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Autore: N92    16/01/2022    0 recensioni
Natan è un uomo pesantemente dipendente dalla droga. Ha appena perso il lavoro e sente di non avere più ambizioni né uno scopo per cui andare avanti. Tutto ciò che era è ormai un ricordo del passato, e l'unico futuro che riesce a vedere è solo quello dell'assunzione della prossima dose.
La sua vita sembra finita, finché un giorno non riceve una visita riservata solo a pochi nella storia: è L'angelo Gabriel.
L'angelo è venuto per conto di Dio, e metterà in discussione tutto quello che Natan ha vissuto, pensato e agito fino a quel momento. Il drogato contro l'angelo, in un viaggio che smuoverà l'animo dell'uomo e lo costringerà a presentarsi nudo davanti a sé stesso e alla Divinità.
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6

Scontro

 

 

“Los Angeles”, 17.56 P.M.

 

 

 

Nel giro di qualche passo l'uomo si trovò a pochissima distanza da Gabriel e cominciò a caricare il pungo destro. Aveva la faccia deformata dalla furia e gli occhi erano sgranati e rabbiosi. L'angelo invece se ne stava immobile nella sua perfetta compostezza, le braccia comodamente lungo i fianchi e la faccia serena. Non accennò neanche una qualche sorta di mossa difensiva. L'unica cosa che fece fu fissare Natan e la sua furia omicida venirgli incontro. L'uomo iniziò una torsione col busto per calibrare il colpo mortale: dato che l'angelo era staccato da terra di almeno settanta centimetri non sarebbe sicuramente arrivato a prenderlo in faccia, ma con un gancio ben assestato avrebbe potuto colpirlo alla bocca dello stomaco. Non era la prima volta che Natan menava le mani. Dopo la morte dei genitori si dovette trasferire dalla sua città natale, Fort Collins, a Denver, dove risiedevano i nonni materni. All'epoca aveva quindici anni, e dato che non era mai stato un ragazzo sociale, il rapporto con i genitori era per lui un punto di riferimento imprescindibile. Le giornate più belle le aveva passate a pesca col padre, o in giro per la città aiutando la madre con le sue necessità. Il trasferimento a Denver fu traumatico, e lo trascinò ancor di più verso l'isolamento. I rapporti con i coetanei erano difficili, e venuti a sapere della disgrazia che lo aveva colpito pochi mesi prima, alcuni di loro non mancavano di prenderlo in giro ed umiliarlo. Da lì ovviamente le volte che c'era scappata la rissa c'erano state, ma Natan non combatteva per sé stesso. Scattava se venivano insultati i suoi genitori, e quando succedeva diventava una furia. “Le brutte abitudini sono le più dure da cambiare”, gli diceva sempre il padre, mentre tentava per l'ennesima volta di smettere di fumare.

Con un ultimo decisivo passo rilasciò il pungo. Non gli importava che Gabriel non stesse tentando di difendersi, né i danni che avrebbe potuto procurargli. L'angelo si sarebbe vendicato? Lo avrebbe fatto impazzire con la sua perfetta, precisa, assordante risata? Per quello che gli importava avrebbe potuto anche chiamare Dio stesso, per farlo bruciare, disintegrarlo, folgorarlo, o abbassargli i pantaloni e prenderlo a sculacciate per l'eternità.

Il braccio si mosse veloce proprio in direzione del busto dell'angelo, e Gabriel ancora non si muoveva. Natan aveva messo tutto il peso del corpo per aumentare la potenza del colpo, e sembrava che esso sarebbe andato a segno. All'improvviso l'uomo avvertì una scarica elettrica pervaderlo, e di colpo il braccio arrestò il movimento senza che lui gli avesse dato l'ordine. La mano chiusa era a mezz'aria fra il suo corpo e quello di Gabriel. Sembrava che Natan si fosse messo in posa come un supereroe.

