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Autore: Flofly    28/01/2022    0 recensioni
*COMPLETA*SEGUITO DE IL CALICE DELLA VITA. Dopo gli eventi del quarto anno Draco, Hermione, Ron, Pansy ed Harry sono costretti a tornare al passato per recuperare uno degli Horcrux di Voldemort e poter finalmente dire addio ad un incubo. Catapultati nell'Hogwarts ai tempi delle sorelle Black e della famiglia Malfoy, si troveranno ad affrontare non solo la pazzia dei neonati Mangiamorte ma anche oscuri segreti di famiglia. Dramione, Lucissa, OOCC. . Attenzione: tematiche delicate, violenza, linguaggio volgare,accenni a maltrattamenti di minori.Cronologia alterata rispetto al CANON: I malandrini frequentano Hogwarts negli stessi anni di Lucius, Narcissa, Andromeda e Bellatrix
Genere: Dark, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Famiglia Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Sorelle Black | Coppie: Draco/Hermione, Lucius/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Da V libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Potentia Par Vis'
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* WARNING:torture, riferimenti ad abusi fisici*

La porta del negozio si aprì lentamente su un interno buio e ricolmo di oggetti dall’aspetto affascinatamente sinistro. Mosse qualche passo incerta, attenta ad ogni minimo dettaglio. Il racconto di Harry quando era finito per sbaglio a Knocturn Alley l’estate del secondo anno era stato piuttosto preciso, doveva ammetterlo Ma c’era una cosa che il suo migliore amico non aveva saputo descrivere, troppo preso dalla concitazione dovuta all’incontro con Draco e suo padre, evidentemente clienti abituali.

O forse non se n’era neanche accorto, ancora troppo innocente per riuscire a percepirlo.

Nonostante sapesse che ogni singolo oggetto presente in quella stanza fosse un distillato di magia oscura era suo malgrado affascinata dal potere che sentiva scorrerle nelle vene.

“E questi non sono neanche i pezzi migliori… specchietti per le allodole nella maggior parte dei casi. Ma non tutti..”- le sussurrò Andromeda all’orecchio, togliendole di mano una scatolina argentata con una serie di rune incise sopra.- “Merlino Granger, ma sei come i bambini? Non toccare niente se non vedi farlo prima a me o a Narcissa”.

“Non siete un po’ troppo a vostro agio voi due qui?”- rispose lanciando uno sguardo eloquente alla futura lady Malfoy che sfogliava un libro dalle pagine ingiallite dal tempo e sicuramente pieni di incantesimi oscuri come se stesse leggendo il Magicpolitan da Madame Rosmerta.

“Signorine Black.. è un piacere vedervi. E avete portato anche una giovane amica.”- un uomo dall’età indefinita era apparso dietro al bancone e le fissava con uno sguardo untuoso come la sua voce.

“Borgis”- rispose Andromeda con un cenno del capo appena accennato- “Mi è dispiaciuto molto leggere del suo socio”

“Una tragedia, non si sa mai chi può entrare da quella porta, Miss Black. Viviamo in tempi pericolosi.”- rispose quello vago, continuando ad osservarle pur cercando di sembrare intento ad impilare una serie di boccette.

Certo, tempi pericolosi. Tempi pericolosi che lui stesso contribuiva a creare con il suo fiorente commercio illegale di manufatti oscuri.

“Ed è per questo che avete pensato di non ripulire la macchia di sangue all’ingresso? Scelta interessante”- si limitò a commentare Narcissa con sufficienza, posando il libro che teneva in mano e sfiorando la copertina degli altri con le mani guantate - “Ha preparato quello che le avevo chiesto?”

L’uomo non rispose limitandosi a chinare il capo in tono reverenziale ma ad Hermione, ora intenta anche lei a guardare uno scaffale ricolmo di volumi scuri bossurati in oro, non sfuggi l’occhiata malevola dietro i lunghi capelli che da troppo tempo non vedevano il tocco del sapone.

“Ma certo Miss Black: eccoli qui, pronti per lei. E anche ll’oggetto speciale che mi ha chiesto. E’ un regalo di fidanzamento per sua sorella?”- disse infine allineando una dopo l’altra le ampolle riccamente decorate. La giovane strega bionda si avvicinò al bancone, prendendo in mano il vaso nel quale le uova rosse brillavano come rubini e soppesandole pensierosa.

