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Autore: EleWar    11/01/2022    8 recensioni
Cosa c'è di più bello che essere romanticamente corteggiate? E per Kaori è giunta finalmente l'ora!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Sapendo che sentivate la mia mancanza, (ahahahahaha XD XD XD, sì come no???) eccomi qua, con l’ennesima storiellina (questa è composta di due soli capitoli), molto dolce e romantica... almeno spero! Quando l’ho scritta avevo bisogno di tenerezza *.*
Ve la dedico.
con affetto e simpatia
Eleonora





Cap. 1 - Lo spasimante
 
 
Ogni qualvolta Kaori passava davanti al negozio dei suoi genitori, Aki sospirava.
Se poi la ragazza entrava a comperare il pesce, il ragazzo andava in palla totale: bloccato dalla timidezza, perdeva la sua spontaneità e faceva in modo di defilarsi, cosicché venisse servita da suo padre o da sua madre.
 
Un giorno che era stato costretto a servirla, perché i suoi erano temporaneamente impegnati con altri clienti, per poco non era svenuto: aveva balbettato tutto il tempo e sudato freddo, e il fatto che lei continuasse a sorridergli incoraggiante, non lo aveva di certo aiutato.
 
Era così dolce, così carina!
Non appena Aki la vedeva il suo cuore pareva impazzire, e non faceva che pensare a lei.
E se non troppo spesso Kaori poteva permettersi di andare a comprare pesce fresco – perché, gli aveva spiegato sua madre, evidentemente non sempre poteva, e la signorina Makimura non voleva lasciare debiti – almeno tutti i giorni passava lì davanti.
 
Ed Aki era diviso fra la voglia matta di vederla da vicino – o al di là del bancone, con il rischio però di dover interagire con lei e di fare la figura del fesso, incapace di dirle anche solo buongiorno senza arrossire come un pomodoro – e sperare che non entrasse affatto nel negozio e ridurre, quindi, il disagio al minimo.
 
Si accontentava di guardarla transitare fuori sul marciapiede, attraverso la vetrina, e sognare di poter essere più spigliato quel tanto che bastava per intavolare un qualsiasi discorso, che fosse sul tempo, sul prezzo e sulla qualità del pescato, su qualche ricetta sfiziosa, cose normali insomma, argomenti consueti con cui s’intratteneva con gli altri clienti, sia maschi che femmine.
Con tutti tranne lei, ovvio.
 
Perché con lei non ci riusciva?
 
Eppure la signorina Makimura era così gentile, così fresca e pura!
Sebbene fosse comunque bellissima, era totalmente inconsapevole del suo fascino, e più di una volta Aki aveva notato le occhiate in tralice di quei buzzurri che venivano da lui, e che se la mangiavano con gli occhi, o che si facevano avanti e attaccavano bottone.
Lei sembrava non accorgersi delle battute o delle allusioni velate che le rivolgevano quei bellimbusti.
Rispondeva sempre carinamente ed educatamente a tutti, e una volta che, appena uscita, due mammalucchi si erano lasciati andare a degli apprezzamenti pesanti su di lei, Aki, furibondo, aveva sbattuto sul bancone una grossa cernia, facendo schizzare il ghiaccio da tutte le parti; quando i due si erano voltati a guardarlo stupiti, avevano subito capito che non era aria.
 
I suoi genitori si erano accorti fin dall’inizio che il loro figlio maggiore era innamorato cotto della bella Kaori, e sorridevano benevoli di fronte ai suoi eccessi; erano molto fieri di lui che, studioso e bravo a scuola, li aiutava anche nel lavoro e non aveva paura di sporcarsi, letteralmente, le mani, nella bottega di famiglia. Nutrivano fondate speranze che avrebbe continuato con successo gli studi: era stato il primo fra loro ad andare all’università, e di lì a poco sarebbe partito per un prestigioso ateneo all’estero, grazie ad una cospicua borsa di studio.
 
Quando lo vedevano sospirare, con lo sguardo svagato, suo padre e sua madre sorridevano inteneriti e commossi; era alle prese con il suo primo amore, non corrisposto, certo, ma non per questo meno potente o devastante.
La signorina Makimura era una giovane donna, in confronto al figlio, e non si aspettavano che fra i due nascesse qualcosa, non tanto per la timidezza paralizzante dell’erede di casa Sakana, che gli impediva un qualsiasi approccio con la graziosa cliente, ma più che altro perché, vista la differenza d’età di almeno otto anni, lei non l’avrebbe considerato, forse.
Inoltre viveva e lavorava con quel libertino di Ryo Saeba, e si vociferava che fra i due ci fosse una relazione amorosa.
Non che qualcuno li avesse mai visti in atteggiamenti inequivocabili, piuttosto il contrario, ma erano tanti anni che stavano insieme e, insomma, tutti la davano per certa.
E magari tutte quelle epiche litigate non erano altro uno specchietto per le allodole, o baruffe fra innamorati: contenti loro!
 
