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Autore: ame_vuiller003    11/01/2022    0 recensioni
Questa storia, o meglio raccolta, si basa sul cartone Miraculous Ladubug. Si tratta di una serie di One Shot ispirate ai protagonisti, Adrien/Chat Noir e Marinette/Ladybug.
DALLA PRIMA ONE SHOT:
... -Come porta fortuna.- gli sussurrò a qualche centimetro dal volto prima di baciarlo. Chat Noir spalancò così tanto gli occhi che per un momento temette gli sarebbero caduti. Marinette, la ragazza di cui era innamorato, lo stava baciando. Le mise le mani sui fianchi e la avvicinò ancora di più a sé. Le labbra della corvina erano così morbide, così calde... gli sembrava di essere in Paradiso. ...
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Quella battaglia, che all'inizio era sembrata semplice e veloce, si era presto trasformata in uno scontro diretto con Papillon e Mayura, la portatrice del miraculous del pavone.
Tutto era iniziato con l'akumizazzione di August, bambino desideroso di lecca-lecca, sproporzionatamente più forte delle volte precedenti. Avevano combattuto contro di lui per quasi un'ora, quando all'improvviso Chat Noir aveva avvistato Mayura su un tetto.
Cosa ci faceva lì? Se lo erano domandati entrambi. L'avevano seguita, attirando il bambino gigante verso la periferia della città, alla disperata ricerca di uno spazio grande dove poterlo far giocare, fino ad arrivare in un complesso industriale pieno di capannoni. Non era il massimo, ma era qualcosa.
-Occupati di lei, ci teniamo in contatto!- aveva gridato Ladybug a Chat Noir. Il piano non doveva essere troppo complicato: lui seguiva Mayura, lei prendeva il ciuccio del bambino gigante.
-Chat Noir, mi senti?- chiese mentre sferrava l’ennesimo colpo. Doveva riuscire a creare un lecca-lecca gigante.
-Forte e chiaro. La sto inseguendo a Nord, si allontana da Parigi.-
-Deve essere un diversivo per non portarci al rifugio di Papillon, e lui è di sicuro a Parigi.- gli rispose, -Lucky Charm!-
-Qualcosa di utile, milady?- domandò Chat Noir.
Ladybug non rispose, incredula. Per una volta, il suo potere le aveva fornito direttamente la cosa di cui aveva bisogno: un lecca-lecca gigante. Non credeva fosse possibile.
-Utilissimo, Chaton.- commentò lei cercando di non inciamparsi sotto al peso del lucky charm.
-’ecca-’ecca!- gridò August tutto felice prima di afferrarlo con una mano e infilarselo in bocca. Il ciuccio gli cadde di mano, ma lui non ci prestò molta attenzione.
-Con lui ho fatto, ti raggiungo.- lo informò mentre purificava l’akuma, -Dici che ho il tempo di riportarlo in città?-
August, tra le sue braccia, si guardò intorno senza riconoscere il luogo.
-Stiamo tornando indietro, milady.. non capisco che diamine stia facendo. Sbrigati con il bambino, non so per quanto riuscirò a starle dietro.-
Con un balzo, Ladybug saltò sui capannoni dell’area industriale e si mise a correre verso la città. Doveva sbrigarsi, Chat Noir aveva bisogno di lei.
-Eccolo qua, tutto intero. Abbiamo fatto un giro in periferia, vero August?- disse Ladybug sorridente mentre porgeva il bambino alla madre.
-Grazie, Ladybug. Ringrazia anche Chat Noir.- rispose la donna. Ladybug annuì.
Bene, torniamo indietro, pensò ricominciando a correre verso i capannoni. I suoi orecchini suonarono. No, non aveva il tempo di andare e sconfiggere Mayura prima di ritrasformarsi.
-Chat Noir, devo ricaricarmi. Ci risentiamo tra cinque minuti.- informò il suo compagno, -Tikky, ritrasformami.- sussurrò poi nascondendosi in un vicolo. L’esserino rosa volò fuori dai suoi orecchini.
-Tieni, mangia.- le disse Marinette frettolosamente guardandosi attorno. Aveva una strana sensazione, ma non avrebbe saputo spiegarla.
Il cielo era intonso sopra di lei, e lei non poté fare a meno di pensare che forse, lì da qualche parte, Adrien stava guardando quello stesso cielo in quel momento. Quel pensiero glielo fece sentire un po’ più vicino. Non sapeva esattamente per quale ragione sentisse il bisogno di sentire il ragazzo più vicino dato che lo aveva visto giusto qualche ora prima. Forse era semplicemente un momento di intenso innamoramento, oppure era il suo istinto che tentava di lanciarle dei segnali, come se fosse stato consapevole di ciò che sarebbe accaduto di lì a breve.
Non appena Tikky ebbe mangiato, Marinette ritornò Ladybug. Preso l’auricolare per contattare Chat Noir, si rimise a correre verso la periferia in cui aveva abbandonato il suo amico.
-Chat Noir, mi senti? Sono tornata.- lo informò.
-Appena in tempo, Insettina. L’ho seguita di nascosto, non sa che sono qui. C’è Papillon. Chiama gli altri, potrebbe essere la nostra occasione.- le sussurrò lui. Ladybug si arrestò.
-Corro. Tieni duro, mon Chaton.-
Due isolati da casa di Rena Rouge, tre da quella di Carapace e cinque da quella di Vesperia*. Poteva riuscirci. Doveva riuscirci, non poteva lasciarseli sfuggire.
Corse più veloce che potè e si lanciò all’interno della camera della sua migliore amica attraverso la finestra aperta.
-Ladybug? Tutto okay?- chiese un’incredula Alya Césaire affiancata da un altrettanto incredulo Nino Lahiffe.
-Siete insieme, fantastico!- sospirò sollevata, -Rena Rouge, Carapace, ho bisogno di voi. Non vorrei mai parlare troppo presto, ma potremmo averli in pugno tutti e due.- disse porgendo loro i miraculous della volpe e della tartaruga.
-Intendi…?- domandò Nino mentre si infilava il gioiello al polso liberando Wayzz.
-Esatto.- disse, -Trasformatevi e raggiungete Chat Noir senza farvi vedere, io vado a recuperare Vesperia. Teniamoci in contatto, ci vediamo lì.-
Era un'occasione d’oro, non potevano sprecarla. Non ora che Papillon si era offerto loro su un piatto d’argento. Cinque contro due, senza nessuna akuma a disposizione. Avrebbero dovuto mettere fuori gioco Mayura per impedirle di creare sentimostri, poi avrebbero pensato a Papillon.
Ladybug balzò sopra i comignoli di Parigi così veloce che parve volare.
-Zoe, desolata di disturbare. Cambio di programmi per questa sera. Ho bisogno di Vesperia.- le disse. Zoe era stravaccata sul suo divano con in mano il suo computer ed era intenta a guardare l’ultima puntata di New Amsterdam.
-Non potevi arrivare in un momento meno opportuno, ma sono a tua disposizione, Ladybug. Pensavo aveste sconfitto il bambino gigante, visto che non era più in giro.-
Ladybug rise.
