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Autore: channy_the_loner    17/01/2022    0 recensioni
“Agápē”, in greco antico, indica la forma più alta d’Amore. È incondizionato, è il sacrificarsi, è il consacrarsi a qualcuno in ogni circostanza, è il “ne vale la pena”, è il “lo rifarei ancora” che si protrae per l’eternità.
E la costante che caratterizza la vita di Heiji è Kazuha, e viceversa.
Lo voglio raccontare attraverso questa raccolta di what if? e missing moments che abbracciano tutti gli episodi che li vedono insieme.
#1: “Kazuha sapeva che sarebbe accaduto ancora.”
#2: “Quel tono di voce arrogante e piccato possedeva lo straordinario potere di annodarle gli organi interni.”
#3: ???
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kazuha Toyama | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Accanto al finestrino.

 

Basato su: “Omicidio alla vigilia delle nozze” (ep: 151-152)

 

Si stava stretti nel corridoio dell’aereo. Non c’era nessuno a spintonare – dopotutto i giapponesi formavano un popolo rispettoso e dedito alla rigidità del buon comportamento –, ma la lunga coda che si era formata alle sue spalle le metteva una pressione addosso impossibile da ignorare. Il ticchettio dei brevi passi delle donne veniva attutito dalla moquette calpestata da eleganti tacchi, assorbendo anche l’andatura degli assistenti di volo al contrario più decisa e spedita, nonostante camminare risultasse complicato anche per gli esperti steward, i quali tuttavia non abbandonavano il proprio sorriso rivolto alla clientela, quasi come se quell’impossibilità di movimento risultasse loro essere motivo di gran divertimento.

«Allora? Ti vuoi muovere?»

E in proposito alla gentilezza e alla disponibilità verso il prossimo, Heiji impersonava l’eccezione che rendeva vera quella legge naturale. Le alitava sul collo, teneva le braccia incrociate e batteva nervosamente un piede a terra, incurante di star provocando agitazione alla fila di passeggeri impazienti di riuscire a raggiungere il proprio posto in fondo al mezzo che di lì a pochi minuti avrebbe spiccato il volo. Kazuha si voltò per lanciargli uno sguardo truce, ma senza smettere di prestarsi a goffi tentativi per sistemare il proprio bagaglio nella cappelliera, che però rimaneva troppo alta e troppo scomoda per farci arrivare la valigia che aveva riempito fino a complicarne la chiusura in occasione del – mancato – matrimonio; addizionando a ciò anche l’urgenza che albergava nella sua vescica, proprio non riusciva a scorgere alcuna luce in fondo al tunnel.

«Se invece di startene lì a sbraitare mi dessi una mano, a quest’ora…»

«Ah, è colpa mia adesso?!»

«Potresti renderti utile in qualche maniera, non credi?!»

«Sei stupida o cosa?! È un’azione semplicissima da compiere e tu ci stai impiegando una vita!»

«Sei sempre il solito arrogante! E pensare che te lo volevo chiedere anche con gentilezza!»

«Sei ancora in tempo per farlo, almeno ci sbrighiamo!»

Arrivati a quel punto, la ragazza prese per davvero in considerazione di domandargli sostegno, anche se l’idea non le piaceva per nulla. A convincerla furono gli sbuffi e i commenti poco gradevoli di chi stava in piedi dietro di loro pertanto, dopo essersi morsa la lingua per impedire a sé stessa di urlare furiosamente, gli fece: «Aiutami, mister sapientone.»

Heiji scosse la testa con fare superiore. «Hai dimenticato le paroline magiche.»

In tutta risposta, Kazuha gli fece volontariamente cadere la valigia sul piede. «Aiutami, per favore», disse calcando la formula di cortesia.

Il detective adolescente si lamentò del dolore a denti stretti ma, resosi conto anche lui di star dando spettacolo, le ordinò in maniera poco carina di sedersi e provvide subito a riporre nella cappelliera i bagagli che gli appartenevano.

Accomodata sul proprio sedile, la ragazza potette godere del meraviglioso panorama che si creava nel momento in cui la maglietta dell’amico si alzava quando lui si allungava verso l’alto, ancora indaffarato con il suo borsone blu: sapeva che il fisico di Heiji era ben allenato grazie alle competizioni sportive a cui era solito prendere parte, tuttavia non le capitava di certo tutti i giorni di poter guardare liberamente quegli addominali senza il rischio di essere scoperta ed etichettata come una pervertita. Se in quel momento strinse le gambe fra loro non fu per placare un istinto ormonale, bensì per affievolire l’urgenza di usufruire di una toilette al più presto.

Quando il giovane ebbe finalmente finito di sistemare la roba, la coda di passeggeri timidamente spazientiti riprese a scorrere in un brusio di sottofondo per nulla paragonabile alle urla che i due avevano cacciato pochi minuti prima. Il ragazzo si sedette con un tonfo sulla poltrona più vicina al finestrino e prese ad armeggiare col cellulare al fine di spegnerlo, ignorando gli annunci provenienti dalla cabina di pilotaggio dato che aveva imparato a conoscerli a memoria; accanto a lui, la giovane temporeggiò sull’allacciarsi la cintura, le gambe ancora strette tra loro per impedire al bisogno naturale di martellarle i pensieri. Le serviva una distrazione per sopravvivere a quel viaggio.

