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Autore: Star_Rover    16/01/2022    5 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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34. La giusta decisione
 

Donnelly si ritrovò a vagare per le strade di Dublino dopo aver abbandonato il vecchio ospedale. Camminava con passo incerto, era debole fisicamente e sconvolto dalle notizie ricevute nelle ultime ore. Sapeva di non avere altra scelta se non quella di recarsi al Castello per costituirsi e confessare. Era pronto ad affrontare la sua condanna, ormai sentiva di non avere più nulla da perdere.
James si trascinò a fatica fino all’incrocio, urtò un passante, il quale senza troppa educazione lo intimò a stare attento per poi andarsene con indignazione.
Il giovane ignorò l’accaduto, stava per riprendere il cammino quando ad un tratto fu affiancato da due sconosciuti. Non riuscì nemmeno ad aprir bocca, immediatamente avvertì il freddo metallo di una pistola premuta contro al fianco.
«Non vogliamo farle del male, ma adesso deve venire con noi»
Donnelly non poté far altro che obbedire, pur non credendo a quelle parole. Pensò che quegli uomini fossero militanti dell’IRA, forse Maguire aveva iniziato a dubitare della sua lealtà e aveva deciso di ucciderlo prima che egli potesse parlare. Questa idea lo terrorizzò, non perché avesse paura di morire, era pronto per questo, ma prima doveva pensare a liberare Julia. Soltanto quando si fu calmato si accorse che ciò non sarebbe mai potuto accadere. Era certo che non ci fossero altre spie al Castello, nessuno avrebbe potuto tradirlo, almeno non in quel modo. Ma chi avrebbe avuto interesse a rapirlo se non i membri dell’IRA?
I due lo spinsero all’interno di un’automobile, una Ford V8 color petrolio. Il veicolo partì con un rombo di motore, percorrendo a gran velocità le strade in direzione di Merrion Square.
Per tutto il tragitto James continuò a domandarsi cosa potessero volere da lui quelle persone e chi fosse il reale mandante.
L’automobile si fermò davanti a un palazzo decadente dall’aspetto ben poco invitante. I rapitori trascinarono Donnelly sulle scale scricchiolanti e lo condussero all’interno di un appartamento al secondo piano. La stanza sembrava uno studio abbandonato, il freddo era quasi insopportabile, l’umidità penetrava attraverso la stoffa raggiungendo perfino le ossa.
I due uomini scomparvero chiudendo la porta alle sue spalle. James restò immobile, nella penombra riuscì a distinguere una figura in piedi davanti alla finestra. La sagoma si mosse avvicinandosi senza alcuna fretta. Indossava un completo scuro e aveva l’aspetto di un elegante uomo d’affari, il che risultava decisamente fuori luogo in quell’ambiente. Aveva gli zigomi leggermente sporgenti, gli occhi chiari illuminavano uno sguardo vigile e attento. Era piuttosto giovane, non poteva avere più di trent’anni.
«Agente Donnelly, lieto di conoscerla. Si accomodi, prego» disse indicando il tavolo al centro della stanza. La voce atona e la pronuncia priva di inflessioni non fornirono alcuna informazione utile per determinare la sua provenienza.
James avanzò lentamente, la fasciatura al fianco doleva ad ogni movimento.
L’uomo in nero si accese con calma una sigaretta offrendone una al suo ospite. Donnelly accettò mostrando gratitudine, cercò di fare il possibile per non esternare troppo la sua preoccupazione.
Lo sconosciuto sorseggiò il suo brandy: «vuole favorire?»
Egli scosse la testa: «da buon irlandese preferirei del whiskey»
L’altro sorrise, poi ignorando la sua risposta riempì un altro bicchiere e lo allungò verso di lui.
«Sembra un po’ nervoso, beva, l’alcol l’aiuterà a rilassarsi»
James osservò il liquido ambrato, senza esitazione buttò giù l’intero contenuto così in fretta da avvertire la gola bruciare.
«Così non va un po’ meglio?»