-Lo abbiamo sconfitto, ma abbiamo cattivi per più importanti da sconfiggere a portata di mano.- le disse mentre le porgeva il fermaglio, miraculous dell’ape. Zoe lo prese: -Pollen, trasformami!- recitò.
Qualche secondo dopo, Ladybug e Vesperia correvano sui tetti di Parigi.
-Nel tuo yo-yo, prendi l’auricolare. Saremo tutti in contatto così.- le spiegò Ladybug mentre saltavano un comignolo.
-Ragazzi, mi sentite?- domandò poi.
-Forte e chiaro, Insettina.- rispose Chat Noir, seguito da Rena Rouge e Carapace.
-Siete tutti là? Io e Vesperia stiamo arrivando.-
-Tutti qui, come ci avevi detto.- rispose Rena Rouge a bassa voce.
-Bene, ecco il mio piano: prima neutralizziamo Mayura, così da impedirle di creare un nuovo sentimostro, poi ci concentriamo su Papillon.-
Seguirono alcuni secondi di silenzio.
-E se io e te ci occupassimo di Papillon e loro tre di Mayura?- domandò Chat Noir.
-No, per sconfiggere lui sarà necessario il potere di Vesperia… dividiamoci diversamente. Io, Rena Rouge e Carapace ci occuperemo di Mayura, mentre tu e Vesperia andrete dritti da Papillon.- suggerì.
Vesperia, al suo fianco, annuì.
-Molto bene, milady. Vi prego però, datevi una mossa.-
Corsero più in fretta possibile, allontanandosi inizialmente dal luogo dove tutti erano radunati per non rischiare di essere intravisti da uno dei due supercattivi. Corsero in mezzo agli alberi fino a raggiungere il resto della squadra.
-Descrivetemi la situazione.- disse mentre si sistemava a fianco di Chat Noir su un ramo. Vesperia raggiunse Rena Rouge e Carapace su quello accanto.
-Sono fermi lì a parlare da quasi mezz’ora.- disse semplicemente Chat Noir, mentre osservava Mayura e Papillon parlare sulla porta socchiusa del capannone.
Papillon, a circa dieci metri da loro, stava camminando avanti e indietro facendo oscillare il suo bastone a destra e sinistra mentre parlava con Mayura che, ferma sulla porta del capannone, lo guardava.
Ladybug toccò leggermente la spalla di Chat Noir che, dopo essersi voltato a guardarla, annuì. Piano, muovendosi lentamente e il più silenziosamente possibile, avanzarono insieme facendo segno agli altri di aspettare. Volevano avvicinarsi abbastanza da poter ascoltare le loro conversazioni.
-...un modo. Funzionerà. Deve funzionare.- stava dicendo Papillon, -Non posso permettermi di aspettare ancora… potrebbe non reggerlo, se continuiamo ad avere problemi con l’elettricità.- Elettricità? Che significava?
-Ce la farete, signore, ne sono sicura. Siete ad un passo dal riuscire a catturare i miraculous di Ladybug e Chat Noir, non ci vorrà ancora molto. Oggi abbiamo fatto passi da gigante, August ha solo due anni e guardate che cosa è riuscito a fare. Per poco non li ha messi in ginocchio.- gli rispose Mayura, -Credo che ora debba concentrarsi sul dirlo a lui.-
Papillon volse le spalle alla donna, come se non volesse sentire quello che lei gli stava dicendo.
-Ha il diritto di esserne informato, più tempo aspetterà più difficile sarà per lui da accettare, lo sapete.- insistette Mayura.
Papillon sospirò.
-Sì, lo so. Informerò mio figlio entro la fine della settimana.-
Ladybug e Chat Noir si guardarono sorpresi. Papillon aveva un figlio? Come poteva un uomo che, a detta sua, non aveva nulla da perdere avere un figlio?!
-Quando ve lo dico, attacchiamo. Manteniamo il piano come lo avevamo stabilito all’inizio, okay? Chat Noir e Vesperia, voi concentratevi solo su Papillon. A lei pensiamo noi tre.- sussurrò ai compagni, -Ora!-
Papillon e Mayura si voltarono nella direzione da cui era arrivata la voce, sorpresi e spaventati.
-Ti hanno seguita!- disse Papillon mentre prendeva il polso di Mayura, pronto a correre via.
Come in una coreografia provata cento volte, Chat Noir e Vesperia si tuffarono su Papillon, costringendolo a lasciare la sua presa sul polso della compagna per proteggersi.
E mentre loro combattevano, Rena Rouge e Carapace si concentrarono su Mayura insieme a Ladybug. La donna era indubbiamente molto forte e molto ben addestrata. Riusciva a prevedere alcune delle loro mosse sufficientemente bene da contrastarle con forza.
Volarono calci e pugni da ambe le parti e in ambo i combattimenti, fino a quando Papillon non venne spinto all’interno del capannone alle sue spalle uscendo dal campo visivo di Ladybug. Da adesso, non era più un problema suo. In teoria, non lo era mai stato. Ma non poteva farci nulla: quando combattevano fianco a fianco, Ladybug aveva sempre l’occhio puntato anche sul nemico del suo collega, e così era per Chat Noir. Nessuno dei due riusciva mai a concentrarsi completamente su qualcosa che non riguardasse l’altro.
-Disarmatela, prendete il ventaglio!- urlò Ladybug ai due supereroi che la fiancheggiavano. Ma era più semplice a dirsi che a farsi. Tutto il potere di Mayura era racchiuso nelle piume del ventaglio.
-Non ci riuscirai, Ladybug. Siete troppo deboli, non siete altro che un gruppo di ragazzini travestiti che giocano a fare gli eroi. Non sapete ancora com’è la vita vera.- disse Mayura prendendo un amok dal ventaglio e stregandolo.
-Scudo protettivo!- disse Carapace mentre dalla piuma, che ora si trovava all’interno di un ciondolo al polso di Mayura, nasceva un sentimostro dalle dimensioni di una libreria.
-Cosa facciamo, Ladybug?- domandò Rena Rouge cercando di ignorare ciò che Chat Noir e Vesperia si stavano dicendo.
-Non lo so… Rena Rouge, tieniti pronta ad usare il tuo potere.- disse piano, in modo tale che Mayura non potesse sentire: -Dovrai accecarla. Un’illusione qualsiasi, non mi importa. Deve essere presa in contropiede per qualche secondo, giusto il tempo di prendere l’amok. Carapace, tu mantieni lo scudo fino a quando il sentimostro non sarà scomparso.-
Già, il sentimostro. Quella cosa enorme che si trovava proprio sopra lo scudo di Carapace. Era viola, grosso e brutto: aveva due paia di ali semi trasparenti simili a quelle di una libellula, un lungo corpo simile a quello di un ragno (con tanto di otto zampe annesse) e una coda che ricordava spaventosamente quella di uno scorpione. Mayura si era davvero impegnata, non glielo si poteva negare.
-Adesso, Rena Rouge.- disse Ladybug.
