli occhi nelle orbite, Alex ha quasi staccato del tutto il Cadou dall'ammasso organico che sono i suoi polmoni, ormai fusi con il pancreas e la milza.
"Ma io mi sto decisamente godendo la tua sofferenza, Duca."
Alex allenta appena la presa e ricomincia tutto daccapo.


2017

L'hanno trovata.
Dai server della BSAA la bambina è poco più di un pulcino rachitico e dal volto sottile, ossessionato.
Occhi scuri, grandi: Eveline è la prima della serie E a essere risultata compatibile con il Micorriza - Mold, bisbiglia la voce di Alex: adesso lo chiamano Mold, Karl.
Heisenberg si umetta le labbra, il rumore della fabbrica spegnersi - diventare un brusio di sottofondo al confronto del battito del suo cuore.

"Non si fermeranno, Karl. E con loro nemmeno Miranda."

Il metallo si solleva, cominciando a compiere prima piccoli cerchi concentrici sul pavimento, allargandosi poi per tutta la stanza, fuori dalle finestre, nella piana sottostante.

Non c'è più tempo.

C'è mai stato?, gli sembra di sentir ridacchiare Alex, magari seduta nell'unico angolo pulito del divano.
Posa lo sguardo anche sul resto del rapporto,

Dulvey Parish, Louisiana.

un'intera famiglia infettata,

"Vuoi essere la mia mamma?"

nella seconda pagina un'altra foto, in cui riconosce la donna vestita in un camice bianco e il volto soddisfatto, quasi orgoglioso.

"Miranda è là fuori, Karl: e farà di tutto per recuperare quella marmocchia."

Il metallo grida, schiantandosi ovunque - nelle pareti, in alcuni soldat, persino a pochi passi dal sentiero per il villaggio.

Unici sopravvissuti: Ethan e Mia Winters.
Rapporto redatto e firmato dall'agente Christopher James Redfield.
Supervisione della Blue Umbrella, documento approvato e firmato dall'amministratore delegato Joseph Anderson.

Blue Umbrella.

"La BSAA, Karl. E la Blue Umbrella."

Adesso, per la prima volta in anni, sa che anche Alex è là fuori.


