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Autore: Krgul00    21/01/2022    1 recensioni
Charlie è una donna con dei segreti stufa che questi la tengano lontana da suo padre, l'unica persona che può chiamare famiglia. Tornata al suo paese natale per ricucire il loro rapporto, Charlie si troverà coinvolta con l'affascinate nuovo sceriffo.
Ma ancora una volta, il non detto rischia di mettere a repentaglio ciò che ha di più caro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO SETTE
Ben presto, Logan si rese conto che non sarebbe stato facile non farsi scoprire.
A Sunlake, era quasi impossibile mantenere un segreto, ne era ben consapevole, ma era comunque deciso a riuscirci: aveva capito quanto fosse importante per Charlie.
Le chiacchiere di una possibile relazione tra loro si sarebbero sparse a macchia d’olio in un paese così piccolo, e anche se il Maggiore Royce era un uomo che non faceva caso ai pettegolezzi, quelle voci sarebbero arrivate anche alle sue orecchie.
A meno di non incontrarsi in mezzo a un campo sperduto, quindi, non potevano farsi vedere insieme nella contea di Lake Rock; tutti, infatti, amavano lo sceriffo Moore, eroe che aveva salvato un bambino dalle acque del lago, anni prima, e sarebbe stato impossibile per Logan passare inosservato.
Perciò sarebbero dovuti ricorrere ad altri stratagemmi. Era sicuro che si sarebbero fatti venire in mente qualcosa.
Innanzitutto, riuscire ad ottenere il numero di Charlie da sua madre, fu più difficile di quanto Logan si sarebbe aspettato.
L’aveva chiamata non appena era rientrato nel suo ufficio, venerdì, dopo la pausa pranzo; aveva iniziato un discorso qualsiasi, poi aveva ascoltato un monologo sugli addobbi natalizi – non avrebbe mai creduto ci fossero così tante cose da dire al riguardo – e solo alla fine aveva buttato lì la sua richiesta, come nulla fosse. Ma alle sue parole era seguito un lungo silenzio e poi era iniziato l’interrogatorio - Logan ne aveva condotti di meno sfibranti.
Sua madre gli aveva chiesto più volte se quella sua richiesta avesse qualcosa a che fare con la vicenda di poche ore prima, al Red; aveva anche provveduto a riassumergli gli eventi, come se lui non fosse stato presente, e il fatto che la donna già fosse a conoscenza di quell’episodio, non fece altro che ricordargli quanto sarebbe stato difficile ciò che si accingeva a fare.
Dopo diverse – false - rassicurazioni che i suoi intenti non erano affatto romantici, finalmente – finalmente! – Sylvie Moore si era decisa ad accontentarlo e, sfinito, Logan non le aveva nemmeno chiesto come avesse fatto ad ottenere il numero di telefono di Charlie, voleva solo porre fine a quella chiamata.
Aveva pensato a cosa scriverle per tutto il pomeriggio, e alla fine, quella sera, le aveva mandato un messaggio chiedendole di incontrarsi il giorno successivo.
Perciò, alle undici di mattina di sabato, Logan si ritrovò con Jake alla pista di pattinaggio su ghiaccio di Twin Lake City. Aveva promesso a suo figlio, giorni prima, che lo avrebbe portato a pattinare e pareva che tanti altri avessero avuto la stessa idea, perché il posto era pieno di gente e c’era addirittura la fila per noleggiare l’attrezzatura.
Sarebbe sembrato un semplice caso, quindi, incontrare Charlie lì.
Con il passare dei minuti però, la sicurezza di Logan - che la donna si sarebbe presentata - iniziò a vacillare.
Ebbe paura di aver dato per scontato l’assenzo di Charlie, e forse era per quel motivo che lei non aveva riposto al suo messaggio, dopotutto.
Avevano appena preso i pattini, quando suo figlio gli tirò una mano con urgenza.