Di tutt’altro avviso era invece Aki, che provava un odio viscerale per il signor Saeba.
Più di una volta si era trovato imbambolato a sospirare, con il mento appoggiato al palmo della mano, il gomito sull’enorme bancone di vetro, non visto, a spiare la dolce signorina Kaori, quando la scena gli era stata rovinata dall’arrivo intempestivo di quell’essere mostruoso che era il suo socio e coinquilino. Normalmente, se si presentava al suo cospetto o la raggiungeva, aveva sempre un ghigno diabolico e irriverente, e finiva per rivolgerle parole offensive tanto che lei s’infuriava e lo spiaccicava sotto un enorme martello – e Aki rimaneva sempre affascinato dalla sua grazia e forza insieme, dalla padronanza di una tale arma pesantissima – e provava una segreta contentezza nel vederlo sofferente, vittima di una giustissima punizione.
Un giorno, tuttavia, Aki aveva sorpreso il signor Saeba a fissare compiaciuto il sedere oscillante della ragazza che lo precedeva, con gli occhi brillanti di malizia… e allora era stato sopraffatto da una rabbia cieca e distruttiva, da una gelosia irosa tale che, se non fosse stato perché il padre gli aveva chiesto di aiutarlo sul retro, a spostare grosse merci nella cella frigorifero, sarebbe uscito dal negozio e lo avrebbe affrontato a viso aperto.
 
Aki non sapeva spiegarsi, inoltre, perché la signorina si ostinasse a portarsi dietro quel ratto, trascinandolo per il collo della giacca, evidentemente infuriata; ed era successo più di una volta!
Quel soggetto era pessimo e lei non era contenta di lui.
Però il giorno che li aveva visti passare di lì insieme, a braccetto, sorridenti e felici, il ragazzo aveva provato una fitta tremenda al cuore, come se il pesce spada adagiato sul letto di ghiaccio si fosse d’improvviso rianimato e lo avesse trafitto.
Quella volta la delusione era stata così tanta, che i giorni seguenti si era chiuso in sé stesso, ed aveva perso il solito brio e il suo buon umore.
Inappetente, i genitori lo vedevano sofferente, e si preoccupavano per lui: le pene d’amore sono le più crudeli da sopportare, fanno parte della vita e della crescita, ma i suoi, che l’amavano, non potevano di certo vederlo in quello stato ed essere comunque sereni.
 
Un giorno suo padre, sorprendendolo nuovamente a sospirare al passaggio della bella cliente, lo prese da parte e gli fece un discorsetto; la prese alla larga:
 
“Senti Aki, che progetti hai per il fine settimana?”
 
“Mmmm… non saprei. Perché me lo chiedi, papà?”
 
“No, niente, così. Un ragazzo della tua età di solito non pensa che ad uscire, divertirsi con gli amici… Io alla tua età…”
 
“Sì, ho capito” l’interruppe Aki “Vorresti dire che non dovrei pensare solo allo studio e magari uscire di più”
 
“Esatto!” concordò il genitore “Lo sai che siamo molto fieri di te, ma io e la mamma vorremmo vederti felice”
 
“Ma io lo sono!” disse con convinzione il ragazzo.
 
“Sicuro?” rincarò il padre scrutandolo bene in viso.
 
“Certo! Ho i miei libri, la scuola, mi piace aiutarvi… che altro dovrei fare?”
 
“Magari svagarti un po’di più. Non hai qualcuno, una ragazza che ti piace da invitare ad uscire, che ne so…? Al cinema, a mangiare un gelato?”
 
“Di amici ne ho… i miei compagni di studi, ma effettivamente non ci vediamo molto dopo le lezioni. E per quanto riguarda una ragazza…” e di colpo s’incupì.
 
“…c’è qualcuna che ti piace?” provò ad indagare con tatto il padre.
 
“S-sì c’è una ragazza speciale”
 
“Benissimo!” esclamò l’uomo “E allora perché non la inviti ad uscire?”
 
“Ma sei matto??? Non accetterebbe mai!” disse di getto il ragazzo, arrossendo.
 