2021

"Disgustoso." ripete 3A7, tirando un calcio al distributore di merendine.
"Una cosa schifosa: e dire che ne ho vista di merda, ma quell'essere sembrava Jabba direttamente vomitato da un altro Jabba." prosegue, abbassandosi tirando a sé una barretta Snickers proteica al burro d'arachidi.
Joseph ruota la lingua attorno una caramella alla fragola, si trattiene dal scendere al piano di sotto e comprarsi uno - no, anzi, tre pacchetti di sigarette.
"Sembrava un budino tremolante e traslucido."continua 3A7, addentando la merendina "Cristo, a momenti non stava neppure nella barella di biocontenimento."
Anderson spacca la caramella tra i molari, si annota mentalmente di prenotare un appuntamento con il dentista.
"Era ridotto piuttosto male quando l'abbiamo raccolto dal terreno: praticamente ci è servita una pala come cucchiaino e..."
Anderson solleva la mano, fermandolo.
3A7 lecca l'involucro interno della merendina, ancora affamato.
"Il dottor Wesker?"
3A7 si stringe nelle spalle, fissandolo come a dire cosa vuoi sapere?
Joseph gli scocca un'occhiata impaziente, mettendosi in bocca altre due caramelle.
"Ha ottenuto quello che voleva?"
"Presuppongo di sì: quando siamo saliti a bordo dell'elicottero era uno zuccherino. Per i suoi standard, almeno." borbotta 3A7, valutando se prendersi un altro snack o procurarsi una cena decente.
Anderson si appoggia con una spalla al muro, sospirando.
"C'era anche lei, se stavi per chiedermelo." lo anticipa il soldato, adesso più che mai deciso ad andare da Bobby Van's Steakhouse per una bistecca come si deve.
Joseph solleva lo sguardo, serio.
"La dottoressa Korda." specifica, guardandolo "Vestita di tutto punto in un cappotto grigio che sarà valso almeno quanto un mese del mio stipendio."
3A7 sposta il peso da un piede all'altro, fissando un punto imprecisato dietro la testa di Anderson.
"Lei cercava qualcosa di più dei campioni biologici del dottor Wesker."
"E tu lo sai perché è nel rapporto?"
3A7 scuote la testa, emettendo un suono asciutto, derisorio.
"Sai benissimo che in quei rapporti non c'è nemmeno la metà di quello che abbiamo fatto."
Joseph respira piano, aspetta.
"C'erano quindici gradi sotto zero a Coșmarul e lei è rientrata nell'elicottero al fianco del dottor Wesker in una camicia bianca trasparente e sporca di sangue - ne era inzuppata, Anderson. Ne aveva persino tra i capelli, sulle guance."
L'ascensore si apre, rivelando un gruppetto di amministrativi e due operativi con ancora l'equipaggiamento addosso.
3A7 apre le mani davanti a sé, gesticolando.
"E aveva questa cosa; sembrava una di quelle sculture moderne che trovi adesso in quasi tutti i negozi da ricchi."
3A7 rattrappisce le dita della mano destra, ruotando verso il basso e mettendo a coppa quelle della sinistra.
"Era un meccanismo di qualche sorta; aveva questa rotellina metallica e un pistone - simile a quello degli stepper, ma più piccolo. Quasi un giocattolo. Ed era rotondo. Il nucleo, intendo."
Joseph deglutisce, sotto la lingua l'appiccicoso della zucchero, il dolce della fragola.
"E c'era dalla pelle, Anderson. In mezzo, tra gli ingranaggi, c'era della carne - piccoli cordoni rosati e umidi."
3A7 si stropiccia le palpebre, sospirando.
"Non è finito in laboratorio; non era nemmeno nei contenitori per il rischio biologico." racconta, cercando i suoi occhi.
"Se lo teneva sulle ginocchia come fosse normale - un oggetto da decorazione, la nuova statuetta da mettere sulla mensola del camino."
3A7 si scosta dall'angolo distributori, sciogliendo i muscoli collo, delle spalle.
"E sorrideva, Anderson: ora fissava il dottor Wesker come in preda a un'estasi mistica, il momento dopo gli diceva qualcosa sottovoce, indicando l'oggetto."
Joseph picchietta un paio di volte sul badge di riconoscimento - amministratore delegato, Blue Umbrella: livello di autorizzazione 4 - tace, consapevole d'aver ormai legato la sua vita a quella di due (non)persone difficili.
3A7 si infila le mani nelle tasche dei pantaloni, inclinando il capo verso destra.
"Se mi avanzano posso sempre portarti un paio di brownie."
Anderson alza un sopracciglio, liquidando la sua offerta con un mezzo sorriso.
Il viso della dottoressa Korda non gli concede requie.


2018

La bambola parlante. L'uomo - pesce. La dama del castello.

Il signore del metallo.

Coșmarul si veste d'oro e rosso in autunno e possiede una sua malinconica bellezza - fragile, preziosa.
Raddrizza le spalle, posa entrambe le mani sulla testa dell'aspide - studia, Albert, perché i segreti li hanno ammazzati entrambi e forse è tempo di smetterla.
Ci sono delle creature nella boscaglia, ma si allontanano appena lo avvertono - lui, l'alfa.

"Solo uno è sopravvissuto: il numero Tredici. Tu."

E aveva ragione Alex; stessa storia, diramazioni diverse.
Si ferma a pochi passi dal sito cerimoniale, il logo dell'Umbrella uno spietato memento mori - quieto sotto quel sole d'ottobre, silenzioso.
Scivola con le dita sui quattro simboli posti ai suoi lati, fermandosi sopra quello di un Orlov racchiuso in un ferro di cavallo.

"Bambini rubati, cresciuti per essere alfieri di un nuovo mondo - delle loro ambizioni, desideri. Noi solo armi da imbracciare e usare."

Solleva il viso, posandolo sui fumi compatti che fuoriescono dalle ciminiere della fabbrica.