Il flauto volò nella mano della portatrice del miraculous della volpe così velocemente che parve quasi invisibile: -Miraggio!-
Davanti a sé, Ladybug vide l’immagine sfocata di una donna di spalle. Non la riconobbe, nonostante i capelli biondi e l’abito elegante le fossero familiari.**
Mayura indietreggiò di qualche passo, confusa. Lei... era impossibile! Ci mise un secondo di troppo a capire che si trattava di un’illusione, secondo cui Ladybug approfittò per lanciarsi avanti e affermare tra le mani il bracciale che conteneva l’amok. Qualche secondo dopo, il mostro era sparito. Rena Rouge si lanciò in avanti e, con un solo colpo di flauto, scaraventò il ventaglio di Mayura ad una decina di metri di distanza.
-Ladybug, vieni!- Ladybug sentì Chat Noir nel suo orecchio.
-Qui ce la caviamo, Ladybug, vai.- la rassicurò Carapace.
Ladybug annuì, poi, con un balzo, superò il combattimento e si diresse correndo verso il capannone. L’interno era alquanto buio, ma Chat Noir e Vesperia avevano aperto uno squarcio sul tetto per far entrare un po’ di luce. Ladybug si fermò di fronte a Papillon.
-Forza, dillo, siamo stati fantastici.- sogghignò Chat Noir mentre, vicino a Vesperia, ammirava l’opera fatta: Papillon, ai loro piedi, era in ginocchio, disarmato e immobilizzato dal potere di Vesperia.
-Voi.. siete fantastici.- disse Ladybug a bocca aperta.
Chat Noir rise: -Non volevo iniziare la festa senza di te, milady. A te l’onore.-
Papillon la osservava torvo mentre lei gli si avvicinava sempre di più. Quindi, alla fine, la resa dei conti era arrivata. Non era stata come se l’erano immaginata, ma ciò non importava poi così tanto. Papillon era lì ai suoi piedi, incapace di difendersi. Il miraculous della farfalla era a pochi centimetri dalla sua guardiana, dopo più di un secolo. Ladybug allungò la mano con determinata calma. Gli occhi di Chat Noir e Vesperia erano fissi sull’uomo.
E poi, in un secondo, la spilla fu tolta. Un momento di profondo silenzio seguì la rivelazione.
-...papà?…- sussurrò poi Chat Noir, il ghigno che aveva avuto in volto fino ad un momento prima ormai morto sul suo volto, così impercettibilmente che gli auricolari non lo colsero. Fuori infuriava ancora la battaglia, a giudicare dai rumori.
-Gabriel Agreste?- sussurrò a sua volta Ladybug, -Quindi avevo ragione, l’ho sempre avuta. Chat Noir, hai visto? Alla fine..- ma si interruppe. Chat Noir era rimasto pietrificato vicino a Vesperia che, unica ad aver sentito quello che aveva detto il ragazzo, ora lo guardava quasi spaventata.
-Chaton, tutto..?- ma di nuovo non riuscì a terminare la frase che Chat Noir aveva spiccato un balzo ed era scomparso nel buco del tetto in direzione di Parigi.
Suo padre. Suo padre e, sicuramente, Nathalie. Non sapeva chi dei due lo avesse deluso di più. Un dolore che non aveva mai provato prima gli stava dilaniando il petto. Papillon, il super cattivo di Parigi, era suo padre. Suo padre aveva cercato per tutto quel tempo di rubare i miraculous suo e di Ladybug per esaudire un desiderio. Quale? Lui lo sapeva bene quale, perché era anche il suo: riportare indietro sua madre, la bella Emilie Agreste. Ma la differenza fra lui e suo padre era che suo padre aveva fatto del male pur di giungere a ciò che desiderava, mentre lui non ci avrebbe neanche provato. Cosa ripeteva sempre Ladybug? Ogni desiderio ha un prezzo. Per ogni vita salvata un’altra verrà sacrificata. E lui non era nessuno per poter decidere chi poteva e chi non poteva avere una madre. Anzi, la faccenda era ancora diversa: nessuno sarebbe dovuto crescere senza sua madre, e lui non avrebbe sicuramente condannato qualcun altro a patire quello che aveva patito lui.
Un’immagine di Ladybug gli balenò nella mente. La sua faccia prima stupita e poi confusa gli si piazzò davanti così chiaramente che per poco non inciampò.
Cosa farò adesso?, si chiese mentre si sedeva sul tetto sul quale aveva preparato una sorpresa a Ladybug tanto tempo prima. Quando avrebbe voluto poter tornare a quel momento…
-Plagg, ritrasformami.- mormorò.
Per la prima volta in tutta la sua esistenza, Plagg non domandò del cibo. Rimase fermo a guardare il suo portatore portarsi le ginocchia al petto e posarci la testa sopra.
-Adrien… mi dispiace tanto…- gli disse, sincero, mentre gli volava accanto e si intrufolava tra le sue braccia serrate.
-Perché, Plagg, perché?- continuava a domandare Adrien mentre piangeva.
-Vorrei tanto poterti rispondere, Adrien.- gli rispose il Kwami asciugandogli una lacrima. Ed era vero: in quel momento, non c’era nient’altro che Plagg avrebbe voluto fare. Cosa poteva rispondergli? Che suo padre lo aveva trascurato tutto quel tempo per poter essere Papillon e che Natalie lo aveva coperto? Che ogni cosa che suo padre gli aveva lasciato fare era stata dettagliatamente architettata in modo da poterne avere un tornaconto come Papillon? Che suo padre teneva più alla sua felicità che a quella di suo figlio?
Adrien stava male come mai prima d’allora, e l’unica persona che poteva migliorare la situazione si trovava da tutt’altra parte. Plagg abbracciò il collo di Adrien e stette in silenzio.

***

Ladybug era rimasta interdetta. Ciò che le era chiaro era che, se Papillon era Gabriel Agreste, Mayura doveva essere Natalie, la sua assistente. Ma per quale motivo Chat Noir si era comportato in quel modo? E perché Vesperia aveva quell’espressione spaventata e impietosita allo stesso tempo in volto?
-Vesperia?- chiese Ladybug osservandola con un sopracciglio alzato. La ragazza non disse nulla, limitandosi a guardare il punto in cui era scomparso Chat Noir, Gabriel Agreste e Ladybug. Le ci volle un po’ per capire cosa Vesperia stava cercando di comunicarle. Ovviamente, non voleva che l’uomo sentisse.
Mettere tutti i pezzi al loro posto fu quasi doloroso: Papillon che dice di avere un figlio, Adrien; Chat Noir che rimane sconvolto nel riconoscere Gabriel Agreste sotto la maschera del super cattivo. In un breve, intenso istante Ladybug si rese conto che, tra i tanti che aveva salvato, Adrien non c’era. Si rese conto che non aveva mai visto Chat Noir e Adrien insieme contemporaneamente. Si rese conto che, quando aveva pensato che Chat Noir avesse scoperto la sua identità segreta perché Adrien, una volta scoperta, l’aveva detto a qualcuno che lo aveva detto a qualcun altro fino a creare una catena, aveva commesso un enorme errore. Perché Adrien era troppo nobile e puro per fare una cosa simile. Adrien non sarebbe mai andato in giro a raccontare a tutti che aveva scoperto l’identità segreta di Ladybug. L’unico modo che Chat noir aveva per scoprire l’identità della sua lady era scoprirlo da sé.
