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Autore: Panda13    13/01/2022    0 recensioni
Mentalisti, Guerrieri e Animisti sono le tre casate che popolano il regno magico d'Erenthasia. Tuttavia questa non è una qualunque storia fantasy. Questa è una storia d'amore e di passione, di oscurità e di psicologia, che vi trasporterà negli abissi erotici e perversi di Ambra e Vittorio. Sono opposti, lei pura e romantica, lui bello e dannato ma insieme formano l'incastro perfetto.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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NB. Un Mentalista può avere uno, due o tutti e tre tra questi poteri: leggere la mente, vedere attraverso gli oggetti, spostare gli oggetti.





Era una mite serata autunnale. Scorrevano tranquilli i primi anni di emancipazione della setta, ancora piuttosto sconosciuta a Erenthasia. I membri non erano stati ancora proclamati criminali dalle autorità e circolavano liberamente all’interno del paese, continuando le loro illecite attività. Ascanio, capo ufficiale dei Black Skull, aveva organizzato una festa nella sua accogliente villetta di montagna, una dimora dall’aspetto vintage, lussuoso ed elegante. Lo scopo era quello di diffondere la dottrina il più possibile e radunare un vasto numero di seguaci. Aveva aperto le danze facendo servire dal suo maggiordomo, un quarantenne tarchiato di nome Alfredo, un costoso champagne a tutti i suoi invitati. I Mentalisti avevano alzato i calici verso il soffitto prima di scolare il brindisi di benvenuto. Il proprietario era il tipico riccone viziato, abituato all’opulenza e con la vita così facile da apparire noiosa. Portava i capelli castani lunghi fino alle spalle, la carnagione era chiara, gli occhi scuri e incavati, la bocca sottile e il naso adunco che non passava inosservato. Indossava sempre capi firmati che mettevano in mostra a quale ceto sociale appartenesse. Dopo aver ucciso il padre Animista si sentiva, in qualche modo, redento, purificato dal peccato in cui era vissuto per anni. L’omicidio era stato freddo, premeditato e calcolato. Gli aveva avvelenato il tabacco della pipa così, dopo i primi avidi tiri, era partito senza troppe cerimonie. I problemi erano arrivati dopo, quando sua madre aveva scoperto tutto. La donna s’era lasciata andare a un pianto disperato e all’isterismo. Allora era stato costretto a uccidere anche lei. Aveva ripudiato il suo cognome preferendo quello di Augusto, titolo utilizzato in Oriente per indicare le divinità o i sovrani più importanti. Si sentiva il prescelto. Il Diavolo l’aveva mandato lì per una ragione: doveva risollevare Erenthasia e farne la città ideale. Aveva sempre saputo di essere diverso e speciale, contrario alle norme sociali e ai formalismi. Aveva capito che, se voleva stare ai vertici, l’avere contava più dell’essere. Così se n’era servito. Aveva affinato le buone maniere e ampliato i suoi rapporti sociali. I soldi erano stati dalla sua parte e, contrariamente a quello che dice qualche povero ingenuo, avevano potuto davvero comprargli delle persone. Afferrò il microfono e salì sul palco che aveva fatto montare per l’occasione. Usò un semplice incantesimo per abbassare le luci e creare atmosfera. Poi incominciò il suo discorso. La raffinatezza dei modi e le maniere garbate gli facevano dimostrare molti più anni di quanti non ne avesse in realtà. Proseguì raccontando della nascita della setta, dei suoi molteplici obiettivi, dei piani d’azione, usando la retorica degna di un sofista. Alla fine molti sarebbero stati favorevoli alla setta.

