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Autore: cabin13    11/01/2022    1 recensioni
[Percy Jackson!AU]
Il figlio di Ares ha la fama di essere ribelle e scorbutico, ma è anche il migliore spadaccino del Campo. E un mio caro amico.
– Sei pronta Pidge? – mi chiede mettendosi al centro dello spiazzo e contemporaneamente facendo roteare la spada di legno che usa per gli allenamenti.
***– Lance! – strillo a questo prendendolo per le spalle magre, è più basso di me solo di pochi centimetri. Il mio migliore amico sobbalza preso alla sprovvista e poco ci manca che faccia un infarto, ma finalmente chiude la bocca e sta ad ascoltarmi. – Amico, se ti chiama in fisica ti copro io! Sperando di non farmi beccare da Altean, s’intende…
***Digrigno i denti e stringo i pugni, i muscoli mi stanno chiedendo pietà ma non sono intenzionato a mollare; se proprio devo, preferisco mille volte morire per la fatica che per mano loro. {...} questi corridoi sono tutti uguali per me, senza un mortale è impossibile districarsi in questo dedalo di vie.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Garrison Hunk, Gunderson Pidge/Holt Katie, Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tra Shiro e Will non so chi sia messo peggio. Il dottore biondo ha uno zigomo violaceo e la pelle di collo e torace arrossata laddove la mano metallica del figlio di Zeus l’ha afferrato. Quando stamattina sono entrato in infermeria con Nico, l’italiano è trasalito alla vista di come era ridotto il suo ragazzo.

Dal canto suo, Shiro non è messo tanto meglio. Le ferite stanno pian piano guarendo, ma è dal punto di vista emotivo che mi sta preoccupando. Ha un’espressione livida in viso e lo so che si sta accusando per quello che è successo a Solace. Ma non è certo colpa sua se il Labirinto l’ha quasi portato alla pazzia, è stato anche abbastanza forte da riscuotersi da quelle allucinazioni quando ha udito le grida del figlio di Apollo.

Mi rivolge un flebile saluto, a malapena solleva la testa. È straziante vederlo così e mi fa sentire completamente inutile. Sono negato con i discorsi motivazionali, io – Pidge dice che lo sono con le relazioni personali in generale, ma lei è una degna concorrente –, e non so bene cos’altro dire se non ripetere che non è stata colpa sua. Peccato che come frase suoni alquanto vuota e priva di senso.

Prendo una sedia e la accomodo vicino al letto del mio amico.

– Ehi, sono riuscito a salvarti un po’ di ciambelle dalla colazione… – gli dico con un sorriso, nella speranza di rompere il ghiaccio e tirarlo un po’ su di morale. Va matto per le ciambelle e qui al Campo se ne riempiva sempre almeno due piatti ogni mattina.

Dall’altra parte della stanza Will non protesta per quello sgarro nella dieta del suo paziente, perciò poso il tovagliolo ricco di leccornie sul lenzuolo. Gli occhi del figlio di Zeus si illuminano e un piccolo sorriso si accenna sulle sue labbra. È davvero triste vederlo ridotto così, anche se è una buona cosa che si metta a sorridere. Il Labirinto non l’ha piegato del tutto, un po’ del vecchio Shiro è ancora rimasto in lui.

– Tre donut? Oh Keith… lo sai che posso fare di meglio – gracchia. È un commento divertito, che cerca di spezzare la tensione.

Di riflesso mi ritrovo a sorridere anch’io, per la sua battuta che mi alleggerisce il cuore sia perché chiunque abbia tentato di distruggergli la mente e fargli a pezzi il corpo non c’è riuscito: Shiro se n’è sempre uscito con pessime spiritosaggini che facevano più piangere che altro ma non per questo ha mai smesso di farle e anche adesso, più di là che di qua e con il senso di colpa per aver picchiato Will e perso la famiglia di Pidge, sta provando a rialzarsi, a tornare quello che tutti conoscono.

Quando ha quasi finito anche l’ultimo dolcetto, mi arrischio a tornare sull’argomento “Labirinto”. Non che mi piaccia farglielo ricordare, ma se non vogliamo che il nostro Campo venga spazzato via bisogna capire cos’è la minaccia che si annida in quei corridoi sotterranei, e Shiro è l’unico che può dare delle informazioni.

