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Autore: R_just_R    19/01/2022    0 recensioni
[RusAme - One-sided FrUK - Soulmate!AU - Traduzione]
Qualsiasi cosa venga scritta sull’avambraccio compare anche su quello della propria Anima Gemella.
America e Russia, però, non hanno idea di essere legati dal filo rosso del destino e, sebbene durante le riunioni si scaglino l'uno contro l'altro, quando sono soli si scambiano messaggi inconsapevolmente.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Russia/Ivan Braginski
Note: AU, Soulmate!AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Pausa primaverile


America stava poltrendo sul sofà, con il mento puntellato sulla mano e gli occhi socchiusi, mentre si godeva i raggi del sole che si riversavano nella stanza tramite la finestra panoramica. Aveva il giorno libero e ciò voleva dire restare a casa a non far niente. Finito di ordinare qualcosa da mangiare, Alfred prontamente spense il cellulare, mise in un angolo della scrivania tutte le varie carte per toglierle dai piedi, prese una confezione intera di Coca-Cola riservata alle occasioni speciali e si distese di fronte alla televisione per vedere qualcosa di interessante. Per farla breve, si sarebbe preso una giornata di relax.

Alfred iniziò a saltare da un canale all’altro, ne aveva oltre due centinaia, di cui ne conosceva appena più di una dozzina. Si fermò intorno al duecentesimo, notando l’inizio di un anime dai colori vivaci. America controllò il titolo, per essere sicuro di non averlo mai visto e fissò lo schermo, intrigato. Era un anime intenso e affascinante. Alfred non credeva che potesse piacergli, considerando che il tema dello scambio di corpi non gli risultasse nuovo e che di film romantici ce ne fossero a bizzeffe. Non c’era bisogno di specificare che metà di essi fossero dedicati alle anime gemelle e al “filo rosso del destino”. Eppure, qualcosa di quell’anime lo aveva catturato –  la sua innocente semplicità unita al suo profondo significato, persistente come il famoso filo rosso che andava da polso a polso.

Ciao, un saluto apparve sul braccio di Alfred, distraendolo per un momento.

Ehilà, che mi dici?, rispose senza neppure guardare.

Sono a cena fuori. Tu?

La risposta apparve quasi immediatamente. America non voleva distrarsi dalla visione dell’anime, ma allo stesso tempo non voleva neppure perdere l’occasione di parlare con Ilya. Era diventata una necessità più che un’abitudine. Gli piaceva ricevere quei messaggi scritti in quella grafia piccola ed ordinata, ritrovarsi a sorridere dopo averli letti ed era bello sapere che da qualche parte, lontano, un’altra persona si sentiva alla stessa maniera. Era persino pronto a perdersi un bel film, se necessario.

Sto guardando un anime. Mi piace un botto!
 
Un anime? Davvero?

Sì e allora? È un tipo di animazione che non è come quella degli altri cartoni, ma ha uno stile particolare...
Alfred si mise subito sulla difensiva, aveva già affrontato l’argomento innumerevoli volte. Aveva provato a spiegare anche ai “mentalmente più ristretti” che anche gli anime erano una forma d’arte e come tali si potevano apprezzare. Inutile aggiungere che non era mai finita bene.

Stavo solo esprimendo la mia sorpresa, una nuova scritta mise a tacere lo sproloquio di America. Di che parla?

Due persone cercano di ricordarsi a vicenda, anche se non conoscono i nomi l’uno dell’altra. Poi si scambiano i corpi. E c’è una cometa, anche. Ci sono così tante cose da dire...

E questi due, sono anime gemelle?

Sì, ma non hanno il nostro modo di comunicare. Potrebbero anche non incontrarsi.

Non pensi che sia spaventoso? Non incontrare mai la tua anima gemella?

La domanda prese Alfred alla sprovvista. Lo sorprese il drastico cambio d’argomento, d’un tratto serio. E quella domanda era di per sé difficile. Da un lato, Alfred era stato abituato a quella possibilità fin da piccolo. «Sei una nazione –Artie gli ripeteva sempre– e l’anima gemella di una nazione è il suo paese». Ma dall’altro, parlare ogni giorno con Ilya...

Sì, fa paura, scrisse cautamente, come se temesse che qualcuno lo potesse punire per averlo detto. Poi, vendendo che nessuna risposta appariva, aggiunse qualcos’altro.
Ma si può anche vivere senza.

Alfred pensò che Ilya stesse provando a suggerire di vedersi di persona. Non ne avevano più parlato, il che gli andava benissimo, ma se Ilya voleva improvvisamente che si incontrassero, Alfred doveva stroncare le sue speranze sul nascere.

È un po’ triste, scrisse Ilya; America doveva essersi sbagliato.