Donnelly rispose con un colpo di tosse.
L’uomo ripose la bottiglia: «già, questo non è il miglior brandy in circolazione, ma temo che dovrà accontentarsi»
«Non credo che lei mi abbia condotto qui solo per bere in mia compagnia»
«Perché no? In fondo lei potrebbe intrattenermi a lungo con le sue storie in quanto sottufficiale del G2»
«Qualcosa mi suggerisce che non potrei dirle niente che non sappia già»
«La sua vicenda è molto interessante, considerando che ha collaborato con uno dei migliori agenti dell’MI5, ovvero il tenente Hart»
Il giovane avvertì un’intensa fitta al petto e gli occhi lucidi, non aveva ancora avuto il tempo di accettare quel lutto, la notizia della morte del tenente Hart l’aveva sconvolto più di quanto avrebbe dovuto permettere.
Era consapevole che l’agente britannico non avrebbe mai tollerato un fallimento, per lui quella missione era diventata una questione personale, non avrebbe mai rinunciato a portare a termine il suo dovere. Il suo unico errore era stato quello di permettere al suo desiderio di rivalsa di prevalere su ogni cosa, alla fine era questo che l’aveva portata alla sottovalutazione del pericolo. Almeno questo era ciò che era riuscito a dedurre dalle poche informazioni in suo possesso.
Aveva imparato a conoscere profondamente il suo compagno, dentro di sé sapeva che egli non avrebbe esitato a rischiare tutto per recuperare ciò che aveva perduto. Il tenente Hart aveva rinunciato a tutto per la Patria, era stato disposto a perdere la sua identità e a mascherare i suoi sentimenti. Aveva accettato di servire l’Inghilterra anche a costo della sua felicità. Per quanto avesse sempre cercato di nasconderlo ai suoi occhi James era convinto che avesse sofferto per questo. In fondo Hart aveva perso la sua vita molto tempo prima di morire.
L’uomo parve avvertire il suo dolore: «mi dispiace per la sua morte, è sempre difficile far fronte alla perdita di un buon agente, ma penso che anche lei sappia bene quanto sia pericoloso questo mestiere»
James abbassò lo sguardo, per lui Hart non era soltanto un collega, doveva ammettere che il loro rapporto era stato molto simile ad un’amicizia. Per questo provava sincero rammarico per averlo tradito.
«L’Aquila è riuscita a fuggire, ma non è ancora tutto perduto. Nonostante il fallimento della missione possiamo ancora trarre vantaggio dalla situazione. Ed è qui che entra in gioco lei, agente Donnelly. Il tenente Hart mi ha fornito un rapporto dettagliato su di lei, l’ho tenuta d’occhio per tutto questo tempo, e direi che non mi ha affatto deluso, anzi, sono addirittura sorpreso dal fatto che un ragazzino alle prime armi sia riuscito ad ingannare così a lungo un agente della Corona esperto e competente»
Finalmente James si decise a porre la fatidica domanda: «chi è lei?»
«L’unico che può salvarle la vita»
«È un ufficiale dell’Intelligence
Egli annuì: «sono il Colonnello Jackson»
James si domandò se il grado militare corrispondesse alla realtà o se si trattasse di un nome in codice, quell’uomo sembrava davvero troppo giovane per quella carica. In ogni caso non aveva molta importanza.
«Per quale motivo dovrei fidarmi di lei?»
«Temo che nella sua situazione non abbia molta scelta»
Donnelly restò diffidente.
«Se deciderà di rivelare tutto quello che sa all’Intelligence potremo agire in suo favore»
«In che modo?»
L’altro sorrise: «anche l’Unità Speciale ha i suoi segreti, per proteggerli non esiterebbe a far cadere le accuse su un nostro protetto»
Il giovane parve stranito: «di che sta parlando?»
Il Colonnello esitò qualche istante, poi si decise a rivelare la verità.