«Heiji, posso sedermi io vicino al finestrino?»

Non l’avesse mai detto. Lui si voltò con un nervo che gli pulsava ben visibilmente in fronte e sibilò: «Toglitelo dalla testa.»

Kazuha gonfiò le guance. «Ma è il mio primo viaggio in aereo, vorrei godermi il paesaggio dall’alto.»

«Sbagliato», ribatté il ragazzo con aria saccente. «Questo è il tuo secondo volo, non il primo. Mi sembra che all’andata io ti abbia ceduto il posto e tu non abbia fatto altro che blaterare sul sorgere del sole, su quanto bianche e soffici fossero le nuvole, poi Tokyo vista da quella prospettiva…»

La giovane assottigliò lo sguardo e decise di lasciar perdere. «Sei sempre gentilissimo», commentò tra sé con chiaro sarcasmo. E fu in quel momento che il terzo sedile, quello che affacciava sul corridoio striminzito, venne occupato dal passeggero che l’aveva prenotato. A occhio aveva meno di venticinque anni, probabilmente uno studente universitario o un giovane lavoratore pendolare in attesa di una fissa dimora, o forse ancora un semplice ragazzo con la passione per i viaggi su larga scala.

Salutò con cortesia e prese posto accanto a Kazuha, la quale ricambiò la gentilezza con un sorriso. Non ebbe il tempo di aggiungere nient’altro, chiacchierona com’era, poiché fu costretta ad allacciarsi la cintura di sicurezza e ad aggrapparsi agli appoggiabraccia, l’unico modo per combattere l’attacco di panico che l’assaliva nel momento in cui l’aereo si sollevava dalla pista asfaltata e s’innalzava; percepiva il vuoto sotto di sé, nonostante fosse comodamente seduta su quella poltroncina in pelle, e a mente si chiedeva se sarebbe andato tutto per il verso giusto, se sarebbe riuscita a tornare a casa sana e salva.

«Sta’ tranquilla. L’aereo è il mezzo di trasporto più sicuro al mondo.»

Ma a parlare non era stato Heiji, no – lui si era calato il cappello sugli occhi, pronto a dormire per tutta la durata del volo. La ragazza si voltò a guardare verso la propria sinistra e scorse il taglio occidentale degli occhi del passeggero di cui ignorava l’identità; questi parlò ancora: «Prima volta in volo?»

Kazuha si affrettò a negare col capo e, di conseguenza, la sua coda di cavallo le frustò il collo bianco. «Seconda, a dir la verità. È il viaggio di ritorno.»

«Capisco», fece lui. «Allora ti devi ancora abituare. Sei stata in viaggio di nozze?», domandò facendo un cenno a Heiji, apparentemente dormiente.

Lei ci mise qualche attimo di troppo per registrare correttamente la domanda. Sentì le guance andare a fuoco e si affrettò a chiarire il malinteso: «No, ecco, vedi, siamo amici d’infanzia e siamo venuti a Tokyo per incontrare delle persone…»

L’estraneo rise con sincero divertimento. «Che imbarazzo», commentò. «Avrei giurato foste una coppia. Sai, da come siete vestiti.»

Se possibile le goti della ragazza s’imporporarono ancor di più; Ran aveva insistito per regalarle la camicetta a righe che stava indossando per fare in modo che s’intonasse all’outfit scelto dal detective dell’Ovest1, mettendo allo stesso tempo il punto finale alla guerra che Kazuha le aveva dichiarato perché convinta che tra lei ed Heiji ci fosse una storia. «Oh, è stato solo un caso.»

Al diavolo il posto con vista dello sconfinato orizzonte! Parlare del più e del meno con quel ragazzo – che aveva scoperto chiamarsi Subaru – si rivelò essere un ottimo modo per ignorare il bisogno impellente d’urinare; anche le sensazioni dovute dal trovarsi ad alta quota si alleggerirono, risultando pressoché piacevoli come un giro su una ruota panoramica. Il malessere si ripresentò solo quando, assieme a un vuoto d’aria affatto gradito, sentì bruciare sulla pelle uno sguardo ghiacciato – un’incoerenza che solo Heiji era in grado di creare e che, nonostante tutto, era in grado di farla sciogliere come un ghiacciolo sotto al sole cocente di luglio.

«Non puoi abbassare la voce? Qui c’è gente che cerca di dormire.»

Anche quel tono di voce arrogante e piccato possedeva lo straordinario potere di annodarle gli organi interni, creando ogni volta un gran disordine in cui proprio non sapeva mettere mano.

«Non scocciare», rispose con un nervo che pulsava d’agitazione. Si rivolse poi al suo nuovo amico: «Scusalo, è che proprio non conosce le buone maniere.»

La risposta non si fece attendere. «Prova a ripeterlo, idiota!»