“Papà! C’è Charlie!” Quelle parole sembrarono rianimarlo e lo sconforto che aveva iniziato a divorarlo evaporò. Seguendo la direzione dello sguardo di suo figlio, la vide: con un berretto di lana bianco - dal quale spuntavano due ciuffi dei suoi corti capelli biondi -, un piumino dello stesso colore, dei jeans scoloriti e un paio di scarpe da ginnastica, a Logan parve un angelo.
Non fu l’unico a pensarlo, perché vide più di una testa girarsi a guardarla.
La osservò mentre gli andava incontro con passo sicuro ed elegante e non poté esimersi dal ripensare a ciò che gli aveva detto il giorno prima, in biblioteca: suo padre pensava che fosse una delinquente.
Ovviamente, Logan non conosceva Charlie come poteva conoscerla suo padre: ci aveva parlato appena quattro volte in totale, in fin dei conti; eppure, aveva sentito ciò che si diceva in città. Charlie era stata mandata ad una scuola militare – questo glielo aveva detto anche lei – e non era tornata a Sunlake per i successivi tredici anni.
Nonostante fosse sicuro che suo padre l’andasse a trovare regolarmente - non ce lo vedeva Stephen a sbarazzarsi di sua figlia in quel modo. Sicuramente era un uomo duro, ma non credeva fosse crudele - quanto bene poteva conoscerla, dopotutto?
Inoltre, era chiaro che la donna avesse dei segreti: quella maschera che si era costruita non era lì per niente.
Bisognava anche considerare il fatto che, Logan non sapeva come, era entrata in possesso d’informazioni che avevano aiutato l’individuazione di Alan Hill.
L’aveva vista, poi, al Gryson’s. Quello era stato uno spettacolo che non avrebbe dimenticato presto.
Il quadro che andava formandosi non era certo d’aiuto per dimostrarne l’innocenza: era una donna che sapeva mentire straordinariamente bene, in grado di manipolare le persone a piacimento – e nonostante tutto, aveva scelto di non usare suo figlio contro di lui, ne era certo – e che usava il suo aspetto per nascondersi agli altri.
Tuttavia, non era nemmeno sufficiente – per Logan almeno – a dimostrarne la colpevolezza.
Era una donna che aveva confessato allo sceriffo che il suo stesso padre pensava fosse una poco di buono. Non era certo il modo migliore per mantenere un basso profilo. Era anche la donna che – chissà per quale motivo – gli aveva permesso di sbirciare oltre quella facciata dietro cui si nascondeva.
Tutta la questione però, alla fine, si riduceva a un unico punto fondamentale: avere fiducia oppure no. E Logan, forse contro ogni logica, si fidava. Era una sensazione istintiva, e il suo istinto lo aveva deluso raramente.
Adesso, vedendola avvicinarsi, vestita di bianco, se ne convinse ancor di più.
Forse sto iniziando ad impazzire, pensò.
Quando fu ormai a pochi metri di distanza, Jake le corse incontro e vide Charlie chinarsi per dirgli qualcosa, subito un sorriso sbocciò sulle labbra del bambino, che annuì eccitato.
Se quella donna - capace di suscitare una reazione del genere in suo figlio - era una criminale, allora Logan si sarebbe mangiato il cappello.
Mano nella mano, gli andarono incontro e Logan si ritrovò a sorridere – un sorriso obliquo di puro piacere – a quella vista.
I suoi occhi scuri incontrarono quelli blu di Charlie, e lì vi ritrovò un’emozione speculare alla sua.
“Dobbiamo prendere dei pattini anche per Charlie, papà!” Jake non aspettò una risposta, iniziò semplicemente a zampettare verso la coda per le attrezzature che, poco prima, aveva tanto odiato.
“Ciao.” Gli disse lei sorridendo, avvicinandosi per baciarlo su una guancia.
Improvvisamente inquieto, Logan si guardò intorno alla ricerca di potenziali occhi indiscreti che avessero assistito alla scena, ma nessuno stava facendo caso a loro.
Dopo che ebbe scandagliato il posto, tornò a guardare Charlie che, con la testa leggermente piegata sulla spalla, lo scrutava divertita. “Sembri un po’ nervoso.”