– Uh, senti Shiro… – comincio titubante. – Ti… ti ricordi quello che hai detto ieri finché parlavi del Labirinto? Della persona che… vuole distruggere?

L’espressione del figlio di Zeus si rabbuia si colpo. – Ricordo un’arena di gladiatori, c’erano dracene e altri mostri, ma è un’accozzaglia di flash confusi. È difficile mettere insieme i pezzi. – sospira, tormentandosi le dita con la protesi. – Il loro capo so che si chiama Zarkon ed è un essere millenario, affamato di potere oltre ogni limite. Con lui c’è una… maga, credo, ma davvero non ti so dire di più.

Spero che quando riferiremo a Chirone lui la prenda meglio di me. Il mio cuore perde un battito, la mascella che si serra e il respiro che si fa più lento e pesante mentre elaboro le poche informazioni che mi ha appena raccontato. Non è molto ma hanno comunque lo stesso effetto di una bomba.

Non sono i Titani o Gea, quelle due guerre sono state devastanti per entrambi i Campi, tuttavia non è che la cosa mi conforti molto, il pericolo c’è comunque e non possiamo sottovalutarlo. Non dobbiamo farci cogliere impreparati.

– E Sam e Matt? Almeno loro sono vivi?

– Lo erano l’ultima volta che li ho visti. – mormora con espressione afflitta. – Non… non ho idea di cosa abbiano fatto loro o di dove li abbiano portati.

Sento lo stomaco stringersi in una morsa quasi dolorosa, un groppo alla gola mi impedisce di rispondergli, ma la mia mente sta lavorando a mille; centinaia sono le possibilità. Forse… forse Sam sta facendo loro da guida attraverso le trappole del Labirinto, dato che solo un mortale è in grado di orientarcisi: sarebbe prigioniero dei nemici, ma perlomeno avrebbero una ragione per tenerlo in vita il più a lungo possibile.

Chi mi preoccupa è Matt. Se non era nell’arena con Shiro, dove può essere finito? Un solo semidio alla mercé di centinaia di mostri…

No. Mi rifiuto di immaginare il peggior scenario possibile, lui è vivo. Deve essere vivo. Voglio condividere l’ottimismo e la testardaggine di Pidge. Perché se fosse il contrario, io non oso immaginare come reagirebbe la figlia di Atena; credo sarebbe capace di avventurarsi negli Inferi e riportare indietro le anime con le sue stesse mani, o morirebbe provandoci, e nemmeno Ade in persona potrebbe fermarla.

– Potrei chiedere a mio padre… – si fa avanti Nico.

Mi sono quasi dimenticato che ci fossero anche lui e Will in infermeria, la conversazione con Shiro ha catturato tutta la mia attenzione, ma anche loro devono aver sentito tutto del resoconto del Labirinto. E considerando che hanno affrontato due guerre più di me – contro i Titani e poi la madre terra Gea l’anno successivo – sanno bene quanto rischia il Campo se non ci mobilitiamo all’istante.

– Io non sono riuscito a percepire niente, è difficile distinguere una morte vera e propria quando l’intero posto è impregnato di morte in ogni suo singolo angolo. – commenta con una smorfia.

Non so bene come replicare all’intervento del ragazzo, perciò mi limito a rivolgergli un cenno di ringraziamento. Le labbra di Shiro si incurvano verso l’alto in un timido sorriso, sebbene il sollievo del gesto non raggiunga anche i suoi occhi. Quelli restano opachi, distanti.

– Questa cosa potrebbe aprire le porte a una nuova, terza Grande Profezia. – interviene Will, cupo. – Sia durante la guerra con i Titani che quella con Gea, a far da sfondo c’era sempre una profezia dell’oracolo…

– Una profezia che invierebbe i prescelti in una missione totalmente suicida! – esclama allora Shiro. – Ancor più delle solite imprese!

Tutto questo non è molto rincuorante: se le usuali profezie dell’oracolo portano sempre un presagio di morte per chiunque sia il destinatario, le Grandi Profezie portano la cosa a un livello superiore, prevedendo la dipartita dei loro destinatari e anche di chiunque altro.

