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Autore: eddiefrancesco    12/01/2022    1 recensioni
Odyle Chagny aspirante artista, è costretta a lasciare la Francia per accontentarsi di fare l'istitutrice delle due figlie di Lord Moran.
Dalla sua posizione ai margini del bel mondo, la giovane si rende conto ben presto che in quell' ambiente dove tutto sembra perfetto, in realtà molti nascondono oscuri segreti.
Per esempio, Lord Tristan Brisbane, l'attraente e un po' impacciato gentiluomo la cui timida insicurezza mal si accorda con le voci inquietanti che circolano sul suo conto.
O dell'avvenenente Lady Moran, che pur circondata dal lusso conduce un esistenza triste e solitaria. Scoprendo a proprie spese che nell'Inghilterra puritana di fine Ottocento può bastare un sussurro per distruggere una vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
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Al piano di sotto, Michael stava strappando con ferocia il proprio cappello e il soprabito dalle mani di Johnatan Cage, il primo lacchè, che lo guardava intimorito. Westley, intanto, si era avvicinato ai due, pronto a salutare il padrone che usciva. «Dite a milady che starò fuori anche a cena» ringhio' calandosi in testa il cappello. «E che non so se tornerò a dormire.» Si pentì subito di quella frase, ben sapendo quanto ai domestici piacesse spettegolare dei propri padroni. Alcuni vigorosi colpi alla porta d'ingresso lo indussero a fermarsi di colpo. Lui e Johnatan Cage si scambiarono uno sguardo stupito mentre Westley, che non smetteva mai la sua maschera di alterigia, si avvicinava all'uscio per aprire. «Buon giorno... il mio nome è Tristan Brisbane. Risiede qui una certa Miss Odyle Chagny?» Michael trasali'. Di tutte le persone che avrebbe potuto trovarsi di fronte, Lord Brisbane era l'ultima che si sarebbe aspettato! Quanto tempo era passato dall'ultima volta in cui si erano visti? Ricordava alla perfezione quella terribile notte... e il litigio che ne era seguito. Michael fece un passo verso la porta, comparendo alle spalle del maggiordomo. «Brisbane» disse secco. Tristan fece un passo indietro, sbalordito. «Mich... Lord Moran» si corresse immediatamente. «Non pensavo che foste in casa...» «Qual buon vento, Brisbane?» gli domandò il padrone di casa senza tanti convenevoli, per poi accorgersi che Westley se ne stava ancora lì di fronte a lui, impalato. «Volete entrare? Gradite un bicchiere di sherry? Oppure del brandy.» Tristan Brisbane parve impacciato e abbassò gli occhi sulle proprie scarpe un paio di volte prima di rispondere: «Io... Sì... grazie...» Tristan fece un passo ed entrò nell'atrio. «Stavate uscendo?» Solo in quel momento, infatti, aveva notato il cappello e il soprabito che Michael si era infilato in fretta e furia, allacciandosi scompostamente alcuni bottoni. «Io... no... cioè sì. Lo farò più tardi, non vi preoccupate. Accomodatevi. Desideravate vedere Mademoiselle Chagny?» Si rivolse al maggiordomo. «Vi prego, fate chiamare Mademoiselle e chiedetele di raggiungerci non appena le sarà possibile.» Michael fece strada a Tristan verso il salotto e ordinò che venisse servito loro del brandy. Poi si sedettero in poltrona, l'uno di fronte all'altro e attesero che il cameriere li lasciasse soli con la bottiglia di liquore e i bicchieri sul tavolino. Si studiarono con circospezione per un po', ma sembrava che nessuno dei due avesse il coraggio di aprire bocca. «Ebbene...» iniziò Tristan. «Non...» attacco' contemporaneamente Michael. Entrambi rimasero in silenzio. «Non ti ho più visto allo Stelo d'oro... non ci sei più venuto» disse Lord Moran, passando al tu ora che erano rimasti soli. «Te l'avevo detto che intendevo tirarmene fuori, Michael. Stavo perdendo il senso della realtà... il controllo della mia vita.» «E hai pensato bene di abbandonare gli amici» lo rimprovero' Moran spostando lo sguardo sul liquido ambrato che faceva roteare nel proprio bicchiere. «Sono gli amici che hanno abbandonato me. Insieme, avremmo potuto aiutarci, se solo tu avessi