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Autore: futacookies    27/01/2022    2 recensioni
Tsukishima e Yamaguchi litigano - più o meno - e cercano di fare pace - a modo loro.
«Sono innamorato di te.»
«Mi dispiace.» [...]
«Co- ti dispiace? Io sono innamorato di te e
ti dispiace
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Tadashi Yamaguchi, Yachi Hitoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA: scritta per la maritombola #12 indetta da Lande di Fandom con il prompt 53: X cerca di chiarirsi con Y dopo un litigio, ma viene continuamente interrotto. Per questioni legali devo dire che nessuna spalla è stata maltrattata nella stesura di questa fic! 

Buona lettura!



 

(ma se dici)

Un’altra parola



 

«Ho detto di no, Tsukki!», esclama Yamaguchi, alzandosi di colpo dal proprio banco per uscire dalla classe – per allontanarsi da Tsukki e dal tono insistente con cui sta dicendo che non c’è altra soluzione, il capitano l’anno prossimo deve proprio farlo lui.

Ci sono un paio dei loro compagni che lo guardano come se fosse ammattito, e non può certo dar loro torto. Pensa che sia la prima volta da molto tempo in cui si sente in vena di litigare con Tsukishima. In fondo, si erano già messi tutti d’accordo: Tsukishima avrebbe fatto il capitano, e a lui sarebbe toccato il ruolo di vice – cosa che tra l’altro si era fatto andare non bene, benissimo. 

Solo che dalla sera alla mattina Tsukishima aveva iniziato a commentare che lui non se la sentiva mica, di fare il capitano, che non era certo di meritarselo, che c’erano troppe responsabilità, troppe scartoffie, “guarda come si è ridotta Yachi a fare la manager per due anni” e alla fine non ne voleva sapere più nulla. Solo che a Tadashi queste sembrano soltanto un mucchio di sciocchezze: lo sapeva perfettamente anche un mese fa, cosa comportava  il ruolo di capitano, ma non per questo si era tirato indietro. Probabilmente si sarà sentito in colpa per qualche cervellotico motivo di cui solo lui è a conoscenza e adesso vuole rimediare – a modo suo e senza che nessuno gliel’abbia chiesto.

Cammina un paio di volte avanti e indietro per il corridoio, fumante di rabbia. Lui non ha bisogno della pietà di Tsukki, né dei suoi favori, né dei suoi ruoli di seconda mano. Se avesse voluto fare il capitano lo avrebbe proposto quando ne avevano iniziato a discutere, dopo il torneo estivo. Ma non l’ha fatto, perché non se la sente, perché davvero non se lo merita, perché ci sono responsabilità per cui non si sente pronto e tutte quelle carte da tenere in ordine, insomma, bastava vedere la faccia di Yachi, poveretta. 

Quindi, quando Tsukishima ha provato a mettere nuovamente in mezzo l’argomento, durante la pausa pranzo, davvero non ci ha visto più. 

«Andiamo, Yamaguchi, devi ammettere che protesti almeno pensarci.»

Adesso Tsukishima l’ha raggiunto e lo guarda con un’espressione a metà tra l’offeso e lo speranzoso. Tadashi riflette che sia già stato molto fortunato a non essere stato mandato al diavolo – davvero, lui vuole bene a Tsukki, qualcuno potrebbe anche a ragione insinuare che lui sia innamorato di Tsukki, ma c’è un limite a quello che il suo orgoglio può sopportare e l’idea di assumere il ruolo di capitano soltanto perché Tsukki glielo voleva lasciare superava di gran lunga ogni limite accettabile.

«Io davvero non ti capisco!», sbotta Tsukki, appoggiandosi allo stipite della porta. «È una proposta come un’altra, se non voglio farlo io evidentemente tocca a qualcun altro!»