Ci sarebbe da sperare che il dottore abbia sbagliato alla grande con questa ipotesi o che noi siamo saltati alle conclusioni troppo presto, ma sarebbe un’effimera illusione: i racconti di Shiro sono già abbastanza per intuirlo e inoltre non è un caso che il figlio di Zeus sia riapparso dopo un anno nel Labirinto proprio nello stesso luogo in cui si trovavano due nuovi semidei.

Una Terza Grande Profezia e una terza guerra si stanno avvicinando sempre di più.

---

Hunk e Lance hanno detto di avere entrambi quindici anni, cioè gli stessi di Keith e due più di me, ma l’attuale atteggiamento dell’ispanico sembra smentire quanto stabilito. È quasi tutta la mattinata che comportamento infantile e irritante apatia si alternano, manco avesse due teste che pensano per conto proprio come il dio Giano.

Siamo nell’arena da ormai quasi tre ore e l’unico che sembra aver fatto qualche timido progresso è solo il semidio più robusto. Non si è trasformato in chissà quale macchina assassina, ma a furia di provare e riprovare sta cominciando ad apprendere qualche mossa di combattimento basilare. Il suo compagno di allenamento è Ryan Kinkade, un afroamericano della Capanna Undici, il quale gli sta spiegando come ottimizzare le potenzialità del suo nuovo martello di bronzo.

Ci ha impiegato un po’ per trovare l’arma più adatta a lui: l’armeria trabocca dei più disparati oggetti, quelli di Efesto si sono dati un gran daffare tra spade, lance e persino moderni fucili di precisione. Ogni nuovo arrivato al Campo ha solo l’imbarazzo della scelta.

Motivo per cui non riesco a capire come mai il figlio di Poseidone si sia intestardito solo sulla spada. È una cosa che mi manda ai pazzi, il suo modo di fare non ha alcun senso.

La voglia di prendere il mio pugnale e ficcarglielo in luoghi che certo non si scorderà per almeno il prossimo secolo è davvero tanta, ma dubito che Chirone la possa prendere bene se vado a dirgli che ho appena dato la possibilità al dio del mare di rinnovare il suo astio contro mia madre.

Tra i nostri genitori non è mai corso buon sangue: la contesa di Atene in cui Poseidone ha creato i cavalli e Atena l’ulivo, la maledizione di Medusa – lei e Poseidone dissacrarono un tempio della dea – e gli schieramenti opposti durante la guerra di Troia. Non sono in buoni rapporti nemmeno ora che Percy Jackson e mia sorella Annabeth – considerati due eroi qui al Campo – hanno una relazione stabile e da anni convivono a Nuova Roma, nel Campo romano dall’altra parte del Paese.

È fastidioso osservare Lance combattere – o meglio, prenderle – contro Nadia Rizavi. Non ci prova neanche ad ascoltare le dritte della figlia di Ermes, quando lei gli parla è come se fosse su un altro pianeta. Poi però mugugna e si lamenta ogni volta che la spadaccina lo fa finire col sedere sulla sabbia rossa.

– Andiamo, te l’ho detto anche prima, amico! – sbotta per l’ennesima volta Nadia, la punta della spada che sfiora il viso del semidio. – Non è il polso che devi irrigidire quando dai un colpo, altrimenti perdi forza e hai una presa da schifo sull’elsa!

Il più alto è disteso a terra, i gomiti poggiati sul terreno per tenere sollevato il busto, e la ridicola espressione con cui osserva la giovane dalla pelle olivastra è un misto di stupore e stizza, con gli occhi spalancati e la bocca semichiusa.

– Primo, non sono tuo amico. – sputa velenoso, mentre lentamente si rialza e si spolvera i vestiti. – Secondo, è tutta la mattina che mi massacri. Mi sembra più che normale che dopo un po’ io inizi a perdere colpi, no?

In nome di Atena, ma fa sul serio o ha solo un pessimo senso dell’umorismo? È dall’inizio degli allenamenti che sta “perdendo colpi”!

Anche Kinkade e Hunk hanno ormai interrotto la loro sessione e adesso scoccano al ragazzo un’occhiata in tralice. Sembra che il secondo stia pure per aggiungere qualcosa, però ci ripensa quasi subito e serra le labbra in una linea sottile. I suoi lineamenti mutano in un’espressione rattristita e anche se non lo conosco quasi per niente un po’ mi dispiace vederlo ridotto così: dopotutto, prima di tutto questo casino, mi è parso che lui e Lance fossero buoni amici.