voluto» ribatte' Tristan. Michael scosse il capo e guardò con rabbia Brisbane. «Tu forse hai potuto ricominciare, ma io no. Ogni cosa della mia vita mi lega al passato.» I suoi occhi corsero al ritratto fotografico della moglie, appoggiato sulla mensola del camino. Tristan lo guardò, severo. «Vuoi dire che ancora...» Michael si passò una mano tra i capelli scuri. «Una volta pensavo che capissi, Tristan. Ora non lo so più.» Tristan si sporse verso l'amico. «No infatti, probabilmente non capisco... e neppure tu. Col tempo le cose si trasformano, Michael, e le scuse che accampi per frequentare quel posto non sono più valide. È passato troppo tempo.» Lo fissò per un lungo istante con disapprovazione. «Stavi andando là!» disse secco, alla fine. «Smettila!» sbotto' Michael, scattando in piedi. «La tua opinione non mi interessa. Non hai il diritto di farmi la predica, è chiaro?» Appoggiò entrambe le mani sulla mensola del camino e chino' il capo. «Tua moglie è morta... e mi dispiace sinceramente. Ma io ho perso la carne della mia carne... mio figlio.» Anche Tristan si alzò in piedi. «Stai perdendo molto di più, Michael.» Gli mise una mano sulla spalla. «Stai perdendo te stesso, e probabilmente, la tua famiglia.» Michael si voltò di scatto, allontanandolo con una mano. «La mia famiglia non è affar tuo!» ringhio' a pochi centimetri dalla faccia dell'amico. «Sei diventato un bigotto? Proprio non capisci, vero? È solo là che riesco a sentirmi me stesso... è solo là che ho la sensazione di ritrovare una parte di me.» «Quella notte non ti ha proprio fatto capire niente, dunque?» Tristan posò il bicchiere, che non aveva toccato. «È stato un incidente.» «Un incidente che si sarebbe potuto evitare se tu e Brady foste stati in voi. Ricordatelo.» Sentirono bussare lievemente alla porta ed entrambi si zittirono all'istante. «Avanti» disse Lord Moran. Odyle Chagny comparve sulla soglia. Sembrava sorpresa di vedere Lord Brisbane almeno quanto lo era stato Michael. «Buona sera... Miss Chagny...» Michael notò l'imbarazzo dell'amico e guardò di sottecchi la sua dipendente. Anche Odyle sembrava disorientata: le sue guance si erano lievemente arrossate e lo sguardo era subito corso alle mani non appena Brisbane si era voltato per accoglierla. Michael avvertì una fitta allo stomaco e si sentì pervadere da un rinnovato astio nei confronti di Tristan. «Vi conoscete, dunque?» «Si, Lord Brisbane e io siamo stati presentati da Lady Cartwridge, la settimana scorsa, al cinematografo» lo informò l'istitutrice. Tristan annuì. «E io sono stato tanto sbadato da farle cadere gli occhiali e romperli.» Abbozzo' un sorriso costernato. «Scusate, milord...» Sulla porta era comparso Westley. «Dite pure, Westley.» «La cuoca vorrebbe che il menù di stasera venisse approvato, prima di procedere... ma temo che milady si senta poco bene.» Si schiari' la voce, imbarazzato. Lord Moran si stropiccio' il viso con una mano. «Ci penso io. Lord Brisbane, volete scusarmi per qualche minuto?» «Non c'è problema, fate pure.» Non appena furono soli, Lord Brisbane si sistemo' gli occhiali sul naso e osservò la ragazza di fronte a lui. Era ancora stupito dalla bellezza e dalla perfezione dei lineamenti di quel viso. Gli faceva venire in mente una delle statue classiche che aveva visto al British Museum. Si schiari' la voce, prima di parlare. «Vi starete domandando il motivo per cui sono venuto a cercarvi fin qui.» «Siete venuto per me, milord? Pensavo aveste fatto visita a Lord Moran» replicò lei aggrottando la fronte. «Invece, siete venuto per me» concluse, sentendosi mancare il fiato per il modo in cui lui la stava guardando. «Volevo fare ammenda» spiegò Lord Brisbane con semplicità, frugando nella tasca della giacca. «Ecco.» Le porse un pacchetto stretto da un laccio marrone scuro. «Non posso accettare...» Era confusa, e non capiva perché mai quell'uomo avesse voluto farle un regalo. Di più, quel gesto la infastidiva, ricordandole l'insistenza di Victor nei suoi confronti, anche se a dire il vero in fondo al cuore ne era lusingata. «Non