Ma che diavolo...”. Digrignando i denti tentò di riprendere il controllo, cercando di spingere il braccio verso il bersaglio, ma il corpo non ne volle sapere di collaborare. Era come se qualcuno lo stesse manovrando come una marionetta. Quella strana elettricità lo stava ancora attraversando, ma non gli procurava dolore, anzi, era piacevole sentirla scorrere nel corpo.

Bastardo, sei tu a farmi questo? Ecco perché non ti sei mosso, vero?”. Era chiaro che la scossa lo immobilizzava, ed era chiaro che era stato l'angelo a stregarlo. Natan stava tremando per lo sforzo immane, tuttavia non mollò, e continuò il braccio di ferro contro quella forza immobilizzate.

Non era mai stato un uomo particolarmente vigoroso, e la droga sicuramente aveva intralciato l'espressione della sua forza fisica, infatti ben presto si sentì senza energia. Gabriel osservava lo sforzo di Natan con neutralità attendendo che l'uomo si esaurisse.

Nel preciso momento in cui la mente dell'uomo si concentrò sulla sfinitezza del corpo e lasciò andare la rabbia, la scossa sparì. Natan avvertì che il fisico tornava a rispondergli, ma si sentì a pezzi, incapace di muovere un muscolo. Si gettò a peso morto a terra, ma invece di sbattere malamente al suolo, la coltre bianca lo sostenne, sollevandolo e accudendolo. Era incredibilmente comoda e soffice.

Gabriel si avvicinò.

«Stai bene?», gli chiese. Natan non gli rispose. Era furioso, ma troppo stanco per manifestarlo.

«Che cosa mi hai fatto?» parlava con un filo di voce.

«Non ti ho fatto niente...». L'uomo cominciò a ridere scompostamente. Gli costava fatica persino quello, ma la cosa lo faceva veramente divertire.

«Fammi indovinare, sono sempre io vero? A fare tutto? Sempre io a fare questo, quello... sempre io a rovinarmi da solo.»

«Te l'ho detto, siamo dentro la tua anima. Tutto quello che succede qui è per tua azione». L'angelo con una mossa repentina mutò posizione e si mise a levitare in orizzontale, e i due si ritrovarono ancora faccia a faccia. La lunga chioma quasi sfiorava le guance di Natan. Nei pulsanti occhi di Gabriel non c'era nessun tipo di astio o rabbia per l'aggressione che aveva quasi subito, e con la consueta calma riprese a parlare: «Come ti ho appena spiegato, ognuno di noi ha uno scopo. Non è lo scopo di un'anima aggredire un angelo, non è per questo che è siete stati creati». Fece una pausa, e leggendo il pensiero che stava formulando Natan riprese: «Così come non è quello di un angelo aggredire un'anima.»

«Mi vuoi far credere che non sei stato tu a immobilizzarmi come un salame?», chiese l'uomo con sarcasmo. L'angelo scosse la testa.

«Se la tua anima, quindi tu stesso, non può aggredirmi, chi pensi che sia stato a bloccarti?» Natan inclinò un poco la testa, poi annuì lentamente.

«Io stesso.»

«Esatto» asserì Gabriel, «tu stesso, nell'essenza del tuo essere, non hai fatto altro che rispondere ad una legge divina della creazione. Da una parte volevi colpirmi, dall'altra la tua anima tentava di impedirlo, e dato che non puoi ovviamente avere la meglio su te stesso, il risultato è stato una via di mezzo, cioè l'immobilità. La risultante di due forze con la stessa intensità.»

«Ho combattuto contro me stesso.»

«Si». Gabriel sorrise e gli tese la mano. Natan la osservò con disappunto.

«Non ci casco un'altra volta.»

«Non preoccuparti. Te l'ho detto no? Non possiamo andare da nessuna parte.»

«Ma che bello...». Natan afferrò la mano dell'angelo e in un batter d'occhio si ritrovò in piedi. Si stupì della facilità con cui l'angelo lo aveva tirato su. Barcollò un po' prima di trovare l'equilibrio. Era veramente esausto.