“E perché no? Sei giovane, intelligente, e anche carino: hai preso da me!” e ridacchiò “Ai miei tempi avevo un discreto successo con le ragazze, anche se l’unica che m’interessava veramente era tua madre che non mi filava minimamente!”
 
“Non ricominciare con la storia di te e la mamma, per favore!” sbuffò lievemente esasperato il figlio.
 
Conosceva a menadito la storia d’amore dei suoi genitori, e faceva fatica ad immaginarli alle prese con le dinamiche di due giovani innamorati; gli sembrava tutto abbastanza assurdo e inverosimile, non ce li vedeva a fare quello che… avevano fatto!
Eppure il frutto di quell’amore, di quell’unione felice, erano lui e sua sorella, e non poteva negarlo.
 
“Va bene, va bene” si affrettò a cambiare discorso il padre, agitando le mani davanti a sé “però volevo solo ricordarti che se non mi fossi fatto avanti, e non avessi insistito un po’, a quest’ora io e te non saremmo qui a parlare, ed io sarei rimasto chiuso in me stesso a soffrire le pene dell’inferno. Voglio dire che se non mi fossi buttato, mi sarei perso la cosa più bella della mia vita”
 
“Hai ragione papà, scusa” disse con aria grave Aki “È che a me sembra una cosa impossibile di provare anche solo di pensare di chiederle di uscire…”
 
“Ah, ma allora c’è davvero una ragazza speciale!” l’interruppe il padre al colmo della gioia.
 
“Sì che c’è, te l’ho detto, ma non vuole me!”
 
“Ma che ne sai, se non gliel’hai mai chiesto? Ci hai mai provato?”
 
“No-no… e come potrei?”
 
“Senti Aki, il prossimo mese partirai per l’estero: ti aspettano tre lunghi mesi lontano da casa, e se qui a Tokyo lasci una ragazza che potrebbe essere importante per te, senza aver mai tentato di frequentarla, be’… non mi sembra una cosa giusta. Come si dice, ogni lasciata è persa, e magari quando ritornerai sarà troppo tardi, non credi?”
 
Aki tacque, ma poi, dopo una breve pausa riflessiva, ne convenne e disse:
 
“Hai ragione papà, dovrei quantomeno tentare…”
 
“Bravo! Così mi piaci! Ci vuole un pizzico di coraggio all’inizio, però poi a volte le cose si sbloccano e finiscono bene” gli disse il genitore stringendogli una spalla; quindi continuò: “Piuttosto, avrei bisogno che oggi pomeriggio facessi una consegna a domicilio”
 
“Certo papà, nessun problema” rispose entusiasta il figlio, sempre pronto a dare una mano: gli piaceva, inoltre, girare per la città in sella alla sua bici, e le consegne erano uno spasso per lui.
 
“Perfetto. Finisco di preparare qui e non appena sono pronto ti chiamo. Ti scrivo l’indirizzo, e quando sarai lì dirai che questo è un omaggio ai nostri migliori clienti, intesi?”
 
No problem, boss!” rispose ridendo Aki, accennando un saluto militare, portandosi due dita alla fronte; finirono per ridere entrambi e ognuno tornò ai propri impegni.
 
 
 
Più tardi, quello stesso giorno, inforcata la bicicletta, Aki si diresse all’indirizzo datogli dal padre.
Era una bella giornata di primavera e i ciliegi erano già in fiore: sfilava allegro per i viali e rimaneva incantato, passando davanti ai giardini delle ville monofamiliari invase dai fiori.
La consegna, però, doveva farla in un settore del quartiere in cui non era mai stato e dove svettavano palazzi abbastanza anonimi, fatti di piani sopra piani, in cui ci si perdeva con lo sguardo.
 
Frenò la bici ai piedi di uno di questi e suonò il campanello:
 
“Buona sera signora, sono Aki del Sakana Market, ho una consegna per lei”
 
Aki? Una consegna per me?” rispose una voce femminile, squillante, dal citofono.
 
Il ragazzo parve sorpreso: gli sembrava di conoscerla, quella voce, eppure era la prima volta che faceva una consegna in quel palazzo.
 
Si riscosse:
 
“Sì, signora. Un omaggio ai nostri migliori clienti” recitò compito.
 
Veramente? Oh, Aki, ma è meraviglioso! Aspetta che ti apro” rispose la voce, e il ragazzo si chiese chi fosse mai quella donna che lo conosceva molto bene.
Del resto, se era una dei clienti più assidui del negozio di famiglia, sapeva benissimo chi lui fosse, perché fin da quando era in grado di camminare con le sue gambe, bazzicava nel locale di famiglia, quindi perché no?
 