fraintendete, Mademoiselle Odyle, non vi è nulla di sconveniente... Apritelo, vi prego.» Gli occhi chiari dell'uomo tradivano un'inequivocabile sincerità e Odyle non poté che cedere alla richiesta. Per prima cosa, aprì la busta unita al pacchetto. Dentro c'era un biglietto scritto con una calligrafia netta e sicura. Diceva: Le più umili scuse per la mia goffaggine. Tristan Brisbane. L'astuccio custodiva un paio di lenti unite da un elegante montatura dorata. Odyle era senza parole. «Sono...» «Provateli, avanti» la esorto' lui. Odyle li indossò. Le lenti erano identiche a quelle che lui aveva rotto. «Come avete fatto?» Contento di poter svelare il trucco a cui aveva fatto ricorso, Lord Brisbane si frugo' nella tasca della giacca e le mostrò una scheggia della lente che aveva mandato in frantumi. «Ho solo sperato che entrambi i vostri occhi necessitassero della stessa gradazione...» «Sono perfetti, ma come avete fatto a procurarveli, in così breve tempo?» «Ho degli amici che si occupano di oculistica. Da Elliott Brothers, in St. Martin Lane... ma forse non conoscete ancora bene la città» spiegò. Odyle si tolse gli occhiali e li osservò. «Ve li ripaghero', ovviamente.» «No, vi prego: sono un regalo.» Abbassò ancora lo sguardo, imbarazzato. «E volevo anche scusarmi per il mio comportamento... inadeguato.» Odyle lo osservò per qualche istante e lo vide arrossire fino alla radice dei capelli. Ricordava alla perfezione l'episodio cui Lord Brisbane si riferiva e lei stessa era stata tormentata per diversi giorni da quel ricordo. Eppure, in quel momento, tutta l'importanza che lui dava all'accaduto le sembrò ridicola. Senza preavviso, rovescio' la testa all'indietro e si mise a ridere di cuore. Oltre a essere di un'indubbia bellezza, quella ragazza non smetteva di sorprenderlo, considerò Brisbane. Ora se ne stava a meno di un metro da lui e praticamente gli rideva in faccia, incurante delle sue preoccupazioni. Eppure... eppure la sua risata cristallina e sincera lo fece sentire meglio e gli permise di considerare quella faccenda, cui non aveva fatto altro che pensare con rammarico, da una diversa prospettiva. Studiò la curva del collo lungo e bianco di Odyle Chagny e si trovò a fantasticare ancora sulle sue labbra rosee. «Vi prendete gioco di me?» le domandò con un guizzo di ironia. «Non avete pietà per un povero vecchio che è venuto solo a implorare il vostro perdono?» «Non cercate di intenerirmi con queste moine, milord. Voi non siete affatto vecchio.» Lo guardò con aria maliziosa, abbozzando un sorriso. «Pensavo...» Tristan si mosse con la consueta goffaggine, urtando la mensola del camino con un gomito e facendo cadere una delle fotografie. Entrambi, senza pensarci, si chinarono per raccoglierla, afferrando la cornice e trovandosi a un palmo di naso l'uno dall'altra. Lui la guardò negli occhi e pensò che si sarebbe potuto tuffare in quei pozzi profondi e neri, perdendosi dentro di essi per l'eternità. Sentì il cuore accelerare e il fiato venirgli meno nel petto. Di nuovo, quella terribile sensazione che lo faceva sentire tanto a disagio si stava impadronendo del suo corpo... ordinandogli di agire in modo del tutto inappropriato. Si accorse di aver posato la mano su quella di lei, ma chissà perché non riusciva a spostarla. «Scusate...» disse infine sforzandosi di farlo. Anche Odyle non era rimasta indifferente a quel contatto. All'improvviso le era parso che il vestito le fosse diventato troppo stretto e che l'aria stentasse a entrarle nei polmoni. Era stato lo sguardo di lui a colpirla maggiormente. I suoi occhi blu scuro, dopo un primo momento, avevano assunto un'espressione triste e distante. Si alzò, con la fotografia tra le mani, e fece mezzo passo verso il camino per posarla di nuovo sulla mensola insieme a tutte le altre. Poi di colpo si fermò, fissando l'immagine che vi era riprodotta. Lord Brisbane e il resto della stanza, per un istante, scomparvero. Senza dubbio, la donna ritratta era Lady Emma, che nella foto, nonostante l'aria austera che si usava assumere in