Tra questi non rientrava certo Ambra che, appena compiuta la maggiore età, non era affatto interessata alla politica e aveva già smesso di ascoltare da un pezzo. S’era guardata intorno curiosa ammirando le linee tondeggianti e gli arredi floreali della stanza. Centinaia di foto in bianco e nero erano appese alla carta da parati e ritraevano teschi e parti del cervello umano. Luci soffuse e musica d’opera condivano il tutto. Gli ospiti erano vestiti di tutto punto e lei non era da meno. Aveva lasciato sciolti i lunghi boccoli ramati e indossato un classico vestito nero. Gli occhi ambrati erano stati delineati da un leggero tratto di matita sottile e le ciglia folte allungate dal mascara. Quel ricevimento di classe, per una cerchia ristretta di principessine e damerini, non faceva proprio per lei. Aveva accettato l’invito solo per fare un piacere alla sorella che aveva insistito tanto affinché la accompagnasse, assicurandole che si sarebbe divertita a dismisura. Ambra, a differenza della maggiore, che era una vera e propria femme fatale, era piuttosto introversa. Aveva poca esperienza e si trovava in difficoltà nell’approccio con gli altri, soprattutto davanti a un ragazzo. Non era una cacciatrice, ma una preda che amava lasciarsi sedurre, magari con un corteggiamento vecchio stile. Era sempre stata insicura, emotiva e complicata, anche se probabilmente rientrava perfettamente nella media del restante universo femminile. Fisicamente era più in carne e leggermente più bassa rispetto alla sorella. Tuttavia ciò che le invidiava di più erano il fascino e il portamento che riuscivano subito a metterla al centro dell’attenzione, mentre lei era solita starsene in disparte, lontano dalla luce dei riflettori. Data la boriosità dell’ambiente s’era buttata sui Martini. “Dopo tutto” s’era detta, “se non lo faccio ora, quando? La serata è già uno schifo, non può certo peggiorare!” In più erano così invitanti, serviti su quegli splendidi vassoi d’epoca rotondi, lucidi e argentati. Al quarto drink però la testa non voleva smetterla di girare e l’equilibrio sui tacchi a spillo non era il suo forte. Mezz’ora più tardi vagava alla ricerca di un bagno. Setacciò tutto il piano terra e non trovandolo decise di passare a quello superiore. S’appoggiò alla parete, poi alla ringhiera in ferro battuto e risalì le scale lungo il tappeto rosso mogano. Sulla cima un grosso quadro dalla cornice sfarzosa, ricoperta d’oro, destò la sua attenzione. Ritraeva un romantico e fiero cavaliere in sella al suo destriero bianco. Di lì un corridoio si estendeva mostrando una sfilza di porte bianche in laminato. Decise di iniziare dalla prima, a fianco al dipinto, sperando che potesse celare la sua agognata meta. Si trascinò in quella direzione e con un colpo secco l’aprì. Subito venne investita dalle urla acute di una ragazza. Quando la mise a fuoco si pietrificò. Su un letto matrimoniale una morettina in topless e minigonna era avvinghiata alle spalle di un ragazzo a torso nudo. La ragazza aveva, in fondo alla schiena, il marchio nero (un teschio). Appena la vide sgattaiolò come una saetta per recuperare gli indumenti sparsi sul pavimento. Poi le sfrecciò accanto, evitando il suo sguardo, e uscì. Ambra si sentì avvampare. L’Elderman (uomo-magico) era decisamente attraente. Di qualche anno più grande di lei, aveva il fisico statuario, forte e possente degno di una divinità.  I capelli, così come la barba, erano corti e scuri. Indossava solamente un paio di pantaloni blu e sul pettorale sinistro risaltava in grande il tatuaggio della setta. L’espressione del volto era scocciata. Lanciò uno sbuffo poi s’alzò per raggiungerla. In piedi era alto una spanna di più, nonostante fosse scalzo. 


«Ci hai interrotti!» disse alludendo alla sua conquista dissolta nel nulla. 

«Potevate chiudere a chiave». 

Sembrò infastidito da quella risposta, solo per un attimo, prima di ritrovare la parlantina. «Puoi prendere il suo posto se vuoi» la invitò con voce profonda. «In mancanza di meglio mi accontento anche delle nanerottole come te».

«No, grazie!» rifiutò stizzita.

Lui sorrise divertito e lei pensò a quanto fosse bello quel sorriso che si delineava sul suo volto, insultandosi automaticamente per quel pensiero così assurdo e fuori luogo. 

Il Mentalista la scrutò. «Non ti ho mai vista ai ricevimenti, sei nuova?»

 «Mi chiamo Ambra. Non sono una Skull, sono qui solo per mia sorella».

 «Nome?» 

«Quale nome?» 

Il moro sbuffò ancora una volta. «Come si chiama tua sorella?» 

«Ah… Calliope Caruso». 

Sgranò gli occhi neri. «Wow! Caruso non mi aveva mai detto di avere una sorella così bruttina» la provocò. 

«Sei davvero gentile e, anche se mi piacerebbe molto restare qui per essere insultata da te, adesso devo proprio andare!» fece sarcastica. 

«Aspetta!» la bloccò. «Forse non lo sai, ma il letto di questa suite è davvero comodo». 

Lo fissò sbalordita. Cos’era quello? Un invito a passare la notte insieme? «Sei disgustoso!» grugnì con le guance scarlatte. 

Il Mentalista ridacchiò divertito dalle sue reazioni. «Sempre a pensar male, voi donne» si difese. «È chiaro che hai bevuto un po’ troppo, pensavo ti servisse un letto per riposare un po’» disse innocentemente. 

Lo squadrò decisa a non fidarsi. 

«Dico davvero» insistette. «Non ho cattive intenzioni! Voglio solo farti un favore. E poi si dorme veramente bene su queste costosissime lenzuola di seta». 

Improvvisamente l’urgenza del bagno sembrava un bisogno lontano anni luce. Era davanti a un bivio. Poteva scegliere di girarsi e andare via come aveva detto, e sarebbe stata la cosa più sensata da fare. Oppure poteva restare, afferrare l’invito dello sconosciuto e passare la notte in camera sua. Erano già le due passate. Sua sorella chissà dov’era finita e non aveva proprio voglia di tornarsene a casa barcollando per strada. Senza rifletterci troppo lo sorpassò, s’avvicinò al materasso e si sedette. 

