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Autore: Alsha    18/01/2022    1 recensioni
| Yennskier | Post!S2 |
Stupido, stupido bardo.
Era la parte di lui che di più l’aveva fatta arrabbiare, prima di conoscerlo veramente. Più degli insulti e delle frecciatine crudeli, più dell’aperto disgusto sul suo volto.
Il fatto che, per quanto sembrasse sempre alla ricerca di fama e di gloria, non era disposto a prendersi nulla.
[...]
Poteva vederlo, riflesso in uno specchio a intrecciarle i capelli, a dedicarle una canzone la mattina appena svegli, a rubarle i gioielli perché si abbinavano al suo farsetto del giorno.

Dopo la battaglia con Voleth Meir, Jaskier cerca di prendersi cura di Yennefer.
Lei, d'altro canto, si sorprende di voler ricambiare.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaskier/Ranuncolo, Yennefer di Vengerberg, Yennefer di Vengerberg
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AVVERTIMENTI: contiene rimandi ad eventi della seconda stagione di The Witcher, in particolare all'episodio 08, e a eventi canonici di autolesionismo e violenza


QUELLO CHE È RIMASTO
 

- Strega?

Jaskier era sulla porta della sua stanza. 

Non l’aveva visto da quando l’aveva sorretta al termine della battaglia e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era felice che fosse venuto a cercarla. Anche se in tutta probabilità era solo per chiederle di fare qualcosa ora che aveva di nuovo il suo caos.

- Bardo. - sorrise debolmente, e poi storse il naso - Di cosa hai bisogno?

- Nulla, nulla. Volevo dirti che ti ho trovato dei vestiti puliti, e ho preparato qualcosa da mangiare. - sembrava nervoso, e Yennefer si rese conto che si stava tenendo precisamente al di fuori della soglia della stanza - Tutti gli altri stanno dormendo, quindi le sorgenti saranno a tua disposizione.

- Sorgenti?

- Mmh. Sorgenti calde, sotto la montagna, posso accompagnarti se vuoi. - Yennefer inarcò le sopracciglia - Nel più innocente, dei modi, ti assicuro. Solo affinché tu non ti perda lungo la strada.

- Bene. Conducimi.

Il bardo annuì e si chinò a raccogliere una cesta da terra, prima di incamminarsi.

- Dovrebbero essere della tua taglia. - con lo sguardo fece cenno alla cesta - Sanno un po’ di canfora, ma sono in buono stato e andranno bene finché quelli indossi non saranno puliti. O finché non ti sarai riposata abbastanza da far apparire vestiti dal nulla, non lo so. Ma ho pensato che dopo tutto quello che è successo oggi ti meriti di dormire con dei vestiti puliti dopo un bagno caldo, quindi… Ah, eccoci.

Con la schiena, spinse il pesante portone di legno e le fece strada in un’anticamera con diverse panche appoggiate alle pareti. C’era una sostanziale assenza di polvere, il che non la sorprese.

Se c’era una cosa che persino gli strighi non potevano avere problema a concedersi, era un bagno caldo gratis nel mezzo dell’inverno. Era l’unico lusso che Geralt non faceva troppa resistenza a concedersi.

Avevano persino del sapone, dei pettini e degli asciugamani già pronti, che Jaskier provvide a tirare fuori per lei.

- Vai pure dentro. C’è una zona con dei canali di scolo per sciacquarti prima di entrare nelle sorgenti naturali, e l’aria è meravigliosamente calda. Ti vado a prendere da mangiare, non ho portato lo stufato con me perché non si raffreddasse. Devo portare una torcia oppure puoi… -  fece un gesto con le dita, che probabilmente voleva significare un incantesimo. Yennefer mosse appena una mano e una sfera di luce si levò dalle sue dita per sospendersi al di sopra delle sorgenti - Allora torno subito.

E in un attimo se n’era andato.

Yennefer rimase per qualche secondo basita a fissare lo spazio vuoto che si era lasciato dietro, convinta più che mai che ci fosse qualcosa di sbagliato in Jaskier. La battaglia doveva averlo spaventato terribilmente, ma nei suoi decenni non aveva mai sentito di qualcuno che in seguito ad un terrore viscerale si trasformasse in un volenteroso servitore.

Lo avrebbe spaventato prima, se fosse stato quello il caso.

