Libri > Mitologia norrena
Ricorda la storia  |      
Autore: Decumbra    14/01/2022    0 recensioni
Quando quelle tre creaturine erano state portate (anzi, trascinate di peso) nella sala del trono di Odino, alla presenza di tutti gli Aesir, perché venisse deciso il loro destino, Sigyn si era resa conto che si trattava solo di bambini spaventati. Non meritavano di essere giudicati come criminali: le loro uniche colpe erano avere un aspetto mostruoso e un padre che non pensava mai alle conseguenze delle proprie azioni.
A proposito di Loki, Sigyn si guardò intorno per vedere dove fosse, ma non riuscì a trovarlo da nessuna parte. Non era venuto, non si era dato nemmeno la pena di vedere cosa sarebbe successo alla sua prole.
Però c’era Angrboda. Stava in piedi in fondo alla sala, una figura rigida e silenziosa. Le era stato permesso di assistere al “processo” dei suoi figli, ma non aveva nessun diritto di parola. Doveva restare lì, in silenzio, mentre ciò che di più caro aveva al mondo le veniva tolto.
(One shot sui pensieri di Sigyn durante il processo dei figli di Loki e Angrboda)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Angrboda, Hel, Loki, Sigyn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il destino dei figli
 
Sigyn non era mai stata una donna vendicativa, ma vedere finalmente i figli bastardi che suo marito aveva avuto da Angrboda le aveva dato una sorta di perversa soddisfazione: mostri, tutti e tre. Creature maligne e malvagie nate dall’adulterio, ecco cos’erano. Non come i suoi dolci figli, Narfi e Vali.
Comunque, quella sensazione era durata poco: quando quelle tre creaturine erano state portate (anzi, trascinate di peso) nella sala del trono di Odino, alla presenza di tutti gli Aesir, perché venisse deciso il loro destino, Sigyn si era resa conto che si trattava solo di bambini spaventati. Non meritavano di essere giudicati come criminali, le loro uniche colpe erano avere un aspetto mostruoso e un padre che non pensava mai alle conseguenze delle proprie azioni.
A proposito di Loki, Sigyn si guardò intorno per vedere dove fosse, ma non riuscì a trovarlo da nessuna parte. Non era venuto, non si era dato nemmeno la pena di vedere cosa sarebbe successo alla sua prole.
Però c’era Angrboda. Stava in piedi in fondo alla sala, una figura rigida e silenziosa. Le era stato permesso di assistere al “processo” dei suoi figli, ma non aveva nessun diritto di parola. Doveva restare lì, in silenzio, mentre ciò che di più caro aveva al mondo le veniva tolto.
La discussione non fu lunga e, per una volta, non scoppiarono risse. In meno di un’ora il destino della progenie mostruosa di Loki fu deciso: Jormungandr il serpente sarebbe stato gettato nell’oceano che circondava Midgard e se fosse sopravvissuto o no dipendeva soltanto da lui, però Sigyn non aveva molti dubbi a riguardo, perché in quanto figlio di suo padre, in qualche modo se la sarebbe cavata.
Il lupo per ora sarebbe rimasto ad Asgard, ma era una sistemazione temporanea, lo sapeva Sigyn come lo sapevano tutti gli altri Aesir: Fenrir era furbo tanto quanto Loki e probabilmente sarebbe stato altrettanto dannoso.
Quanto a Hel, a lei sarebbe stato assegnato il dominio di Helheimr, il regno dei morti, il che era un bel modo per dire che sarebbe stata confinata lì fino alla fine del tempo.
Mentre portavano via i suoi figli, che piangevano, guaivano e sibilavano disperati invocando il suo nome, Angreboda si rivolse a Odino, con le guance rigate di lacrime e il tono carico di dolore e rabbia: “Te ne pentirai, Padre degli Dei. Ve ne pentirete tutti, quando verrà Ragnarok”.
A quelle parole Sigyn ebbe un brivido: Angrboda era una veggente e non era saggio ignorare i suoi avvertimenti. Per un secondo sperò che gli altri Aesir cambiassero idea, che ridessero ad Angrboda i suoi mostruosi bambini e li lasciassero semplicemente tornare da dove erano venuti, ma non accadde e la sala cominciò lentamente a svuotarsi, mentre gli dei tornavano alle proprie occupazioni.