Non appena la grande porta a vetri si aprì con uno scatto metallico, Aki entrò baldanzoso e si apprestò a salire le scale senza sforzo.
Era un tipo atletico e scattante, e il pacco da consegnare era leggero; in fondo, se era un omaggio, si trattava sicuramente di un pezzo scelto del miglior pesce, ma un assaggio.
 
Quando fu davanti alla porta socchiusa dell’appartamento, bussò lo stesso, ma la voce femminile di prima gli gridò:
 
“Entra pure Aki, è aperto!”
 
Il ragazzo sentì un brivido lungo la schiena: ma non è che la padrona di casa era…
 
“Kaori? Chi è alla porta?” si udì una forte voce maschile interloquire dall’interno.
 
E quando Kaori andò ad accogliere il giovane Aki, questo per poco non svenne sul colpo: quella che si trovò davanti era nientemeno che Kaori Makimura, e quello era l’appartamento che condivideva con il diabolico Ryo Saeba!
 
Il povero ragazzo iniziò a balbettare e a sudare copiosamente, spostava in continuazione il peso da una gamba all’altra dando l’impressione di essere lì lì per farsela addosso, e, in un certo senso, stramaledisse suo padre che, sospettò, l’aveva fatto apposta.
 
Kaori invece, con un sorriso radioso, dopo un profondo inchino fece per prendergli dalle mani il pacchetto che le stava porgendo; ma da dietro le sue spalle comparve il socio, spettinato, barba di un giorno, sembrava ancora assonnato, e si grattava la pancia come un orango.
Non appena vide l’involucro, però, si animò di colpo, e quasi lo strappò dalle mani del ragazzotto esclamando:
 
“Uuuuhhh, che meraviglia! Stasera si mangia pesce!”
 
Aki passò repentinamente dalla timidezza paralizzante alla rabbia più atroce: come si permetteva quello zotico di prendere il regalo che era destinato alla dolce signorina Makimura?
E malgrado l’imbarazzo protestò:
 
“Ehi, tu!”
 
Non era molto, lo riconobbe subito anche Aki, ma nonostante avesse sentito dire che questo Ryo Saeba fosse un vero dritto, un uomo tutto d’un pezzo che si faceva rispettare e che incuteva terrore in parecchi, lui non ce lo vedeva proprio in quelle vesti, perché lo conosceva come il solito screanzato che tormentava quella santa della sua socia, e quindi non gli faceva affatto paura.
Però era comunque troppo per lui, anche solo pensare di esprimersi in presenza della signorina Kaori, come avrebbe fatto in altre circostanze, o anche con solo Saeba di fronte; e quindi la cosa morì lì.
 
“Ryo, non essere scortese con Aki! È venuto apposta per portarci un omaggio da parte dei suoi genitori!” lo rimproverò Kaori, fin troppo all’acqua di rose, per come la vedeva il ragazzo; il quale avrebbe anche voluto dirgli, a quel Ryo, che l’omaggio era solo per lei e non per lui, ma non ci riuscì.
 
“Ma io non sono stato scortese!” protestò bambinescamente il tipo “È solo che non mi sembra vero di poter fare una cena decente ogni tanto!” aggiunse poi con uno strano brillio negli occhi.
 
Forse la stava prendendo nuovamente in giro?
Cosa voleva dire esattamente quella ciabatta parlante?
Però Aki era troppo sconvolto dalla situazione per poter ragionare lucidamente, e quando Kaori lo invitò ad entrare, credette di morire.
 
Si profuse in mille scuse, inchini e vigorose grattate di testa, per poi fuggire a gambe levate giù per le scale. Una volta fuori si appoggiò pesantemente alla porta a vetri del palazzo, e solo allora riprese fiato, normalizzando i respiri con ampie inspirazioni e altrettante espirazioni: sembrava più che le scale le avesse salite di corsa, piuttosto che discese.
 
Ma a mano a mano che riprendeva i contatti con la realtà, dopo lo scampato pericolo – qualunque esso fosse – rievocando la dolce signorina Kaori, gli si allargò un sorriso ebete sul viso e pensò che fosse la cosa più bella e più incantevole che avesse mai visto… e che ora sapeva anche dove abitava.
 
