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Autore: moira78    25/01/2022    5 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Superare gli ostacoli

"No". Quella semplice parola negativa la sconvolse e Candy sbatté le palpebre, convinta di non aver capito bene.

"Come hai detto, scusa?", chiese ad Albert, mentre chiudeva il forno e prendeva un panno pulito.

"Non cavalcherai da sola fino al bosco. Se proprio vuoi arrivarci possiamo montare lo stesso animale o persino andarci a piedi".

Candy rimase senza parole. Non lo aveva mai visto così deciso, né era mai stato così duro e categorico con lei. Capiva bene le sue motivazioni, ma non le condivideva affatto. Rimase a osservarlo in silenzio venendolo muoversi per la cucina, afferrando stoviglie e facendo tintinnare pentole in gesti secchi assolutamente non da lui: si vedeva che era nervoso e lei afferrò un mestolo prima che lo facesse cadere con un "maledizione" sussurrato tra i denti.

"Albert, parliamo", gli disse con un tono che non ammetteva repliche, piantando gli occhi nei suoi.

"Devo controllare il soufflé prima che si sgonfi", disse lui evitando quello sguardo.

Era già con una mano sulla maniglia dello sportello, ma lei vi pose sopra la sua, impedendoglielo: "Se apri il forno allora sì, che si sgonfierà. Lo so persino io che riesco a bruciare le frittate".

Di nuovo, cercò il contatto visivo e lui lo stabilì, pur esitante: "Sì, è vero, ma sai fare un ottimo pane", ribatté con un leggero sorriso.

L'armistizio, se mai c'era stata una breve lotta, era stato sancito con quelle parole. Ma sapeva di aver vinto una battaglia e non la guerra. Sedettero a tavola a sorseggiare il caffè appena fatto e lei si scoprì a guardare le tazze, come studiandole: "Spero che alla Casa della Magnolia ci siano ancora quelle con le nostre iniziali. Voglio prenderle".

"Comprerò l'intero stabile anziché affittarlo, se ti fa piacere", disse in un tono quasi urgente.

Candy gli regalò un sorriso: "Grazie dell'offerta, ci penserò. Albert, sai che non sono i beni materiali che m'interessano, ma la mia libertà, come è sempre stato per te".

"Candy...", tentò d'interromperla.

"No, per favore, lasciami finire", lo pregò. "Non credere che non capisca i tuoi timori. Io stessa ho dovuto venirci a patti sia dopo la morte di Anthony, che prima di perdere la memoria che... adesso. Vuoi la verità? Mi tremano le gambe all'idea di cavalcare di nuovo Cleopatra, ma proprio per questo voglio farlo a ogni costo. Se mi lascio trascinare dai traumi e dalle paure rischio di bloccare la mia vita e non sarei io. E neanche tu sei così, lo sappiamo entrambi, ne abbiamo parlato solo ieri sera".

Albert si mise a fissare il caffè, poi chiuse gli occhi: "Stanotte ho sognato che cadevi di nuovo da cavallo. Nei miei incubi, di solito... vieni ferita a morte ogni volta in un modo diverso. E ogni volta mi sveglio come se non avessi più aria da respirare. So di essere irrazionale e scioccamente superstizioso. Mai, mai una volta ho creduto a sciocchezze simili. Ma alcuni incubi sono troppo simili alla realtà per non farmi venire i brividi".

Candy voleva solo abbracciarlo e rassicurarlo, tuttavia comprese che quello era il suo percorso personale e lei poteva solo tranquillizzarlo: "Non saremo più quelli di prima, Albert. Come tutte le cose anche questa ci ha segnato. Però adesso siamo insieme", disse in modo accorato, posando una mano sulla sua, "e insieme possiamo superare tutto. Ci siamo riusciti quando eravamo solo amici e c'incontravamo quasi per caso. Sono certa che ora sarà anche meglio".

Lui intrecciò le dita con le sue e si avvicinò per posarle un bacio sulla fronte: "Come dicevo ieri... a volte sei davvero tu la più forte, tra i due".

Il soufflé si rivelò così buono che non ne avanzò molto e decisero che avrebbe fatto parte del loro pranzo al sacco mentre si recavano a Chicago. Dopo colazione, indossarono il loro completo da equitazione e raggiunsero le stalle: Candy fu felice di vedere quanto la sua cavalla fosse in forma.