Uova di Ashwinder, non c’erano dubbi. E anche da così lontano era certa che le altre fiale contenessero petali di rosa, polvere di luna e peperoncino in polvere.

Narcissa lo degnò di uno sguardo di sufficienza, rimettendo il barattolo sul legno sporco e soffermandosi invece sul pacchetto squadrato, accarezzandolo.

“Beh almeno il tempo che non ha impiegato nella pulizia lo dedica al commercio, meglio di niente”- disse tagliente mentre il mago riponeva tutto quello che le aveva mostrato dentro una scatola che le porse con una delicatezza che non sembrava appartenergli - “E aggiunga al mio conto anche il libro che ha in mano la signorina Granger, laggiù. Sembra che le interessi particolarmente”.

Hermione chiuse il libro di scatto. Dannata donna, anche da adolescente sembrava avere gli occhi anche dietro la testa.

“Granger ha detto? Non mi sembra di aver mai sentito il suo cognome. La sua è una famiglia di maghi?”- la grifondoro sentì lo sguardo malevole di quel viscido uomo su di lei, soppesarla e squadrarla come se solo in quel momento si fosse reso conto della sua presenza.

L’armatura accanto alla porta cadde di colpo in terra, come spazzata da un vento impetuoso, mentre la più giovane delle Black si dirigeva a lunghi passi stizziti verso l’uscita.

“Non dica assurdità. Crede sul serio che delle Black si accosterebbero mai a dei sangue sporco? E la smetta di impicciarsi degli affare degli altri. Sempre che non voglia rischiare di fare la fine del suo socio”- sibilò prima di uscire come una furia nel vicolo buio nonostante fosse pieno giorno.

“Suvvia, non se la prenda. Mia sorella non sopporta la maleducazione. E potrebbe approfittare per dare una spolverata sa? Non le farebbe di certo male”- chiosò Andromeda prendendo Hermione per un braccio e spingendola fuori sospirando.

Uscendo però fece attenzione a far magicamente sbattere la porta tanto da sentire distintamente una serie di tonfi alle sue spalle. Dannato essere inutile, lui e la sua mania di mettere quelle sporche lunghe orecchie ovunque.

“Ma ti rendi conto? Quel miserabile… quel servo… quel… ah non so neanche come definirlo. Insinuare che tu sia una spregevole natababbana. Che assurdità. Quando lo dirò a nostro padre..:”- continuò la bionda furiosa, pronunciando con vero e proprio disgusto quel nome che designava la sua reale condizione di nascita.

Natabbana.

Sanguesporco.

Parassita della società magica.

Hermione fu pervasa da un moto di altrettanta rabbia. Narcissa si sentiva addirittura oltraggiata dalla sola possibilità che i suoi genitori fossero babbani, tanto da perdere il suo tanto decantato sangue freddo. Ed era la stessa donna che l’aveva se non proprio accolta quanto meno tollerata in casa sua solo pochi mesi prima. Forse aveva ragione Draco, forse la loro storia non sarebbe mai potuta venire alla luce. Sapeva bene quanto lui fosse legato a sua madre. Se lei gli avesse chiesto di scegliere, avrebbe avuto la forza di lasciarsi tutto alle spalle? Iniziava a dubitarne fortemente. E non era neanche certa che lei glielo avrebbe mai chiesto.

“Cissy, calmati. Sembri una pazza. E già ci sono abbastanza storie terrificanti sulla nostra famiglia anche senza quella della figlia perfetta che da di matto nel bel mezzo della pubblica via”- cercò di blandirla la sorella- “ Su andiamo a mangiare un calderotto alla zucca e spezie, che ti tira sempre su il morale. Ok? “

“Ma sei matta? Non posso mangiare dolci, hai visto il vestito che devo mettere a giorni?”- replicò quella stizzita- “ Già nostra madre mi ha detto che sto ingrassando e se continuo così dovrà allargare le porte dagli elfi per farmi passare. E le porte di Villa Black sono abbastanza grandi”

“Ma la smetti di dare retta a quella vecchia megera? Merlino, è pazza lo vuoi capire? Pazza! Quello non è grasso, si chiamano fianchi e tette e le donne normalmente hanno entrambe. Oppure no, ma non è quello il problema. E’ lei che ormai non ha più estrogeni ma solo rancore, risentimento e whiskey incendiario nelle vene e vive solo per sputare sentenze.”- sospirò la maggiore prendendole il viso tra le mani e appoggiando la fronte sulla sua come quando erano bambine per farla calmare.