"Come conosci il mio nome?"
"Io..." (3)

Si volta, incontrando il volto di Miranda ovunque - nelle nicchie, lungo i muri, persino in piccoli altari rudimentali.

"Sono io." (3)

Wesker snuda i denti, le cicatrici a lato del viso tendersi e aprirsi in una sottile rete biancastra.

"Natalia Korda Burton." (3)

Miranda osserva il villaggio, ieratica - un falso dio che deve cadere e morire.

"No, non è vero. Natalia è morta, morta! Sono io, Albert: sono Alex." (3)

Spencer credeva di aver tale diritto, Miranda se lo era preso.

"Alexandra." (3)

Coșmarul si aggiunge alla già lunga lista di colpe da espiare.


2021

Cinque ore e sette minuti: tanto aveva resistito il Duca.
Alex siede in un angolo della sala operatoria, la mascherina buttata di lato e tra i capelli frammenti d'osso e nero.

Tap tap. Tap tap.

Le doppie porte rinforzate si aprono in uno sbuffo quieto, leggero.
Il fondo del bastone di Albert entra nel suo campo visivo, insieme alla punta delle sue scarpe.
Wesker posa lo sguardo sul corpo sventrato del Duca, impassibile.
"È già nell'apposito contenitore. Il Cadou." mormora Alex, indicando alla sua destra.
"Lo so." ribatte Wesker, monocorde.
Alex solleva il viso, guardandolo.
"Sei stato lì fuori tutto il tempo?"
"Potevo perdermi lo spettacolo?" ribatte lui, abbozzando un sorriso divertito - predatorio.
Alex lo soppesa in silenzio per qualche secondo, sfregandosi le dita sul camice sporco.
"Va incenerito."
"Ho già dato l'ordine di preparare il forno crematorio. Le sue ceneri saranno neutralizzate."
"Sempre un passo avanti agli altri."
"Non a te." ammette lui, appoggiando il bastone al muro.
Alex inclina il mento, concedendogli un'occhiata in tralice, lusingata.
"La Connections è stata un errore." ammette poi, avvicinandosi al corpo del Duca.
"Molte cose lo sono state." continua, sporgendosi in avanti - là, dove le dita di Alex avevano scavato, ridendo mentre il Duca soffocava e poi veniva rianimato e poi ricominciava tutto daccapo.
Wesker libera un piccolo hum di gola, quasi le fusa di un grosso felino.
"I resti della Dimitrescu e di Moreau sono già nel caveau." annuncia Alex, alzandosi e scuotendosi dal torpore che sembrava averla avvolta.
Wesker le rivolge uno sguardo interrogativo da sopra le costole spaccate del Duca - tace, aspettando.
"Posso riportarlo indietro."
Nessuna risposta.
"C'è ancora; è uno dei vantaggi di essere parte del Micorriza."
Wesker si solleva, la gamba sinistra piegata in una posizione innaturale, storta.
"Ed era quello che voleva?" mormora, lungo il polsino della camicia una striatura rossastra, appiccicosa.
Alex indurisce lo sguardo - è quello che voglio io, sta per dire, e Wesker può sentirlo urlare nella sua mente, tra i suoi pensieri.

"Le femmine della specie, Al: sono loro le più pericolose."

Non c'è riposo per i (non) morti come loro.


2019

Il mondo è un posto enorme e lui non potrà mai farne parte.
Se ne è convinto piano piano, in quegli anni - attraverso le notizie che il computer vomitava costantemente.
C'è così tanto che ancora non capisce - non sa.
Appoggia entrambi i piedi sul piano di lavoro, reclinandosi all'indietro - gli occhi stanchi, il viso consumato.
Sono ormai più di mille i suoi soldat, ma non saranno mai abbastanza - il suo odio per Miranda un grumo che cresce, e conquista sempre più spazio.
Alex lo faceva sembrare facile: vivere.
Alex si muoveva tra i fili di quell'esistenza come se ne fosse padrona - mai schiava, sempre burattinaia.
Alex aveva riso quando le aveva esposto il suo dubbio, ribattendogli che suvvia, c'è sempre posto per gente come te nel mio mondo.
E la vedeva adesso la sua realtà - ciò in cui aveva vissuto e respirato e infine era morta.