Vesperia annuì quando vide, sul volto di Ladybug, maturare la dolorosa consapevolezza di aver combattuto, per tutto quel tempo, al fianco di Adrien Agreste. In quel momento, poco importava cosa Chat Noir avesse o meno sussurrato.
-Trova una corda, poi nasconditi e ricarica il tuo kwami.- disse mesta, quasi preoccupata, mentre si guardava intorno. Se Adrien era Chat Noir, voleva dire che pochi istanti prima aveva perso suo padre e la donna che, da quando sua madre era morta, più si era presa cura di lui. Fuori dal capannone, Alya e Nino combattevano contro Natalie. Non poteva lasciare che i due scoprissero le vere identità di Papillon e Mayura: per Adrien sarebbe stato già abbastanza complicato superare tutto senza doversi sorbire la pietà dei suoi migliori amici.
-Ho trovato queste.- disse Vesperia porgendo a Ladybug delle fascette stringicavo.
-Mettigliele intorno ai polsi e intorno alle caviglie, dobbiamo impedirgli di muoversi.- le spiegò. Poi, mentre Vesperia si inginocchiava e si metteva all’opera, Ladybug disse, senza avere l’energia di urlarlo: -Lucky Charm.-
Una corda rossa a pois neri le ricadde in mano. Esattamente ciò che le serviva. Forse, come aveva già sperimentato nel combattimento contro il piccolo August, a volte bastava davvero solo chiedere. Si avvicinò allora a Gabriel Agreste e lo trascinò fino a quella che sembrava una ringhiera di ferro dismessa e ve lo legò contro mentre Vesperia si ritrasformava e tornava, qualche minuto più tardi, nel pieno delle sue energie.
-Ora cosa facciamo?- domandò avvicinandosi a Ladybug.
-Ora prendiamo Mayura. Ma solo io e te, okay?- le rispose. Vesperia annuì. Si tolsero entrambe gli auricolari, ignorando Gabriel che, dietro di loro, si contorceva e agitava per liberarsi.
-Userai subito il tuo potere su di lei, poi manderò a casa Rena Rouge e Carapace. Solo allora le prenderemo il miraculous, chiaro? Nessuno, oltre noi due e Chat Noir, deve conoscere le loro vere identità.-
Le istruzioni erano chiare. Lasciarono perdere il signor Agreste e si diressero correndo piano verso la porta del capannone.
-Veleno- sussurrò Vesperia tenendo in mano il suo yo-yo. Quando Ladybug si voltò a guardarla, Vesperia annuì e insieme uscirono alla calda luce del tramonto. Mayura ebbe solamente il tempo di voltarsi prima che il pungiglione della supereroina la toccasse proprio in mezzo alle scapole, pietrificandola.
-Avete già finito con Papillon?- domandò stupito Carapace.
-Sì, e ora vi devo chiedere un favore. Gradirei non discutere le mie scelte, okay?-
Rena Rouge e Carapace si guardarono confusi, poi annuirono.
-Ora voi tornate a casa, a quella in cui vi ho trovato, io passerò tra poco a riprendere i vostri miraculous.- disse Ladybug con una certa fretta nella voce, i pensieri costantemente rivolti verso Chat Noir.
-Cosa? E lei?- domandò Rena Rouge.
-Di lei ce ne occupiamo io e Vesperia, Rena Rouge, non ti preoccupare.- le rispose frettolosamente.
L’eroina la guardò con la bocca aperta. Stava davvero ordinando a loro due, i primi due supereroi che aveva scelto, di andarsene senza scoprire l’identità segreta di Mayura?
-Stai scherzando, vero?- domandò, alterata, -Siamo rimasti a combattere contro di lei per quasi un’eternità, e ora dovremmo andarcene senza nemmeno conoscere il suo vero nome?-
Anche Ladybug divenne irascibile.
-Sì, esatto, qualche problema la riguardo? Ho detto che non avrei discusso le mie scelte, e non lo farò.- rispose secca.
-Sì, ho qualche problema al riguardo. Perché lei sì e noi no? Pensavo fossimo una squadra. E dov’è Chat Noir?-
In quel momento, nel petto di Ladybug si fece strada una protettività e una rabbia che non aveva mai provato prima.
-Chat Noir deve essere l’ultimo dei tuoi problemi, okay?- la aggredì, e Rena Rouge sussultò, -E ora, o ci andate da soli a casa, o vi riporto io uno alla volta prima di concludere con lei.-
Un silenzio glaciale calò, come se lo spuntare della luna avesse portato con sé tutto il freddo del mondo. Ladybug e Rena Rouge si fronteggiavano, fissandosi negli occhi, entrambe arrabbiate mentre Carapace e Vesperia guardavano intimoriti la scena.
Poi, mentre Rena Rouge si preparava a rispondere, Vesperia si intromise tra le due.
-Basta. Calmatevi entrambe, la rabbia non ci aiuterà.- disse, comprendendo tuttavia tutti i motivi per i quali Ladybug fosse così irascibile, -Rena Rouge… non ti conosco, non so chi tu sia nella vita di tutti i giorni, ma so che senza Ladybug non saresti qui ora. Senza si lei, nessuno di noi tre sarebbe qui, oggi. Ci ha scelto personalmente perché credeva di potersi fidare di noi, ha riposto in ognuno di noi la sua fiducia. E noi, accettando i miraculous, abbiamo scelto di fidarci di lei allo stesso modo. Abbiamo scelto di unirci alla sua squadra, di diventare supereroi e di sottostare alle sue decisioni in quanto leader. Vi ha chiesto un favore, non ve lo ha ordinato, proprio in memoria della fiducia che ha riposto in voi la prima volta che vi ha affidato i miraculous. Te lo ha ordinato perché ti ritiene sua amica, e sa che ci sarai sempre nel momento del bisogno. Ora, lei ha bisogno di questo favore. Non pensi di poter fare ciò che ha chiesto?-
Ladybug fissò Vesperia senza parole e, a giudicare dallo sguardo di Rena Rouge, le sue parole dovevano aver toccato anche lei.
Senza dire una parola, Rena Rouge annuì. Poi afferrò Carapace per un polso e insieme scomparvero in direzione di Parigi. Ladybug volse a Vesperia uno sguardo pieno di riconoscenza.
-Io…- tentò di ringraziarla, ma l’altra scosse il capo.
-Non ti preoccupare, ho solo detto la verità. Ora occupiamoci di lei.- le sorrise Vesperia.
Qualche secondo dopo, anche il miraculous del pavone era tornato tra le mani del guardiano.
-Bene, riportiamoli in città. Come facciamo a farli passare inosservati?- domandò Ladybug.
Vesperia osservò per un attimo la donna pietrificata davanti a sé.
-Un modo si trova sempre. Ad ogni problema c’è una soluzione, giusto? E comunque, con loro me la cavo io. Tu hai una missione più importante da compiere.- le disse voltandosi a guardarla: -Va’ da Chat Noir, Ladybug. Quando avrai fatto, potrai passare da me quando vorrai.-
Ladybug fu presa in contropiede. Il suo dovere era quello di sistemare i due cattivi, ma ormai senza poteri cosa potevano fare? E Chat Noir era là fuori da qualche parte, probabilmente ritrasformato, senza cibo su qualche tetto, dove nessuno poteva raggiungerlo.