"La zampa è guarita perfettamente, per fortuna non era una ferita grave. Ora corre come se non fosse mai accaduto nulla", disse Albert mentre sellava Cesar e sistemava i finimenti anche a Cleopatra.

Quando fu il momento di montare, vide Albert fare un gesto come se volesse avvicinarsi per aiutarla, ma il braccio ricadde e il piede destro, che si era spostato in avanti, si riunì al sinistro. Suo marito era ritto in piedi accanto al suo cavallo, con le briglie strette in una mano e i muscoli di sicuro tesi sotto al suo completo color rosso mattone.
"Grazie", gli disse per quella muta dimostrazione d'incoraggiamento.

Accarezzò il muso setoso di Cleopatra, ammirando le ciglia lunghe e gli occhi dall'espressione cosi dolce da sembrare umana, quindi si appoggiò sulla sella con le mani e infilò il piede nella staffa sinistra, facendo forza nella gamba per issarsi.

Sto salendo all'amazzone ed Eliza mi guarda con un sorriso cattivo. Ma sono certa che con Cleopatra non mi succederà nulla di male. Il vestito m'intralcia nei movimenti, però non mi scoraggio: mi sono allenata con Albert e ormai non ho più paura.

Un rivolo di sudore le scese lungo la tempia e Candy si ritrovò sospesa su un piede mentre la gamba destra ruotava per andare dall'altro lato. Si sbilanciò e si aggrappò forte alle briglie per non perdere del tutto l'equilibrio. Sentì distintamente l'ansito strozzato di Albert, ma non si arrese: se fosse caduta solo cercando di salire sarebbe stato davvero ridicolo.

Doveva focalizzare la mente sul presente e non sul passato. Aveva recuperato la memoria grazie al suo Principe della Collina, aveva riscoperto l'amore ardente che univa le loro anime, lo aveva sposato e aveva fatto l'amore con lui perdendosi nelle braci della loro passione reciproca.

Era una donna completa e avrebbe superato ogni ostacolo. Posizionandosi con la schiena dritta, inspirò profondamente e guardò davanti a sé: "Vai, Cleopatra!", la incitò partendo subito al galoppo, un senso di leggerezza liberatoria che la pervadeva dalla testa ai piedi.
 
- § -
 
Robert crollò a sedere sulla sua poltrona con una mano sulla fronte. Si tolse gli occhiali e prese a pulirli con il lembo della camicia, la bocca ancora aperta per l'affanno.

Karen non riusciva a ricordare neanche la metà delle espressioni colorite, al limite della decenza, che aveva riservato loro prima che Terence dicesse un sonoro: "Ora basta!", non urlato ma con tono abbastanza alto da indurlo a smettere.

D'improvviso, terminò di ripulire le lenti e, con lo sguardo ancora basso e mostrando loro il suo profilo sconvolto, alzò la mano destra puntando un dito tremante nella loro direzione: "Sai quanto mi costerà trovare una tua sostituta in così poco tempo, Karen? Eravamo d'accordo che vi avrei concesso due settimane per la luna di miele e adesso mi trovo con almeno un anno senza la mia attrice principale!". Aveva cominciato la frase in tono basso e vibrante per terminare con un urlo e un pugno sulla scrivania, facendola sussultare sulla sedia.

Finalmente li fronteggiava, gli occhi erano di fuoco.

"Non è qualcosa che avevamo...", cominciò.

"...programmato?!", terminò per lei. "Oh, ma certo, sono sicuro che è la stessa cosa che ha detto tua madre a quel poveraccio del suo regista poco più di vent'anni fa!", strepitò rivolto a Terence.

"Non ti permetto di nominare mia madre! Né di trattare così la mia fidanzata!", ringhiò Terence scattando in piedi.

Robert fece altrettanto e puntò di nuovo il dito, ma stavolta direttamente su di lui: "Ti ho dato milioni di possibilità, Terence Granchester. Ma questa è la goccia che fa traboccare il vaso! Hai messo incinta la nostra attrice di punta prima di una tournée".

Lui appoggiò le mani sulla scrivania, quasi minaccioso, e Karen si ritrovò a stringersi le pieghe del vestito in un gesto nervoso. Sperava solo che non finissero per picchiarsi.
"Innanzitutto il mio nome è Graham: ho rinunciato al titolo nobiliare tempo fa", puntualizzò lui con voce tesa, "secondo poi siamo venuti a dirtelo subito proprio per permetterti di organizzarti...".