Continuò a rimuginarci sopra mentre si lavava, prendendo nota dei suoi dolori e della sua stanchezza, ma anche del calore che sembrava diffondersi dal suo interno, il bruciare rassicurante del suo caos che permeava ogni cellula del suo corpo.

Non voleva pensare a Geralt, a Ciri e alla battaglia, non ancora. 

Non voleva ricordare Voleth Meir, e il sangue che colava copioso dai suoi polsi.

Meglio pensare al bardo.

Un argomento sicuro, privo di conseguenze. 

Uno sciocco umano, che nella notte l’aveva cercata per assicurarsi che si facesse un bagno caldo, che stava entrando nella sala dei bagni ad occhi chiusi per non offenderla, allungando un piede alla volta per non inciampare.

- Puoi aprire gli occhi, bardo. Non sarebbe la prima volta che mi vedi nuda e, comunque, non sono mai stata timida in vita mia. - Jaskier sussultò e il vassoio che teneva si inclinò pericolosamente, prima di essere raddrizzato - Data la tua reputazione, non pensavo fossi così delicato.

Lui aprì prima un occhio, poi l’altro. A passo sicuro, si chinò ad appoggiare il vassoio di legno sull’orlo della piscina di pietra.

- Non devi aver prestato troppa attenzione, mia cara strega, perché la mia reputazione non è solo quella di un amante generoso, ma anche quella di un estimatore del libero consenso dei miei compagni. - le regalò un sorriso un po’ storto.

- Non sei stato così rispettoso, quella volta a Rinde.

Il sorriso sparì.

- Ammetterai che non ero nel pieno delle mie facoltà, data la questione del genio, del sacrificio, e del palazzo che crollava.

- Oh non ti preoccupare. Non mi è mai dispiaciuto un po’ di pubblico.

Sottolineò la frase alzandosi dallo sgabello, avendo cura di fissarlo dritto negli occhi, e andando a immergersi nella piscina naturale con un sospiro di sollievo che sfiorava l’indecente.

Jaskier deglutì, ma non disse nulla e resse il suo sguardo.

- Allora, che cosa mi hai portato di buono? - disse leccandosi le labbra, per continuare il suo gioco e perché il profumo prometteva un pasto sostanzioso - Non sapevo sapessi cucinare.

- Me la cavo. Stufato di patate, carne e rape, principalmente. Quello che ho trovato nella dispensa senza dover disturbare nessuno. E ti ho preparato una tisana, per rilassarti. Camomilla e malva. - indicò la caraffa sul vassoio, e Yennefer si sporse per controllare.

- E siamo sicuri che siano camomilla e malva? - chiese, anche se il profumo era quello.

- Fidati, se avessi voluto avvelenarti avrei preso una bottiglia di quel terrificante liquore che bevono qui. - storse la bocca - Orrendo, ma cosa non darei per un goccetto. Magari una bella bottiglia di Est Est, oh, solo a parlarne... Durante i miei viaggi mi sono fatto amico una famiglia di Toussaint che ha un vitigno nella campagna di Beauclair e produce un vino degno degli dèi, dolce come il miele, ti dico.

Yennefer smise di prestargli attenzione, mentre lui prendeva una tangente sulle regole della produzione del vino e sulle feste della vendemmia.

Si ritenne perdonata, perché proprio guardandolo raccontare si rese conto di che cosa non andava.

Era sobrio, vagamente lucido, e le ustioni sulle sue mani si stavano infettando.

- Non hai pulito le ferite.

Jaskier si interruppe a metà del suo discorso, con la bocca semiaperta, e ci mise qualche secondo a capire a che cosa si stesse riferendo e a far sparire le mani nelle falde della sua giacca di pelle. 

Non che le stesse mostrando al mondo, prima. Il racconto sulle vigne di Toussaint era stato sorprendentemente scevro dei suoi soliti ampi gesti, un altro dettaglio che l’aveva fatta insospettire.

- Non so di che cosa tu stia parlando.

- Jaskier.

Il bardo sbuffò, e sfilò le mani dalla giacca. Con un grugnito, si accovacciò vicino alla sorgente, porgendo le mani perché lei le vedesse.

- Credevo che fossi intelligente, bardo. Sveglio abbastanza da sapere che le ustioni si curano, altrimenti si infettano.

