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Autore: Marghe86    14/01/2022    1 recensioni
Dal testo:
Aveva dato alle sue piante nomi di donne: grande amante della scultura, era convinto che nella roccia le forme femminili risultassero ancora più aggraziate, e la candida pelle acquisisse maggior lucentezza nel marmo. Aspettava il giorno in cui avrebbe imparato a lavorare la pietra facendo onore ai grandi maestri Bernini e Canova, così da modellare forme tanto belle, e battezzarle con i nomi delle sue piantine. Erano infatti le sue muse, la sua fonte di ispirazione. Ma sfortunatamente per lui, era abile con i carboncini e con l’olio, non con l’argilla.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stare da soli non implica necessariamente essere tristi. E non vuole dire neanche “essere soli”. 
Il pittore rimaneva da solo per molto del suo tempo. Aveva sì amici e familiari con cui stava di tanto in tanto, ma i momenti che preferiva erano quelli passati da solo.
In quel momento stava facendo una delle cose che più gli dava soddisfazione; chino intento ad annaffiare le sue piantine, canticchiava una melodia che, se non ricordava male, l’avevano messa qualche giorno prima alla radio di un bar in cui si era fermato, e da quel giorno gli era entrata in testa senza volerne sapere di uscire. Ma alla fine non gli dispiaceva. Certo, avrebbe preferito venire a conoscenza del titolo di quella canzone, ma l’interesse non era abbastanza da spingerlo a prendere il telefono e cercare su internet il nome della sua ossessione degli ultimi due giorni. 

«Melissa! Come siamo verdi oggi»

«Anche tu Vanessa sei bellissima»

«Sandra ti vedo parecchio assetata nell’ultimo periodo»

«Alice stai diventando molto grande. È giunto il momento di cambiarti il vaso»

Aveva dato alle sue piante nomi di donne: grande amante della scultura, era convinto che nella roccia le forme femminili risultassero ancora più aggraziate, e la candida pelle acquisisse maggior lucentezza nel marmo. Aspettava il giorno in cui avrebbe imparato a lavorare la pietra facendo onore ai grandi maestri Bernini e Canova, così da modellare forme tanto belle, e battezzarle con i nomi delle sue piantine. Erano infatti le sue muse, la sua fonte di ispirazione. Ma sfortunatamente per lui, era abile con i carboncini e con l’olio, non con l’argilla.
Perso nei suoi pensieri si girò con l’intenzione di dare l’acqua all’ultima sua musa che attendeva con impazienza di rinfrescarsi. Si bloccò sbalordito e un leggero calore si sparse nel suo petto riempiendolo di felicità «Gaia! Non ti ho mai vista tanto bella come oggi!» la piccola piantina aveva deciso quel giorno di ringraziarlo delle premure che le riservava facendogli dono di quattro piccoli boccioli dai quali si intravedevano i rossi petali che si sarebbero rivelati di lì a qualche giorno. 


Dopo aver posato l’annaffiatoio a terra si alzò con l’intenzione di uscire. Prese la bianca borsa di stoffa inserendo al suo interno portafoglio, un piccolo blocco schizzi e un astuccio con dentro solo una gomma e un portamine con le rispettive ricariche. Si infilò scarpe e cappello, uscendo poi di casa. Chiuse la porta con una delle tante chiavi del mazzo che teneva in mano per poi infilare quest’ultimo in una delle tasche laterali della salopette che indossava. Si diresse successivamente al portone del modesto palazzo in cui viveva lasciando che una ventata di aria frizzante lo rinfrescasse scompigliandogli i capelli. 