"E perché non dirmelo direttamente nel momento in cui avete deciso di combinare questo pasticcio qualche settimana fa?!", urlò lui avvicinandosi, nonostante la superficie solida che li divideva.

Karen si portò una mano al lato della testa: le stava venendo un'emicrania colossale e non era certo colpa degli ormoni.

I due urlarono l'uno contro l'altro ancora per un po', prima che lei si decidesse ad alzarsi a sua volta e gridare. Gridare davvero. Aprì la bocca e fece un urlo così forte che li vide tapparsi le orecchie.

Era stufa, davvero stufa.

Aveva fatto... anzi, avevano fatto un errore, d'accordo. Ma se ne stavano prendendo la responsabilità e, anche se era certa che i giornali l'avrebbero fatta a pezzi, al momento voleva solo starsene un po' in pace e in silenzio, a riordinare le idee e a rimettere insieme i pezzi della sua vita stravolta.

"Ascoltami bene, Robert: sai com'è la questione? Io e Terence ci amiamo, stiamo per sposarci e abbiamo avuto... un incidente di percorso. No, non mi piace chiamarlo incidente. Non dopo che ho sentito battere il suo cuore". Mentre lo diceva, Karen realizzò che dentro di sé portava davvero un piccolo essere vivente che avrebbe avuto le fattezze sue e di Terry.

Quel pensiero, improvviso come una folata di vento in pieno viso, divenne la consapevolezza preponderante nel suo cuore e dovette lottare per non scoppiare a piangere dall'emozione.

"Robert...", s'intromise di nuovo Terence.

"Fammi finire, per favore", lo interruppe Karen alzando una mano. "Quindi adesso non ti resta che prendere atto della cosa e smetterla di urlare come una ragazzina che non abbia ricevuto l'autografo dal suo attore preferito".

"Ma come ti...?!". Indignato, gli occhi fuori dalle orbite.

"Robert...", di nuovo Terry.

"Ci sono molte colleghe che vorrebbero prendere il mio posto, ad esempio quella... come si chiama... Allison?", suggerì schioccando le dita, nel tentativo di ricordare.

"Vuoi per caso...". Robert era accigliato.

"Non voglio insegnarti il mestiere, ma mi sono accorta che ripeteva le battute a memoria, quindi potrebbe essere...".

"Robert...".

"Ma insomma, vuoi stare zitto?!", lo redarguì voltandosi finalmente verso il fidanzato. "Sto cercando di tirare Robert fuori dai pasticci, per quanto il suo modo di fare...".

"Insomma, Karen, gli ormoni ti rendono loquace o ti diverti ad agitarti nelle tue condizioni? Mi fai comunicare a Robert che deve cercare un sostituto anche per me o intendi parlare tu per tutto il tempo?!".

"Che cosa?!", lei e Robert lo dissero a una voce. Lei sussurrando, lui gridando come un invasato, quasi scavalcando la scrivania.

Rimase a guardare Terry negli occhi, senza più proferire parola, il labbro che le tremava e le lacrime che cominciavano a minacciare di uscire. Lui le sorrise con lo sguardo e, in parte, anche con le labbra, come a dirle di non preoccuparsi, che aveva preso la sua decisione.

Non farlo, avrebbe voluto dirgli, e glielo comunicò col pensiero prima di aprire bocca per dirlo.

Ma Robert la interruppe prima ancora che emettesse suono: "Tu... non stai dicendo sul serio, vero?! Non mi lascerai nella merda, Terence Grand...  Graham?!".

"Per prima cosa ti prego di moderare il linguaggio davanti a una signora", continuò mentre lei non riusciva a staccargli gli occhi di dosso ed era costretta a sedersi di nuovo per non svenire. "Come seconda cosa, ti confermo quello che ho detto: mi ritiro dalle scene, almeno finché non sarà nato mio figlio".

"Terence...", mormorò e fu certa che avrebbe davvero perso i sensi. Udiva vagamente le urla isteriche di Robert, cui si contrapponeva la voce ferma e calda di Terry.

E allora capì.

Capì quanto fosse stata fortunata a trovare un uomo come lui, che all'inizio non sembrava avere occhi che per Candy. Capì quanto la vita potesse cambiare da un giorno all'altro, ma non per forza si trattasse di qualcosa di negativo. La loro carriera era forse distrutta, ma erano una famiglia. Mio figlio, aveva appena detto Terence. Nostro figlio, pensò lei.

"... i miei avvocati vi faranno visita molto presto!", colse queste parole gridate a gran voce da Robert e i colori tornarono al loro posto. Forse, dopotutto, non sarebbe svenuta.