Anche Sigyn si avviò verso l’uscita, per andare verso la propria dimora, da Vali e da Narfi, ma nel passare davanti ad Angrboda qualcosa la fece fermare.
“Mi dispiace per i tuoi figli” disse, e lo pensava davvero.
Angrboda si voltò a guardarla, trafiggendola con i suoi penetranti occhi color del ghiaccio, soppesandola, e chiese: “Sei sincera. Perché? Non sono in molte le donne che proverebbero sentimenti del genere per i figli bastardi che il marito ha avuto da una puttana Jotunn”.
“Perché Loki è come il fuoco: si lascia dietro solo cenere” rispose Sigyn “E alla fine, a pagare il prezzo delle sue azioni sono sempre coloro che gli sono vicini”.
Quella frase parve quasi divertire Angrboda, che sorrise, un sorriso freddo e inclemente come i venti d’inverno. “E’ ironico che sia tu a pronunciare queste parole, dolce Sigyn”.
“Cosa vuoi dire?” chiese Sigyn, improvvisamente spaventata.
“Che tu sei dispiaciuta per i miei figli” spiegò Angrboda “ma se soltanto sapessi quale destino attende i tuoi…”
“No!” la interruppe Sigyn “Non permetterò che accada niente di male a Vali e Narfi. Non mi importa quale futuro atroce tu abbia visto per i miei bambini: non si avvererà, lo impedirò”.
Angreboda si strinse nelle spalle, e con amarezza rispose: “Prova se vuoi. Anche io ho tentato in tutti i modi di proteggere Hel, Jormungandr e Fenrir e guarda a quanto è servito. Il destino procede come vuole”.
L’ultima frase fece infuriare Sigyn, perché era quella che ripeteva sempre Loki dopo aver commesso qualche malefatta, come a giustificare il suo comportamento: non era colpa sua, lui era solo uno strumento del fato che compiva ciò che era predestinato a fare.
Il destino procedeva come voleva.
“Non il mio” ribatté Sigyn “Non quello dei miei figli” e poi lasciò la sala, abbandonando Angrboda al suo dolore, per rifugiarsi tra le affettuose braccia dei suoi amati bambini. Qualsiasi cosa gli avrebbe riservato il futuro, Sigyn li avrebbe protetti. Da tutto e da tutti
.
-
 
Molti anni dopo, in una profonda caverna umida e fredda, mentre sosteneva una ciotola colma di veleno per evitare che cadesse sul volto di Loki, incatenato a una roccia con le budella dei suoi stessi figli, Sigyn continuava a ripetersi quella frase.
Il destino procede come vuole.
Ormai non sapeva più se lo faceva perché si sentiva meno in colpa per la morte di Narfi e Vali se pensava che non avrebbe potuto in nessun modo evitarla, se stava giustificando le azioni di Loki che li avevano condannati tutti e portati in quella situazione, o se invece lo faceva per ricordarsi che anche gli Aesir avevano un destino che presto si sarebbe compiuto: Ragnarok.
Sigyn non era una donna vendicativa prima che i suoi figli venissero massacrati come degli animali dagli Aesir, ma quello era stato molto tempo fa.
Adesso, Sigyn viveva soltanto per vedere Ragnarok, per sentire le urla degli Dei che veniva fatti a pezzi da Fenrir, Jormungandr e Hel, la mostruosa prole illegittima di suo marito, per vedere il loro sangue che macchiava il terreno.
Come molto spesso accadeva, i pensieri di Sigyn si spostarono per qualche secondo dalle sue fantasie di vendetta e distruzione e si posarono su Angrboda. I suoi tre figli avrebbero combattuto con coraggio e avrebbero vinto le loro battaglie, ma sarebbero tutti morti e questo lei doveva saperlo di sicuro.
Sigyn si chiese se quella consapevolezza la faceva soffrire.
Probabilmente no, Angreboda aveva capito ormai da molto tempo che il destino procedeva come voleva.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Mitologia norrena / Vai alla pagina dell'autore: Decumbra