Camminava tra le vie con fare sognante calpestando i sampietrini che componevano tutte le strade della città. Era affascinato da tutto ciò che lo circondava; ascoltava frammenti di conversazioni tra gli anziani ai bar lasciandosi scappare un sorriso ogni qualvolta che sentiva uscire dalla bocca di uno di questi un’imprecazione molto colorita per aver perso a carte; regalava una carezza ai cani che gli passavano vicino; si spostava per lasciar passare i bambini che si rincorrevano tra di loro o giocavano a palla. Era bella quella zona della città essendo chiusa al traffico, lasciando passare solo le macchine dei residenti. 
Tra una distrazione e l’altra finalmente il pittore arrivò alla sua meta tanto attesa. Entrò nel negozio venendo accompagnato dalla solita campanella che annunciava l’arrivo della clientela. Girovagò un po’ tra gli scaffali fermandosi più volte indeciso se comprare l’effettivo prodotto o no. Si avvicinò infine alla cassa poggiando i materiali presi con cura sul bancone e tirò fuori dalla borsa il portafoglio mettendosi a cercare i soldi per pagare.

«Giovane! Hai proprio la faccia d’artista! Te lo dico io!» fece il commesso  iniziando a controllare il prezzo dei prodotti da lui scelti per riferire poi il totale al ragazzo «Ma dimmi, che genere di quadri fai?»

Il pittore lo guardò poggiarsi le mani sulla grossa pancia dandosi anche qualche colpetto «Realizzo solitamente ciò che vedo, la città con le sue persone, i bar… Cerco di disegnare più realisticamente che posso»

«Oh capisco! Sentiamo chi sono i tuoi maestri? Courbet forse?»

«No no, preferisco Degas e Renoir»

«Impressionista quindi!» esclamò a gran voce l’omone.

«Beh signor pittore, nuovo Degas, torni pure quando vuole! Siamo sempre aperti! E se ha bisogno di qualcosa non esiti a chiedere!»

«Grazie infinite!»

Il ragazzo prese la sua borsa con gli acquisti, qualche pennello di piccola e media grandezza, un tubetto di tempera ad olio bianco, ocra e carminio, e un pacchettino con dei pezzi di grafite, dirigendosi all’ingresso con l’intendo di andare alla sua prossima meta, ma quasi arrivato alla porta si voltò tornando al bancone.

«Mi scusi lei conosce qualche scultore qui in città?» chiese al commesso.

«Uno scultore dici? Sì ne conosco qualcuno, ma cosa cerchi ragazzo?»

«Cerco qualcuno che mi insegni a lavorare il marmo come era capace Bernini»

«Ha ha! Pretendi troppo caro pittore! Non abbiamo nessuno di così tanto abile come lo era stato il maestro! Ma forse conosco qualcuno che può insegnarti qualcosina!» detto ciò prese un pezzo di carta da spolvero un po’ stropicciata che aveva lì a portata di mano e con una matita trovata per caso scrisse qualche parola su di esso.

«Tieni! Questo è il suo indirizzo e numero di telefono. Ha lo studio sempre aperto, ma ti consiglio di avvisarlo prima. Sai, è un vecchio scorbutico! Ha ha!»

Il pittore prese il foglio mettendoselo nella tasca frontale della sua salopette «Grazie ancora»

«Di niente ragazzo!»




Era seduto ad uno dei tavoli esterni di un bar vicino alla biblioteca da cui aveva preso un libro in prestito, ed ora si stava rilassando mangiandosi qualcosina per pranzo. Prese dalla tasca il foglietto con il numero di telefono mettendosi a contemplarlo immaginandosi che aspetto dovesse avere quello scultore e che tipo di persona potesse essere.

“Il commesso lo ha chiamato ’vecchio’, quindi forse ha molta esperienza. Speriamo che sia bravo ad insegnare”

Una cameriera si avvicinò al suo tavolo «Vuole qualcos’altro?»

«Eh? Ah! No sono a posto grazie»

La cameriera prese i piatti vuoti del pittore allontanandosi sparendo all’interno del locale.