"Il primo a rimetterci saresti tu. Immagina, Robert... immagina i giornali che si affezionano all'idea di noi due con un bambino, felicemente sposati, che raccontiamo di essere stati cacciati dalla compagnia per mere questioni burocratiche e contrattuali. E immagina di pagare altri due attori che non saranno mai apprezzati come noi, che magari entro un anno o due potremmo anche tornare per sostituirli", disse Terence con voce più pacata, di certo convinto delle sue motivazioni tanto da non dover più alzare il tono.

Aveva detto due anni? Voleva stare lontano dalle scene così a lungo? Karen non sapeva se fosse un bluff, né se volesse solo evitare problemi. Sapeva solo che si sentiva colma di una felicità così nuova e brillante che pensava sarebbe esplosa.

Quando la prese per mano per portarla via, mentre Robert mugugnava e borbottava come una pentola di fagioli in ebollizione ma palesemente sconfitto, lei gli si appoggiò alla spalla e uscirono insieme senza fretta.

"Perché l'hai fatto, Terry?", gli chiese piano.

"Veramente avevo già in mente di farlo da quando me l'hai detto. Ho provato a immaginarmi al fianco di un'altra attrice subito dopo averti sposata e, soprattutto, lontano da te... e da lui", concluse ponendole una mano sulla pancia e facendole di nuovo salire le lacrime agli occhi. "Non è ancora nato e già lo amo. Non commetterò lo stesso errore di mio padre, non starò lontano da lui neanche per un istante, dovesse costarmi la carriera!".

"Oh, Terence!", esclamò gettandogli le braccia al collo.

Rimase così, a respirare il suo profumo maschile e a bearsi della stretta del suo futuro marito, lasciando scorrere le lacrime.

"Sei felice?", le domandò posandole un bacio sulla tempia.

Lei si asciugò gli occhi con il dorso della mano: "Sì, ma sono anche un po' preoccupata. Saremo in grado di dargli un futuro senza lavorare? Che ne sarà di noi? Ti confesso che ormai non sono più tanto preoccupata per la mia carriera, ma per come dovrò comportarmi quale... genitore".

"E lo dici a me?", disse Terry in un risolino, prendendola sottobraccio. "Io direi di cominciare a vivere giorno per giorno, un passo alla volta. A iniziare dalla colazione: non hai fame?".

Karen ridacchiò a sua volta: "A dire il vero, passata la nausea mi è venuto una specie di buco allo stomaco...".

"Bene", fece lui ponendole una mano sulla pancia, un gesto che stava cominciando ad amare immensamente. "Cosa desiderate mangiare?".

E, mentre glielo diceva, Karen si sentì, per la prima volta dopo tanto tempo, davvero più leggera.
 
- § -
 
Le rose multiflora e i fiori di mirtillo punteggiavano ancora il prato coi loro colori accesi. Come nel suo sogno, Candy era corsa con il cavallo lontana da lui ma non era caduta, né aveva vacillato un solo istante, se non al momento di montare Cleopatra.

Albert aveva osservato, in silenzio, sua moglie superare le paure e affrontare i suoi fantasmi e si diede mentalmente dello stupido per non averla sostenuta abbastanza ed essersi lasciato trasportare dai propri timori.

Infondati, inutili, persino dannosi.

Anche se avesse avuto altri incubi, non se ne sarebbe curato e non si sarebbe mai più lasciato influenzare. Mentre la vedeva abbassarsi per sfiorare e annusare quei fiori, quindi inginocchiarsi per dire di certo una preghiera per l'anima di Anthony, decise di avvicinarsi per imitarla.

Cercò di non pensare a quanta sofferenza fosse concentrata in quel luogo e recitò a mente la sua personale preghiera per il nipote tanto amato.

Rimasero in silenzio, con le palpebre abbassate e le mani giunte, le parole non erano necessarie. Quando rialzò il viso su di lui, Candy aveva gli occhi asciutti: era la prima volta che non piangeva ricordando Anthony, era davvero diventata più forte.

"Stai bene?", le chiese sorridendole e aiutandola ad alzarsi.

Lei annuì: "Albert, prima di partire da Lakewood vorrei andare a salutare Anthony e Stair nei luoghi di sepoltura e... tornare nella tua capanna nel bosco. Ah, vorrei anche rivedere la barchetta di Stair: l'ultima volta ha tenuto benissimo!".