“Non ho mai fatto una cosa del genere.” Borbottò.
Charlie alzò un biondo sopracciglio, in una tacita domanda.
“Nascondersi come due adolescenti che non vogliono farsi scoprire dai genitori.” Spiegò lui.
Lei rise. “È stata una tua idea, sceriffo.” Si fece più vicina, e Logan fu colpito dalla sua fragranza di fiori. “Non lo trovi eccitante?” Non lo disse in modo provocante, ma sotto quello sguardo di un blu intenso, Logan riuscì solo a mormorare: “Si.”
Soprattutto se mi guardi così. Pensò tra sé.
Ma non lo disse.
 
Charlie era stata indecisa se presentarsi o meno alla pista di pattinaggio. Aveva cambiato idea almeno dieci volte da venerdì sera – quando aveva ricevuto il messaggio di Logan – al sabato mattina.
Aveva già troppi segreti con suo padre e di certo non era saggio aggiungere anche Logan alla lista. Si era ripromessa, quindi, che avrebbe ignorato il messaggio dell’uomo e che ne sarebbe rimasta alla larga, sapeva che averlo vicino sarebbe stato fin troppo rischioso.
Pertanto, alle nove di quel sabato, si era presentata alla solita riunione del comitato cittadino.
Mentre Annabelle King blaterava di non sapeva nemmeno cosa, Charlie si era ritrovata a guardare più volte il telefono. Sto solo controllando l’ora, si era detta, ma la realtà era un’altra: si chiedeva se lo sceriffo le avrebbe scritto per assicurarsi della sua presenza e, magari così, lei avrebbe trovato il coraggio di cambiare idea.
Non aveva risposto al messaggio di Logan, e non aveva avuto intenzione di pensare al motivo; difatti, non rispondere implicava per lei la possibilità di riconsiderare la sua decisione in qualsiasi momento.
Non erano passati nemmeno quaranta minuti che, notando la sua distrazione, Annabelle ne aveva approfittato per metterla in difficoltà.
La donna, se possibile, la odiava ancora di più di una settimana prima; infatti, nonostante tutto il lavoro che avesse fatto, il grande successo della sagra del vino era stato erroneamente attribuito a Charlie.
Almeno, adesso, sapeva a cosa fosse dovuto tutto il rancore di quella donna.
Solo quando Diddi le aveva dato un piccolo calcio sulla gamba, si era resa conto che Annabelle la stava fissando, aspettando una risposta ad una domanda che non aveva sentito.
Sotto quello sguardo di fuoco, Charlie si era chiesta perché se ne stesse lì a sopportarla. Effettivamente, nel suo lavoro ne aveva già dovute sopportare tante, non si meritava anche lei una pausa?
Suo padre non voleva che lei uscisse con lo sceriffo e, ancora una volta, Charlie avrebbe fatto come gli veniva detto, a discapito dei suoi desideri.
Quel pensiero amaro aveva risvegliato il suo animo ribelle e si era ritrovata improvvisamente in piedi - con sorpresa di tutte le donne della stanza. Senza inventare alcuna scusa – era stufa anche di quelle – era uscita; non aveva nemmeno notato l’espressione trionfante di Annabelle o quella compiaciuta di Maddie – che le aveva più volte dato della sciocca per la sua decisione di non andare all’incontro con lo sceriffo.
Era salita in macchina ed era sfrecciata alla volta di Twin Lake City, e una volta arrivata, vedendo come la guardava Logan mentre si avvicinava, seppe di aver preso la decisione giusta; di nuovo, come era successo nella biblioteca, si sentì a casa.
Scoprì che le era mancato pattinare: ricordava quando lei e Diddi pattinavano sullo spesso strato di ghiaccio del lago, in pieno inverno. Giocavano a rincorrersi e a sfidarsi a chi era più veloce, e lo stesso fecero quel sabato, loro tre. Si divertì come non le succedeva da troppo tempo e si dimenticò di tutto: dei problemi con suo padre, del suo lavoro e d’essere visti da qualcuno che avrebbe potuto avvertire Stephen Royce. Semplicemente, non le importava.