"Stessa storia, diramazioni diverse, Karl."

Heisenberg si porta un sigaro alle labbra, accendendolo con un movimento veloce del polso.

Il mio mondo.

Scuote la testa, inspirando una boccata di fumo; ci sono delle volte in cui averla incontrata fa male e basta.


2021

Intreccia le dita tra loro, posandole sul sottomano in pelle nera.
Fissa il cerebrum in silenzio, l'iride un rosso quieto, sfumato d'arancione intorno la pupilla.
Allunga l'indice e il medio verso la superficie metallica, percependola tiepida - viva.
Wesker solleva il mento, toccando con tutte e cinque le dita la parte organica - scatta ll'indietro quando una scossa elettrica lo attraversa da parte a parte.
Si volta, snudando i denti.

Piccola merda insolente.

Il cerebrum rimane immobile, scintillando debolmente sotto la luce della lampada.
"Sei ancora lì dentro."
Nessuna risposta.
Wesker si avvicina, premendo le labbra in una linea sottile.
Il cerebrum tace, attorno a lui una lieve caligine metallica - piccoli frammenti che lo avvolgono come gli anelli di Saturno.
Wesker percepisce lo scroscio dell'acqua provenire dal bagno, registra automaticamente che Alex deve essere entrata in doccia.
"Ci ho messo due anni e mezzo a rigenerami del tutto."
Il cerebrum libera un ronzio soffuso, morbido.
Wesker non sa sia pazzo lui a parlare con un oggetto o se la realtà stia assumendo sfumature sempre più aliene, ma quando un vulcano ti sputa come un pezzo di costola masticato e vomitato molte delle tue precedenti certezze crollano.

E per sempre.

Wesker soppesa il cerebrum ancora per qualche minuto, spostandolo poi di lato - premurandosi di toccare solo la parte meccanica.
"Se ce ne metti di meno non la prenderò bene." conclude, lasciandolo semplicemente , sulla sua scrivania come un normalissimo soprammobile.
Chiude il fascicolo digitale sui Winters - Coșmarul e tutto ciò che ancora correva tra quei boschi, affamato.

Ethan Winters: deceduto.

Il cerebrum vibra, facendo rotolare a terra alcune penne.

Madre Miranda; deceduta.

Wesker l'osserva dal ciglio della porta, neutro.

Salvatore Moreau; deceduto.

Click: rumore di passi - leggeri, umidi.

Donna Beneviento; deceduta.

Il cerebrum si accende di una debole luminescenza, a tratti opalescente.

Alcina Dimitrescu: deceduta.

"Albert? Sei ancora in ufficio?" lo raggiunge la voce di Alex dalla camera, curiosa.

Karl Heisenberg; deceduto.

Wesker si chiude la porta alle spalle, silenzioso.
La placca di metallo nel ginocchio tira e gli ricorda tutto.


2020

La sua rabbia conta adesso duemila soldat, le sue cicatrici aumentano - il vuoto nella sua mente divora qualsiasi cosa non sia la vendetta.
Il computer di Alex ha smesso di funzionare qualche settimana prima, ma non ha più importanza perché la bambina è nata, e con lei il suo bisogno di accelerare, liberarsi.
Miranda motteggia di rinascita e futuro e tante altre belle cose che lui sa essere marce quanto le sue promesse - non dissimili dal parassita che ha spinto in tutti loro, abusando del suo corpo, della sua dignità.
Angie lo guarda da lontano, incerta.
La bella signora bionda non viene proprio più?, gli aveva chiesto prima di entrare in chiesa, e lui non aveva risposto, ingoiando bile e saliva.
Moreau dondola sul posto, in parte eccitato per la nuova possibilità di dimostrare a mammina cara che lui è un bravo figlio, in parte per la paura di fallire - ancora.
Alcina gli rivolge uno sguardo sussiegoso, di chi crede d'essere intoccabile - che questa sia solo l'ennesima occasione per fare bella figura con Miranda e guadagnare forse qualche nuova figlia.
Heisenberg chiude gli occhi dietro le lenti scure, stringendo tra le dita un orecchino in oro rosa e diamante - percependolo graffiargli la pelle persino attraverso i guanti.