-Grazie, Vesperia, grazie davvero. Devi prendere una cosa, quando andrai a casa loro: ci deve essere una cassaforte da qualche parte, probabilmente nello studio del signor Agreste. All’interno, presumo, dovrebbe esserci un libro con il simbolo dell’ordine dei guardiani. Tienilo fino a quando non arriverò a prenderlo insieme al tuo miraculous, okay?-
Vesperia annuì avvicinandosi al capannone per andare a prendere l’uomo. Si salutarono con la mano, poi Ladybug lanciò il suo yo-yo e saltò sui vari capannoni dell’area industriale verso Parigi.
Prima tappa: casa di Alya.
Seconda tappa: casa sua.
Terza tappa: ovunque si trovasse Adrien.
Non ci mise molto a raggiungere la sua amica. Entrò dalla finestra aperta, proprio come qualche ora prima. Nino e Alya erano seduti per terra a ridere con Trixx e Wayzz. Non appena videro la supereroina si alzarono e si sfilarono i miraculous, porgendoli a lei.
-Scusa per prima, Ladybug. Mi sono lasciata trasportare.- si scusò Alya mentre Ladybug prendeva il suo miraculous. L’altra ragazza sorrise.
-Sono io che devo scusarmi con te per essermi arrabbiata. È stata una rivelazione complicata…- tentò di spiegarsi, finendo solo con l’incespicarsi ancora di più.
-...e rimanere avrebbe portato alla rivelazione dell’identità di uno di noi, probabilmente. Non c’è nulla che devi giustificare, Ladybug, non ti preoccupare.- terminò Nino al posto suo. Tutti e tre colsero la sottile allusione a Chat Noir.
-Sì, beh, grazie ragazzi. Ora devo andare, verrò a trovarvi di nuovo, magari per un gelato!- salutò, poi saltò di nuovo fuori dalla finestra.

***

Era ormai tardi quando Ladybug tornò a casa sua entrando dalla finestra della cucina che aveva lasciato aperta. Fortuna che i suoi genitori erano fuori città qualche giorno per un corso di formazione.
Il volto di Chat Noir, sovrapposto a quello del suo compagno di classe, era ormai indelebile nella sua mente e lo vedeva ovunque guardasse. Si diresse a passo spedito, senza nemmeno ritrasformarsi, verso il frigorifero e lo aprì guardando cosa c’era dentro: due porzioni e mezza del polpettone cucinato da sua madre, succo di frutta, verdure varie, camembert e latte. Afferrò il formaggio e il polpettone. Vi tolse il coperchio, poi lo mise nel forno a microonde per riscaldarlo. Nel mentre, corse giù per le scale fino in pasticceria dove, quella mattina, aveva messo una crostata a raffreddarsi dopo averla tirata fuori dal forno. La prese e tornò di sopra. Il polpettone si era scaldato. Prese una borsa e, sistemati il polpettone e la crostata in due contenitori termici, ve li inserì in modo tale da farci stare anche delle posate, dei piatti e una bottiglia di acqua.
Quando salì in camera sua, diretta sul suo terrazzo, si rese conto di aver dimenticato una coperta. Da qualche parte, nel suo armadio, doveva esserci anche un sacco a pelo. Meglio abbondare che deficere, si disse e, preso uno zaino dismesso da secoli, vi infilò una coperta di pile e un sacco a pelo non troppo pesante.
Uscire dalla botola sopra al suo letto fu più complicato del previsto.
Si guardò intorno.
Sul tetto di fronte a casa sua, Adrien stava appoggiato alla ringhiera e guardava verso la Tour Eiffel. Non lo aveva mai visto così, con le spalle curve e le mani che tremavano appena, come se stesse sorreggendo sulle sue spalle il peso del mondo intero.
-È la cosa giusta da fare?- si domandò in un sussurro. Nessuno le rispose. Forse preferiva rimanere da solo, forse non voleva vedere la ragazza che aveva sempre sospettato di suo padre. Ma lei ormai era lì, con la borsa in una mano e lo zaino nell’altra. Non poteva tirarsi indietro proprio in quel momento.
E poi, in un modo o nell’altro il giovane doveva pur mangiare qualcosa.
Con un balzo atterrò sul tetto a qualche metro da lui. Quando Adrien si voltò, Ladybug si accorse che aveva pianto: gli occhi erano gonfi e arrossati, gli angoli della bocca sporgevano leggermente in giù e aveva i capelli spettinati, come se avesse appoggiato la fronte da qualche parte.
-Cosa ci fai qui?- le chiese, -E cosa sono quelle cose?- domandò di nuovo guardando le sue mani piene che appoggiavano tutto per terra. Nella sua voce non c’era cattiveria, solo un pizzico di curiosità e tanta, tantissima gentilezza. Come faceva ad essere immancabilmente gentile anche dopo aver passato una giornata come quella? Il cuore di Ladybug si strinse a quella vista.
-Queste cose sono essenzialmente cibo, con alcune coperte. Rischi di prendere freddo altrimenti.- rispose Ladybug abbassando gli occhi. -E per quanto riguarda l’altra domanda, pensavo avresti gradito un po’ di compagnia. Ma se non è così me ne vado, nessun problema.- si affrettò ad aggiungere. Adrien sorrise leggermente.
-Mi farebbe piacere un po’ di compagnia, in effetti. È stata una brutta serata.- le confidò, -Ma questo credo che tu lo sappia già, o non saresti qui ora.- aggiunse sedendosi per terra.
Ladybug non rispose, limitandosi a prendere una coperta e a stenderla accanto ad Adrien, facendogli segno di sedersi sopra. Vi si sedettero entrambi, uno accanto all’altro.
-Non avevo mai pensato che tu potessi essere Chat Noir.- decise di dirgli, evitando di parlare di suo padre, almeno per il momento, -Non che tu non abbia la stoffa del supereroe e quant'altro!- si affrettò ad aggiungere, -Solo che… non lo so neanche io. Era probabilmente troppo ovvio e troppo improbabile per essere vero.-
Sorprendentemente, Adrien si mise a ridere.
-Sì, credo di capire.- poi, improvvisamente, si fece più serio e si voltò verso la ragazza, -In che senso troppo ovvio e troppo improbabile?-
Ladybug alzò lo sguardo verso la luna e in quel momento parve realizzare che il ragazzo che aveva sempre amato non era altro che quello che aveva sempre rifiutato.
-Ecco… troppo ovvio se penso al fatto che non sei mai stato akumizzato, che non ho mai visto te e Chat Noir contemporaneamente e un sacco di altre sottigliezze come queste. I tuoi ritardi e tutto il resto, intendo.- spiegò, dimenticandosi del fatto che lui non avesse la minima idea di chi fosse lei in realtà, -E troppo improbabile se penso al tuo carattere. Da Chat Noir sei completamente diverso rispetto a quando sei nelle tue vesti civili.-
Anche Adrien volse il suo sguardo alla luna, poi tornò ad osservare la sua amata non appena gli orecchini di lei cominciarono a suonare.
-Parli come se mi conoscessi.- le fece notare.