Non ho tempo per stare a rifletterci su, però, perché il tremore delle spalle di Nadia mi riporta alla realtà. La schiena della figlia di Ermes è in tensione e non ci vuole un genio per intuire che è sul punto di perdere le staffe. L’ho vista un paio di volte in cui le è partito l’embolo, non è mai una buona cosa per il destinatario della sua ira, chiunque esso sia. Non so cos’abbia nel cervello quell’ispanico, ma di certo non deve avere molto istinto di autoconservazione.

Dalla mia postazione sul gradone più basso dell’arena scatto in piedi e mi fiondo verso di loro, frapponendomi tra i due prima che a Rizavi possa venire in mente di ridurlo a fette o staccargli la testa dal collo. Anche Kinkade si è avvicinato e sta convincendo Nadia a mollare la sua arma, la voce così rilassata e persuasiva che a volte mi domando come faccia ad essere figlio di Ermes e non Afrodite.

Mi volto verso Lance e lo osservo con l’occhiata più torva di cui sono capace. Ha intuito di aver fatto una cavolata, dato che lo vedo impallidire e stringersi nelle spalle, come a volersi fare piccolo-piccolo. Forse mormora anche un “mi dispiace” ma è difficile afferrare perché è un indistinto borbottio a mezza bocca, non capisco nemmeno se è inglese o spagnolo.

– Senti, Lance, – il tono con cui mi rivolgo a lui è scortese e imbronciato – che ne dici se ti porto a fare un giro così ti calmi un po’, eh?

Le sue pupille color del mare incrociano le mie castane in un’occhiataccia furente e non so dire chi in questo momento sia più desideroso di incenerire l’altro con lo sguardo. È una questione di orgoglio, adesso; non ho la minima intenzione di cedere per prima e darla vinta a questo tizio che non riesce a prendere la cosa sul serio. Poco mi importa che sia un novellino arrivato il giorno prima, il suo amico è nella sua stessa situazione ma non si sta comportando di merda come lui.

– Okay. – grugnisce alla fine, il viso contratto in una smorfia che tradisce tutta la sua irritazione.

Oh beh, pure io preferirei affrontare un manipolo di mostri assetati di sangue e invece mi tocca portarlo via da lì prima che qualcuno abbia la (saggia) idea di passarlo a fil di spada; non è l’unico che avrebbe bisogno di una dose di entusiasmo sparata in endovena.

Attraversiamo i campi di fragole – la cui produzione è la principale attività economica del Campo nel mondo mortale – e riconosco Shay e alcune delle sue sorelle indaffarate insieme a delle driadi a prendersi cura delle piantine e rivolgo loro solo un cenno di saluto sbrigativo mentre cammino a passo di marcia, Lance alle mie calcagna che mi segue senza fiatare. Curvo verso sinistra e proseguo in direzione della Casa Grande, che per nostra fortuna appare deserta. Non avrei proprio voglia di incrociare Chirone o il direttore del Campo, il signor D (che sarebbe il dio Dioniso, è relegato qui per aver violato una ninfa vietata da Zeus o roba del genere).

Superiamo il pino di Talia, l’albero che crea una barriera magica di protezione intorno al Campo. A rinforzare il confine, sui suoi rami c’è posato il mitico Vello d’Oro dagli straordinari poteri curativi – recuperato anni prima da Percy, Annabeth e l’ex capo cabina di Ares, Clarisse – e a guardia di esso c’è il gigantesco drago Peleo, quello che li ha spaventati il giorno precedente.

Costeggiamo i campi di pallavolo, dove si sta disputando un’accesa partita tra le case di Nike e… Nike. Quegli invasati dei figli della vittoria sono così competitivi che si stanno sfidando di nuovo per chissà quale stupido motivo, tipo stabilire qual è la salsa migliore da mettere sulle costolette alla griglia o che so io. Non invidio per niente il povero satiro che ha l’ingrato compito di arbitrare.