Si aspettava che Jaskier facesse qualche battuta, magari ricordandole che era troppo impegnato a salvare elfi o a fare qualunque cosa stesse facendo nei giorni trascorsi tra quando erano rimasti separati e quando si erano ritrovati a Kaer Morhen.

Invece la sua faccia si stirò in una sorta di ghigno, e Yennefer vide brillare nei suoi occhi qualcosa che non le piaceva.

- Come ho fatto a non pensarci! Avrei potuto chiedere alle disponibilissime guardie cittadine che mi hanno sbattuto in galera se avevano qualche medicazione. O magari ai topi che stavano nella mia cella, cosa ne dici? Gordon il topo avrebbe potuto aiutarmi? Di sicuro sarebbe stato più utile di Geralt, quando è venuto a liberarmi solo per sapere dove tu fossi finita con la sua Figlia della Sorpresa. O quando mi ha spedito con la ragazzina più cercata dello stramaledetto Continente in un posto che non avevo idea di come raggiungere, dove neanche uno stramaledetto strigo ha avuto la decenza di presentarsi o di indicarmi dove potevo raggomitolarmi a morire di freddo! - la sua voce, che si era alzata costantemente con il suo discorso, crollò di colpo - E adesso un demone interdimensionale ha fatto una strage, e io non posso nemmeno essere arrabbiato con nessuno perché mentre voi combattevate Voleth Meir io mi nascondevo sotto un tavolo.

- Jaskier…

- Lascia stare. Lascia stare, dico davvero. Non mi servono medicazioni, non mi serve cibo, e soprattutto non mi serve la tua pietà. Non mi resta più niente, il minimo che posso fare ora è non disturbare. È stato un piacere, Yennefer. Buonanotte.

E fece per alzarsi, ma Yennefer si alzò di scatto e lo afferrò per la manica, strattonandolo. Jaskier perse l’equilibrio e si ritrovò seduto sulla dura pietra, la sua rabbia tramutata in stupore.

- Guardami bene negli occhi perché non mi ripeterò.

Il bardo annuì, tremante.

- Puzzi come le fogne di Oxenfurt. - non era quello che Jaskier si aspettava, e gli sorrise - Lavati. Poi ti curerò le piaghe e potremo cenare assieme.

Lo lasciò andare, e osservò sprofondata nell’acqua le espressioni che si alternavano sul suo volto.

Perplessità, paura, imbarazzo, rassegnazione.

E poi la maschera dell’uomo di spettacolo, che si plasma costantemente sui desideri altrui.

- Ma certo, mia cara. Lo sapevo che un giorno avresti ceduto al mio fascino, ma non ti preoccupare, non ne farò parola con nessuno. Lascerò la tua reputazione pura e immacolata.

- “Pura e immacolata”? Non era “una nave salpata e affondata sul fondo dell’oceano”, citando un certo grande poeta?

Jaskier sollevò gli occhi dalla sua giacca, che stava piegando con fin troppa cura. Per prendere tempo, ovviamente.

- Mi devi scusare. Sono stato incredibilmente maleducato nei tuoi confronti, Yennefer. Ero, sono, orribilmente geloso di te. Lo negherò fino alla morte, al di fuori di questo posto, ma mi dispiace. Avevi quello che desideravo, ed ero troppo stupido per capire che i miei fallimenti non sono colpa tua.

- Una catena al collo? Se la desideri tanto puoi anche prendertela.

Jaskier scosse la testa e si sfilò il gilet ricamato (sudicio di sporco e di sangue, lo stesso che aveva indosso ad Oxenfurt) e la camicia (macchiata e consunta, un ampio squarcio slabbrato lungo la schiena).

Si tolse gli stivali (la suola di uno dei due si stava staccando), delle calze di lana che erano più buchi che altro, i pantaloni e le brache. Li stava piegando con cura, e Yennefer si rese conto che, per quanto sporchi e malmessi, erano i suoi unici vestiti.

Le uniche cose che aveva con sé.

- Geralt è una brava persona. - disse senza guardarla - È una testa di cazzo, spesso e senza riserve, ma è una brava persona. La persona migliore che io abbia mai incontrato, forse. Volevo che mi guardasse come guardava te. Che si sentisse libero e al sicuro come con te.

Cominciò a lavarsi, avendo sempre cura di darle le spalle. Si sorprese di quanto fossero larghe, e delle cicatrici pallide che le rigavano.