Come Alex.

Qualcosa gli tocca il ginocchio e quando abbassa lo sguardo è quello di Angie che incontra - una piccola mano legnosa posata vicino la sua.
Non dice niente la bambola di Donna; lo fissa in silenzio, quieta - consapevole.

Io non sono mai sola; io ho mama, ma tu?

Moreau esclama qualcosa, Alcina ride - un suono sgradevole, ridondante.
Angie si siede al suo fianco, dondolando le gambette storte oltre il bordo della panca.
"Era bella."
Nessuna risposta.
"Avrei voluto essere come lei." mormora, e lui vorrebbe provare pena, forse anche compassione, ma non ci riesce perché è colmo di rabbia e frustrazione e stanchezza. Così tanta stanchezza.
Angie storna lo sguardo, Heisenberg mantiene il suo sulle mattonelle rotte del pavimento.
La guerra è infine giunta alla sua ultima battaglia - il punto di non ritorno.

"Fottere e combattere; questo volevano da noi. Fottere e obbedire e morire."

Heisenberg abbozza un sorriso, toccandosi appena la tesa del cappello.
Ha obbedito fin troppo a lungo; adesso è il momento di combattere e vivere morire.





Sink, suffer, self-destruct
Rise stronger, reconstruct.

Silenzio.
All'inizio c'era stato solo quello; una benedizione al confronto della cacofonia dell'ultimo scontro - uno scampolo di pace dopo le modificazioni a cui era andato incontro il suo corpo.
Aveva percepito ogni fottuto osso allungarsi, ogni muscolo strapparsi e congiungersi alle parti metalliche della fabbrica - diventare lui stesso una macchina, oscena nella sua efficienza.

Mostruosa nel suo dolore, nella sua rabbia.

Per molto tempo era rimasto avvolto da una foschia grigia, tiepida; attorno a lui gli odori di Coșmarul, neve e cenere - quelli dell'interno della carrozza del Duca, carne di maiale essiccata e polvere.
Non avrebbe saputo dire quando, ma qualcosa aveva stracciato quel silenzio, inondandolo di grida e parole e sangue.
Ed era esploso il suo orizzonte - si era bagnato di rosso e oro, profumi diversi, nuovi.

Cuoio e spezie: rum, forse persino una punta di legno. Cordite, qualcosa di asciutto, pungente. Disinfettante e sudore - attorno a lui un calore strano, diverso.

C'erano state altre parole - sussurri che non poteva comprendere, echi di quando era stato integro e umano.

"C'è ancora, Albert: quel verme aveva ragione. La sua essenza è rimasta qui, nel cerebrum."

Dovrebbe conoscere quel nome.
Lo sa; lo percepisce.

"È morta, Karl. Miranda è morta."

Non c'è memoria nel luogo in cui si trova, eppure tutto è - con lui.

"Sei ancora lì dentro."

Colpisce la fonte della voce ancora prima di potersi fermare - un riflesso incondizionato.

"Ci ho messo due anni e mezzo a rigenerami del tutto."

Ed è lei - ce l'ha sulla punta della lingua, schiacciato in gola, tra i denti.

Il nome. Di' il suo nome.

Apre gli occhi - o almeno gli sembra di farlo - estendendo le propaggini del proprio potere attorno a sé.

Sai chi è: lo sai.

Un'altra voce - lei - insieme all'odore della pelle invecchiata e dell'inchiostro un vago retrogusto di sangue e argan (di nuovo).

"Albert? Sei ancora in ufficio?"

Alex.

"Ce l'hai fatta, Karl: sei libero."

Nel buio della stanza il cerebrum - lui - emette un primo, debole, battito.




"Sparks die in me only to be reborn as thunder and lightning.
Darkness itself glows in me."
- Emil Cioran -




(1) In italiano significa "alle donne a volte piace scopare così."
(2) Underneath the purple rain.
(3) Collide


   
 
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