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Autore: Decumbra    26/01/2022    0 recensioni
Ad Hela tornò in mente la notte in cui Odino aveva portato Loki nell’accampamento asgardiano, un neonato abbandonato dai suoi genitori a morire su un picco ghiacciato solo perché era troppo gracile per essere un vero Gigante di Ghiaccio.
Lei aveva gridato e si era opposta alla decisione di suo padre, questo lo ricordava benissimo: “Cos’è, essere un genitore terribile già una volta non ti è bastato?” aveva urlato “Dici che vuoi allevare questo bambino come se fosse figlio tuo, ma la verità è che speri che in futuro diventi una pedina politica nei tuoi giochi di potere”.
Ma poi l’aveva folgorata un altro pensiero: “O non dirmi che non l’hai ucciso perché la pietà ti ha fermato la mano. Hai idea di quanti bambini come lui io abbia ammazzato, padre? E per cosa? Per la tua gloria. Perché tu possa sederti sul trono costruito sulle ossa delle persone che io ho ucciso per te, per governare su una città ricoperta dell’oro che io ho razziato”.
(un ipotetico confronto tra Hela e Loki ambientato alla fine di "Thor Ragnarok").
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frigga, Hela, Loki, Odino, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un rimpianto di troppo
 
Asgard, la bella Asgard dalle cupole ricoperte d’oro, era in fiamme.
Una rabbia profonda e violenta investì Hela: Quell’idiota di suo fratello Thor e Loki, il trovatello che Odino aveva portato via da Jotunheim, avevano risvegliato Surtur e lui avrebbe bruciato e distrutto la città fino alle fondamenta.
Contro Surtur non poteva vincere, era un essere troppo antico e troppo forte perfino per lei.
Era impotente, esattamente come lo era stata quando Odino aveva deciso di lasciare il suo trono a Thor, un bambino appena nato, invece che a lei, la sua primogenita, che aveva combattuto per secoli al suo fianco e aveva versato lacrime e sangue per Asgard. 
Però Hela era stata allevata come una guerriera, addestrata a combattere e uccidere fin da quando era una bambina, e come una guerriera sarebbe morta. Avrebbe affrontato Surtur.
“Ma prima” pensò con un ghigno amaro “Ho dei conti da regolare”.
Avrebbe ucciso coloro che le avevano impedito di realizzare il suo destino di regina e conquistatrice, a cominciare dal bastardo, il figlio di Laufey, Loki.
Non ci mise molto a trovarlo: il Dio degli Inganni era andato nei sotterranei per immergere la corona di Surtur nella Fiamma Eterna e poi aveva cercato di andare verso il Bifrost per ricongiungersi agli altri ribelli, solo che non aspettandosi di essere braccato aveva scelto il percorso più veloce e più ovvio, passando per la piazza centrale.
E lei era lì che lo stava aspettando. .
Appena Loki mise un piede sul selciato della piazza lei gli fu addosso con un urlo, tempestandolo con una sequenza velocissima di colpi.
Certo, avrebbe potuto evocare un centinaio di spade e farla finita, ma preferiva i duelli vecchio stile, uno contro uno. Uccidere in quel modo era più divertente.
L’Ingannatore era astuto e abile con i suoi due pugnali, ma non era un guerriero come Thor: alla fine, nel vibrare un colpo si sbilanciò e lei sfruttò il suo slancio per scagliarlo contro una statua in pietra di Bor, il padre di Odino, mandandola in frantumi.
Loki cercò di rialzarsi, ma lei gli fu addosso, con un calcio spedì lontano il pugnale che ancora teneva in mano (l’altro era finito chissà dove nell’impatto) e poi gli puntò la sua spada alla gola.
Hela aveva ucciso decine di migliaia di persone, sterminato interi popoli, bruciato città e distrutto pianeti, senza un solo, singolo, schifosissimo rimpianto, eppure esitò ad affondare la sua lama nella gola di Loki.
Forse le tornò in mente la notte in cui Odino lo aveva portato nell’accampamento asgardiano, un neonato abbandonato dai suoi genitori a morire su un picco ghiacciato solo perché era troppo gracile per essere un vero Gigante di Ghiaccio.
Lei aveva gridato e si era opposta alla decisione di suo padre, questo lo ricordava benissimo: “Cos’è, essere un genitore terribile già una volta non ti è bastato?” aveva urlato “Dici che vuoi allevare questo bambino come se fosse figlio tuo, ma la verità è che speri che in futuro diventi una pedina politica nei tuoi giochi di potere”.
Ma poi l’aveva folgorata un altro pensiero: “O non dirmi che non l’hai ucciso perché la pietà ti ha fermato la mano. Hai idea di quanti bambini come lui io abbia ammazzato, padre? E per cosa? Per la tua gloria. Perché tu possa sederti sul trono costruito sulle ossa delle persone che io ho ucciso per te, per governare su una città ricoperta dell’oro che io ho razziato”.
Ma dopo, molte ore più tardi, nell’oscurità della notte di Jotunheim, aveva preso in braccio il bambino e aveva provato una pena immensa, per lui e per sé stessa.
Si, Hela aveva ucciso decine di altri come lui, ma né in quella notte lontana né in quel momento riuscì a trovare il coraggio di ammazzare Loki.
E l’ingannatore approfittò della sua esitazione: vedere la Morte in faccia non lo aveva reso meno loquace: “nostra… tua madre aveva un tuo ritratto, lo teneva nascosto perché Odino non lo scoprisse e lo guardava spesso quando credeva che non la vedessi”.
Hela aveva sempre creduto che Frigga la odiasse da quando aveva tradito la loro famiglia e cercato di ucciderli per conquistare il trono.
Ne avrebbe avuto tutto il diritto, sarebbe stato ragionevole e forse anche giusto, ma sua madre era sempre stata troppo buona.
Ed Hela credette senza alcuna fatica alle parole del Bugiardo, perché era fin troppo facile figurarsi la scena: Frigga prostrata dal dolore che piangeva lacrime silenziose per una figlia che, a conti fatti, era un’assassina e un mostro, e che aveva perfino cercato di ucciderla. Aveva anche presente di quale ritratto parlasse Loki, una miniatura di lei da ragazza, sorridente e, per una volta, con in mano un mazzo di fiori invece della solita spada.
Frigga l’aveva amata, forse troppo, considerando che, crescendo, Hela non era mai stata in grado di ricambiarla.
Sua madre l’aveva consolata tutte le volte che era corsa da lei piangendo, l’aveva sostenuta e si era precipitata nella sua stanza ogni volta che, da bambina, si svegliava urlando perché aveva sognato Asgard ridotta in cenere dai loro nemici. E quando succedeva, Frigga si sedeva sul suo letto, le cantava una canzone e poi si chinava a darle un bacio sulla fronte.
E lei come l’aveva ripagata di tutto questo?
Aveva tentato di ammazzarla e dopo, quando era stata rinchiusa nell’Hell, aveva provato a dimenticare la sua gentilezza, il suo profumo di lavanda e la sua voce dolce e melodiosa.
Però adesso la marea dei ricordi tornava a sommergerla.
E guardando negli occhi Loki, le tornò in mente come Frigga lo avesse amato da subito, nonostante non fosse veramente suo figlio, nonostante fosse un Gigante di Ghiaccio, nonostante avesse già Thor di cui occuparsi. Un amore infinito e incondizionato, lo stesso che aveva dimostrato a lei nonostante tutto.
Lentamente Hela allontanò la spada dalla gola di Loki: “Vattene” disse “Non ti ucciderò, per mia… per nostra madre. Vattene fratello”.
 
 
   
 
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