«A chi hai dato dell’idiota?!»

«A te, idiota!» Immediatamente dopo, Heiji fece scorrere lo sguardo sulle gambe scoperte dell’amica d’infanzia, la quale gli chiese dove stesse guardando, definendolo pubblicamente un depravato. «Che ti succede?»

Kazuha gli rivolse uno sguardo interrogativo.

«Sembrerebbe che tu te la stia facendo sotto.»

La ragazza giunse al limite e gli mollò un sonoro ceffone. «Ti sembra una cosa da dire?!»

Ignorando le proteste di Heiji, Subaru le disse: «Se devi andare in bagno, si trova da quella parte», e indicò col dito indice il fondo dell’aereo.

Gli occhi verdi di Kazuha tornarono a scrutarlo, stavolta raccontando uno stato d’animo che miscelava il timore con la curiosità e vi aggiungeva una generosa dose d’imbarazzo. «Ah… e si può andare?»

«Che domande fai?!», esclamò Heiji alla sua sinistra. «Certo che si può andare! Ma fai attenzione a non farti risucchiare dallo sciacquone!»

Fu allora che la ragazza si alzò e, senza prima averlo insultato nuovamente, si diresse verso la meta tanto agognata.

Quando ebbe terminato, camminò a passo leggiadro verso la propria postazione, pronta a riprendere il discorso con Subaru. Ma quando i tre sedili le furono nuovamente visibili, notò che Heiji si era spostato sulla poltrona centrale, dunque occupando il posto che spettava a lei; quasi come se l’avesse chiamato, alzò gli occhi e li puntò in quelli di lei dicendo: «Ma quanto tempo c’hai messo?»

Ignorò il commento scortese e fuori luogo; puntellò le mani sui fianchi e gli chiese: «Che ci fai al mio posto?»

In tutta risposta Heiji mise un braccio attorno al collo di Subaru come se fosse un suo conoscente di vecchia data. «Oh, niente, gli stavo solo dicendo che stavi per fartela addosso perché stamattina invece di sbrigarti hai perso tre ore a confabulare con Mouri. A proposito, quand’è che siete diventate così amiche?»

Se ne avesse avuto la possibilità, Kazuha lo avrebbe volentieri buttato giù dall’aereo – e poi si sarebbe lanciata a sua volta nel vuoto. «Ti sembrano cose da dire, stupido?!»

Subaru era ancora più imbarazzato di lei e fece bene a starsene zitto, avendo compreso che ogni tentativo di placare i due fuochi sarebbe stato vano.

«Senti», fece a un certo punto Heiji spazientito, «ti ho anche lasciato il posto come volevi. Che altro vuoi?»

La castana strinse i pugni, ma non rifiutò l’offerta. Si fiondò sul sedile libero, rannicchiandosi contro l’angolino formato dallo schienale e dalla parete dell’abitacolo. «Lo accetto solo perché non mi va di litigare davanti a tutti», decretò col naso arricciato.

«Bene!»

«Bene!»

Per la fortuna dell’intero equipaggio e dei passeggeri, la restante parte del volo trascorse pacificamente e, soprattutto, in silenzio.

Kazuha finì con l’addormentarsi dalla stanchezza dovuta dai macabri eventi a cui aveva assistito presso la villa degli sposi; la sua testa scivolò sulla spalla di Heiji, che non la respinse mai. E lui, dal canto suo, non le rivelò mai che la concessione del posto accanto al finestrino era derivata da una bizzarra punta di fastidio all’altezza dello stomaco che aveva iniziato a percepire quando l’aveva sentita ridere insieme all’altro passeggero.

 

 

1 Quando ho visto l’episodio a cui faccio riferimento, purtroppo la parte finale (in cui Kazuha si presenta vestita identica a Heiji) non era tradotta né presentava sottotitoli. Per questo motivo non so cosa il tonno dell’Ovest le abbia detto ;;;; se qualcuno lo sa/mi sa indicare dove posso trovare la parte doppiata o sottotitolata mi farebbe un gran piacere (va bene anche in inglese!)



Angoletto dell’Autrice!!

Questa one-shot sembrava non finire più, mentre la scrivevo! Non ne sono pienamente soddisfatta, ma l’idea di base mi fa sorridere parecchio. Voi immaginatevi quei poveri passeggeri che hanno dovuto sorbirsi le litigate di Heiji e Kazuha per tutto il tempo! Menomale che nel corso del tempo sono si sono avvicinati sempre di più, trasformandosi in esperti viaggiatori ^^   Si direbbe che siano nomadi; è sempre bello quando quei due spuntano dal nulla per proporre un caso assurdo e complicato a Kud—  *Ran la guarda stranita*  CONAN! Kudo? Chi ha detto Kudo? o.o’

A proposito, ho visto che recentemente è uscito un nuovo capitolo del manga che li vede insieme eeeee a quando pare c’è un momento topico… Non vedo l’ora che venga adattato con l’anime AAAAAAAAAAAAAA

 

Grazie mille per aver letto!

–Channy

  
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