«Dei crimini commessi da alcuni dei vostri ufficiali durante la guerra civile. Noi inglesi abbiamo contribuito a insabbiare alcune scomode verità…questi favori trovano sempre modo di rivelarsi utili»
James avvertì nausea e disgusto al pensiero che i suoi colleghi stessero nascondendo un oscuro passato, ma ancor di più lo turbò il fatto di sfruttare queste ingiustizie per avere salva la pelle.
«Perché l’MI5 vuole aiutarmi? Sapete la verità e siete anche consapevoli che le informazioni in mio possesso non sono tanto preziose da costringervi ad esporvi in questo modo!»
«Ovviamente l’accordo comprende anche dell’altro…»
James rimase in silenzio con aria ancor più sospettosa.
«Se accetterà la nostra proposta dovrà lavorare per noi»
«Che significa?»
«Significa che dovrà diventare un agente dell’Intelligence»
Donnelly si sentì sempre più confuso: «tutto questo non ha senso!»
Il suo interlocutore non si scompose: «oh, mi creda. All’interno dei Servizi Segreti può accadere di tutto»
«Perché vorreste un traditore dalla vostra parte?» 
«Le sue capacità potrebbero rivelarsi molto utili. La sua esperienza come spia dell’IRA è qualcosa che nessuno dei nostri agenti può vantare nella propria carriera»
L’espressione sul volto del sottotenente si incupì: «ho commesso degli errori, ma sono sempre rimasto un irlandese»
Il Colonnello non diede troppa importanza a quelle parole.
«L’Inghilterra è in guerra e l’Irlanda desidera mantenere la pace, per il bene di entrambe le Nazioni è necessario mettere da parte vecchi rancori»
James si mostrò riluttante.
«Ho sempre accusato mio padre per questo, per aver tradito la sua Patria in favore della Corona!»
Jackson scosse le spalle: «i tempi stanno cambiando. Una cosa non esclude l’altra, anzi...collaborare con l’Inghilterra potrebbe rivelarsi l’unico modo per proteggere l’Irlanda»
James rifletté su quelle parole, aveva ben riconosciuto le intenzioni manipolatrici dell’inglese, ma non poteva ignorare la verità. L’esperienza con il tenente Hart gli aveva dato prova che l’unico modo per fronteggiare un pericolo comune era unire le forze.  L’invasione era qualcosa di molto più vicino e concreto di quanto le autorità irlandesi volessero ammettere.
Il Colonnello guardò il giovane negli occhi: «non è facile da ammettere, ma nel mezzo di una guerra è necessario giungere a compromessi. Voi irlandesi avete ancora bisogno della nostra protezione, così come a noi serve la vostra collaborazione»
James prese un profondo respiro, aveva sempre temuto di diventare come suo padre, ma in quel momento non provò né ribrezzo né vergogna. Il tenente Hart aveva avuto ragione anche nel valutare il loro rapporto, non odiava davvero il suo genitore, in lui restava soltanto il rimpianto di non averlo mai conosciuto realmente. Ed ora che si trovava davanti a una simile decisione poteva comprendere a pieno le sue motivazioni.
 
***

Fino a quel giorno il sovrintendente Whelan aveva visto il perimetro del campo di Curragh soltanto da lontano, in quanto parte di quell’aerea era destinata all’addestramento militare delle nuove reclute. Provò una forte inquietudine nell’oltrepassare il filo spinato e nel camminare vicino alle baracche dei prigionieri.
Non gli fu concesso avvicinarsi più del necessario, le guardie lo accompagnarono immediatamente nell’edificio principale perché potesse condurre il suo interrogatorio.
Il comandante dell’Unità Speciale attese in una stanza fredda e buia in compagnia di altri due uomini in divisa, i quali sembravano controllarlo con fin troppa premura.
Finalmente la porta si aprì e un prigioniero venne condotto all’interno, le guardie lo trascinarono al tavolo e con forza l’obbligarono a sedersi.
Whelan guardò con attenzione il nuovo arrivato. A stento riuscì a riconoscerlo, egli non assomigliava affatto all’uomo che aveva arrestato. Era dimagrito in modo impressionante, aveva il viso scarno e gli occhi incavati. Perfino il suo sguardo, ormai spento e vacuo, non era più lo stesso.