«Ascolta Natan, come ti ho già detto io non ho potere in questo luogo. Non posso modificare né toccare nulla. È come se fossi un intruso.»

«Ah! Ecco perché stai continuando fastidiosamente a volare davanti ai miei occhi! E io che pensavo che fossi solo un po' pigro». Gabriel rise.

«Beh potresti farlo anche tu, se volessi...», Natan aggrottò le sopracciglia.

«Cos...»

«Ad ogni modo» lo interruppe l'angelo, «hai già capito che l'anima ti parla vero? Quella reazione che hai avuto prima, vedendo il loto nero. L'anima ti ha indicato che quella era la via, la cosa giusta da fare. Tu sapevi già come uscire da qui». L'uomo si incupì in volto e rimase in silenzio.

«Natan, lo so che è difficile, sento perfettamente ciò che hai dentro, ma quella è l'unica possibilità di uscire da qui.»

«Per te è facile» ribatté Natan, «non sei tu che devi affrontarlo. Tu non ce li avrai neanche questi problemi. Tu sei un angelo, sei perfetto! tu...tu voli Cristo Santo! Hai le ali che si accendono come neon!»

«Credimi se ti dico che tu, anzi, che voi avete e siete molto di più di ciò che io potrò mai essere». Era una piccolissima nota di rammarico quella che aveva avvertito Natan in quell'affermazione, o era stata solo la sua immaginazione? Perché si sa, i tossici in quanto ad immaginazione non li batte nessuno!

«Non capisco, cosa intendi?» gli chiese. Gabriel spostò lo sguardo all'orizzonte verso quello sterminato manto di fiori.

«Voi siete in tutto e per tutto stati creati ad immagine e somiglianza di Dio. Questo lo avrai sentito un milione di volte». Natan annuì.

«Questo vuol dire la vostra matrice creativa è Dio stesso. Voi venite, siete, e tornerete in Dio. Per noi angeli è diverso, la nostra matrice non viene da Dio stesso, ma dalla sua energia creativa. Noi non abbiamo un'anima, non siamo Dio.»

«D'accordo, ma questo cosa c'entra? Io sono comunque un umano e tu sei comunque un angelo». Gabriel tornò a guardare Natan.

«Il Cristo non era un uomo? Eppure diresti che lo era? Il Buddha nacque e visse come un uomo, ma pensi che lo fosse? Si, lo erano in un certo senso, ma non nel modo in cui la maggior parte di voi pensa». Natan non capiva cosa volesse intendere l'angelo, ma la sua attenzione era sempre più scarsa, perché ogni momento che passava la sensazione di dover affrontare il loto cresceva. La sola idea gli faceva venire i brividi, ma l'angelo aveva ragione, e ora avvertiva chiaramente quella forza interna che lo spingeva allo scontro.

«Non lo erano?» gli domandò con fatica per cercare di guadagnare tempo.

«Loro erano uomini solo all'apparenza. Dentro di loro dimorava la consapevolezza di essere qualcos'altro, perché di fatto loro erano qualcos'altro. È ora Natan». L'uomo cominciò ad avere di nuovo quella sensazione di non controllo e subito dopo la stessa carica elettrica di prima lo pervase. Cominciò ad urlare, cercando di fare resistenza, ma la forza che aveva non bastò per impedirgli di avvicinarsi alla voragine.

«No, no, ti prego!». Non ce la faceva più a resistere, e stava per cedere, quando si sentì una mano sulla spalla sinistra. Si girò e vide il meraviglioso viso dell'angelo. Gli stava sorridendo.

«Ce la puoi fare Natan.»

«Che cosa devo fare?»

«Lascia essere ciò che deve essere». A quelle parole l'uomo lasciò completamente la pressione che stava esercitando e il corpo lo trasportò violentemente verso il fiore. La sua luce sembrava la raffigurazione dell'oblio e la promessa di un dolore eterno. La mano destra afferrò il loto e se lo portò alla faccia. Con un inspirazione lunga e secca Natan ne inalò l'odore.

 

   
 
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