quei ritratti, sembrava molto felice. Accanto a lei due bambine, Agnese ed Ernestine come dovevano essere state tre o quattro anni prima, e un bambino che all'epoca doveva aver avuto all'incirca sei anni. E del quale Odyle non aveva mai sentito parlare. Avvertì un nodo alla gola. Non aveva mai fatto caso a tutte quelle fotografia e se ne rimprovero'. Di solito, era una buona osservatrice. Ma si era completamente estraniata dalla situazione, Lord Brisbane era appena dietro di lei e si sarebbe accorto che qualcosa non andava se non si fosse voltata di nuovo. Quel contatto gli aveva fatto perdere del tutto la ragione?, si stava chiedendo in quel preciso istante Tristan. E perché ogni volta che vedeva o sfiorava quella ragazza il suo corpo impazziva? In sua presenza si comportava come se fosse sotto l'effetto di una droga... Sembrava che il mondo scomparisse, o meglio si concentrasse in un'unica persona, quella strana Odyle Chagny che a stento conosceva ma da cui si sentiva attratto come da una calamita. Ora, per esempio, anche se sapeva benissimo di comportarsi in modo dissennato, non poteva fare a meno di fissarla inebetito mentre raccoglieva la cornice e la rimetteva al suo posto. Odyle rimase voltata, continuando a dargli le spalle, forse a disagio per lo strano modo in cui si stava comportando, e lui non riusciva a distogliere gli occhi dalla sua nuca... dai suoi capelli lunghi e neri che tentavano di ribellarsi alla crocchia, sfuggendo in qualche ricciolo lungo il collo. Se solo avesse potuto possedere uno di quei riccioli... Si accorse appena in tempo di aver inconsapevolmente proteso la mano verso di lei, come per fargli una carezza. Che cosa gli era preso? Doveva essere ammattito! «Ebbene...» La voce di Michael, sulla soglia, lo fece trasalire e anche Odyle si voltò di scatto. Tristan notò lo sguardo truce dell'amico, cui probabilmente non era sfuggito il suo strano comportamento. «Scusatemi ancora. Ci sono sempre mille faccende cui provvedere.» Michael si rivolse a Odyle. «Non temete, Mademoiselle, la cena è assicurata anche stasera.» La bella bocca di Odyle si irrigidi' in una linea severa. «Spero che per l'ora di cena vostra moglie si sentirà meglio» disse in tono sprezzante mentre serrava i pugni e accennava un passo in avanti. Michael abbassò lo sguardo, costernato. «Sono sicuro di sì» farfuglio' arrossendo. «E voi, Lord Brisbane... volete...?» «Oh, no, vi ringrazio. Mi attendono a casa per cena. Anzi, sarà meglio che mi affretti. Mademoiselle, spero di avere occasione di incontrarci ancora.» Accenno' un inchino. «Lord Brisbane, ancora grazie per la bellissima sorpresa» replicò lei. Gli occhi di Lord Moran corsero dall'uno all'altra. Poi storse il naso.«Vi accompagno alla porta» disse rivolto a Tristan. Odyle osservò i due uomini che uscivano dalla stanza e il suo sguardo si soffermo' in particolar modo sulle spalle di Lord Brisbane, che seguì fino a quando non scomparve in direzione dell'anticamera. Era davvero un tipo singolare, decise. Probabilmente era quella sua aria strana ad attrarla e metterla un poco sottosopra ogni volta che lo incontrava. Tornò a voltarsi verso la fotografia che era caduta dalla mensola e la rigiro' tra le mani, facendo scattare la piccola leva sul retro che teneva chiusa la cornice. Poi ne estrasse il cartoncino su cui era comparsa l'immagine, osservandolo da vicino. Le stesse facce. Lady Emma e i tre bambini. Voltò la fotografia. Dietro vi era scritta una data, 1894, e in fondo c'erano quattro nomi: Emma, Agnese, Leopold ed Ernestine. Leopold... Odyle infilò di nuovo il cartoncino nella cornice e la richiuse con cura. Quindi, dopo averla riposta sulla mensola del camino, decise di andare a controllare se Lady Emma si sentiva meglio. «Michael, dovresti smetterla di frequentare lo Stelo d'oro.» Tristan rivolse uno sguardo cupo a Lord Moran. «Ti credi proprio un sant'uomo, non è vero?» ribatte' Michael. Odyle si fermò dietro una colonna non appena sentì la voce aspra di Lord Moran. «Ti prego, Michael, vieni da me... ne parleremo...» gli