«Prigioniero 326, Stephen Gifford» urlò una delle guardie per confermare la sua identità.
«Prigioniero politico» precisò il diretto interessato con un tono di voce più basso, ma altrettanto deciso.
Il sovrintendente rimase perplesso nel sentire quelle parole.
«Temo che non abbia ben chiara la situazione. Lei non è un prigioniero politico, è stato condannato con l’accusa di essere un militante dell’IRA»
«Sono un repubblicano, non un criminale»
Whelan ribatté con tono tagliente: «per la legge non c’è più differenza»
«Certo, prima i comunisti e adesso i repubblicani…chi saranno i prossimi sui quali il governo scaricherà ogni colpa?»
«Non sono qui per discutere di politica» chiarì il sovrintendente.
«Quelli come lei non discutono, obbediscono e basta, non è così?»
Whelan ignorò quel commento.
«Ritengo che lei abbia avuto tempo sufficiente per riflettere sul nostro accordo»
L’altro sbuffò: «noi non abbiamo alcun accordo»
«La proposta è ancora valida»
La risposta fu una smorfia di sdegno e disgusto.
Il sovrintendente si armò di pazienza: «qual è la ragione del suo ostinato silenzio?»
Anche questa volta Gifford non lo degnò di una risposta.
«Chi sta proteggendo? Suo cognato? Sua moglie? Oppure entrambi?»
Stephen rimase imperturbabile.
«Ho letto alcuni dei suoi articoli, lei è un uomo intelligente, direi addirittura brillante. È triste vederla in queste condizioni, trattato come un comune criminale»
«Dunque anche lei ha un animo patriottico, i miei scritti sono tutti in gaelico»
«Forse ha ragione. D’altra parte non sarei qui se non avessi a cuore il destino di questa Nazione»
Il prigioniero restò sempre diffidente.
«Conosce le ragioni di questo interrogatorio?»
«Non importa, non ho parlato in passato e non parlerò nemmeno ora»
«Le sto offrendo un’ultima possibilità per ridurre la sua condanna»
«Non sono un ragazzino spaventato, con me queste tecniche non funzionano»
Whelan ignorò la sua risposta.
«Deve aiutarci a trovare il capitano Maguire. Qualunque informazione potrebbe rivelarsi utile»
«Lei sta sprecando tempo interrogando un prigioniero. Sono rinchiuso a Tin Town da quasi un anno, come potrei sapere quel che sta accadendo al di fuori da qui?»
«Non si prenda gioco di noi signor Gifford, sappiamo bene che le informazioni continuano a circolare all’interno del campo»
Stephen ebbe un attimo di incertezza, non confermò né negò la veridicità di quell’affermazione.
«Forse non riterrà più che il capitano Maguire sia meritevole del suo silenzio dopo aver saputo che è stato lui ad organizzare l’attentato alle caserme McKee, nel quale sono morti tre dei nostri agenti. Maguire è anche responsabile dell’assassinio di due detective dell’Unità Speciale e un ufficiale dell’Esercito britannico»
«Ogni guerra ha le sue vittime» fu la fredda reazione.
«Lei è un uomo civile, un intellettuale. Come può permettere che questi crimini restino impuniti?»
«La lotta per la Libertà richiede compromessi e sacrifici»
«Lei stesso ha affermato di non essere un criminale, ma proteggere un terrorista è un crimine a tutti gli effetti»
Gifford scosse la testa: «anche se le spiegassi le mie ragioni non credo che potrebbe capire»
«Sono irlandese, conosco la storia del mio popolo. Desidero anche io la Libertà e l’Indipendenza che sostenete di voler ottenere, ma non in questo modo. L’Irlanda non ha bisogno di altri spargimenti di sangue, la guerra civile ha già causato abbastanza sofferenze. Le nuove generazioni non devono ereditare l’odio dei nostri padri»
«Non è una questione di odio, la Causa non può essere abbandonata. Gli ideali sopravvivono alle guerre»
«Se non collaborerà questa volta non avrà più l’occasione di contrattare con le autorità»
Stephen lo guardò dritto negli occhi: «ormai ho già accettato la mia condanna»
Whelan tentò di non esternare il suo turbamento.