«Puoi stenderti, non mordo» disse lui sistemandosi al lato opposto. 

“Tipica frase dal lupo famelico che aspetta solo di aprire le fauci per azzannarti” pensò. In ogni caso si sdraiò accomodandosi a pancia in sotto e girando la testa dall’altro lato per non doverlo vedere. Chiuse gli occhi. Le coperte profumavano di rose. Erano soffici, morbide e ancora calde. Avrebbe voluto che quel Mentalista sparisse lasciandola sola a smaltire il resto dell’alcool. Avrebbe dormito un’oretta, giusto il tempo di riprendersi, fino alla fine della festa. Così da non doversi sorbire alcuna interazione sociale con quella massa di snob. Si portò i gomiti vicino al busto. Era davvero comodo e rilassante. Lo Skull però non era affatto stanco e con uno scatto le balzò sopra, posizionandosi a metà fra le sue cosce e il bacino. Ambra reagì immediatamente sollevandosi con le braccia e inarcando la schiena, ma lui la riportò subito giù con la forza delle mani. Gli arti inferiori erano bloccati sotto il suo peso. Cercò di sollevarsi ancora col busto ma non ci fu niente da fare. Era troppo forte e, a ogni tentativo, la riportava in posizione orizzontale. 

«LEVATI DI DOSSO!» urlò irritata e spaventata. “Cosa voleva fare?” Nella sua mente si insinuarono le peggiori ipotesi. 

«Tranquilla. Non sono quel tipo di Elderman. Le donne le gradisco consenzienti». 

Si rilassò un po’. 

«Tuttavia» continuò «è dal discorso d’apertura che sto dietro a quella mora. Hai mandato all’aria tutti i miei piani. Il minimo che tu possa fare è chiedere scusa per quello che hai combinato». La rossa parve rifletterci troppo. Il ragazzo le afferrò i capelli, dietro la nuca, alla base del collo, facendole scappare un urletto più per la sorpresa che per il dolore.

«CHIEDI SCUSA!» ripeté a voce alta.
 

Lei tentennò e il cuore galoppò nel petto. Lui aumentò la pressione e iniziò a tirare. 

«S-scusa» mugugnò. 

Lo Skull indugiò sul suo viso arrossato, sulle labbra piene e sulle palpebre socchiuse che celavano parte dei suoi splendidi occhi color dell’ambra. «Come?» chiese ancora. 

«Scusa». 

«Non ho sentito bene». 

«SCUSA!» urlò. 

Sorrise soddisfatto. Quel suono era dolce musica per le sue orecchie. Adorava sentire le donne supplicare. Gli regalava un ignobile senso di potere. Allentò la presa e avvicinò una ciocca ramata alle narici per inspirare. L’odore era indefinito. Non avrebbe saputo dire a quale fiore, frutto o spezia appartenesse. In ogni caso sapeva di buono. Si allungò sopra di lei stendendosi in modo da ricoprirla interamente col proprio corpo. Si tenne sollevato sui gomiti. Il viso si fece spazio sopra la spalla accanto al suo orecchio. Da quella posizione poteva sentirne i respiri. Iniziò a strusciarsi lentamente facendo pressione col suo sesso contro i glutei della ragazza come a simulare un rapporto. Ambra riuscì a sentirlo direttamente sulla pelle premere contro la stoffa leggera del vestito. «Ti piace?» sussurrò lascivo.

«No!» rispose categorica.

Lui continuò e lei si lasciò sfuggire un tremito che tradì le sue sensazioni. 


«Non mi sembra che ti faccia così schifo» sorrise compiaciuto. Sotto i suoi movimenti, la Mentalista si rilassò e girò la testa per cercare la sua bocca. Il moro si avvicinò ma portò le labbra al suo orecchio facendola tremare di nuovo. 

«Mi dispiace, ma posso andare solo con le Skull» disse seducente. 

«Sopravvivrò lo stesso» rispose altezzosa. A lui vennero in mente un milione di modi diversi per tapparle la bocca, tutti decisamente poco delicati, ma si trattenne. 

«A proposito… Sono Vittorio Del Vallo» si presentò. 

Nonostante i giramenti di testa, l’aumento della temperatura e la difficoltà di concentrazione che quel ragazzo le provocava, la sua affermazione giunse come un’epifania. Un’informazione preziosa da registrare prontamente per non dimenticarsene: aveva conosciuto il braccio destro di Ascanio. Poi finalmente esaudì i suoi desideri, s’alzò e se ne andò lasciandola sprofondare tra le coperte.





Questo capitolo è tratto dal libro Blacl Skull: il Marchio della Bestia.
Potete trovate il testo integrale su Amazon, Ibs, Mondadori o NeP Edizioni. Autrice Laura Occhialini.
   
 
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