Dannata donna. Chissà perchè non aveva mai provato a dire una cosa del genere a Bellatrix. O a lei. No, doveva sempre prendersela con la più debole delle figlie, quella a cui ancora importava qualcosa di compiacerla.

Ancora una volta la grifondoro si trovò in un’altalena di emozioni. Narcissa era di certo superficiale e vanesia quante altre poche donne avesse mai incontrato in vita sua ma era anche chiusa in una spirale che continuamente la portava a farle credere di non valere niente oltre al suo aspetto. Almeno a quell’età. Guardò il libro che le aveva regalato, senza pensarci due volte. Un libro sui sigilli perduti. Una magia che solitamente non avrebbe mai dovuto essere tra le mani di una brava studentessa di Hogwarts.

“E’ un bel libro sai? L’ho letto quest’estate. Devi stare attenta su alcuni punti ma è molto interessante. Ho preso spunto proprio da quello per il regalo di Lucius”- disse la bionda ormai calma seguendo lo sguardo interdetto della strega davanti a lei. Poi aggiunse con un sorriso malizioso - “Mi raccomando leggi bene la parte sull’interiorizzazione dei sigilli. Sono certa che lo troverai interessante. E anche Draco.

Hermione lo aveva sfogliato. Non era assolutamente magia per principianti. Né per oche svampite.

E le vennero di nuovo in mente gli acquisti fatti poco prima.

“Narcissa, non hai bisogno dell’Amortentia per farlo innamorare. Credimi. E poi quella pozione non riesce a simulare il vero amore. Vuoi davvero vivere una vita di menzogne?”- riuscì a chiedere, prima di formulare in maniera più compiuta la domanda che aveva nella sua testa- “ E tra l’altro, se proprio avessi dovuto scegliere avrei pensato che quella sotto filtro d’amore saresti stata tu”

Le sorelle si scambiarono uno sguardo divertito.

“Pensi sul serio che ricorrerei a questi mezzucci per far innamorare Lucius di me?”- chiese con tono sorpreso e un filo indignato la più giovane.

“Beh hai comprato tutti gli ingredienti per l’amortensia… non è che ci voglia molto a fare due più due”- borbottò Hermione stringendo il libro al petto, infastidita dal fatto che ora Andromeda e Narcissa la guardassero quasi impietosite.

“Beh se avessi voluto solo che si innamorasse di me avrei dovuto dargliela prima no? Hai visto quello che ha fatto a Cassandra.Anche la rottura del fidanzamento ormai è diventata ufficiale.No, mia brillante amica, non voglio solo far innamorare di me Lucius per un giorno, per una settimana o per un anno. Sai qual è l’altra caratteristica dell’Amortentia?”- chiese la bionda con un luccichio divertito nei grandi occhi azzurri, fin troppo simili in quel momento a quelli di Draco.

Hermione si diede mentalmente della stupida. Come aveva fatto a non averci pensato prima? Narcissa Black non si sarebbe mai degnata a stregare qualcuno per un’infatuazione passeggera.Quella donna era davvero una dannata strega, nel senso migliore  e peggiore insieme del termine -” L’odore. Ciascuno sente l’odore di ciò che lo attrae davvero”.

Narcissa annuì finalmente soddisfatta : “Sono lieta di non dover rivedere il mio giudizio su di te. Esatto, farò annusare a Lucius la pozione : così finalmente capirò se sono solo un capriccio passeggero oppure come dice lui l’amore della sua vita”
“E ora che abbiamo chiarito, andiamo a prenderci questo calderotto. E un po’ di quel té al rhum di ribes rosso che abbiamo assaggiato da Madame Rosmerta. Era delizioso e qui fuori si gela.Non sarà troppo complicato farcelo rifare”

Hermione si incamminò dietro le Black, ancora pensierosa, stringendo tra le mani il libro.