Esistevano solo tre persone nel Magico Mondo di Charlie: Jake, Logan e lei.
Dopo due ore sul ghiaccio, tutti e tre – Jake aveva insistito parecchio affinché venisse anche lei, come se Logan avesse bisogno d’esser convinto – si ritrovarono all’Onkey Monkey, un simpatico fast food per bambini di Twin Lake City. Davanti alla piscina con le palline e i diversi scivoli del locale, anche Jake non aveva potuto resistere e, dopo aver mangiato, li aveva lasciati soli.
Uno di fronte all’altro, il tavolo tra loro, rimasero a guardarsi.
“Come mai hai deciso di trasferirti a Sunlake?” Chiese Charlie curiosa, spezzando il silenzio.
Logan prese un lungo sorso della sua birra, prima di parlare. “Anni fa mi è giunta voce che Josh – lo sceriffo prima di me – stava per andare in pensione. All’inizio non ho preso in considerazione l’idea di cambiare completamente vita, ma poi…” Abbassò la voce. “Dopo la morte di mio padre, mia madre è rimasta sola. Certo, ha sempre avuto me e Jake, ma immagino che non sia la stessa cosa, no?” Il suo sguardo si fece distante, come ricordando qualcosa. “Allora ho pensato che, in un paese così piccolo, sarebbe stato più facile per lei fare amicizia e sentirsi parte di qualcosa. Non si sarebbe mai trasferita senza di noi, perciò, eccoci qua.” Riportò gli occhi su di lei. “Si è rivelata una buona decisione.”
Charlie allungò una mano sul tavolo e strinse quella di lui. “Mi dispiace per tuo padre.”
Nonostante non avessero un buon rapporto, non sapeva cosa avrebbe fatto lei senza il suo.
Un angolo della bocca di Logan si curvò in un sorriso riconoscente. “Grazie.” Poi fu il suo turno di chiedere: “Tu perché hai deciso di tornare?”
“Mi mancava casa.” Quella era una risposta che poteva voler dire tutto e niente e, nonostante ciò, a Logan sarebbe bastata, glielo lesse negli occhi; tuttavia, Charlie si sentì spinta a continuare, volendo condividere una parte di quel peso che aveva sempre portato da sola. “Un giorno mi sono svegliata e…” Scosse la testa, come se non riuscisse a spiegarlo nemmeno a sé stessa. “Mi è sembrato tutto senza senso. Mi sono resa conto che, oltre il mio lavoro, non avevo niente.” Charlie deglutì. “Mi sono sentita come… un fantasma.” Quell’ultima parola fu un sussurrò, come se, solo dicendolo ad alta voce, sarebbe davvero diventata invisibile.
Prima d’allora, non si era resa conto di quanto quella conclusione l’avesse sconvolta, all’epoca. Ma sentendo le sue stesse parole, si ritrovò con un gomito sul tavolo, la mano tremante tra i capelli e la testa china. Non si preoccupò di mostrare la sua debolezza davanti a quell’uomo, come avrebbe fatto con chiunque altro. Non le importava: aveva bisogno d’esser vista, esser vista veramente, altrimenti non si sarebbe mai scrollata di dosso quella sensazione d’essere solo un’ombra, e Charlie si fidava abbastanza di Logan da permetterglielo – il che era di per sé sconvolgente.
Si costrinse a inspirare, contò fino a sette ed espirò. Non funzionò molto.
Iniziò a ripetere il suo rituale, quando due braccia calde e forti l’avvolsero.
Non si era nemmeno resa conto che Logan si era alzato, per venire a sedersi vicino a lei.
Sunlake mi sta già rammollendo, ultimamente mi ritrovo sempre tra le braccia di quest’ uomo. Pensò. Ma appoggiò comunque la testa sul suo petto e si sentì di nuovo padrona di sé.
Logan non disse nulla, non c’era bisogno.