“Ah! Ma non è detto che accetti di insegnarmi! Cavolo dovrei chiamarlo per avvisarlo…”




Tornato a casa appoggiò la borsa di stoffa sul tavolo della cucina annessa al salotto, tirando fuori i suoi acquisti. Spalancò le finestre facendo entrare ancora più luce e con essa l’aria non troppo calda del pomeriggio.
Prese poi il cavalletto tenuto sempre montato e lo spostò al centro della stanza, poggiandoci poi sopra la tela già preparata, fissandola per evitare possibili spostamenti.
Aprì i tubetti di colore schiacciandoli leggermente ai lati per far uscire la quantità giusta di tempera sul supporto trasparente usato come tavolozza. Bianco, giallo, magenta, marrone, verde, ciano e nero. Mise anche un po’ di viola. Iniziò a stendere il colore, dopo averlo mischiato con il rispettivo diluente, con tratti corti e sparsi abbozzando un volto di donna. 
Si fermò ricordandosi di prendere il libro che illustrava i dipinti di Renoir. Sfogliò un po’ di pagine soffermandosi sui ritratti fino a ritenersi soddisfatto, riprendendo il pennello e tornando a dipingere. 
Pennellate piccole e veloci, una vicino all’altra, creando accostamenti di colori piacevoli all’occhio, il contrario di Kirchner e di Munch. 
Ciò che risultava era una pelle morbida e chiara, con capelli rossi, come quelli del diavolo, e labbra altrettanto. Lo sfondo vago, ma anch’esso morbido. 
Ritenutosi soddisfatto del suo momentaneo risultato decise di mettere via tutto per quel giorno, e lasciare asciugare il tempo necessario richiesto dai colori ad olio. Avrebbe poi ripreso il dipinto in seguito, passando alle zone meno definite e completandone altre. 
Il sole iniziava a farsi sempre più rosso vista l’ora fatta. 




Per quel giorno era abbastanza. Aveva studiato il necessario ed era riuscito a recuperare i contatti di un possibile futuro maestro. Era soddisfatto? Sì. Avrebbe potuto fare molto di più? Può darsi. Meglio non esagerare; c’è il rischio di perdere il senso di quello che si sta facendo. 

«Chi voglio diventare domani?»

«Una persona migliore di come sono stato oggi»

«Cosa posso fare per migliorare?»

Si perdono di vista le cose veramente importanti quando si è sommersi dal “troppo”. Troppi impegni, troppi interessi, “troppi” amici. Diventa tutto piatto senza sfumature, come un quadro di Matisse. Il “troppo” va bene solo se si sta parlando delle decorazioni degli sfondi di Klimt o di Haring. È necessario filtrare ciò di cui ci si circonda, e prendere solo l’essenziale, quello che più possiede significato per ciascuno. 
Circondarsi di poco può avere l’ulteriore vantaggio da permettere l’apprezzamento delle piccole cose, la piantina vicino al letto, il colore del cielo, quell’attimo di tranquillità in cui si sta da soli. Lo stare da soli non va sottovalutato. È un momento in cui si può approfittare della momentanea calma e riflettere, dedicarsi unicamente a sé stessi e lasciare il resto del mondo, rumoroso e caotico, al di fuori della finestra. 

«Domani dipingo ancora»





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Nota Autrice:
Salve a tutti. Se sei arrivat* fino a questo punto ti ringrazio moltissimo. Spero che la storia sia stata piacevole da leggere e non pesante. Questa è il frutto di un attimo di ispirazione che sono riuscita a realizzare. È la seconda storia che riesco effettivamente a concludere ed a pubblicare. Volevo realizzare qualcosa di diverso dalla solita fanfiction o storia d'amore, qualcosa che nella sua semplicità comunicasse qualcosa di profondo (spero di esserci riuscita ^^)
Ci fossero errori che mi sono sfuggiti non esitate a comunicarmelo. 
Se ci fosse qualche buona anima che ha voglia di lasciare una recensione è ben accetta :D
   
 
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