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Autore: blackjessamine    24/01/2022    12 recensioni
È una verità universalmente riconosciuta che i maghi non sappiano nulla di leggi economiche. Tuttavia, Gilderoy Allock una cosa la sa: in un mercato stagnante e chiuso come quello dell'editoria magica non c'è posto per due regine.
Per questo Queenie Royal, la misteriosa autrice capace di fare impazzire ogni strega con i suoi libri d'amore, rappresenta una minaccia pericolosissima per chiunque voglia indossare una corona d'inchiostro.
Una minaccia resa ancor più pericolosa dal suo essere invisibile, dal momento che nessuno, nemmeno gli editori più scaltri, sembrano aver mai posato lo sguardo su questa gallina dalle uova lilla.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gilderoy Allock, Kingsley Shacklebolt, Rita Skeeter, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questione di luci



 

Gilderoy era un uomo finito.

Disperato, privo di prospettive, aveva perso qualsiasi cosa, e quel poco che non aveva ancora perso, lo avrebbe sicuramente smarrito entro la fine di quella serata. 

Tutti gli sforzi che aveva fatto, le montagne che aveva scalato, gli oblivion scagliati con innata precisione e indomito coraggio erano stati tutti inutili, cocci infranti contro il disastro rappresentato dalle ore che lo attendevano.
Dalle stelle agli outfit sbagliati in prima pagina, come si soleva dire – o forse no? Non si diceva così? Be’, peccato, perché chiunque avesse un pochino di sale in zucca avrebbe saputo vedere la differenza di portata tragica tra la fotografia di un abito che casca male in prima pagina e la fotografia di un leggiadro giovine ritratto in una stalla. Il fascino rurale funzionava sempre, con le giuste accortezze. Certo, campi di grano e covoni di fieno non erano esattamente l’ambiente preferito da Gilderoy – niente a che vedere con il fascino di una lussuosa stanza piena di arazzi, sete e velluti, ma Gilderoy non era certo diventato famoso grazie al modo in cui sorseggiava il tè, e da un avventuriero impavido ci si aspettava anche un servizio fotografico in mezzo alla campagna.

 

Gilderoy prese un profondo respiro, cercando di ritrovare la calma sufficiente a permettergli di aggrapparsi al suo sorriso che già una volta gli era valso un graditissimo premio – il primo di molti, si augurava.

Come se fosse possibile sorridere in mezzo alle macerie della propria vita.

E la colpa era tutta di quella stramaledetta Queenie Royal, lei con i suoi stupidi addetti marketing capaci di rovinare tutto. Perché Gilderoy era pronto per quella serata da mesi: aveva trascorso ore aggrappato a Passaporte che lo avevano trasportato in tutti gli angoli della Gran Bretagna per setacciare i migliori studi degli stilisti più brillanti e promettenti della comunità magica, confrontando modelli e cercando la tonalità perfetta per l’abito con cui avrebbe dominato le prime pagine di tutti i giornali. E l’aveva trovata. Il perfetto equilibrio di rosso e blu stemperato nel bianco. Un lilla vibrante, freddo il giusto da far risaltare il suo incarnato, illuminargli gli occhi e far apparire ancora più bianco il sorriso. Il colore perfetto declinato in un taglio di gabardine dalle coste fittissime che lo avvolgevano nel più elegante dei modi in un mantello dal taglio obliquo. Pantaloni en pendant, dettagli in argento, camicia bianca dalle maniche ampie. Un sogno. Il completo ammiccava suadente dalle ante dell'armadio spalancato, attirando inevitabilmente lo sguardo di Gilderoy. Stoffe di ogni foggia e colore erano sparse per tutta la stanza: un mantello color malva gettato sul letto, abiti da cerimonia verde giada ricoprivano il tappeto, camicie turchesi, panciotti oltremare, cappe color ambra, pochette luminose come perle intrecciate a mantelli rosa cipria. Tutti indumenti che aveva sempre apprezzato, prima di conoscere il completo perfetto.

Talmente perfetto che Miss-Perfettini-Reginetta-Reale – ah, la ridondanza di quel nome! Quanto cattivo gusto in un progetto altrimenti perfettamente curato! – se n'era appropriata appena prima che Gilderoy potesse trionfare avvolto dal suo bellissimo completo.  Perché quel lilla così equilibrato, quel colore vibrante e mai volgare, quella sfumatura figlia della perfezione era perfettamente identica alla fascetta promozionale che avvolgeva le tante, troppe copie di Come un fiore è il nostro amore.

E Gilderoy non avrebbe mai potuto presentarsi alla serata in cui avrebbero premiato lo scrittore campione di incassi dell'anno indossando gli stessi colori di quella piaga della Royal.