-Perché ti conosco. E non perché la tua faccia è su tutte le riviste di Parigi.- confessò lei girandosi verso di lui che era più sorpreso che mai. Lui e Ladybug si conoscevano anche nella vita reale? E da quanto? Come si erano conosciuti? Erano amici o semplici conoscenti?
-I tuoi orecchini…- cominciò, ma si bloccò non appena la vide alzare le spalle.
-Non ha importanza ormai. Non volevo che scoprissi chi ero perché era già successo una volta e… beh, era finita malissimo. Ma ora non c’è pericolo. E poi, ora so chi sei. Sarebbe ingiusto tenertela segreta.-
Adrien si mise in ginocchio, ancora più stupido dalle parole appena uscite dalla bocca di lei.
-Era già successo? Non è vero. Me lo ricorderei, se fosse successo.-
Ladybug scosse la testa mentre si sedeva su un fianco, sorreggendosi con un braccio. Un sorriso triste le si dipinse sul volto.
-No, invece. Non puoi ricordartelo. Ti ricordi quella volta che ti ho chiamato all’improvviso? Era sera, e quando ci siamo visti sulla torre di Montparnasse ti ho detto di aver risolto tutto. Tu non avevi idea di che cosa stessi parlando. In pratica, quel giorno Bunnix era venuta da me perché avevo fatto una cosa che aveva compromesso il futuro. Avevo fatto una cosa che ti aveva portato a scoprire la mia identità segreta. Non so come sia successo perché io stessa non sapevo praticamente nulla di ciò che avevo combinato. So solo che eri stato akumizzato, ad un certo punto. Bunnix era venuta da me per portarmi nel futuro a combattere contro di te. Per questo non potevamo conoscere le identità l’uno dell’altro…- e si interruppe, conscia che quello che avrebbe detto dopo avrebbe potuto essere doloroso per Adrien.
-...fino a quando Papillon non fosse stato sconfitto, sì. E ora che lo abbiamo sconfitto, finalmente potrò scoprire chi sei, quindi.- concluse Adrien. Ladybug annuì.
Gli orecchini suonarono di nuovo.
-Che cosa è successo, dopo che me ne sono andato?- domandò Adrien per ingannare i pochi minuti di attesa. Non riusciva a capire se la cosa gli interessava davvero o meno.
Ladybug esitò un attimo, timorosa di recargli nient’altro che dolore.
-Ti prego.- le disse Adrien.
La ragazza sospirò.
-Lo abbiamo legato, poi ho chiesto a Rena e a Carapace di andare via e io e Vesperia abbiamo ripreso il miraculous del pavone. Vesperia poi ha insistito per portare via tutti e due, e io sono venuta da te.- riassunse, -Le ho detto di prendere il grimorio nella cassaforte, lo custodirà insieme al miraculous dell’ape fino a quando non andrò a riprendermeli.-
Gli orecchini ripresero a suonare. Nessuno disse più nulla. Ladybug abbassò gli occhi, con lo stomaco in subbuglio per l’emozione. Come avrebbe reagito Adrien nello scoprire che per tutto quel tempo era stato innamorato della sua compagna di classe? Temeva la sua reazione e, al tempo stesso, non poteva aspettare per vederla.
Quando la trasformazione si sciolse, Ladybug trattenne il respiro. Ancora una volta si chiese come avrebbe reagito il suo compagno di avventure.
Adrien rimase fermo, immobile, impassibile quando davanti a lui comparve Marinette. Una meraviglia mai provata prima lo colse nel realizzare che la sua goffa compagna di classe, timida ed insicura, non era altro che la supereroina di Parigi. Il suo cuore fece una capovolta quando si rese conto che per tutto quel tempo, un solo banco li aveva separati.
-Adrien?- sussurrò la ragazza timidamente, quasi avesse paura, -Ti prego, dì qualcosa.- disse ancora più piano, con un velo di delusione nella voce.
Adrien parlò piano, tranquillo, cautamente.
-Capisco cosa intendevi dire con il fatto che era troppo ovvio e troppo improbabile allo stesso tempo.-
Marinette non alzò gli occhi, e la domanda le venne fuori così tranquillamente che lei stessa se ne stupì:
-Sei deluso, vero?- mormorò mordicchiandosi il labbro. -Io… ti ho portato del polpettone, dell’acqua e una crostata che ho fatto questa mattina. C’è anche un sacco a pelo, nel caso non volessi tornare a casa né andare a dormire da Nino o venire da me. Quindi io…-
-Quindi tu rimarrai a mangiare con me.- la interruppe lui dolcemente. Marinette alzò gli occhi su di lui. -Come puoi pensare che sia deluso, Mari?- le domandò.
Marinette aprì e chiuse un paio di volte la bocca prima di parlare.
-Io non sono la ragazza coraggiosa e determinata che sei abituato a vedere al tuo fianco. Pensavo ti aspettassi qualcuno di più… di più… di più di me.- confidò.
Adrien sorrise.
-Tu sei completamente fuori.- ridacchiò, -Sono felicissimo che sia tu. E sono certo di averti definita la nostra Ladybug di tutti i giorni, una volta.-
Anche Marinette sorrise, poi si allungò a prendere il cibo. Tirò fuori i piatti e le posate e poi servì il polpettone.
-Siamo stati degli stupidi.- aggiunse dopo un po’ Adrien ridendo.
-Già. E pensare che loro due sapevano tutto.- fece notare Marinette indicando i due kwami che, poco distante da loro, mangiavano e chiacchieravano.
-Raccontami ancora della volta in cui ho scoperto la tua identità.- le domandò mentre mangiava.
-Beh… ti ricordi quando sono venuta da te come Ladybug, il giorno dell’onomastico del tuo quinto nome, portandoti un regalo del tuo fan club del Brasile?-
Adrien annuì.
-Ecco. Era quel giorno. In realtà, il regalo era mio. Avevo scritto il mio nome sulla carta e tu mi avevi visto uscire dalla finestra e, beh, suppongo tu abbia fatto 2+2. Io però non lo sapevo ancora. All’improvviso, mentre tornavo dalle ragazze al Trocadero, è spuntata fuori Bunnix e mi ha portata nel suo rifugio. Mi ha detto che qualcosa era successo quel giorno, qualcosa che nel futuro aveva causato la fine del mondo. Mi ha detto che qualcuno era stato akumizzato e che dovevo andare e fare quello che faccio sempre: liberare l’akuma. Mi ha fatto uscire dal suo rifugio e intorno a me era tutto… tutto…- pensò un attimo a come descrivere la desolazione dello scenario che le si era aperto davanti agli occhi, -... tutto così desolato! Parigi era allagata, la Tour Eiffel era ribaltata e in giro non c’era nessuno. C’eri solo tu. O meglio, il te akumizzato.-
-Akumizzato? Ma perché ero stato akumizzato?-
Marinette alzò le spalle.
-Questo non l’ho mai saputo. Bunnix non voleva che sapessi nulla, perché avrei potuto combinare qualche altro casino suppongo.-
-E com’ero? Da akumizzato intendo.-
Marinette posò il suo piatto. Le si era chiuso lo stomaco a pensare a Chat Blanc, che ancora infestava i suoi incubi.