Alla fine raggiungiamo la zona circostante l’anfiteatro: quasi nessuno bazzica per quest’area, soprattutto la mattina, quindi è l’ideale per lasciare che Lance finalmente si calmi un po’. Siamo al limitare del confine magico e possiamo osservare le colline verdeggianti che si estendono a perdita d’occhio nella campagna di Long Island. Chiudo gli occhi e inspiro a pieni polmoni, avverto il calore del sole quasi estivo che mi bacia la pelle e percepisco il profumo della natura rigogliosa.

– Senti… – con un mormorio sommesso Lance mi ricorda della sua presenza. – Ti spiacerebbe sederti anche tu? Così mi metti ansia.

Di nuovo quello sguardo torvo. È seduto qualche passo avanti a me e si è voltato nella mia direzione. Sarei tentata di fare il contrario solo per come mi sta osservando adesso, ma ho davvero voglia di stendermi tra i ciuffi d’erba a contemplare il panorama perciò mi accomodo a qualche metro di distanza.

Non so per quanto rimaniamo così, a guardare verso l’orizzonte ognuno perso nelle sue riflessioni con in sottofondo il vociare lontano degli altri campeggiatori impegnati nelle proprie attività. Il mio pensiero va a mio padre e a mio fratello, dispersi chissà dove nei meandri del Labirinto: non ho mai creduto che fossero morti né mai lo farò. Il mio piano di andare a cercarli – da sola o con Keith – non è cambiato nemmeno ora che Shiro è riapparso dopo un anno, devo solo aspettare che si rimetta del tutto così da poter carpire più informazioni possibili prima di avventurarmi sottoterra-

– Mi dispiace per prima.

A distrarmi dalle mie preoccupazioni è il sospiro sommesso del castano. Sta ancora guardando dritto davanti a sé, ma posso vedere come tiene la schiena e le spalle incurvate in avanti in una posa quasi afflitta. Le intende davvero queste scuse.

– Non so che cosa mi stia prendendo oggi… e anche ieri. Ho davvero fatto un merequetengue al laghetto.

– Se stai intendendo un casino hai proprio ragione... – mormoro di rimando. – Stamattina sei stato davvero stronzo con Nadia. A quest’ora saresti un sushi se non fossimo intervenuti io e Kinkade. Te lo saresti meritato, però.

Riesco a strappargli una risatina ed è piuttosto strano per me ritrovarmi qui con un ragazzo con cui non sono andata d’accordo negli ultimi due giorni a parlare come se niente fosse. Non sono quel tipo di persona che si sente facilmente a proprio agio con chiunque.

– Comunque, se ti può consolare, di solito gli arrivi al Campo sono più rocamboleschi. Più di uno qui è arrivato la prima volta con qualche mostro alle calcagna o con un aspetto che pareva più morto che vivo. Tu e Hunk avete avuto parecchia fortuna…

– Wow, tu sì che sai come far stare meglio la gente – sta facendo del sarcasmo, ma non c’è alcuna vena velenosa nella sua voce. Sembra una persona totalmente diversa dal ragazzo nell’arena di poco prima, tutta la sua aggressività è scemata piuttosto in fretta.

Faccio le spallucce. – Talento naturale.

Di nuovo il silenzio ci avvolge. Dopo qualche minuto stavolta sono io a spezzarlo. – Me la cavo meglio con la matematica e gli ingranaggi piuttosto che con gli umani… Però! Dall’alto della mia totale incapacità con le relazioni interpersonali posso dirti lo stesso che è meglio se ti chiarisci con il tuo amico; non puoi continuare a tenerti dentro tutto, soprattutto se poi te la prendi con gli altri a casaccio.

– Gli parlerò, solo… solo non subito.

– Posso dire che ti sei arrabbiato per una stronzata?

Si volta di scatto verso di me con una velocità tale da farmi credere che le vertebre del collo si siano scrocchiate. I suoi lineamenti affilati sono contratti in un’espressione imbronciata. – Stavi pure iniziando ad essermi simpatica… – brontola.

– Sono sincera. Renditi conto che ti sei incazzato con Hunk perché non ti ha detto che anche lui è dislessico! È una cazzata!

– Non è per la sua dislessia che estoy bolo!1 – controbatte il semidio buttando le braccia al cielo. – Io e Hunk ci siamo sempre confidati tutto e sapere che non mi ha detto una cosa così… così basilare… La fiducia per me è tutto!