Queenie Royal che, peraltro, in quel momento non doveva neppure preoccuparsi di trovare un abito perfetto per apparire quantomeno competitiva per quella serata, dal momento che lei non appariva in pubblico. Niente settimana di dieta ferrea per essere certa di non tendere i bottoni, niente frullati di radici di Geranio Zannuto per rendere la pelle più luminosa, niente lotta con i bigodini per ottenere la piega perfetta, niente di niente. Queenie Royal poteva restarsene a casa e non preoccuparsi di apparire stanca e sciupata mano a mano che i festeggiamenti proseguivano durante la notte. Poteva ingozzarsi di cioccolato ripieno al caramello senza preoccuparsi di mostrare a tutti denti marci e pelle unta di sebo in eccesso, la regina. Poteva essere brutta, poteva essere anche vecchia – che orrore! – senza preoccuparsi che delle conseguenze che questo avrebbe avuto sul proprio lavoro.

 

Un sonoro crack distolse Gilderoy dai suoi amari pensieri, avvertendolo che qualcuno aveva superato le barriere di sicurezza apposte attorno alla sua abitazione per comparire nel bel mezzo del salotto.

"Oh, Sept, è un disastro! Un totale, completo disastro! Non posso farlo, non posso!"

C'era una sola persona che avesse il permesso di aggirare gli incantesimi che proteggevano l'appartamento da paparazzi indiscreti. Septimus Thesaurus, direttore della casa editrice Magic Inkheart. L'uomo che anni prima era stato solo il figlio di un piccolo editore che, in seguito alla morte del padre, si era ritrovato a dirigere un'azienda già in perdita che sembrava pronta a scivolare nell'anarchia e nello sfacelo più totale. L'uomo dallo sguardo acuto e il coraggio saldo, l'uomo che non aveva avuto paura di scommettere sul futuro e di prendere decisioni importanti, distaccandosi dalla linea editoriale dettata dal padre. L'uomo che era sempre rimasto in ottimi rapporti con il suo vecchio insegnante di pozioni, a Hogwarts, e che una sera aveva accettato di partecipare a uno degli incontri del LumaClub e di fare una lunga chiacchierata con un Gilderoy appena sedicenne, cogliendo in lui tutte le potenzialità di un futuro fulgido e brillante nel mondo dell'editoria.

Gilderoy sapeva di avere talento e di essere speciale: ogni volta che incrociava il proprio riflesso vedeva la certezza del successo nascosta in quegli straordinari occhioni blu, e sapeva che, anche senza Septimus, avrebbe saputo sfruttare le proprie innumerevoli capacità per ottenere la fama. Era però innegabile che la scelta di affidarsi a Septimus Thesaurus e di collaborare con lui si era rivelata una delle più sagge della sua giovane vita, perché insieme si erano dimostrati una squadra a dir  poco infallibile. Sapevano guardare al futuro  con lo stesso sguardo, si comprendevano senza bisogno di alcun sotterfugio, sapevano trovare sempre la strada migliore per esaltare i talenti di Gilderoy e ottenere il massimo successo da ogni pubblicazione. Era stato Septimus il primo a suggerire che sarebbe stato un peccato togliere Gilderoy dai racconti di Gilderoy: aveva lodato l'inventiva e maturità della scrittura di quel ragazzino, ma aveva suggerito di tentare una strada nuova, diversa dalla narrativa di evasione e dal giornalismo. Aveva suggerito di rendere Gilderoy molto più di uno scrittore, lo aveva messo alla prova, era stato il primo a insegnargli a scagliare un Oblivion fatto a regola d'arte.

Senza Septimus, Gilderoy avrebbe sicuramente raggiunto comunque la fama, ma probabilmente sarebbe stato un Gilderoy diverso. Non ci sarebbero stati libri e interviste, non ci sarebbe stato l'affascinante principe azzurro viaggiatore capace di sconfiggere qualsiasi creatura oscura. Ci sarebbe stato Gilderoy Allock, ma non quel Gilderoy Allock.

 

Septimus Thesaurus varcò la soglia della camera da letto di Gilderoy senza nemmeno chiedere permesso. Alto e robusto, il viso serio come sempre punteggiato da un velo di barba non fatta, Thesaurus non degnó nemmeno di un'occhiata gli abiti sparsi sul pavimento. Attraverso le spesse lenti capaci di ridurre i suoi occhi scuri a due puntolini miopi l'uomo si concentrò solo su Gilderoy, senza apparentemente sconvolgersi nel trovarlo ancora gravato da innumerevoli bigodini e avvolto solo da una vestaglia di raso color mediterraneo al calar del sole. 

"Gilderoy, ragazzo mio, respira".

E Gilderoy obbedì, sentendosi improvvisamente rassicurato dalla presenza del suo editore. Se c'era qualcuno capace di risolvere qualsiasi problema, quello era Septimus Thesaurus: non era un caso che nell'ambiente letterario lui fosse conosciuto come Septimus Millerisorse.  E non era un caso che la loro collaborazione fosse tanto stretta e tanto proficua: Septimus conosceva Gilderoy come Gilderoy conosceva le onde dei propri capelli, lo aveva visto nei momenti più alti della sua carriera, lo aveva plasmato per farlo diventare chi era, e sì, conosceva anche tutte le sue debolezze. Poche, a dirla tutta, perché del resto Gilderoy rasentava la perfezione; ma sì, insomma, Septimus lo aveva visto anche nei suoi momenti peggiori, e sapeva quanto le ore precedenti a un'apparizione pubblica importante potessero gettarlo nello scompiglio.