Tadashi apre e chiude più volte le mani, macinando passi sempre più rapidi nel piccolo corridoio di fronte alla classe. Non manca molto alla ripresa delle lezioni, e lui ha molte cose da dire e poco tempo per farlo, per cui, riflette, tanto vale parlare nel modo più diretto e brutale possibile, così da assicurarsi che il messaggio arrivi. In un insperato moto di coraggio si piazza davanti a Tsukishima, posandogli le mani sulle spalle per tenerlo fermo – e deve pregare che il suo cuore non ceda proprio il quel momento, che lui deve sembrare serio e minaccioso, che anche se Tsukki lo guarda in modo così intenso non gli si devono sciogliere le ginocchia – e comincia a parlare.

«Ascoltami, Tsukki- no, Tsukishima. Ascoltami bene: non ho alcuna intenzione di diventare capitano perché tu non volevi farlo, è un concetto umiliante, mi fa sentire una ruota di scorta e vorrei che tu non mi rivolgessi la parola finché non ti deciderai a promettere che quando si diplomerà Ennoshita-san lo farai tu.»

Si congratula con se stesso per la calma glaciale con cui ha parlato, che deve davvero aver lasciato una forte impressione, perché adesso le guance di Tsukki sono tutte rosse e non spiccica mezzo verso – non importa quanto possa diventare arrabbiato, purché gli arrivi il concetto. Lui, il capitano, non lo vuole fare. 

Cioè. Lui non lo vuole fare perché comporterebbe in primo luogo ammettere che Tsukki ha ragione, cosa assolutamente fuori discussione, e in secondo luogo perché lui è l’unico che lo ha proposto come candidato. Quando Tsukki aveva immediatamente risposto alle continue richieste di Hinata sul prendere una decisione, né lui né Kageyama avevano battuto ciglio. Certo che Tsukki poteva fare il capitano – in realtà la faccia di Kageyama era stata per un attimo attraversata da una smorfia di orrore assoluto, ma se l’era scrollata di dosso in fretta.

Il punto era che nessuno aveva detto secondo me dovrebbe farlo Yamaguchi e quindi adesso, per partito preso, lui si rifiuta di farlo.

 

***

 

«Secondo me dovresti farlo tu.»

Yachi si è avvicinata di soppiatto alla fine degli allenamenti e gli ha teso una trappola. Gli aveva detto che aveva bisogno di una mano con un esercizio di algebra e lui come uno scemo ci era cascato. No, Yachi non ha bisogno di aiuto con i compiti, Yachi non ha mai avuto bisogno di aiuto con i compiti, però Yamaguchi è sempre stato un allocco di buon cuore e quindi non si è posto alcun dubbio e l’ha seguita.

«Quanto ti ha pagato Tsukki per dire una cosa del genere?»

Yachi gli fa una boccaccia, ma ignora la sua domanda. Okay, Tsukki potrebbe non averla pagata, ma potrebbe anche averglielo chiesto molto gentilmente. Questo è esattamente quello che vorrebbe sentirsi dire, ma glielo sta dicendo la persona sbagliata. Yachi si è tirata fuori dalla scelta del prossimo capitano con un abile scusa diplomatica, quindi adesso è molto scorretto da parte sua scegliere di perorare la causa di Tsukki – che comunque starebbe perorando la sua, di causa.

«Insomma, lo sai com’è fatto Tsukishima, spaventerebbe tutti i nuovi iscritti.», Yachi fatica a trattenere una risata prima di continuare: «C’è bisogno di qualcuno disponibile, gentile, solar-»

«Allora può farlo Hinata!», sbotta.

La gigantesca assurdità di quello che ha detto non gli sfugge. No, forse è meglio tenere Hinata fuori da questo discorso. Forse Tsukki ha ragione – ma lui non è ancora disposto a cedere le armi.

Non che gli dispiaccia, l’idea di fare il capitano. Certo, le scartoffie, però c’è anche l’orgoglio di poter guidare i propri compagni, l’essere un punto di riferimento e- e forse l’idea di farlo fare ad Hinata non è così assurda come ha pensato una manciata di secondi fa. In fondo sarebbe il leader naturale, se solo non fosse uno scavezzacollo. E poi a lui e Kageyama interessa soltanto giocare, tutto quello che si frappone tra loro e il pallone è superfluo e può essere lasciato in secondo piano, il che rende la loro idoneità assolutamente fuori luogo.