-Non molto diverso da come sei di solito, in realtà. Solo, eri tutto bianco e avevi gli occhi di un azzurro chiarissimo. Ti facevi chiamare Chat Blanc.- disse in un sussurro. Per qualche secondo, Marinette rimase in silenzio.
-Mari.. va tutto bene?- chiese Adrien titubante.
Lei annuì.
-Sì, scusa, è solo che… è stato orribile. Per dei mesi non ho fatto altro che sognarti, ogni volta che chiudevo gli occhi ti rivedevo davanti a me. A volte mi succede ancora.- disse ricominciando a mangiare. Non poteva digiunare, non dopo una giornata come quella. Sarebbe stata male.
-Io… mi dispiace. Possiamo parlare d’altro.- disse Adrien, rendendosi conto in quel momento che ripercorrere certi avvenimenti non doveva essere stato semplice per la sua compagna di avventure.
-No, non ti preoccupare. È giusto che anche tu sappia queste cose. Dopotutto, riguardano principalmente te.- sorrise, un poco forzatamente, -Dove ero rimasta?-
Adrien la osservò per assicurarsi che davvero per lei non fosse un problema. Marinette lo guardava sorridendo dolcemente, tranquilla.
-Stavi descrivendo il mio aspetto. Avevi detto che non c’era nessuno, tutto era inondato e la Tour Eiffel era caduta.-
Marinette annuì.
-Ah sì, ecco. Ti ho trovato su un tetto che cantavi. Mi hai detto di voler prendere il mio miraculous. Abbiamo combattuto a lungo e ad un certo punto mi hai fatto cadere in acqua. Sott’acqua, la città non era cambiata molto… se non fosse per tutti gli abitanti ridotti a delle statue di pietra.-
-Statue di pietra?- domandò Adrien allibito.
Marinette annuì.
-Non sono risalita e ho cominciato a esplorare quel che rimaneva della città. Ai piedi della Tour Eiffel c’eravamo io e Papillon. Cioè, la mia statua e quella di Papillon. Lui sembrava volersi proteggere da qualcosa con le mani, era messo più o meno così.- disse mimando la posizione dell’uomo. Poi continuò:
-La mia statua sembrava spaventata, pietrificata nel momento in cui stava per fare qualche cosa. Quando l’ho toccata, si è polverizzata.-
Fece una pausa per bere un po’ di acqua, e Tikky le volò sulla spalla. Percepiva la difficoltà di Marinette nel ricordare certi particolari.
-Quando ti ho chiesto cosa avessi fatto, mi hai risposto che era stato un’incidente, che tu non volevi. Allora ti ho detto che ti avrei dato il mio miraculous. Mi sono avvicinata e ho rotto il tuo campanello. Quando sei tornato in te, tu mi hai chiesto cosa fosse successo. Ma mi hai chiamata Marinette. Non dovevi saperlo. Con Bunnix sono tornata indietro nel tempo e con il mio lucky charm, una gomma, ho cancellato il mio nome sul regalo. Credevo che l'avessi scoperto e detto a qualcuno, che a sua volta lo aveva confidato a qualcun’altro e così via.-
Adrien rimase fermo a guardarla.
-Non l'avrei mai fatto.-
-Lo so.- gli rispose Marinette vergognandosi, -Ma l’ho capito solo oggi. Ed è meglio così: se lo avessi sospettato prima, probabilmente avrei scoperto la tua identità.-
Non dissero più nulla.
Marinette continuava a pensare a Chat Blanc, al suo “Il nostro amore ha fatto questo al mondo, Milady”. Cosa sarebbe successo adesso? Certamente, Papillon e Mayura erano stati sconfitti e non c’era più alcun pericolo, ma si sarebbe fidata adesso ad andare a casa loro, anche se con Alya e Nino? E soprattutto, ora che tutto era finito, sarebbe stata pronta a limitarsi a rivestire il ruolo di Guardiana, senza altre preoccupazioni che non fossero le ronde periodiche?
Adrien, dal canto suo, si domandava come doveva essere stato per la ragazza combattere contro di lui. Entrambi, da dopo l’attacco del Bambino di Sabbia, erano consci del fatto che il peggior incubo di Chat Noir era quello di combattere contro la sua lady. Doveva essere stato terribile. Improvvisamente, si rese conto dei danni e delle sofferenze che Papillon aveva provocato a tutti e la fame gli passò. Di nuovo si chiese come quell’uomo avesse potuto fare quello che aveva fatto, passando sopra a tutti, ai parigini, ai suoi collaboratori, al suo stesso figlio.
Rimasero in silenzio mentre Marinette tagliava la crostata e ne serviva una fatta ad Adrien, una ai due piccoli kwami ed una a sé stessa.
-Domani non verrò a scuola.- la informò ad un certo punto.
-Dirò alla professoressa che sei stato male questa notte. Ti passo gli appunti. Tornerai a casa?- chiese.
Adrien scosse la testa.
-No, penso che starò un po’ da solo. Non ho molta voglia né di vedere loro, né di dovermi subire la compassione di qualcuno.- commentò mesto.
Marinette annuì.
Nel frattempo, nel cielo erano spuntate le stelle. Non erano molto visibili, vista la luce della Tour Eiffel che brillava in lontananza.
-Grazie per la cena, e anche per il sacco a pelo. Mi sistemerò su un tetto riparato.- le disse mentre si alzava e le porgeva una mano. Marinette accettò di buon grado.
-Figurati, era il minimo che potessi fare. Mi sa che è meglio se ora vado a recuperare il miraculous e il Grimorio da Vesperia.- rispose Marinette. Un velo di imbarazzo scese tra di loro. Poi, Adrien annullò le distanze tra di loro e la strinse in un abbraccio.
Si abbracciarono per qualche minuto, respirando l’uno il profumo dell’altra, poi si separarono. Tikky volò al fianco della sua portatrice e aspettò che Marinette pronunciasse le consuete parole.
-Tikky, trasformami.- sussurrò, e in meno di un secondo davanti a Adrien era tornata Ladybug, -Se hai bisogno, sai dove trovarmi. I miei sono via qualche giorno, quindi non farti problemi, okay?-
Adrien annuì.
-Notte Adrien.- le disse poco prima di librarsi in aria per raggiungere il suo balcone, dove avrebbe lasciato le cose sporche e una coperta avanzata.
-Notte Milady.- rispose lui, osservandola scomparire nella notte.
 
***

Sperò che non fosse troppo tardi e che Zoe fosse ancora sveglia. Al Grand Hotel vi erano diverse luci ancora accese, ma solo una, all’ultimo piano, faceva presumere che il suo occupante non fosse ancora caduto tra le braccia di Morfeo.
Ladybug scese con molta calma sul grande terrazzo della stanza di Zoe e, sbirciando all’interno, la vide sdraiata sul letto intenta a parlare con qualcuno. Che vi fosse qualcuno in camera con lei? Oppure si stava rivolgendo a Pollen?
Doveva presumere che la missione si fosse conclusa nel migliore dei modi.