C’era una sola cosa su cui lei e Narcissa Black Malfoy sarebbero mai andate d’accordo. Proteggere Draco. Ed era proprio quello che avrebbe fatto con quel libro.

“Narcissa, posso chiederti una cosa?” - chiese quando si fermarono davanti alla sala da the, un attimo prima di entrare.

Il bel viso della ragazza la studiò pensierosa prima di annuire.

“Perchè renderlo così complicato? Se proprio volevi usare la magia non sarebbe bastato del veritaserum?”.- chiese dando voce alla domanda che le aveva ronzato in testa non solo negli ultimi metri ma da quando aveva capito di essere innamorata di Draco e la sua dannata propensione all’occluamzia. Pìù di una volta aveva pensato di rivolgersi alla pozione per entrare nella sua dannata testa.

Narcissa spostò per un attimo lo sguardo dietro di lei, in un punto lontano.

“Perchè ci sono segreti che non è giusto rivelare “- disse a tono appena udibile prima di girarsi e sparire nel locale rumoroso e dal caldo odore di spezie.

Degli armadi da non aprire.

Degli scheletri da non svelare.

Un castello di carte da non toccare per paura che crollasse miseramente, seppellendoli.

Molto Black.

Molto Serpeverde.

Molto, troppo, umano.


 

Rientrando all’attico Draco tirò un sospiro di sollievo. Potter e Weasley erano in giro chissà dove, probabilmente a darsi grosse pacche sulle spalle per la scenetta patetica della mattina. Sembrava esserci solo Pansy, le lunghe gambe nude affusolate appoggiate sul divano mentre Cockey ai suoi piedi le passava lo smalto chiocciando di qualcosa non meglio identificato.

“La Granger?”- chiese senza neanche fermarsi a salutare, lanciando il mantello sulla prima sedia disponibile.

“Tutto bene, grazie, e tu? Come  è andato il giretto di acquisti con tuo padre e i due sfigati?”- rispose ignorando la sua domanda fissandolo preoccupata.

Draco non era mai stato un campione di empatia, ma almeno di solito salutava.Doveva essere successo qualcosa di grave.

“A parte quei due dementi che hanno deciso che fare finta di vestirsi da clown fosse una cosa divertente, bene. E ora per cortesia ti degneresti di dirmi che fine ha fatto Hermione?”- chiese togliendosi nervosamente anche la sciarpa verde e agento e i guanti finemente lavorati che si era portato dietro dal futuro.

Pansy si alzò a guardarlo, lasciando la povera elfa con la boccetta ancora a mezz’aria.

“E’ andata con tua madre e tua zia a Knocturn Alley a comprare il regalo a tuo padre per il compleanno a quanto ho capito. E Draco.. c’è una cosa di cui dobbiamo parlare”.- tentò ma il suo migliore amico era già sparito nella camera che divideva con la grifondoro con lunghe falcate.

“Se devi dirmi che stasera abbiamo un simpatico raduno di mangiamorte in cui ci sarà mio nonno già lo so, grazie”- rispose passandosi nervosamente le mani tra i capelli, tornati al solito biondo siderale non appena varcata la soglia di casa e constatato che non ci fossero estranei in giro.

“No, Draco non è questo. Anche se sono arrivati i nostri vestiti per stasera. Molto simili a quelli del Ballo del Ceppo se devo essere sincera. Ma non è questo il punto. Ti devo parlare della festa di Natale di tuo padre..”- provò nuovamente a catturare la sua attenzione inutilmente, mentre lo guardava cercare freneticamente tra i libri e le cose di Hermione.

“Tanto alcool, tanti purosangue, tanti soldi in donazioni. Niente di nuovo.E noi se Merlino vuole saremmo a venticinque anni di distanza. A partecipare una festa probabilmente identica, ma con meno assassini, essendo tutti o  morti o ad Azkaban. Beh, quasi tutti”- borbottò lanciando in aria i costosi vestiti da purosangue che avevano costretto la Granger a portarsi dietro e che appena aveva la possibilità snobbava a favore di quegli orridi stracci che insisteva a chiamare abbigliamento. Per fortuna che quella mattina glieli aveva fatti sparire, volendo evitare un infarto a Narcissa.