Ehi, ma tu hai me :)

Alfred non diceva sul serio. Non si sarebbero mai incontrati e senza alcuna vergogna stava illudendo Ilya, eppure... voleva davvero consolare la sua anima gemella, ed anche se stesso. Sì, non si sarebbero mai visti dal vivo, ma almeno per il momento erano lì l’uno per l’altro, proprio in quell’istante potevano parlare e sentirsi tramite il loro legame, nonostante l’enorme distanza.

Lo so. E ne sono felice, venne l’inaspettata risposta.

Alfred sorrise, poi guardò lo schermo della TV. I protagonisti erano su delle scale e si stavano fissando, e... i titoli di coda erano accompagnati da una canzone bellissima. America non sapeva il giapponese, ma si doveva trattare di una canzone d’amore. «Le canzoni belle parlano sempre d’amore, anche se non la pensi così», gli aveva una volta detto Francia. Alfred ricordava molte delle sue citazioni più sagge, meglio dei consigli di Arthur e dei nomi degli eroi dei fumetti. Forse perché era strano che certe cose le dicesse lo spensierato, allegro Francis o forse Alfred gli credeva semplicemente perché Francia viveva da più tempo di Inghilterra.

È un film a lieto fine, Ilya. Si sono trovati, America decise di condividere la bella notizia.

Davvero? È un po’ ingenuo ed irrealistico.

Perché? Non esiste il lieto fine nella vita vera?

Nella vita vera c’è solo una fine, John. Per tutti noi ;)

Che pessimista!

No, sono realista. È che tutti questi finali felici hollywoodiani sono... noiosi.

Capisco, a te piacciono film in stile Il Miglio Verde o Hachiko - Il tuo migliore amico, vero?

L’unico film che mi fa piangere è The Irony of Fate 2.

Alfred aggrottò le sopracciglia, cercando di ricordare quel titolo. Aveva visto così tanti film che le trame erano ormai ingarbugliate nella sua mente, per non parlare dei nomi. Comunque, America ricordava i suoi film preferiti e quelli che aveva visto più di una volta. Dopo essersi sforzato un po’, finalmente ricordò di che cosa parlava.

Aha!, scrisse tutto felice, ho visto il primo e mi è piaciuto!

Allora faresti bene a non vedere il sequel, amico mio.

Comunque, qual è il tuo film preferito?


Alfred era sicuro fosse qualche produzione sovietica. Dopotutto, non importava quanto fieramente odiasse Russia, doveva ammettere che le sue commedie non era male. La risposta di Ilya lo meravigliò. Sbatté le palpebre, non riuscendo a credere ai propri occhi.

Casablanca?!, si stupì Alfred. Perché?

Onestamente non capiva. Era un bel film, su quello non c’era dubbio. Alfred lo apprezzava come una superba prova di cinematografia americana, eppure lo aveva visto appena due volte. Era troppo... malinconico. La vincente, ma a lungo andare noiosa, combinazione di dramma e storie d’amore Alfred l’aveva vista in diverse occasioni e nelle più differenti varianti. Casablanca gli sembrava tipico nel suo genere, forse innovativo ai tempi, ma in linea di massima era sempre la stessa cosa.

È difficile da spiegare, apparve. Non sono un esperto di cinema, ma...
 Ilya era apparentemente a corto di parole.
... ma trasmette un così nobile messaggio di sacrificio. Credo che sia questo ciò che mi piace.

Uno strano sorriso illuminò il viso di Alfred. Riguardava più l’imbarazzo, quasi tangibile, del modo in cui era stato formulato il messaggio che per il significato in sé. Perché Ilya non era qualcuno che si imbarazzava facilmente. Al contrario, sembrava possedere sarcasmo ed autocontrollo. Mentre adesso... era così inusuale che si sentisse a disagio a parlare di qualcosa di cui ne sapeva di meno dell’altra persona. In realtà, Ilya avrebbe potuto scegliere un film diverso, un thriller sovietico per dirne una –cosi come Alfred si aspettava– ma aveva deciso di essere sincero, nonostante si sentisse chiaramente in imbarazzo. E, diavolo, America lo trovava così carino.

Vorrei sentire la tua voce quando sei così impacciato, scrisse America, sorprendendo entrambi.

La stanza era accogliente alla luce dei raggi che passavano attraverso la tenda. In TV stava iniziando un altro anime con una sigla tranquilla e lenta, allegra all’inizio e un po’ più triste verso la fine. Faceva caldo ma non era soffocante, si respirava aria di primavera che quasi invitava ad aprirsi, a confidarsi.

Come pensi che sia la mia voce?