Una storia per un altro giorno, sicuramente.

- È solo un uomo come tutti gli altri. Un uomo idiota, ipocrita e moralista. - sbottò infine, strappandogli una risata amara.

- Ma anche un uomo coraggioso, generoso e gentile. Che fa tanto e crede di non meritarsi nulla. Una persona di cui sono fatte le leggende. Volevo meritarmi un posto nella sua storia, Yennefer. Ma non sono come voi, e mi ci è voluto un po’ per capirlo.

Stupido bardo.

Stupido, stupido bardo.

Era la parte di lui che di più l’aveva fatta arrabbiare, prima di conoscerlo veramente. Più degli insulti e delle frecciatine crudeli, più dell’aperto disgusto sul suo volto.

Il fatto che, per quanto sembrasse sempre alla ricerca di fama e di gloria, non era disposto a prendersi nulla.

Aveva seguito Geralt come un cane bastonato, pronto a raccogliere gli avanzi che gli altri si degnavano di lasciargli, senza osare chiedere di più.

Come gli aveva detto, conosceva la sua reputazione.

E quando le dame e i signori raccontavano di lui, raccontavano di quanto fosse servile, sempre pronto ad esaudire ogni singola richiesta senza lamentarsi.

Yennefer si era sempre presa quello che voleva, e l’idea di dare così tanto senza pretendere nulla in cambio le faceva ribrezzo.

- È per questo che mi hai portato qui? Che hai cercato dei vestiti per me e mi hai portato da mangiare? Per meritarti il tuo posto nella nostra leggenda- disse l’ultima parola con non poco disgusto.

- Ti ho portato da mangiare e dei vestiti puliti perché ne avevi bisogno. Perché ci hai salvati tutti. Ti sei tagliata i polsi, e c’era così tanto sangue, Yennefer. Credevo saresti morta. Mi hai salvato la vita, e saresti potuta morire. - scosse la testa, e fissò gli occhi sull’acqua saponata che scivolava via nello scarico - Non ho potuto fare niente per voi, e non potrò più fare niente per voi, ma questo... Cucinare un mediocre stufato, cercarti dei vestiti, tacere. Non mi resta altro.

Dèi.

Quest’uomo era davvero in grado di spaccarsi il costato a metà e servirle il suo cuore sanguinante senza battere ciglio.

- Le tue mani guariranno. 

Le guarirò io, non gli disse. 

Ti troverò un liuto, e vestiti che ti stiano meglio di qualunque cosa tu abbia mai visto, e ti porterò a esibirti dove vorrai, purché tu canti di me.

Yennefer voleva tutto, e Jaskier era disposto a darglielo.

Ma lei sarebbe stata migliore di chiunque altro l’avesse avuto nel letto.

Lei avrebbe fatto in modo che ne valesse la pena.

- Non importa. Sarò sempre il bardo del Lupo Bianco, che sia quello stronzo o chi per lui, verranno a cercarmi per le mie informazioni o come inutile ostaggio. Non potrò più suonare. Non posso tornare dalla mia famiglia, perché se qualcuno mi riconoscesse li metterei in pericolo. E nemmeno mettere piede a Oxenfurt, senza che Dijkstra venga a cercarmi.

- Dijkstra? Cosa c’entra il consigliere di Vizimir adesso?

- Il consigliere di Re Vizimir di Redania. - sorrise, come se fosse una cosa particolarmente divertente - Yennefer, Sigismund Dijkstra è il capo dei Servizi Segreti Redaniani. Non accade nulla nel regno senza che lui lo sappia. Mi ha arruolato poco dopo l’università, quando ero ancora un ragazzino. Per portare lettere o messaggi, e per aggiornarlo sui pettegolezzi delle corti. Quando sono tornato a Oxenfurt, e ho iniziato ad aiutare gli elfi, è venuto a saperlo. Mi ha fornito dei fondi per fare quello che facevo.

- Perché mai avrebbe dovuto? È il suo re a perseguitare gli elfi.

- Per accertarsi che qualche sua spia arrivasse a Xin’trea, immagino. Per tenermi sott’occhio nel caso in cui Geralt cercasse il mio aiuto. Per comprare la mia lealtà nel caso in cui venissi a sapere qualcosa di utile. Tante ragioni, ma capiscimi: per una spia, centinaia di civili che sono al sicuro. E non credevo che Geralt sarebbe mai venuto a cercarmi.