“Non mi hai chiesto perché mio padre pensa così male di me.” Osservò lei a bassa voce, la guancia ancora premuta contro il suo maglione.
“No, non l’ho fatto.”
“Perché?” Gli chiese, quando fu chiaro che non avrebbe detto altro.
Sentì le mani di Logan accarezzarle dolcemente i capelli. “A volte, ci sono cose che le persone non sono pronte a condividere.” Le portò una ciocca dietro l’orecchio. “Avevo un amico all’accademia che se ne stava sempre per i fatti suoi. Quando avevamo la sera libera se ne andava chissà dove da solo, senza dire niente a nessuno. Magari, poteva sembrare un tipo strano.”
“E poi? Cosa è successo?” Chiese Charlie, con il viso ancora contro di lui.
“E poi è scappato con un altro uomo, ora sono sposati e hanno due figli.”
Logan continuò a stringerla, in silenzio, per un lungo minuto; le sue mani che continuarono ad accarezzarle i capelli.
Charlie alzò lentamente la testa dal suo petto, per incontrare i suoi occhi scuri. “Grazie.”
Un angolo della bocca di Logan si curvò verso l’alto. “Prego.”
Vide il suo sguardo cambiare, farsi pensieroso, indeciso se chiederle qualcosa o meno. Charlie gli accarezzò una guancia, seguendo i contorni della sua cicatrice con un dito, e gli occhi di lui tornarono nei suoi. “Cosa c’è?” Gli sussurrò.
Le prese una mano e iniziò a giocherellare con le sue dita, per poi portarsela al viso e depositare un tenero bacio sul suo palmo. “Promettimi una cosa, Charlie.” Quando lei non rispose per dirgli che l’avrebbe fatto, continuò: “Se faremo questa cosa, promettimi che non mi mentirai mai.”
Sentì un tuffo al cuore e non riuscì a sostenere lo sguardo di lui; perciò, abbassò gli occhi al suo bicchiere mezzo vuoto sul tavolo. Non poteva fare una promessa del genere, ovviamente.
Dita calde le presero delicatamente il mento, costringendola a incontrare di nuovo le iridi scure di Logan. L’uomo le passò il pollice sulle labbra e seguì ammaliato il suo stesso movimento. “Semmai ti chiederò qualcosa che non puoi dirmi, basterà che tu lo dica. Capirò.” Si chinò per sfiorare il naso di lei con il suo. “Ma tra noi niente bugie.”
Come stregata da quegli occhi, Charlie annuì. “Te lo prometto.”
Fu come tornare alla realtà e lo sceriffo sembrò rendersi improvvisamente conto della loro posizione compromettente: intimamente abbracciati sullo stesso divanetto. Si alzò per tornare a sedere davanti a lei, dall’altra parte del tavolo.
Incrociando le mani davanti a sé, Logan assunse un’espressione fintamente seria.
“Allora, Miss. Royce.” Iniziò, usando un tono professionale. “Mi dica: dove ha imparato a cucinare?”
Lo guardò divertita, mentre fingeva di condurre un interrogatorio. Senza bugie, sarebbe stato l’interrogatorio più semplice mai visto.
Scosse la testa. “Non vale così, sceriffo.”
Si guardarono negli occhi, ma fu Logan a vincere quello scontro di volontà, perché alla fine Charlie sbuffò e lo accontentò: “Da sola.” Borbottò. “Ma in mia discolpa, credo che la cucina della scuola militare abbia abbassato drasticamente la mia sensibilità ai sapori.”
Continuarono così, con quel piccolo gioco di domande. Charlie rispondeva a quelle di lui e Logan a quelle di lei. Le fece tutte domande leggere, per lo più sulla sua infanzia e sulla scuola.
Gli raccontò cose che non aveva mai detto a nessuno, e non perché ci fosse qualcosa che non potesse dire ma semplicemente perché nessuno aveva mai chiesto.
Solo quando sfiorò troppo da vicino l’argomento lavoro, Charlie si limitò a rimanere in silenzio. Aveva la sensazione che anche solo pronunciare le parole “non posso dirtelo” fosse una sorta di ammissione.
