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Autore: Placebogirl_Black Stones    19/01/2022    1 recensioni
Certe volte l’unico modo per vincere una partita è abbandonarla. Così lo salutò, si alzò dalla panchina, gli diede le spalle e mosse i primi passi per andarsene.
- Jodie?- la chiamò.
Si fermò come un soldato di fronte all’ordine del generale, girando di poco la testa indietro per guardarlo.
Si fissarono intensamente per alcuni secondi, come se volessero trasmettersi a vicenda mille parole senza però pronunciarle, perché a volte il silenzio fa meno male della voce dei ricordi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jodie Starling, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL SILENZIO DI MILLE PAROLE
 
 

Il sole stava ormai per lambire la terra, pronto a sparire dietro di essa per lasciare spazio alla luna, colorando il cielo di un arancione così intenso da sembrare a tratti un rosso vivo. Gli stessi colori si riflettevano nelle foglie che cadevano dagli alberi del parco di Hinokashira, formando un tappeto che ricopriva il sentiero.
Seduta su una panchina, stringeva fra le mani un bicchiere termico pieno di caffè caldo, che sorseggiava di tanto in tanto. L’aria della sera si era fatta ancora più fresca, pizzicandole il volto e raffreddandole la punta delle dita: l’autunno aveva ormai spazzato via gli ultimi scorci di estate rimasti.
Di tanto in tanto qualcuno passava davanti a lei mentre passeggiava nel parco, facendo scricchiolare le foglie sotto la suola delle scarpe. Li osservava distrattamente, fino a quando non riconobbe fra essi un volto familiare.
 
- Shu, che cosa ci fai qui?- gli chiese quando l’uomo si fermò di fronte a lei.
- Mi ritaglio un momento per me. Posso sedermi?-
- Certo- rispose, mentre lo osservava prendere posto al suo fianco.
- Tu invece che ci fai qui? Brutta giornata?- domandò lui.
- Sono solo un po’ stanca e malinconica, tutto qui- rispose.
 
Non gli avrebbe mai confessato il vero motivo per cui si trovava lì, sola con il suo caffè e con i suoi ricordi. Quel giorno era l’anniversario della loro rottura, erano passati cinque anni esatti da quando lui aveva deciso di mettere fine alla loro relazione, sacrificandola per un comune obiettivo. Di certo l’avrebbe presa per pazza se avesse saputo che ricordava una data del genere, probabilmente lui l’aveva scordata molto tempo fa, ma lei non era mai riuscita a dimenticare. Quella data era impressa in lei come un marchio indelebile sulla pelle.
 
- Tu perché senti il bisogno di isolarti?- contraccambiò la domanda, per non dover dare altre spiegazioni.
- Prendo un po’ d’aria. Non è facile vivere la vita di qualcun altro e dover stare rinchiuso tutto il giorno fra le mura di una grande villa- spiegò.
- Ma se chiunque vorrebbe vivere in una casa come quella!- si stupì.
- Non con una parrucca in testa, uno strato di trucco in faccia e il timore di essere scoperti-
 
Non poté obiettare di fronte a quell’affermazione, poiché lei stessa sapeva quanto fosse difficile vivere una vita che non era la propria. Lo aveva provato sulla sua pelle quando anni prima aveva accettato di entrare nel programma di protezione testimoni.
 
- In altre circostanze però è bello potersi trasformare in qualcun altro anche solo per un giorno. Dimenticare i propri problemi, le preoccupazioni. Un po’ come fanno i cosplayer: indossare un costume e una parrucca e fingere di essere un eroe dei fumetti invece di una persona qualunque- rispose infine.
- Gli eroi non esistono nella realtà- replicò lui, freddo e diretto come sempre.
- Già, fanno sempre una brutta fine. È triste-
 
Restarono in silenzio per un po’, ciascuno immerso nei propri pensieri. Si chiese se Shuichi stesse pensando ad Akemi, la quale aveva perso la vita nel tentativo di conquistare la libertà che lei e la sorella bramavano più di ogni altra cosa al mondo. Si pentì di aver pronunciato quell’ultima frase, temendo di essere stata indelicata nei suoi confronti.
Una giovane coppia passò davanti a loro, camminando sul sentiero. La ragazza aveva passato il braccio sotto quello del suo compagno e si stringeva forte a lui, con la testa posata contro la sua spalla. Per un attimo le sembrò di vedere due fantasmi venuti dal passato, quel giorno più che mai.
Abbassò la testa, fissandosi le mani: il caffè che ancora stringeva fra i palmi era ormai diventato freddo.
 
- E tu perché sei triste?- domandò lui a bruciapelo.
 
Quella domanda la colse di sorpresa, facendole sgranare gli occhi.
 
- Io non sono triste- mentì.
- Non fingere, ti conosco troppo bene-
 
Si accorse di non avere vie di fuga, come in una trappola progettata troppo bene per riuscire a fuggire. Shuichi sapeva leggere nei suoi occhi, riusciva a decifrare ogni espressione sul suo volto.
Chiusa in un muto silenzio girò la testa nella direzione opposta a quella di lui per non incrociare il suo sguardo e fissò la coppia di poco prima che si era ormai allontanata da loro. Non poteva dirgli la verità, quindi scelse di fingere di nuovo.
 
- Non è nulla, non preoccuparti- cercò di abbozzare un sorriso.
 
Aveva trascorso la vita a dissimulare la sua tristezza dietro i sorrisi, come un clown triste in un circo troppo affollato di spettatori per abbandonarsi al pianto.
 
- Si è fatto tardi, devo proprio andare- disse infine - A presto, Shu-
 
Certe volte l’unico modo per vincere una partita è abbandonarla. Così lo salutò, si alzò dalla panchina, gli diede le spalle e mosse i primi passi per andarsene.
 
- Jodie?- la chiamò.
 
Si fermò come un soldato di fronte all’ordine del generale, girando di poco la testa indietro per guardarlo.
Si fissarono intensamente per alcuni secondi, come se volessero trasmettersi a vicenda mille parole senza però pronunciarle, perché a volte il silenzio fa meno male della voce dei ricordi.
Alla fine nessuno dei due disse nulla. Nello sguardo di Shuichi aleggiava una nota di dispiacere. Gli sorrise ancora, quasi impercettibilmente, poi fece un cenno di assenso con il capo e si voltò nuovamente, allontanandosi da lui.
 
“E l'Aria era piena di Pensieri e Cose da Dire. Ma in momenti simili vengono sempre dette solo le Piccole Cose. Le Grandi Cose si acquattano dentro, non dette.”
—  Arundhati Roy, “Il Dio delle piccole cose”
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Una piccola one shot nata dall’ispirazione che mi ha dato la citazione finale. Spero vi sia piaciuta nonostante i toni malinconici, era da un po’ che non scrivevo qualcosa.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e se avete voglia lasciatemi un commento, sono sempre ben accetti!
   
 
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