Okay, va bene, restano soltanto lui e Tsukki, e Tsukki dice di non volerlo fare, quindi toccherebbe a lui, ma-

«Certo che voi maschi sapete essere dei tali zucconi!», Yachi gli afferra le spalle – con uno sforzo notevole, visto che hanno più di 20 cm di differenza in statura – e comincia a scuoterlo. Yamaguchi non si lamenta, poteva andargli peggio, come quella volta in cui Yachi aveva rincorso Hinata armata di asciugamano perché le aveva infilato una cicala nella borsa. 

«Tsukki-», continua Yachi, dopo aver scosso un altro po’, «ha sempre pensato che il capitano dovessi essere tu. L’unico motivo per cui si era offerto di farlo è che su due piedi pensava che non avresti accettato, quindi voleva un po’ di tempo per convincerti.»

Yamaguchi sta per protestare sulla credibilità di quella storia, ma Yachi continua imperterrita: «Oggi invece arriva tutto mogio dicendo che non ti potrà più rivolgere la parola e- e lui è così stupido da ascoltarti! Ma a te piace Tsukki, perché dovresti mai dirgli una cosa del genere?» 

Yamaguchi vorrebbe poter dire che si sbaglia, che a lui Tsukki non piace, che ha dei solidissimi motivi per non voler parlare con lui, ma la verità è che Yachi li ha appena ridotti in coriandoli, questi motivi – come se non bastasse, il rossore che gli ha appena infuso le guance è un’imbarazzante, inaffondabile conferma.

«È sicuramente per qualche stupido motivo di orgoglio maschile su cui io per fortuna non riuscirò mai a raccapezzarmi.», Yachi deve prendere il suo silenzio come un assenso, e un invito a continuare, perché non si ferma: «Sai adesso cosa dovresti fare?»

Yamaguchi scuote la testa, mortificato – lo sa benissimo, cosa deve fare, ma la prospettiva è così umiliante che preferisce far finta di dover attendere istruzioni. Il tono di Yachi si addolcisce vagamente.

«No, non ti dirò cosa devi fare. Devi deciderlo tu.»

 

***

 

Deve trovare Tsukki. Deve trovare Tsukki e deve chiedergli scusa. Almeno, questa sarebbe la cosa ragionevole da fare – la verità è che si sente ancora indeciso. Certo, lui ha torto, ma questo non implica che non ce l’abbia anche Tsukki. E se hanno torto tutti e due significa che le loro colpe le possono dividere al cinquanta per cento e possono andare avanti con le loro vite dopo essersi perdonati a vicenda come se niente fosse. 

Ha mollato Yachi in fretta e fuori dopo gli allenamenti, ed è corso verso casa Tsukishima senza neanche indossare di nuovo la divisa – cosa di cui adesso si sta pentendo perché ci sono persone che lo fissano come se fosse ammattito. Un po’ lui si sente così- è l’effetto che gli fa Tsukki.

Alla fine lo trova a pochi passi dal cancello. Non sa che fare: potrebbe strillare il suo nome in maniera estremamente confusionaria e lanciarsi in un’accorata serie di scuse, oppure potrebbe far finta di non vederlo e lasciargli chiudere la porta del cancello alle spalle, e quel punto sarebbe davvero imbarazzante doverlo rincorrere, farlo uscire di nuovo, soltanto per delle stupide scuse. La faccenda, volendo, potrebbe tranquillamente aspettare domani mattina. Certo. Anzi, Tadashi crede proprio che farà così. 

Innegabilmente spompato, si volta e si prepara a correre nuovamente a scuola, nella speranza che non abbiano già chiuso tutto e gli tocchi spiegare a sua madre per quale scellerato motivo lui è tornato a casa soltanto con la tuta. Ha appena compiuto il primo, non troppo deciso passo, che si sente chiamare.