Alfred immaginò all’istante il sorrisetto con cui la domanda era stata scritta. Chiuse gli occhi un momento, cercando di immaginare la voce di Ilya, il timbro e la cadenza e come le diverse emozioni lo influenzassero.

Calma e profonda, scrisse senza guardare e dopo averci pensato un attimo aggiunse, ma non troppo bassa.

Be’, ci sei andato vicino.

Intuito. E dimmi, che aspetto hai?  

Un paio di giorni fa Alfred non se ne sarebbe curato minimamente ma adesso moriva dalla voglia di sapere tutto, ogni più piccolo dettaglio. Tutto ad un tratto sentì crescere in lui l’attrazione, inspiegabilmente, come se il fantomatico filo rosso li stesse stringendo più forte che mai.

Allora... sono alto, ho i capelli chiari, spalle larghe e il naso aquilino. Dovrebbe essere abbastanza per soddisfare la tua immaginazione.

Alfred per qualche motivo si sentì in imbarazzo e arrossì.

E tu?, chiese Ilya.

Ho gli occhi blu e un fisico atletico.
America diede un’occhiata ai suoi non-così-atletici fianchi e arricciò le labbra.
Porto gli occhiali e... ah, sono biondo, concluse un po’ sottotono, facendo una smorfia. Dopotutto, voleva fare una buona impressione sulla sua anima gemella, non ottenere l’effetto contrario.

Ma Ilya doveva essere rimasto imperturbabile dato che riprese il discorso.
Sono sicuro che sorridi un sacco... e luminosamente.
Alfred ci pensò, in effetti sorrideva parecchio in quei giorni, soprattutto quando parlava con Ilya.
Non so perché, ma mi sembri un tipo solare.

Solare? La parola lasciò Alfred senza fiato. Nessuno lo aveva mai chiamato in quella maniera. Tranne Arthur, forse, quando era ancora un bambino e Alfred non se lo ricordava bene. Le sue guance si riscaldarono e nascose il viso tra le mani come se Ilya avesse potuto vederlo. Un pensiero attraversò la sua mente: nei film di solito ci si baciava a seguito di simili parole. Alfred tastò il divano per recuperare la penna che gli era caduta e scribacchiò.
Ti bacerei subito se potessi.
Poi, come un adolescente che aveva appena confessato i propri sentimenti per la prima volta, nascose la faccia tra i cuscini, controllando il braccio allo stesso tempo spaventato e impaziente di ricevere una risposta o una reazione di qualsiasi genere.

Quando la risposta spuntò, non era ciò che si aspettava. Alfred ne fu colto alla sprovvista e si chiese se Ilya stesse provando a cambiare argomento.

Cosa hai mangiato?

Esitante, Alfred rispose. Stavo bevendo una coca.

E io del caffè. Perciò il nostro primo bacio avrebbe avuto il sapore di caffè e Coca-Cola.

America lesse, con un sorriso così ampio da fargli male alle guance. Sbuffò, arricciò il naso e si lasciò cadere sui cuscini, mentre una sensazione di beatitudine gli scorreva nelle vene.


 
* * *
 

Sei strano oggi, scrisse John e Ivan sollevò all’insù gli angoli della bocca, nascondendo dietro la sciarpa il suo involontario sorriso.

A quanto pare, quel ragazzo era riuscito a toccargli il cuore. Ed era sbagliato, disorientante e... piacevole. Russia aveva il morale alle stelle, come se non avesse sulle spalle una giornata di lavoro fatto di pile di documenti e chiacchiere senza senso. Le conversazioni con John riuscivano a ridargli forza e voglia di vivere, gli miglioravano l’umore. Anche quando John era arrabbiato per quel piantagrane russo, o quando Ivan stesso era fuori di sé, era come se riuscissero ad assorbire le emozioni negative l’uno dell’altro, mandandosi tutto il supporto possibile tramite l’inchiostro. Ogni giorno era sempre più difficile immaginare come avrebbe potuto fare senza qualcuno a cui scrivere.

Russia notò un chiosco con delle bevande e andò alla cassa, pagando con una banconota in cambio di una brillante lattina rossa di Coca-Cola.

Stento a riconoscermi io stesso, scrisse con sincerità e, ad occhi chiusi, sorseggiò la bibita. 



Translator's notes
Salve! Non ho dimenticato questa traduzione, sono solo la lentezza fatta a persona. Scusate ç.ç 

Questo è uno dei miei capitoli preferiti, soprattutto vista la sua conclusione. Infatti è stato davvero un piacere da tradurre *^*
Infine, solo una piccola noticina: per quanto riguarda il titolo "The Irony of fate 2" in italiano non è mai stato doppiato, perciò ho deciso di lasciare il titolo in inglese. 
Ci si vede al prossimo capitolo, ciao ciao <3 
   
 
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