 
O.o.O
 
 
Da quel giorno in poi di due City Hunter trovarono, ogni tanto, dei piccoli doni sulla soglia dell’appartamento: un fiore rubato in qualche giardino, un cioccolatino, una breve poesia scritta su di un cartoncino.
Se Ryo escluse subito a priori che il destinatario potesse essere lui, Kaori faticò un po’ a convincersi che quei pensierini fossero per lei.
E quando successe, da lì a immaginare che potesse esistere qualcuno che le stesse facendo una corte discreta, il passo fu breve, ma intenso.
Kaori, dopo aver realizzato che c’era, nascosto da qualche parte, un giovane spasimante che si era preso una cotta per lei, iniziò a fantasticare su chi fosse, a girare per casa in preda all’euforia amorosa, a sospirare, suscitando malcontento nel socio che sbuffava, e liquidava il tutto come pure scemenze adolescenziali senza senso.
 
Ma quando i famosi pensierini cominciarono a diventare sempre più consistenti e fitti, Ryo, di pari passo, iniziò ad essere più sospettoso e sarcastico, con battutine sempre più pungenti e dissacranti, volte a sminuire l’entità dei doni e l’emozione che, di volta in volta, provava la sua socia.
Se lo sweeper avesse capito fin dall’inizio che il misterioso corteggiatore era Aki, non è dato saperlo, ma di sicuro quel suo atteggiamento strafottente al limite del ridicolo, lo faceva apparire, al contrario, come uno roso dalla gelosia; e anche se, nonostante tutto, Kaori non glielo rinfacciava minimamente, ciò non sminuiva il fatto che Ryo avesse, comunque, un travaso di bile tutte le volte, e che nemmeno il più potente degli antiacidi avrebbe potuto spegnere.
 
Kaori, ogni volta che raccoglieva da terra, sulla soglia di casa, una rosa, una peonia o un semplice bigliettino vergato a mano, si trasformava e diventava la ragazza romantica e sognatrice che era: i suoi occhi iniziavano a brillare, e si portava invariabilmente il dono al cuore, con sospiri e sussurri, e per Ryo quel tale spettacolo sdolcinato era davvero insopportabile.
 
“Puah! Ancora quel tizio con i suoi stupidi regalini da innamorato! O non sarà piuttosto una donna, che si è presa una bella sbandata per te? Lo dico sempre che sembri un uomo!” berciava lo sweeper.
 
Ma Kaori non lo sentiva nemmeno e spariva dentro casa, a cercare un vasetto dove riporre l’ennesimo fiore.
 
La storia dei pensierini andava avanti già da un po’, senza che i due City Hunter si preoccupassero di come facesse il tizio a raggiungere incolume casa loro, quando, un giorno, Aki vide che sullo zerbino di casa c’era già un bigliettino.
Si allarmò, e la prima cosa che pensò fu che un altro ammiratore aveva avuto la sua stessa idea, perché quello non era uno dei suoi: l’ultima volta vi aveva lasciato un garofano bianco, e non il solito cartoncino, quindi non poteva essere che la bella signorina Makimura non lo aveva visto, e quindi non raccolto.
 
Tremante si chinò a raccoglierlo e, quando lo aprì e ne lesse il contenuto, fu preso da una vertigine.
 
Chi sei?” c’era scritto semplicemente.
 
E tale fu la paura che se ne andò correndo, senza lasciare la rosa che si era portato dietro.
Quando si fermò ansante, all’angolo della strada, se la rigirò fra le dita dandosi dello stupido, sia per non averla depositata al solito posto, sia per essere fuggito come se avesse avuto il diavolo alle calcagna.
 
Inoltre, si disse, come poteva pensare di portare avanti la cosa?
Poteva continuare così per sempre, con lui che lasciava anonimi doni alla donna di cui era segretamente innamorato, senza nemmeno rivelarsi?
Non aveva nemmeno la soddisfazione di vedere il suo viso illuminarsi, eventualmente, di gratitudine o gioia, nel ricevere il suo regalino.
E poi, cosa molto più importante, era giunto il momento di partire, e presto avrebbe dovuto comunque smettere di intrufolarsi nel palazzo, con la collaborazione compiacente della vecchia signora Sora, perché materialmente non sarebbe più stato a Tokyo.
 
Inforcata la bicicletta, vagò per ore per le strade di Shinjuku, senza meta, fino a quando si accorse di non riuscire più a vedere la strada, poiché si era fatto buio e aveva bisogno di accendere il fanale; sbuffando, attaccò la dinamo alla ruota davanti e fece ritorno a casa.
 
Basta pensare!
Era ora di agire!
 
   
 
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