stava dicendo Lord Brisbane, abbassando la voce pur mantenendo un tono risoluto. Moran lo afferrò per la giacca. «Forse, se non fosse stato per te, avrei già risolto i miei problemi da un pezzo!» I due erano soli nell'atrio. Probabilmente Westley era impegnato in altre faccende, in quel momento. «Che cosa diavolo stai dicendo, Moran?» invei' Brisbane, sembrando più alto di una spanna. L'altro rimase in silenzio, forse intimorito dallo sguardo feroce del suo ospite. «Vattene, Tristan. Non sei il benvenuto in casa mia. Non ti voglio più vedere... E non provare a gironzolare attorno alle mie dipendenti... non voglio scandali in casa mia!» Per tutta risposta, Tristan gli puntò entrambe le mani sul petto e lo spinse indietro di un passo. «Non permetterti mai più di insinuare ancora delle assurdità simili. Lei lasciala fuori dalle nostre questioni.» Odyle si appiatti' contro la parete e scivolo' via, verso il giardino. Era turbata dalla conversazione che involontariamente aveva origliato. Era chiaro che i due si conoscevano piuttosto bene e che, almeno un tempo, erano stati in rapporti amichevoli, vista la familiarità con cui si davano del tu. Ma poi, cos'era successo? «Guardate un po' come vi siete ridotta, Miss Ernestine... Avanti, laggiù c'è una fontana, correte a lavarvi le mani.» Odyle sorrise alla bimba e le raddrizzo' il cappellino. Aveva ottenuto il permesso di portare Ernestine ed Agnese a Hyde Park, approfittando di una delle ultime giornate di sole di ottobre. Le aveva guardate correre e giocare, infagottate nelle calde mantelle di lana, contenta che avessero l'opportunità di esprimersi e sfogarsi all'aria aperta. Dapprincipio Agnese si era rifiutata di muoversi, ostinandosi a rimanere seduta accanto a lei su di una panchina. Correre non si addiceva a una signorina, aveva detto. Poi però aveva visto la sorellina divertirsi nel prato, e non potendo resistere oltre alla noia di rimanere seduta con le mani in grembo, l'aveva raggiunta. Avevano giocato a rimpiattino, finché Ernestine non era scivolata in una pozzanghera, inzaccherandosi di fango il vestitino. «Santo cielo, Miss Odyle, cosa dirà papà?» Agnese scosse il capo osservando la sorellina sporgersi verso il getto d'acqua della fontanella per sciacquarsi le mani. Odyle si strinse nelle spalle. «Dirà che sarà meglio che Ernestine si cambi prima di cena, suppongo.» Ernestine indugiava accanto alla fontana, con le manine nell'acqua. «Ernestine, prenderete freddo.» Odyle si sedette accanto alla bambina e, tratto un fazzoletto immacolato dalla borsetta, le asciugo' il viso e le mani. «Vi siete fatta male, cadendo?» la piccola scosse il capo. «No... Stavo pensando... Credete che Mr. Fogg arriverà in tempo per vincere la scommessa? Sarebbe bello se fosse così, però ha già perso tanto tempo. Possiamo leggere un altro capitolo stasera?» Odyle rise di cuore. «Certo! E voi che siete coraggiosa come il nostro Mr. Fogg non vi siete neppure spaventata cadendo. Brava!» Spolvero' la veste alla bambina e la prese per mano. «Ora facciamo una passeggiata. Voglio farvi vedere alcune piante e insegnarvi un poco di botanica. Poi raccoglieremo delle foglie e le faremo seccare tra le pagine di un libro per farne dei quadretti.» A poco a poco, Odyle si stava adattando alla nuova vita, così diversa da quella che aveva condotto in Francia. Il tempo sembrava scorrere più lentamente e le giornate si stendevano di fronte a lei come un placido cammino su di una strada piana. A volte si sorprendeva di se stessa per la calma con cui riusciva ad affrontare ogni situazione. Era davvero lei che si comportava con comprensiva gentilezza con le due bambine che le erano state affidate? Era proprio lei che, in punta di piedi, con una discrezione che non l'aveva mai contraddistinta, cercava di consolare Lady Moran? Se solo qualche mese prima qualcuno le avesse fatto dono di uno specchio in cui vedere il futuro, avrebbe stentato a credere di poter essere così tranquilla, serena e giudiziosa.
   
 
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