Yennefer ripensò a quando li aveva rivisti arrivare assieme, quando Geralt aveva minacciato di ucciderla per Ciri.

- Ma Geralt è venuto.

- Non escludo che Dijkstra mi abbia lasciato in quella cella come esca, sperando che Geralt venisse a saperlo. Nessuno viene tenuto per giorni in prigione per aver sbirciato alla finestra di un bordello. Fatto sta che sicuramente adesso saprà chi mi ha liberato e, se io dovessi riapparire come me stesso, non esiterà a farmi aprire la testa dalla sua maga e a frugare nel mio cervello per tutte le informazioni che possiedo.

Si rese improvvisamente conto di non aver dubitato per un secondo della sua lealtà.

La sorprendeva, l’idea che fosse una spia, ma nemmeno per un attimo aveva pensato che intendesse venderli a Dijkstra e al suo re.

Doveva essere la stanchezza, o i residui dell’influenza di Voleth Meir.

O il fatto che conosceva Jaskier troppo bene anche solo per contemplare che potesse fare del male a Geralt e ad una ragazzina per un tornaconto politico.

Stupido bardo.

Stupido, generoso e coraggioso.

Con il nome di un fiore selvatico e la stessa tenacia.

Agitò una mano verso il vassoio, riscaldando nuovamente lo stufato e la tisana. Lo spionaggio sarebbe stato un problema per un altro giorno. 

Dopo una notte di sonno, Jaskier avrebbe potuto darle tutte le informazioni del caso e avrebbero potuto elaborare un piano sensato. Lo avrebbe tenuto al sicuro.

E Jaskier avrebbe tenuto al sicuro lei, anche se solo dalla solitudine e dal dolore.

Poteva vederlo, riflesso in uno specchio a intrecciarle i capelli, a dedicarle una canzone la mattina appena svegli, a rubarle i gioielli perché si abbinavano al suo farsetto del giorno.

Poteva vederlo, e lo desiderava ardentemente.

- Vieni qui. - venne fuori come un ordine, invece dell’invito che era, ma Jaskier sembrò apprezzare la presa di controllo e ubbidì immediatamente, affondando nell’acqua calda con un sospiro grato - Mani.

Le porse le mani con un po’ più di esitazione, e Yennefer fece attenzione a non bloccargli i polsi. Riusciva ancora a vedere i lividi verdognoli lasciati dalle funi con cui Rience l’aveva legato.

Lasciò che il caos lo permeasse, riparando i nervi e la pelle, guarendo i lividi e i tagli. Quando ebbe finito, sollevò lo sguardo per incrociare gli occhi di lui.

La stava guardando come aveva fatto a Oxenfurt nella taverna, e quando si stavano salutando sulla nave. 

Come se vedesse in lei qualcosa di meraviglioso.

- Grazie, Yennefer. - disse - Per tutto.

E poi, gentilmente, sfilò le mani dalle sue e le sollevò i polsi.

Senza distogliere lo sguardo dal suo, si chinò in avanti e premette un bacio contro le sue cicatrici, vecchie e nuove. 

Prima un polso, poi l’altro.

Non avrebbe saputo dire quanto a lungo rimasero a fissarsi, nella luce del suo incantesimo, avvolti dal vapore caldo delle sorgenti, con le dita intrecciate sotto il pelo dell’acqua.

Pensò che avrebbe potuto baciarlo, e avrebbe significato qualcosa.

Pensò che avrebbe potuto baciarlo, e lui l’avrebbe baciata come se lei gli avesse consegnato il mondo.

Non lo baciò.

Erano successe troppe cose, quel giorno, per prendere decisioni affrettate.

Domani, pensò, mentre lo tirava verso uno stufato che aveva cucinato di nascosto e una tisana che aveva preparato per conciliarle bei sogni.

Domani.

 

 


NOTE

>Il titolo è tratto da una delle mie parti preferite di 'Ruin' dei The Amazing Devil

We can rest, you say, in the pieces

Of what’s left, or of what what we’ve found

>Le sorgenti termali di Kaer Morhen sono un concetto molto diffuso nel fanon e, siccome devo vivere vicariamente tramite i personaggi, ci ho basato sopra tutta la storia da sotto le mie molteplici coperte.

 

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