“No, Draco non è questo…”- avanzò sul soffice tappeto, ben attenta a non rovinarsi troppo lo smalto appena messo sui piedi nudi- “Per Salazar Serpeverde, si può sapere cos’hai? Sembri in preda alla Tarantallegra. Cosa diamine stai cercando? Un test di gravidanza?”

Draco crollò sul letto, la testa tra le mani : “La foto della collana e la trascrizione del Canto di Aemergin che ci ha dato Tonks a partire dalla pietra fondante. So che lo ha lei da qualche parte.”- disse levando uno sguardo grigio e spaurito sulla serpeverde. 

Pansy sospirò sedendosi accanto a lui e accarezzandogli piano la spalla, prima di poggiargli sopra il mento , la fronte contro la sua mandibola, come tante volte aveva fatto in passato.

Si fermò con la mano nel punto dove sapeva avere la cicatrice più profonda, sfiorandolo appena con le dita.

“Lord Voldemort ha incarito mio nonno di trovarlo, sappiamo bene il perchè. E Abraxas ha deciso che è colpa di mio padre se non lo trova, quindi se non lo aiuto probabilmente lo torturerà come faceva con me sino al suo ritorno ad Hogwarts. Anzi, probabilmente farà anche di peggio…”- mormorò stringendosi con forza gli avambracci, fino a sentire le unghie penetrare nella carne.

Pansy non disse nulla, continuando a stringerlo a sè mentre osservava il grigio brillante abituale dei suoi occhi farsi sempre più scuro e torbido,segno che ancora una volta stava ritirandosi dentro di sè. Mentalmente maledisse il carattere di Draco, pronto a costruirsi un’armatura per proteggersi dal mondo esterno ma che allo stesso tempo lo teneva prigioniero dei suoi incubi. Si chiese se sarebbe mai riuscito ad andare avanti, a dimenticare,

“Beh pensala così, noi sappiamo che Voldemort in qualche modo ha avuto l’incantesimo e ha costruito l’Horcrux. Almeno così siamo in grado di identificare l’oggetto e distruggerlo, è per questo che siamo venuti qui, no? In un modo o nell’altro probabilmente l’avrebbe comunque e noi ci ritroveremmo senza neanche sapere cosa e quando cercare.”- provò a farlo ragionare. Sapeva però che Draco,sebbene infantile e petulante, non era affatto stupido. A quella conclusione probabilmente ci era già arrivato da solo. Era qualcos’altro che lo frenava, e non solo il fare qualcosa alle spalle della Granger.

Vide la testa bionda annuire appena, prima di mormororare : “Ma è con il Canto di Aemergin che è iniziato tutto lo scorso anno. Il piano di Abraxas, la coppa tre maghi, il rituale per la rinascita dell’Oscuro Signore. E’ colpa mia se Cedric Diggory morirà  tra vent’anni. E’ colpa mia se Voldemort tornerà in vita. Quel pazzo di Abraxas deve aver ripensato a qualche conversazione avuta con Lord Voldemort per qualche motivo ed unito i pezzi”

La ragazza avvicinò la fronte alla sua e lo strinse a sé, fissandolo con gli occhi neri brillanti.

Era stato un anno difficile per tutti, ma non gli avrebbe permesso di mollare.

Nonostante quello che pensava la maggior parte di Hogwarts lei non era una sciacquetta superficiale che pensava solo a trucchi e ragazzi.

Era una guerriera, Non con l’armatura splendente di Potter, ma decisamente non era una che avrebbe mai più accettato che qualcuno decisse per lei.

Quella sera di inizio estate aveva cambiato le loro vite,un’ordalia dolorosa ma necessaria.

“Sarai tu a dare a tuo nonno il motivo per  ucciderti nella maniera più dolorosa che riuscirà a pensare. Ma sopravviverai. Sopravviveremo. Cassandra morirà. Mio padre morirà. Abraxas,Carrow… tutti loro smetteranno per sempre di essere un problema. Puoi farcela Draco,sarà terribile ma non hai altra scelta.”