Bussò piano alla porta a vetri che dava sull’elegante salotto e aspettò. Zoe si era voltata di scatto, rigida ed attenta, e stava perlustrando con gli occhi ogni centimetro della stanza. Poi, finalmente la vide. Un enorme sorriso le si aprì sul volto e con un balzò saltò giù dal letto.
-Ladybug!- esclamò aprendo la porta ed invitandola ad entrare.
-Scusa per l’ora, non ci avevo fatto caso.- si scusò l’eroina.
Pollen svolazzava tranquilla in giro per la stanza.
-Immaginavo che non saresti arrivata troppo presto. Come sta?- chiese, sinceramente preoccupata.
Ladybug si abbandonò su una poltrona.
-Male. Non lo dà a vedere molto, ma lo conosco troppo bene per non accorgermene. Gli ho portato da mangiare e qualcosa per dormire. Mi ha detto che avrebbe dormito su un tetto, voleva rimanere un po’ da solo. Mi ha anche detto che non si farà vedere a scuola per un po’, nel caso qualcuno facesse domande…-
-Ci penserò io, non ti preoccupare. Lui non sa chi sono, vero?- domandò.
-No, non che io sappia. Io non gli ho rivelato alcuna identità. Sa solo la mia, da oggi. E quella di Viperion e di Ryuko.- rispose, evitando lo sguardo di sorpresa della ragazza.
-Ho trovato quello che mi avevi detti. Ci ho messo un po’, ma alla fine sono riuscita ad aprire la cassaforte.- la informò Zoe sorridendo e avvicinandosi al suo letto. Infilò la mano sotto al suo giaciglio e, dopo pochi secondi, ne tirò fuori un grosso libro con il simbolo dei Guardiani.
Ladybug saltò in piedi.
-È proprio lui! Oh Zoe, grazie mille. Erano anni che non tornava nelle mani di un Guardiano. Chissà che cosa potrei scoprire decodificandone le pagine…- disse con tono sognante sfogliandolo.
-Mi dispiace di averti lasciato così, prima.- le confidò poi. Zoe sorrise.
-Avevi cose più importanti da fare. Anche ora che Papillon non c’è più e che non può più akumizzare nessuno, un ragazzo da solo, dopo aver subito un colpo del genere, è una minaccia. Più per sé stesso che per gli altri.- rifletté la bionda, -Non che creda che possa volersi fare del male, questo no… però è senza dubbio stata la battaglia peggiore della sua vita.-
-Battaglia che ha segnato l’inizio di una ancora più importante. Sarà molto vulnerabile, temo.. dobbiamo stargli vicino il più possibile.- concordò Ladybug, -Ma ora va’ a dormire. È stata una giornata lunga anche per noi.-
E con un caloroso sorriso, preso il miraculous e il Grimorio, si congedò.

***

Arrivò a casa che era mezzanotte passata. Per prima cosa sistemò il Grimorio al sicuro insieme alla Miracle Box, poi si ritrasformò e, dopo essersi cambiata, scese al piano di sotto per sistemare i piatti usati quella sera. Li lavò ad uno ad uno e li sistemò nella credenza senza parlare. Era esausta. Aveva provato così tante emozioni quella sera, che non vedeva l’ora di coricarsi e dormire un po’. Il suo letto ad una piazza e mezza al piano di sopra era diventato un chiodo fisso nella sua mente.
Si era dimenticata di chiamare sua madre e suo padre. Sperò che non si fossero preoccupati troppo. Se non altro, aveva avuto la lungimiranza di finire in anticipo i compiti per il giorno dopo.
-Domani non lasciarmi dormire più del dovuto, okay? Sii cattiva.- disse a Tikky mentre si lavava.
-Posso davvero essere cattiva? Non me lo avevi mai detto. Non temere, domani ti alzerai.- le rispose la creaturina appoggiata vicino al lavabo.
Marinette sorrise.
-Non troppo cattiva, solo il necessario per farmi arrivare alle 7:55 a scuola.- la corresse ridacchiando.
Salì sbadigliando in camera sua e si cambiò.
Chissà dov’era in quel momento Adrien. Chissà se era riuscito a prendere sonno, dopo gli avvenimenti di quella terribile giornata.
Si stava per mettere a dormire quando, quasi per sbaglio, sentì un rumore fuori dalla botola che dava sul suo balcone. Controvoglia si alzò e, rapidamente, fece scattare il chiavistello.
Davanti a lei, Chat Noir la guardava con le orecchie basse.
-Chat…- mormorò Marinette, -Tutto bene? Hai bisogno di qualcosa?-
Per un momento, Chat Noir non disse nulla, poi sussurrò:
-Il tuo invito per dormire è ancora valido? Mi sbagliavo… non mi va affatto di rimanere da solo, stanotte.-
Marinette lo osservò. Lui non voleva la pietà di nessuno, e sicuramente non avrebbe avuto la sua. Avrebbe avuto la sua amicizia, la sua lealtà, il suo amore. Ma non lo avrebbe guardato con compassione.
-Certo, entra. Neanche a me va di stare da sola.- gli rispose facendosi da parte.
Chat Noir entrò con un balzo, lasciando le cose che l’amica gli aveva dato sul balcone. Quella notte era limpida, non avrebbe piovuto. Avrebbero potuto tranquillamente recuperarle il giorno seguente.
-Quando tornano i tuoi genitori?- domandò titubante dopo aver annullato la trasformazione.
-Tra tre giorni. Fino ad allora, puoi restare qui tutto il tempo. Io andrò a scuola e ti passerò gli appunti, se vorrai.-
Adrien annuì.
-Non voglio rimanere indietro.- disse. Poi aggiunse: -Dove posso dormire? Mi accontento del fondo del letto.-
Marinette ridacchiò.
-Ma che padrona di casa pensi che sia? Non ti farei mai dormire in fondo al letto. In ogni caso, per questa notte dovrai accontentarti di dormire con me, se non è un problema. Non ho le forze di farti il letto dei miei.- ammise.
Adrien sorrise riconoscente.
-Non è assolutamente un problema, anzi. Grazie.-
Marinette andò a prendergli un pigiama estivo di suo padre che, di fatto, gli arrivava alle caviglie.
Poi si coricarono uno di fronte all’altro.
Tikky e Plagg si sistemarono sul lettino che Marinette aveva cucito per il suo kwami e spensero le luci.
Circondato dal buio, di nuovo, Adrien sentì un groppo alla gola. Le emozioni provate quel giorno gli tornarono alla mente facendogli rivivere quegli spiacevoli avvenimenti. Una lacrima calda gli rigò il volto, seguita da un’altra e da un’altra ancora. Immediatamente, Plagg fu al suo fianco. Si sistemò sui suoi capelli, tentando di consolarlo con la sua piccola zampina.
Anche Marinette se ne accorse. Sapeva che, da quel momento, avrebbe dovuto fare di tutto perché Adrien tornasse quello gioioso di un tempo. Ci sarebbe voluto un po’. Poi, magari, sarebbe riuscito a riappacificarsi con il padre e a capire i suoi motivi, ma intanto doveva guarire. Stese le braccia avanti e lo strinse forte nel suo abbraccio.
Rimasero così, lei con le braccia avvolte intorno alle sue spalle e lui che le cingeva la vita, per molto tempo. E così si addormentarono.
   
 
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