Lui sbatté le palpebre, sorpreso da tutte quelle richieste: "Candy, stai cercando di esorcizzare dai brutti ricordi tutti i luoghi in cui ti ho portata quando avevi perso la memoria?", le domandò senza preamboli.

Candy abbassò lo sguardo, in imbarazzo: "Beh, ci tenevo a rivederli ora che siamo finalmente sposati e felici, ma se pensi che non sia il caso...".

"No, no, non volevo dire quello", si affrettò ad aggiungere, "ma pensavo che abbiamo avuto quasi la stessa idea. D'altronde, non ci siamo sposati alla Casa di Pony? E la nostra prossima tappa non è la Casa della Magnolia? Vorrà dire che arriveremo un po' più tardi, non abbiamo una tabella di marcia da seguire".

Risalirono a cavallo e, stavolta, si limitarono a un trotto leggero, stando affiancati: "Se vogliamo pranzare alla capanna credo che dovremmo passare prima da casa a prendere un po' di provviste. Abbiamo lasciato il pranzo al sacco in cucina, stamane", le disse dopo che ebbero superato una fila di alberi per arrivare a una radura, il fiume che cominciava a gorgogliare sotto di loro.

"Ma io non pensavo di fermarmi a mangiare", disse rivolgendogli uno sguardo enigmatico.

Albert la fissò, incredulo: non si era ancora abituato a quel lato intraprendente di Candy e ogni volta rimaneva a bocca asciutta e gola riarsa: "E cosa pensavi di fare?", domandò in tono non del tutto fermo.

Lei fece spallucce: "Oh, non so, potremmo andare prima in barca e vedere se finiamo di nuovo ammollo e poi andare alla capanna per toglierci i vestiti e farli asciugare davanti al caminetto". 

Prima che lui potesse anche solo formulare una risposta di senso compiuto, Candy partì al galoppo e Albert poté cogliere solo un leggero rossore imporporarle le guance.

"Eh, no, non mi lascerai così, signora Ardlay!", esclamò afferrando le redini e spronando Cesar per seguirla. "Candy, potresti essere più chiara, per favore?", urlò, divertito, non ottenendo altra risposta che una linguaccia quando la affiancò.

Gli aveva praticamente proposto di rivivere il giorno in cui aveva scoperto la sua identità ed erano caduti nel fiume: allora l'amava già, ma asciugarsi davanti a quel camino era diventata una necessità. Qualunque pensiero poco meno che casto gli avesse attraversato la mente in quei momenti era stato prontamente bloccato e l'idea che ora non ci sarebbero state più regole né inibizioni a dividerli lo riempiva di un desiderio tale che fu per mero miracolo che non l'afferrasse di forza, trascinandola giù dal suo cavallo, per amarla su quel prato.

Ma chi era lui per non accontentare quei piccoli vezzi che stava già imparando ad amare? Non era stato lui, solo il giorno prima, a fermarsi con Candy sotto le fronde di un albero?

Con un sorriso malizioso, Albert si chiese come avrebbe reagito quando avrebbe scoperto un piccolo particolare che aveva lasciato tale e quale proprio alla Casa della Magnolia. E non si trattava delle loro tazze con le iniziali.
 
- § -
 
Quando Annie si svegliò, avvolta tra le lenzuola che le si erano intrecciate fin nelle gambe, la consapevolezza dell'accaduto la travolse riempiendola di sentimenti di gioia, eccitazione e imbarazzo estremo.

Soffocò un urletto nella mano quando vide Archie placidamente addormentato accanto a lei, con la sua parte di lenzuolo che a malapena gli copriva il fondoschiena. Il corpo scolpito, i capelli color cenere spettinati sul volto, che nel sonno sembrava così giovane, la pelle chiara e i muscoli definiti ma non eccessivi, la cui vista terminava nei fianchi stretti e negli addominali piatti... tutto le gridava di abbracciarlo ancora e ancora, senza pensarci troppo su.

"Annie...", borbottò allungando un braccio e catturandola per primo contro di lui. I volti erano a un soffio di distanza e Archie aprì gli occhi lentamente, come mettendola a fuoco. Poteva già sentire quanto la desiderasse anche attraverso le coperte e un intenso calore le pervase le guance. Era solo vergogna? Oppure...

"Ciao", le disse con un sorriso, carezzandole una guancia.

"Archie...", disse lei in imbarazzo, avvertendo suo malgrado il proprio corpo reagire a quel contatto.