Il ragazzo rimase ancora un attimo stretto all’amica, respirandone il profumo famigliare. Quante vole era finito nel suo letto a farsi consolare, incapace di spiegare a parole l’inferno che stava vivendo. E Pansy lo aveva sempre accolto senza fare domande limitandosi a scrutarlo e ad offrirgli il calore di cui aveva bisogno.

Molti pensavano che le donne fossero il sesso debole. Stronzate. Pansy, Hermione, Andromeda… sua madre…  tutte le donne della sua vita si erano sempre dimostrate granitiche, pronte a qualsiasi cosa pur di raggiungere i loro obiettivi e proteggere chi amavano.

Sua madre aveva tradito il signore oscuro senza pensarci due volte.

Pansy aveva ucciso suo padre.

Andromeda per vent’anni non aveva avuto contatti con la sua famiglia pur di stare con la persona che amava.

Ed Hermione, la sua natababbana, era impossibile persino iniziare ad elencare tutte le volte che era stata più forte di lui.

Stava diventando sentimentale, decisamente doveva riprendersi. Respirò più a fondo cercando di calmarsi.

“Pansy, ma hai cambiato profumo?”- chiese sbalordito per non esserne reso conto prima.

La serpeverde si alzò sbuffando rifilandogli un pizzico sul braccio.

“Signori e Signore, Draco Malfoy e i suoi commenti inutili sono tornati tra noi. E ora muovi il culo, prima che torni la tua amata Granger e ci trovi qui a rovistare tra le sue cose. Per Salazar Serpeverde, credo che sarebbe meglio se ci trovasse a fare sesso”- sbuffò prima di inizare a lanciare incantesimi di richiamo in giro per la stanza.

Il biondo rimase perplesso un attimo a guardarla. Poi si rese conto che aveva assolutamente ragione.

Non c’era tempo da perdere. Dovevano trovare la foto, copiarla e rimettere tutto esattamente come prima.

Una grifondoro guerrafondaia e irritata da un pomeriggio di shopping non era esattemente un soggetto da far arrabbiare alla leggera.

Soprattutto non una che sembrava aver scoperto una strana attrazione per la magia oscura.



 

 

La passaporta era esattamente dove suo padre aveva indicato, il decimo lampione della fila a sinistra partendo dall’angolo con il Ghirigoro, quello con la luce leggermente più fioca degli altri.

Certo, qualcuno si sarebbe potuto insospettire vedendoli vagare per Diagon Alley vestiti di tutto punto, lui in smoking e Pansy con uno splendido vestito nero di seta che le scivolava lungo il corpo. Ma avrebbero pensato a due giovani rampolli che andavano ad uno dei balli di Natale dell’alta società. E in fondo lo erano.

Due purosangue cresciuti nell’agio e nella richezza, che appena raggiunt un’eta adeguata avevano partecipato a decine di eventi simili, rifuggiandosi poi con gli altri compagni in qualche stanza delle immense ville che li ospitavano, rubando alcol agli elfi domestici quando ancora non capivano cosa ci fosse di buono in quel liquido che bruciava la gola e lasciva la bocca impastata. Stanze scure, nascosti nell’ombra, i primi baci e qualcosa di più, le risate lontane e false degli adulti nel salone principale che arrivavano solo come un’eco lontana attraverso i labirinti di stanze sempre uguali e semper diverse.

C’erano passati tutti. Ma alla fine nessuno aveva mai capito se fosse un bel ricordo.

Ma loro sapevano che quella sera sarebbe stato diverso.

Misero sul volto le maschere, l’ultimo tassello, cercando di lasciare li, in quel vicolo, la loro vera natura, quella che avevano iniziato ad accettare solo nel corso dell’ultimo anno.

La passaporta non solo li avrebbe portati in un posto sconosciuto in cui mai avrebbero potuto pensare di andare.

Li avrebbe portati indietro.

A quando pensavano che quello sarebbe stato il loro destino.

Sperando domani di riuscire ancora a guardarsi negli occhi di coloro che  amavano.

Un tocco e il rassicurante scenario della Londra dei Maghi sparì alle loro spalle.

Ancora frastronarti si trovarono immersi in una babele di luci al neon, passanti frettolosi di tornare a casa, cose che sfrecciavano producendo un rumore insopportabile e appestando l’aria di miasmi.