Lui, però, fece semplicemente finta di nulla, come se non avesse mai fatto quella domanda, limitandosi a porne un’altra. Non le sfuggi che non tentò più di avvicinarsi a quell’argomento, rimanendo, invece, su un terreno più sicuro.
Charlie lo apprezzò molto. Poter rispondere a tutte quelle domande con la verità la fece sentire normale, parte di qualcosa. Una semplice ragazza di ventotto anni che usciva per un appuntamento con un uomo affascinante e il suo meraviglioso figlio.
Nemmeno Stephen Royce riuscì a guastare il suo umore raggiante, quando tornò a casa.
Charlie chiacchierò felice per tutta la cena, incurante dei grugniti del padre; si scordò persino del suo lavoro, e alle nove uscì per andare a guardare un film a casa di Diddi. Non avrebbe mai potuto rimanersene seduta in camera sua, aveva bisogno di muoversi, di fare qualcosa.
Le parve di aver messo la sua vita in standby, e di star vivendo quella di un’altra persona.
Quella serenità si prolungò anche al giorno successivo, in previsione del suo incontro con lo sceriffo, per pranzo.
Infatti, poiché Jake era stato invitato al compleanno di un suo amichetto, Logan avrebbe passato tutta la domenica da solo; quindi, si erano dati appuntamento al lago.
Era un posto perfetto per un appuntamento segreto perché, alla fine di novembre, il lago non era ancora sufficientemente ghiacciato per potervi pattinare e, con il freddo, nessuno si avventurava tra le montagne.
Quando Charlie parcheggiò la macchina nello spiazzo deserto – fatta eccezione per il pick-up grigio dello sceriffo – saltò giù dall’auto piena di entusiasmo.
Guardò, per la prima volta da tredici anni, l’azzurro specchio d’acqua immerso tra gli abeti; sulla superficie aveva iniziato a formarsi un sottilissimo strato di ghiaccio, che ancora non copriva il centro.
Il lago non era tanto esteso: da dove si trovava, Charlie poteva facilmente seguirne il contorno; per quel motivo non aveva un nome proprio, gli abitanti di Sunlake vi si riferivano semplicemente come ‘il lago’.
Era solo uno tra i tanti laghi della regione, quello più vicino al paese.
Quella mattina, agli occhi ottimisti di Charlie, il lago parve come incantato: deserto, immerso nel silenzio e nel verde, la superficie azzurra scintillante per il riverbero; sembrava un luogo fatato.
Prese dal bagagliaio le pesanti coperte che, con un messaggio, Logan le aveva detto di portare, e si incamminò verso la riva.
Lo vide, inginocchiato e intento ad alimentare un fuoco già scoppiettante in una buca; lì davanti, per terra, era già stata sistemata una pesante coperta, sulla quale facevano sfoggio diversi cuscini colorati.
Logan sembrò come percepire lo sguardo di lei sulla schiena, perché si alzò e si girò a guardarla; sentì il suo cuore prendere il volo e non riuscì a impedire ad uno sciocco sorriso di curvarle le labbra – sembrava non potesse farne proprio a meno quel giorno.
Lo sceriffo indossava dei semplici jeans, una pesante giacca a vento verde che gli avvolgeva le spalle larghe e, dulcis in fundo, uno Stentson beige sulla testa. Forse lo fissò con intensità, perché quando riportò lo sguardo sul suo viso, Logan sfoggiava un sorriso fin troppo compiaciuto.
“Ciao.” Lo salutò Charlie, sentendo le sue guance arrossire sotto lo sguardo caldo dell’uomo.
Mio Dio, sto impazzendo.
Gli occhi di Logan si fecero divertiti. “Ciao.” E il suo divertimento crebbe quando lei rimase ferma lì a guardarlo, con le coperte in mano, senza dare segno di andargli incontro per gli ultimi passi che li separavano – come aveva fatto il giorno prima.