"Gilderoy, dimmi, c'è qualche problema? Ti posso aiutare in qualche modo?"

Gilderoy scosse la testa, sconsolato.

"Puoi strangolare Queenie Royal, bruciare tutte le copie del suo stramaledettissimo libro e lanciare un incantesimo di memoria collettivo perché nessuno si ricordi la sua copertina?"

Septimus si lasciò sfuggire un sospiro, sedendosi pesantemente sul letto sfatto e cominciando a raccattare vestiti con abili colpi di bacchetta. 

"Non lo posso fare, no. Ma del resto, la Royal non è un tuo problema, non questa sera. Come un fiore è il nostro amore è stato un successo, sì, ma niente di paragonabile a…"

"La Royal è un mio problema proprio perché è certo che sarò io ad essere premiato", sbottò Gilderoy, troppo teso per preoccuparsi dell'assenza del suo formidabile sorriso.

Gilderoy dava le spalle a Septimus, ma attraverso lo specchio dell'armadio vide l'uomo sfilarsi gli occhiali e massaggiarsi stancamente le palpebre.

"Gilderoy, puoi per piacere spiegarmi perché la Royal dovrebbe essere un tuo problema, se anche tu sei certo di vincere?"

"Perché", e Gilderoy si avvicinò al viso il suo meraviglioso completo, "questo colore è assolutamente perfetto per il mio incarnato, ma quella vecchia racchia ha pensato bene di utilizzarlo per il suo libro, e io non posso indossare quello che ora è diventato  il suo colore".

Septimus lo osservò a lungo, mordendosi l'interno della guancia – un'abitudine orribile che tuttavia Gilderoy aveva imparato ad associare ai ragionamenti più acuti e brillanti del suo editore. Alla fine si alzò in piedi, cominciando a frugare con movimenti decisi fra gli abiti che Gilderoy aveva sparso in ogni dove.

"Questo completo è sicuramente molto bello, ma sì, sono d'accordo, le edizioni TuMiStreghi puntano troppo sulla brandizzazione del prodotto, e questo ceruelo" – Gilderoy avrebbe voluto piangere vedendo il suo bellissimo lilla accostato a un banalissimo ceruleo, ma si trattenne, perché Septimus aveva lo stesso tono che utilizzava ogni volta che era sul punto di risolvere un problema – "questo ceruleo è sicuramente roba loro, questa sera. Ma tu sei molto più del ceruleo che puoi metterti addosso. Tu hai il sorriso più affascinante d'Inghilterra, puoi indossare anche un color morto annegato nel Tamigi e far comunque girare la testa di tutte le streghe presenti in sala".

Con queste ultime parole, Septimus drappeggiò un completo di un pallido color oro sulla spalla di Gilderoy, che rimase a osservare il proprio riflesso, incantato. Non aveva mai degnato quel completo di grande attenzione, perché aveva paura che l'oro dell'abito togliesse importanza all'oro dei suoi capelli. E invece, l'ago capace di far pendere la bilancia di quell'outfit dalla parte del successo era rappresentato dalla vestaglia color oltremare. Gilderoy preferiva sempre i colori pastello, ma il blu intenso  e scuro contribuiva a far risaltare ancor di più la delicatezza dei ricami dorati. Sembrava una stella luminosissima accesa nel cielo di velluto di una notte estiva. 

"Oh, ma guardami, sono bellissimo!", mormorò estasiato, prima di gettarsi nell'armadio alla ricerca di una camicia dello stesso colore della vestaglia che era certo di possedere.

"Lo sei, lo sei, Gilderoy".

Se nella voce di Septimus c'era un po' di esasperata condiscendenza, Gilderoy decise di non ascoltarla. Non c'era più spazio per nessuna ombra, in quella serata, non ora che Gilderoy aveva capito come indossare la propria luce.

"Andiamo a trionfare", esclamò, deciso, sparendo dietro il proprio paravento per indossare i propri abiti quasi perfetti.

 

Roditi il fegato, Queenie-Non-Mi-Faccio-Vedere-Royal!





 

 


 

Note:

Questo capitolo non è minimamente brillante (o significativo) quanto avrei voluto, ma insomma, volevo assolutamente aggiornare prima di febbraio, e non avrei proprio fatto in tempo ad aggiungere anche le scene ambientate durante la premiazione.

In ogni caso, ci tengo a sottolineare un concetto che dovrebbe essere scontato, ma, ahimé, so che qui non è così: la voce narrante è quella di Gilderoy, dunque vi prego di scindere le sue riflessioni e certe sue prese di posizione (qui blandissime, ma in futuro forse più significative) dalle mie. Io non sono lui, per quanto gli voglia bene.


 

   
 
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