Draco aveva visto ben poco del mondo babbano durante il suo breve soggiorno, sgattaiolando il più velocemente possibile verso la casa che Blaise gli aveva messo a disposizione. Ma se quei pochi chilometri che aveva percorso in un pomeriggio d’estate, complice l’eccitazione di essere fuggito da casa, gli erano sembrati allucinanti non erano niente in confronto all’inferno in cui si trovava. Veramente la Granger era cresciuta in mezzo a tutto quel caos? E non era finita al San Mungo?

Una presa salda sulla spalla lo spinse all’indietro, evitando per un soffio che finisse sotto una di quelle scatolette di latta rumorose che gli sfrecciavano vicino.

“Attenti a quei cosi, ragazzi. Anche senza magia possono fare più male del migliore degli Schiantesimi”- disse una voce conosciuta dietro di loro. Draco e Pansy si girarono di scatto, sentendosi un minimo sollevati. Anche se con il volto coperto era impossibile non riconoscere in quelle due figure eleganti Nicholas e Arael Malfoy.

“Dov’è mio padre?”- chiese Draco toccando senza pensarci il foglio piegato che nascondeva nell’interno della giacca.

“Cos’è prima non volevi starci neanche a un metro di distanza e ora non vedi l’ora di vederlo. Incoerente e viziato come lui non c’è che dire”- rise sua zia, sebbene fosse chiaro dal tono di voce che non trovava niente di divertente in quella situazione. Anche lei sapeva bene che un invito del genere non preannunciava di certo una serata piacevole. Poi aggiunse a voce bassissima che non riusciva a nascondere la preoccupazione- “Spero arrivi presto, oggi Abraxas non era per niente di buon umore e Salazar voglia che abbia ricevuto il mio messaggio e non sia rientrato al maniero dopo i vostri giri. Aveva detto che sarebbe andato dai Lestrange, dovrebbe essere qui a momenti”

“Devo dargli una cosa”- borbottò Draco scrutando tra la folla alla ricerca della sagoma famigliare di suo padre, il nodo che sentiva allo stomaco che diventava sempre più stretto.

“Il canto di Aemergin”- chiarì invece Pansy con noncuranza maledicendo la maschera che non le permetteva di fare l’unica cosa che aveva voglia di fare in quel momento per togliersi quell’odore di babbani di dosso, ovvero fumare una bella sigaretta rilassante.
“Pansy”- mozzicò il serpeverde lanciando un’occhiata velenosa all’amica, ben conscio che non riuscisse a vederlo.

“Ah, si scusa, in teoria è un segreto. Ciò Voldemort l’ha chiesto ad Abraxas e lui se la sta prendendo con Lucius.”- continuò imperterrita incurante della mano che la strattonava - “E sta un po’ buono, su, che mi sciupi il vestito”

“Il cervello ti sciupo, altro che il vestito. Ti avevo detto che avevo promesso di non dirlo a nessuno”- sibilò

“E hai mantenuto la promessa quanto? Dieci minuti? E poi tu intendevi di non dirlo alla Granger. Visto che glielo abbiamo praticamente rubato, concordo con la tua politica.”- chiosò sfilandogli il pezzo di pergamena e passandolo a Nicholas che lo prese dubbioso.

“No, intendevo proprio a nessuno. E nessuno include la Granger ovviamente, cosa c’è di difficile da capire?”

“E’ quello della collana, vero? E della pietra… siamo sicuri? Ti rendi conto che se è stato anche minimamente modificato Voldemort se ne accorgerà e Lucius farà una fine molto molto brutta? E anche tu di conseguenza”- Nicholas cercava di mantenere una voce calma, ma la preoccupazione traspariva nelle vocali appena più tremolanti del solito.

“Credi sul serio che potrei mandare mio padre a farsi torturare a morte? Prima che io nasca soprattutto?”.- chiese Draco con voce petulante e sdegnata non potendo ottenere risposta perchè come se fosse stato  richiamato Lucius apparve poco distante da loro, esattamente in mezzo alla strada. Fece appena in tempo a lanciarsi sul marciapiede.