Lo osservo con un sopracciglio inarcato, scettica. Per come la vedo io rimane sempre una motivazione del cavolo, ma decido di lasciare perdere: secondo me ci sono modi peggiori per tradire la fiducia di qualcuno e tacere una banalità del genere di certo non rientra tra questi. Non a tutti piace sbandierare ai quattro venti il loro deficit dell’attenzione, per quanto ne so io Hunk potrebbe essere uno di questi.

– Ma tu in tutti gli anni che lo conosci non hai mai notato niente di strano? – è la domanda che però mi sorge spontanea. – Proprio mai, zero totale?

Dal senso di colpa dipinto sulla sua faccia deduco che la risposta sia “no”, o al massimo un “quasi mai”. Il mio lato logico mi dice che è una cosa da idioti e mi esorta a farglielo notare, ma non riesco ad essere troppo dura di fronte a quegli occhioni lucidi, da cucciolo bastonato. E la cosa mi spiazza parecchio, perché di solito sono inflessibile: mio fratello me li faceva spesso quando eravamo piccoli per cercare di convincermi a fare qualcosa – la cosa buffa è che è lui il maggiore – e solo con gli anni ho imparato a resistere a quello sguardo ambrato da cerbiatto.

Con Lance però non ce la faccio, e la cosa mi irrita. Con quelle pupille color oceano sembra penetrarmi fin dentro l’anima e non mi piace che io mi stia perdendo ad osservare le mille sfumature dei suoi occhi: la tonalità predominante è il turchese, ma scorgo anche pagliuzze verdastre e azzurrine che danno movimento—

Ecco, lo sto facendo di nuovo. Torna nel mondo reale, Pidge!

Noto che Lance ha socchiuso le labbra come a voler dire qualcosa, ma non ne esce alcun suono. Credo che non sappia nemmeno lui cosa replicare alla mia domanda di poco prima, non ha nessuna giustificazione.

Dimentichiamo tutto, però, non appena udiamo un boato così forte da farci ghiacciare il sangue nelle vene. Scatto in piedi allarmata; cosa cazzo è successo? È uno dei ragazzi di Efesto che ha sbagliato qualcosa con un esperimento? Ma non avrebbe senso, la loro officina è da tutt’altra parte rispetto all’anfiteatro…!

Poi lo udiamo. Un urlo acuto e disperato, di puro terrore.

– Guarda, laggiù! – mi indica il figlio di Poseidone.

Sta puntando dritto davanti a sé, verso le colline a qualche centinaio di metri oltre il confine magico. Devo assottigliare gli occhi per poterlo scorgere, ma alla fine lo noto: un bagliore argenteo, come di metallo che riflette la luce del sole, e una figura più scura e imponente che ci si sta avventando contro. Mi si ghiaccia il sangue nelle vene quando mi rendo conto che il luccichio è metallo, il metallo di un’arma. E a tenerla in mano è una persona che se la sta vedendo brutta.

– Merda! Dobbiamo dargli una mano!

– Lance, no! Sei disarmato!

Ma è già troppo tardi. Il semidio si sta fiondando a rotta di collo giù dalla collina verso le due sagome in una missione suicida. Siamo troppo lontani perché qualcuno si possa accorgere del casino, la mia idea era di mandare lui a chiamare aiuto ma adesso dovremmo arrangiarci. Stringo con forza l’elsa del pugnale che ho appeso al fianco e mi lancio al suo inseguimento.

 

 

 

1essere arrabbiato





Hola gente

Dopo due anni che non bazzico per questo fandom (complici una pandemia mondiale e un blocco dello scrittore), finalmente riappaio con un nuovo capitolo! In realtà avrebbe dovuto essere più lungo, ma l'ultima parte è quella che continua a non convincermi... Ci voglio lavorare su, perché sono davvero determinata a terminare i dieci/quindici capitoli che avevo pianificato sin dall'inizio

Le cose sembrano un po' movimentarsi, non spoilero niente ma finalmente scriverò (o almeno ci proverò) qualche scena d'azione

Ringrazio chi recensirà e anche chi leggerà e basta

Alla prossima gente

Adios

   
 
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