Fu lui a chiudere la distanza tra loro, questa volta; le prese le coperte, e le avvolse la vita con un braccio, tirandola più vicina, per baciarle una guancia.
Charlie si tolse le scarpe e il cappotto, prima di salire sulla coperta davanti al fuoco, imitata da Logan. Si stava caldi sotto le pesanti trapunte che aveva portato.
Logan aveva preparato il pranzo – le aveva praticamente vietato di cucinare qualsiasi cosa - e un gemito soddisfatto uscì dalle labbra di Charlie al primo morso del sandwich che l’uomo le mise in mano. “Mio Dio, è buono.” E lo era davvero!
“Non credo valga come complimento, detto da te.” La canzonò lo sceriffo.
Arrostirono i marshmallow sul fuoco poi, e dopo tanto tempo, Charlie assaggiò di nuovo quelle soffici delizie.
Replicarono il loro gioco dell’interrogatorio, che poi si trasformò in una semplice conversazione, mentre passeggiavano lungo la riva.
Parlare la faceva sentire così bene che Charlie parve non riuscire più a fermarsi.
“Dopo la scuola militare non ho mai avuto il tempo per tornare a casa.” Raccontò, raccogliendo un sassolino bianco. “Quindi era papà che veniva a trovarmi, soprattutto per le feste e cose così. Il nostro rapporto è sempre stato abbastanza tranquillo.” Lanciò il sasso il più lontano possibile, nel lago. “Poi, sette anni fa, sono ritornata e-”
Logan la interruppe. “Pensavo fossero più di dieci anni che non tornavi a Sunlake.”
Charlie fece una smorfia e scosse amaramente la testa. “Immagino che nessuno si sia accorto di me, per il poco tempo che sono rimasta.” Borbottò a bassa voce.
Si chinò a raccogliere un altro sasso. “Comunque sia, ho scoperto che mesi prima mio padre voleva farmi una sorpresa.” Tirò il ciottolo bianco con più forza del necessario. “Si è presentato al mio ufficio e ha scoperto che era tutta una menzogna.” Guardò il sasso cadere nel lago e lo immaginò sprofondare, fino a toccare il fondo. “Abbiamo avuto una lite furiosa. Gli ho anche rinfacciato della scuola militare.” Quello era uno dei suoi più grandi rimorsi. Aveva creduto che parlarne le avrebbe fatto rivivere quello stesso dolore che aveva provato all’epoca; invece, Logan era un ascoltatore perfetto e quel suo non giudicarla la fece sentire compresa.
Fecero il giro del lago due volte, prima di tornare a rifugiarsi sotto le coperte e, ancora una volta, con grande frustrazione di Charlie, Logan non sembrò intenzionato a prendere l’iniziativa.
Era da giorni che stava fremendo all’idea e, all’inizio di quel pomeriggio, quando ormai mancava poco più di un’ora al tramontare del sole, avrebbe elemosinato anche per il più piccolo tocco.
Logan, però, fatta eccezione per il bacio sulla guancia e l’abbraccio in cui l’aveva stretta quando era arrivata, non sembrava intenzionato a sfiorarla.
Non le aveva nemmeno preso la mano, mentre passeggiavano lungo il lago e Charlie era stanca di aspettare: decise che, se non voleva pensarci lui, avrebbe fatto a modo suo.
Fece finta di rabbrividire e si spinse più in là sotto la pesante trapunta, verso di lui.
“Hai freddo?” Le chiese. Avevano detto niente bugie, perciò Charlie non rispose, si limitò a spingersi ancora più vicino.
Lui l’accolse di buon grado tra le sue braccia. Sdraiato sulla schiena, la testa e il busto rialzati da un cuscino, le avvolse le spalle con un braccio, stringendola a sé.
Sospirando di piacere alla sensazione del calore di quel corpo vicino al suo, Charlie iniziò a tracciare con un dito piccoli ghirigori immaginari sul petto di Logan, attraverso il maglione, dal basso verso l’alto, e solo quando arrivò a toccare la pelle scoperta del collo, l’uomo parlò.