«Devo dire che il suo spirito romantico è in un certo senso ammirevole, ma mentre lei continua a difendere ciecamente i suoi ideali io preferisco vedere le cose per quello che sono davvero»
«Non è tutto così semplice, non esiste un’unica verità»
«La mia verità è la giustizia» 
«Questo fa di lei un uomo rispettabile, per questo sono lieto che sia stato lei a condurmi qui. Per quanto sia contradditorio il fatto che un uomo dalla rigida morale come lei sia al servizio di un sistema spietato e crudele»
Whelan osservò il livido violaceo sul volto del suo interlocutore.
«Mi dispiace, so che cosa accadeva in questo campo vent’anni fa, ho paura che le cose non siano affatto cambiate»
Nel dire ciò lasciò trasparire sincero rammarico.
Ormai il sovrintendente era rassegnato al fatto che Gifford non avrebbe mai accettato di tradire non solo i suoi ideali, ma anche le persone che amava. Aveva tentato, ma non avrebbe mai potuto pretendere tanto.
Whelan pensò al triste destino di quell’uomo, di certo non avrebbe lasciato presto Curragh, e solo Dio poteva sapere se sarebbe uscito vivo. Per quanto credesse nella sua colpevolezza la sua umanità lo portò a provare compassione nei suoi confronti.
«Sono stato a perquisire casa sua, non importa il motivo dato che non è stato trovato nulla di rilevante per le indagini. Ho promesso a sua moglie che le avrei recapitato un messaggio da parte sua»
Stephen alzò la testa, una luce di speranza illuminò il suo sguardo.
«Voleva solo che sapesse che è sempre nei suoi pensieri e che prega per lei ogni notte»
La sua espressione parve addolcirsi al ricordo dell’amata moglie, ma fu solo questione di pochi istanti. Gifford tornò rapidamente in sé.
«La ringrazio, non era obbligato a farlo»
Il sovrintendente non disse nulla, ma pensò che nonostante tutto un uomo nelle sue condizioni avesse bisogno di conforto.
 
***

Le pareti del rifugio tremarono al passaggio del treno sulle rotaie, poi il silenzio tornò a regnare nel piccolo scantinato.
Il capitano Maguire alzò lo sguardo alle assi ammuffite del soffitto: «è assurdo, quest’estate abitavo in una villa in stile vittoriano con giardino. Ero un uomo stimato e rispettabile prima che iniziasse questa caccia alle streghe»
«Tutti noi abbiamo fatto delle scelte» rispose John.
«Non mi sto lamentando per quel che ho dovuto sacrificare, a dire il vero non ho alcun rimpianto, ma a me non piace nascondermi. Ho sempre affrontato il nemico in prima linea. Capisci cosa intendo?»
Daly annuì: «per il momento è meglio aspettare che si calmino le acque, poi potremo pensare alle prossime mosse»
«Hai ragione. A proposito, hai ricevuto altre notizie?»
Il comandante del Nord negò: «niente di nuovo. Sappiamo che l’Aquila è riuscita ad abbandonare l’Isola. Sembra che tutto si sia svolto secondo i piani»
«Già, anche se lo scontro a Bray è stato più violento del previsto»
«Era prevedibile che le squadre di Wicklow non avrebbero perso l’occasione di aprire il fuoco contro la polizia»
«È stato un azzardo. Avrebbero potuto esserci conseguenze ancora più gravi!»
«Forse…d’altra parte la guerra non è una prospettiva così lontana»
«Non possiamo rischiare di far fallire tutto in questo modo! Sappiamo bene che senza il supporto della Germania non avremmo alcuna possibilità!»