«Yamaguchi?»

Tadashi si blocca, paralizzato, pregando che si sia trattato soltanto di un’illusione uditiva. Sì, si rassicura, sicuramente è stato così – soltanto il suo facilmente impressionabile cervello che gli fa sentire quello che vuole, perché effettivamente sarebbe molto più facile se Tsukki decidesse eroicamente di trainare sulle sue spalle tutto il peso di quella conversazione.

«Che ci fai qui?»

Che ci fa lì? Bella domanda, Tsukki, davvero, complimenti, non c’è modo migliore di lasciargli la patata bollente e-

«Sono venuto per-»

«Non importa.», lo ferma Tsukishima.

Tadashi lo fissa interdetto per qualche istante. Certo che importa. Importa tantissimo – importa a lui, che ha fatto tutta quella strada, sudato, con ancora la tuta per gli allenamenti addosso soltanto per- per scusarsi, stava per dire, prima di essere interrotto.

«No, davvero, Tsukki, io-»

«No.», afferma l’altro, afferrandolo per le spalle e inchiodandolo al suolo. «Adesso mi ascolti e stai zitto.»

«Non capisci, Tsukki, vorrei soltanto-»

L'occhiataccia che gli lancia lo fa ammutolire per qualche istante. Forse dovrebbe permettergli di parlare – ma oggi pomeriggio non gli ha chiesto di non rivolgergli più la parola? Ecco, sì, quindi adesso tocca a lui parlare. 

«Come stavo dicendo, Tsukki, mi-»

«Scusa.»

Tadashi emette un singhiozzo a metà tra il sorpreso e l’esasperato. Scusa. Gli ha chiesto scusa. Per cosa, poi? L’ha trattato malissimo per giorni, è stato proprio terribile con lui durante la pausa pranzo di quella mattina e adesso Tsukki gli sta chiedendo scusa. Scusa. Come se fosse colpa sua.

«Sì- beh, no- chiaramente è-»

«Non avrei dovuto insistere.», continua, ignorando i suoi tentativi di recuperare questa missione diplomatica evidentemente fallita in partenza. «Se ti avessi detto subito la verità- pensavo che non mi avresti creduto. Sono stato stupido, lo so, un gigantesco stupido e tu hai tutte le ragioni per avercela come, ma riflettici, sei davvero l’opzione migliore che abbiamo: sei una persona responsabile, non come quegli invasati di Hinata e Kageyama-»

«Tsukki-»

«I kouhai non hanno paura di te, insomma, lo vedi come mi guardano, sembrano più spaventati da me che da Ennoshita-san, tu sei una figura autorevole ma affidabile-»

«Tsukki-»

«E poi, insomma, sei tu quello che ha la testa sulle spalle, quello che perde tempo a preoccuparsi che ci siano tutti i bagagli quando partiamo, che controlla che stiano sempre tutti bene, insomma, sei molto attento, non solo alle varie situazioni, ma anche alle persone che ti circondano-»

«Tsukki-»

«Lo so che sembro di parte perché sei il mio migliore amico, ma io ci credo davvero, che dovresti farlo tu. Vorrei che lo facessi tu. Yachi-san dice che è perché sono i-»

«Zitto, Tsukki!»

Tadashi non avrebbe voluto urlargli contro, soprattutto perché è lì per scusarmi e non vuole comportarsi in maniera ancora più orribile, il che lo costringerebbe a scusarmi nuovamente. Tadashi non avrebbe voluto urlargli contro ma sono almeno cinque minuti che aspetta il suo turno di parlare e Tsukki non ha fatto altro che fargli complimenti senza senso su cui non si è nemmeno concentrato perché l’avrebbero fatto sentire peggio.

«No, Yamaguchi, devi lasciarmi finire, perché se non lo dico adesso-»

«Mi sembra che tu abbia già parlato a sufficienza!», sbotta.