Si sfiorarono le labbra come assaggiandosi, con tocchi veloci e morbidi, quindi le bocche si cercarono con maggior urgenza e lei si ritrovò, ancora una volta, stretta a lui con la sensazione che la pelle si liquefacesse a ogni tocco, a ogni carezza, strappandole ansiti e gemiti che sembravano incitare lui ad aumentare il ritmo.

"Archie, per favore, dobbiamo parlare...", lo pregò cercando la forza di staccarsi per guardarlo.

La verità era che, dalla sera prima quando si erano fermati in albergo e avevano preso due stanze separate, non erano riusciti a stare lontani se non per il tempo che lei aveva impiegato a posare la sua piccola borsa sul letto e notare l'arredamento molto essenziale: erano ufficialmente in fuga e dovevano mantenere un profilo basso, scegliendo hotel molto semplici.

Lui aveva bussato alla sua porta chiedendole se voleva mangiare qualcosa ma, alla sua risposta affermativa, nessuno dei due si era mosso. Archie vicino alla porta, lei in piedi accanto al proprio letto. Quando era successo che si erano volati fra le braccia in un groviglio di arti così disordinato e urgente che erano praticamente caduti sul materasso? E come era successo che si erano spogliati a vicenda senza vergogna, senza dire nulla se non i reciproci nomi, ansimando e baciandosi come amanti che non consumino il loro amore da anni?

E come aveva potuto Archie, nonostante tutto, essere con lei tanto delicato, premuroso e tenero da farle provare solo un lieve dolore per poi condurla a una gloria così immensa che sperava non finisse mai?

Era stato tutto così magico e imponente, così giusto, che aveva spento la mente alle domande e agli avvertimenti e si era semplicemente concessa ad Archie, prendendo e ricevendo senza remore.

Ma ora, alla luce del sole, capiva che dovevano mettere in chiaro delle cose, e non sarebbe stata la sua mano che le carezzava i fianchi in modo così seducente, mentre reclamava di nuovo la sua bocca, né la sensazione sublime di essere a un passo dall'averlo di nuovo dentro di sé in quell'unione perfetta a impedirle di parlare.

"Non potremmo discuterne dopo?", mormorò lui col fiato corto e Annie scosse la testa, imponendosi a sua volta di riprendere il controllo. Sbuffando con un sorriso frustrato,  le domandò: "Ti sei pentita?". Il tono era serio, nonostante il sorriso.

"No!", si affrettò a rispondere lei, "come puoi pensarlo?".

"Infatti non lo pensavo, volevo solo capire cosa ci fosse di così importante da interrompere un risveglio che poteva essere paradisiaco", disse in tono malizioso, tirandosi a sedere e appoggiandosi alla spalliera del letto.

Lei fece altrettanto: "Archie, innanzitutto voglio che tu sappia che la mia presenza accanto a te non deve stravolgere i tuoi piani".

"Annie, posso essere un uomo sposato e studiare, nessuno me lo impedisce, a meno che non sia uscita una legge stanotte", rispose lui facendole svolazzare le classiche farfalle nello stomaco: un conto era immaginare il loro immediato futuro, un altro era sentirlo dire così spontaneamente dalle sue labbra.

"Davvero mi vuoi sposare?", chiese con la voce che tremava e la sensazione di essere sul punto di scoppiare a piangere dalla gioia.

"Annie!", fece lui con espressione stupita: "Pensavi forse che dopo aver ricevuto il miracolo di averti al mio fianco e... insomma, aver condiviso il letto con te non avessi intenzione di farlo subito? È dal momento in cui ti ho vista dal finestrino di quella carrozza che ci penso e se troviamo degli abiti adatti in giornata potremo farlo persino entro oggi! A meno che tu non abbia...".

"Archie!", gridò lei prima che potesse pronunciare altre parole. Che voleva dire? Ripensamenti? Dubbi? Non aveva importanza, perché non aveva nulla di tutto ciò e poté solo saltargli al collo e abbracciarlo mentre lasciava libere le lacrime.

Lui la cullò contro di sé, chiedendole di non piangere, dicendo che preferiva fare l'amore con lei che vederla così. E Annie si asciugò gli occhi e gli sorrise, lasciandosi di nuovo trasportare dalla meravigliosa sensazione dei loro corpi che si univano, certa che nulla sarebbe stato semplice, ma di certo tutto avrebbe brillato di luce propria se solo fossero rimasti insieme.
   
 
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