«Certo, ma non possiamo avere la certezza che la spia porti a termine la sua missione»
Maguire esitò: «non ci sono buone probabilità che la nave giunga a destinazione?»
John rifletté qualche istante: «è un tratto breve, ma pericoloso. La bandiera irlandese non è sufficiente a garantire l’immunità in quelle acque. E poi un viaggio per mare è sempre rischioso. Per il momento possiamo solo attendere e sperare per il meglio»
«Il capitano Kelly è un vecchio lupo di mare, mi fido di lui. Inoltre è sempre stato fedele all’IRA, conosce bene l’importanza di questa missione»
Daly tornò a preoccuparsi per l’incolumità del suo compagno.
«Dopo tutto quello che è successo dovresti allontanarti da Dublino per un po’»
Maguire si rifiutò: «non abbandonerò la mia città, i miei compagni hanno ancora bisogno di me»
«Abbiamo perso ogni contatto con la spia del Castello, non possiamo più permetterci di commettere errori»
«Ne sono consapevole, ti chiedo solo di avere pazienza e fidarti di me»
«Non c’è mai stato un momento in cui non abbia avuto fiducia in te» lo rassicurò John.
I due comandanti restarono per un po’ in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
Fu l’ufficiale di Belfast a rompere il silenzio: «che cosa farai con il soldato O’ Riley?»
Maguire sospirò: «ad essere sincero non ho ancora preso una decisione definitiva»
Lo sguardo del suo compagno si indurì: «conosci bene le leggi dell’IRA, un traditore deve essere condannato»
«Hai ragione, ma una parte di me non riesce a considerare Declan come un traditore. Non posso assegnare a lui ogni colpa, io stesso ho delle responsabilità in quel che è successo»
«Stai parlando nelle vesti di ufficiale o in quelle di amico?»
«Entrambe» ammise.
John non poté biasimarlo per questo, era intenzionato a restare neutrale in quella faccenda, prendere quella decisione non era suo dovere. Alla fine però non riuscì a trattenersi dall’esprimere la sua opinione.
«È pur vero che, in un modo o nell’altro, quel ragazzo ha portato a termine la sua missione»
«Sono il suo comandante, non posso passare oltre al fatto che abbia disobbedito agli ordini»
«A volte un soldato deve anche affidarsi all’istinto, per qualche ragione O’ Riley ha voluto fidarsi del tedesco e alla fine ha preso la giusta decisione»
«Questo non giustifica il suo atto di insubordinazione»
«So che è una decisione difficile, ma penso che tu sappia cosa fare»
Charles fu costretto ad ammettere la verità: «non posso giudicare Declan soltanto in quanto mio sottoposto, questo lo sai bene»
Daly tentò di analizzare la situazione.
«O’ Riley era consapevole della sua condizione, avrebbe potuto fuggire, ma non l’ha fatto» considerò.
«Questo non mi sorprende, Declan non è un codardo, non ha mai avuto paura di affrontare il suo destino»
«Dunque ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità delle sue azioni»
«Declan è un buon soldato, di questo ne sono certo» affermò Maguire con decisione.
«È ancora giovane, sono convinto che potrà imparare dai suoi errori»
Charles concordò con il suo compagno, quella situazione era complessa e delicata, era consapevole di non poterla affrontare restando imparziale, ma dentro di sé sapeva di star prendendo la giusta decisione.
In quel momento ripensò al suo ultimo colloquio con la spia dell’Abwehr, in quell’occasione aveva promesso che avrebbe fatto tutto il possibile per salvare Declan. Non sapeva perché si fosse sentito in dovere di rassicurare il tedesco a riguardo, forse aveva riconosciuto in lui la sua stessa apprensione.
Doveva riconoscere che il tenente Schneider era stato onesto e leale nei confronti dell’IRA, Declan non si era sbagliato.
Charles sospirò, avrebbe desiderato dimenticare al più presto quella faccenda. Ora che quella storia era finita non avrebbe più dovuto preoccuparsi, doveva solo sperare che tutto potesse tornare alla normalità.
  
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