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Autore: Alarnis    27/01/2022    3 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d.A. attenzione ho postato due capitoli, perchè mi sono divertita a scrivere ^_^ quindi date un'occhiata anche al precedente capitolo. Un abbraccio a tutti!

Dipingere con la voce

 
Il braccio di Belinda era sprofondato nel barile fino al gomito. Il suo volto era chino, gli occhi puntellati sul fondo; sembravano cercare un qualcosa che le chiarisse il mistero che la faceva scervellarsi.
“Ma io… Ho visto calare una lancia....” borbottava. “Non mi sono sbagliata… No! No!”.  La voce perplessa che usciva attuttita dal barile in cui aveva ficcato il capo “Non ti sei fatto nulla? Incredibile!”. “Incredibile, davvero!” aveva confermato lo zio mugnaio, prima di lasciarli per un’urgenza del corpo che l’aveva fatto correre via come un fulmine.
Braccioforte aveva semplicemente aggredito Moros di slancio, cingendolo alle spalle e avvolto in uno stritolante abbraccio che non gli aveva lasciato tregua, smorzandogli il respiro.
Era come se l’amico non lo volesse più lasciare. Non chiedeva come si fosse salvato o il perché non fosse ferito, aveva solo detto “Moros, ragazzo mio!” e per un attimo la voce gli si era incrinata  nella gola.
“Sì! Sono tutto intero!” lo aveva rassicurato Moros quasi euforico “Sto’ bene!” aveva continuato a confermare fin quando l’amico non l’aveva lasciato.
Braccioforte gli restò davanti “Ho creduto di perdere anche te!” confidò: la voce così profonda che sembrava uscire dal vuoto di una caverna.
“Non mi perderai così facilmente!” sorrise con ottimismo, volendo scusarsi d’averlo lasciato in ansia. Era quell’anche te che l’aveva conquistato, quasi lo includesse… nella famiglia che l’amico aveva avuto un tempo. No, impossibile. Devo essermi sbagliato! pensò troppo imbarazzato per un pensiero che l’avrebbe lusingato più di un titolo reale. Una famiglia era ciò che più gli era mancata nella vita.
Guglielmo era stato padre per Nicandro, non per lui!
Quello vero non l’aveva e avrebbe mai conosciuto e forse non gli importava ora come ora, ma l’amico, quel maturo soldato era forse l’esempio che aveva da sempre cercato.
No! Era davvero troppo per Moros, perciò tentò di mantenere le distanze. Farsi coinvolgere così, non era da lui. Girò di lato il viso per non guardare l’amico, finendo nuovamente a fissare Belinda che ancora indagava.
“Cosa speri di trovare?” ridacchiò.
“Ci nascondi qualcosa uomo misterioso!” lo apostrofò accigliata Belinda.
“Che uomo misterioso sarei se svelo i miei segreti?” la riprese birbante come un monello, beccandosi un altrettanto infantile sberleffo. Gli occhi di Braccioforte continuarono a guardarlo paternamente e i lineamenti del suo volto erano rilassati; un leggero sorriso gli alzava il profilo delle labbra. “Moros, vorrei dirti una cosa.”  chiarì l’amico in quel momento, nello stesso in cui sentì sulla pelle l’ironico sorriso di Malia che gli gelò le spalle.
“Nasconde nulla o tutto!” intervenne la donna, le mani incrociate sul petto; in risposta alla bambina che la guardò perplessa.
Sentì poggiarsi sulla spalla la mano di Braccioforte che ne difese la correttezza di carattere “E’ più limpido di uno specchio d’acqua!”.
“Forse è l’eroe che cerchi?” pronunciò Belinda, le labbra rovesciate all’esterno, come soffiasse.
 “Non ho bisogno di alcun eroe! E anche se fosse, non sarebbe un moccioso come lui!” sbottò Malia, allungando la mano per arruffargli i capelli. Moros si lasciò tormentare da quella coccola innocente, quasi fosse una sorella maggiore, tanto diversa dalla prorompente e nevrotica donna che aveva conosciuto e che sembrava avercela col mondo.
“Malia, grazie. Ti devo la vita!” l’afferrò al braccio per trattenerla “Sento per certo sia grazie a te!” ammise dal profondo del cuore.
“No! Non c’entro!” gli rispose lei con freddezza. I suoi occhi neri erano mutati come si fosse inacidita “Non mi devi ringraziare…”. Stava per dire qualcosa, ma trattenne quella confessione tra le labbra “Non ho bisogno di ringraziamenti, ma di..”. Tacque.
“Permettimi… Posso fare qualcosa?” continuò tenendola salda.
“Tu, no!” disse mestamente “Non puoi fare niente!” strattonò il braccio lei, liberandosi; del resto lui l’aveva lasciata subito andare.
 “Non volevo. Scusami!” chiarì, notando al braccio una vistosa cicatrice da scottatura. Sperò di non aver stretto troppo, facendole del male.
Un’ustione. Era molto evidente. Una macchia lucida e chiara che tendeva la pelle dell’avambraccio.
Restò imbambolato a fissarla, decisamente indelicato, ma non potè evitarlo: ripensò involontariamente a suo cugino. Si disprezzò. Anche Nicandro si trovava a disagio per le proprie e le celava gelosamente, nonostante lui non vi facesse caso.
Ed ecco la solita Malia!
“Macché scusa e scusa. Non posso fare qualcosa perché mi va? Devo rendere conto a te?” scrollò le spalle, con la vocetta di Belinda “Lo sapevo! L’hai fatta arrabbiare…”.
“Ora ti trasformerà in un rospo!” rise la bambina, come fosse vero.
“Malia dice semplicemente, che è anche merito tuo!” confidò Braccioforte approvando con il capo “Sei stato coraggioso. Avessi urlato, ti avrebbero scoperto!”.
“L’avessero infilzato avrebbe urlato di sicuro!” ipotizzò arrogante Belinda, meritandosi un bonario calcio sul sederino da Malia “Era impossibile!” la zittì e di certo sembrava parlare per cognizione di causa “Altro che panforte e miele… quando verrai nella mia casetta troverai solo della resina appiccicosa da sbocconcellare.” sviolinò Malia alla bambina che rise a crepapelle di quella frase bislacca, che Malia tuttavia aveva concluso con un occhiolino.
Moros si appuntò l’indice addosso “Se è solo merito mio, allora devo dimostrarlo fino in fondo.” sorrise fino però a concludere “Da ora proseguirò solo!”.
“Non posso chiedervi di più!” subito contraddetto da Belinda “Ma viene ora il difficile!”: pure lei lo sapeva.
Eppure né Malia né Braccioforte controbatterono, come fosse giusto così. Non condividevano il suo obbietivo e l’amico non cercava vendetta.
E… era giusto così!
“Ricorda che non hai nulla da offrire a tuo cugino.” fu realistica Malia, puntando sulla materialità dei sentimenti, che tra una coperta di lino e gli sfronzoli di un baldacchino non avrebbero scelto la paglia secca e pungente sopra un pavimento di fango. Non si offrì di dare loro un tetto sopra la testa anche se probabilmente non glielo avrebbe rifiutato.
“Una casa di legno.” intervenne Braccioforte. La voce calma che lo stupì mentre continuava “Un orto.”, precisando meglio “Pieno di erbacce.”.
Moros incredulo di sentirlo dipingere con la voce “Con qualche gallina, se qualcuno non se l’è già mangiate in mia assenza.”; riflettendo fosse molto probabile.
L’amico chiedeva loro di far parte di quel quadro. Per lui, per loro, un posto dove tornare e ricominciare da capo; come se mai una freccia fosse stata scoccata!
   
 
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