Ci sono così tante cose che dovrebbe dirgli che non sa neanche come riordinare i propri pensieri. Allora, prima gli chiede scusa. Poi dice che ha sbagliato. Okay, bene così. Poi, poi ammette che Tsukishima ha ragione e infine accetta di fare il capitano. Ottimo. E poi-

«Se non lo dico adesso-», insiste Tsukushima, con la voce vagamente strozzata dall’impazienza.

«No, Tsukki, adesso devo parlare io.», lo interrompe. «Ti giuro, sono stato molto, molto paziente, ma se dici un’altra parola-»

Lascia questa vuota minaccia aleggiare nell’aria tesa tra loro per qualche secondo, beandosi dei primi istanti di totale silenzio ricevuti da quando hanno iniziato a parlare. Bene. Ora deve soltanto dire che-

«Sono innamorato di te.»

«Mi dispiace.»

Hanno parlato nello stesso istante, per cui, con le loro voci accavallate, Tadashi impiega un po’ per sbrogliare la matassa di suoni nel suo cervello. Quando ci riesce, però-

«Aspetta, cosa

«Co- ti dispiace? Io sono innamorato di te e ti dispiace

Tsukishima sembra avere un mancamento. Ben gli sta, pensa Tadashi soddisfatto, così impara ad interromperlo e a parlare sopra di lui. Poi l’eccitazione confusa del momento prende il sopravvento.

«Sì- cioè, no, non mi dispiace, anche se in realtà, beh- mi dispiace, ma non per- oh, insomma, al diavolo-», borbotta, facendo leva sulle mani di Tsukki, che sta boccheggiando come un pesce rosso, per attirarlo più vicino a sé e stampargli un timidissimo bacio sulle labbra. 

Approfitta del silenzio ancora sconvolto dell’altro per concludere un discorso ordinato e possibilmente privo di equivoci.

«Mi dispiace-», confessa, ad un passo dalle sue labbra, «per come ti ho trattato. Ho sbagliato.», fa una pausa per spiarlo di sottecchi. Sembra che si sia finalmente deciso ad ascoltarlo pacificamente. «In fondo hai ragione, sono la scelta migliore, insomma, voi altri siete proprio un disastro, ero solo troppo orgoglioso per ammettere di avere torto.»

Tsukki annuisce sommessamente e aumenta un po’ la presa sulle sue spalle. Tadashi, in un completo stato di beatitudine, gli allaccia le braccia intorno al collo e fa cozzare le loro fronti – gli piace, poterlo fare. Poter tirare Tsukki a sé e dargli un altro bacio. Gli piace tantissimo, molto più della prospettiva di diventare capitano, che già gli piaceva parecchio.

«E quindi», termina, staccandosi appena per parlare, «farò il capitano.»

Tsukki sceglie proprio quel momento riaversi. Arrossisce fino alla punta delle orecchie e si allontana di qualche passo, cosa che Tadashi gli concede a malincuore. 

«Bene.», commenta, grattandosi la nuca.

«Già.», gli risponde serafico.

«Quindi ci vediamo domani-»

«Certo.», lo rassicura Tadashi, al che Tsukki mormora un altro bene sotto voce – è così inaspettatamente carino, tutto imbarazzato, che Tadashi non riesce proprio a trattenersi. «Ehi, Tsukki-», lo richiama, facendolo voltare a pochi passi dal cancello, «non starai dimenticando qualcosa?»

«Mhh?», chiede l’altro, completamente stralunato, un secondo prima di saltargli al collo per rubare un altro bacio. Il che sembra completamente fondergli il cervello, perché Tsukki diventa ancora più rosso di qualche secondo prima, continuando a borbottare cose ormai incomprensibili tra sé mentre si chiude il cancello alle spalle con un sospiro di sollievo, prima di rivolgergli un ultimo cenno di saluto.

Tadashi gli rivolge un sorriso enorme, poi corre alla volta della scuola, sperando di recuperare il borsone e la divisa in tempo – insomma, sarà il capitano, lui, non può mica fare brutte figure.



 
  
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