“So cosa stai facendo, furbacchiona.” Guardava il cielo quando lo disse, perciò non poté vedere il sorriso dispettoso che si formò sulle labbra di Charlie.
“Cosa sto facendo?”
“Stai cercando di attentare alla mia virtù.” Il tono serio e fintamente oltraggiato con cui lo affermò la fece ridere.
Logan si mosse all’improvviso: ruotando su un fianco, si ritrovò su un avambraccio, sovrastandola.
Charlie rimase distesa tra i cuscini, godendosi quella vicinanza e la vista di quell’uomo sopra di lei.
“Mi piace sentirti ridere.” Mormorò.
Charlie non rispose e, invece, alzò una mano ad accarezzargli la guancia, e ancora una volta il suo dito seguì il segno della sua cicatrice. “Come te la sei fatta?”
“Un incidente giocando a basket.”
Si alzò sui gomiti per baciargli quel punto. Poté sentire da vicino il profumo dell’uomo - cedro e una nota fruttata - e quando tornò a sdraiarsi sui cuscini, incontrò due scure braci ardenti.
Sentì un sorriso soddisfatto curvarle le labbra e fece scivolare la mano lungo il collo di lui, fino al pettorale duro. Con il piede percorse la lunghezza della sua gamba, in una lenta carezza, prima di agganciarla a cingerlo.
Logan si chinò a inspirare il suo profumo nell’incavo del collo, sostenendosi sul braccio. “Sei una donna perfida.” Le sussurrò una volta lì.
Charlie non si disturbò a contraddirlo, e, ridacchiando, spinse le sue mani tra i suoi capelli.
Negli occhi di Logan c’era un ardore bruciante, non aveva mai visto niente del genere. Sotto quello sguardo, Charlie si sentì sempre più accaldata e un delizioso formicolio le percorse il corpo.
Le parve come quando, da bambina, infilava le mani nella neve, per poi rientrare in casa e sedersi davanti il caminetto: il calore le scaldava le dita gelide in brividi dolorosamente piacevoli.
Lentamente, Logan avvicinò il viso al suo e si fermò ad un soffio dalle labbra di Charlie, come chiedendole il permesso di chiudere la distanza tra loro.
Era sicura che sul suo volto non ci fosse altra emozione se non un desiderio uguale a quello di lui.
Una mano scivolò ad accarezzarle una guancia, e un dito tracciò il contorno del suo labbro inferiore. Quando, finalmente, Logan poggiò le labbra sulle sue, in un tenero bacio a stampo, Charlie credette che il suo cuore si sarebbe fermato.
Si scostò di nuovo e si guardarono per un breve istante, prima di rincontrarsi a metà strada in un’unione perfetta. Le labbra di Logan erano dolci e morbide, e immediatamente seppe che non ne avrebbe mai avuto abbastanza.
Strinse una ciocca dei suoi capelli, tirando leggermente, e questo le valse un delizioso gemito; sentì la lingua di Logan accarezzarle il labbro inferiore, e quando Charlie schiuse la bocca, incontrò la sua.
Quel bacio, iniziato tano teneramente, divenne infuocato, e quando lei lo mordicchio le sembrò di aver gettato benzina sul fuoco. Le mani appassionate di lui scivolarono sulla sua schiena, spingendola contro di sé e Charlie poté sentire la reazione di Logan contro il suo fianco.
Toccò a lei gemere quando si fece strada più in basso e le accarezzò la curva del sedere, prima di stringerlo.
Si rotolarono tra le coperte, baciandosi appassionatamente, in un groviglio di braccia e gambe.
Come due amanti ritrovati dopo anni di distanza.
Due anime che si erano riconosciute ed ora erano ebbre dal bisogno del tocco dell’altra.
Charlie non si accorse del passare del tempo, seppe solo che, quando ripresero coscienza di sé e si svegliarono da quel sogno stupendo fatto di baci e carezze, il sole era ormai calato.
Sperò che quella bolla felice potesse durare in eterno.
 
 
   
 
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