“Dannati sanguesporco…”- imprecò prima di chinarsi a dare un bacio alla sorella prima di darle il braccio- “Entriamo? Lord Voldemort arriverà tra poco, ha detto di mischiarci a questi… non so bene neanche come definirli. Ballo in maschera, che idiozia eh?”

“Iniziare cosa?”- non poté fare a meno di chiedere Pansy, pentendosi appena sentì le parole risuonare nell’aria.

Lucius la guardò perplesso, prima di mettersi la maschera sorridendo.

“Una carneficina, ovviamente. Vedrai sarà divertente. Non si accorgeranno nemmeno di cosa stia accadendo. Lo abbiamo fatto con Bella qualche mese fa ed è andata alla grande”- rispose con noncuranza.- “Ma questo sarà tutto un altro livello”

La strage del paesino vicino alla Tana, quello del ritaglio di giornale.

Non si sbagliavano, erano stati loro.

E tra poche ore avrebbero saputo cosa si provava.


 

Lord Voldemort camminava lento tra i corpi, calpestando appena con la lunga veste le pozze di liquido denso e appiccoso che insozzavano il pavimento di marmo lucente. Era iniziata così, con il suo arrivo solenne nella grande sala dalla finiture dorate e il soffitto dipinto come la volta celeste. Aveva sorriso Lord Voldemort, come se stesse guardando uno spettacolo piacevole, poi con un gesto la porta alle sue spalle si era chiusa di colpo, lasciando fuori il mondo esterno, tagliando ogni via di fuga e ogni urlo che sarebbe venuto.

Al suo ingresso tutti loro si erano fermati, immobili ad attendere ordine. Draco strinse con la mano destra la vita di Pansy, l’altra bloccata in una giravolta che non avrebbe mai avuto luogo completamente. L’abbassò piano, in modo che ora la ragazza gli desse le spalle, le braccia incrociate,la nuca vicina alla sua bocca.

“Ricorda chi siamo”- mormorò appena sfiorandole l’orecchio come per darle un bacio, pregando che nessuno capisse il vero messaggio dietro quelle parole. Sentiva lo sguardo di suo nonno in fondo alla sala penetrargli nella carne e nel cervello come se fosse di nuovo con lui, nel castello delle Ebridi, lontano da chiunque potesse aiutarlo e in balia della sua follia. E poi lo aveva percepito ancora prima di vederlo, la bacchetta che usciva fuori dal mantello come un serpente pronto a colpire. E una coppia proprio dietro di loro era caduta in terra, stringendosi le mani alla gola, incapaci di respirare.

Sapeva benissimo come ci si sentiva ma in quel momento non riusciva neanche a provare compassione o empatia. Solo la voglia di prendere la porta e andare il più lontano possibile da li.

Avevano un piano, certo. Ma se non avesse funzionato? E poi sapevano benissimo che il loro era solo un palliativo, un tentativo di salvarne almeno qualcuno. O almeno di non ucciderli loro stessi. Ma la maggior parte dei babbani in quella stanza non avrebbero visto l’alba del giorno seguente.

Bombarda, schiantesimo, farli rimanere sotto delle macerie il tempo sufficiente a stordirli per poi passare al confundus affinchè non avessero mai memoria di quella serata. Qualche taglio superficiale per simulare cadute mortali, pregando Merlino che nella confusione nessuno se ne accorgesse.

I partecipanti avevano provato a scappare, ammassandosi terrificati alla porta imbottita che resisteva a tutti i loro tentativi.

E oltre le urla, oltre i pianti, le suppliche l’unica cosa che davvero riuscivano a sentire erano le risate. 

Quella folle di Rabastan, ormai immerso fino ai gomiti nel ventre squarciato della malcapitata con cui aveva ballato. Quelle oscene di Dolohov e Yaxley che si rimballavano una coppia a suon di cruciatus. E poi Rodolphus che sembrava solo sinceramente divertito quando un uomo che avrebbe potuto essere suo nonno si gettò ai suoi piedi implorando per aver salva la vita. Bellatrix che correva per la stanza emettendo gridolini come una bambina che giocava a mosca cieca, costringendo a suon di frusta magica due giovani donne a correrle davanti.

Ma ce n’era una, una su tutti che sentiva come se fosse ancora accanto a lui, a bisbigliargli quanto si sarebbero divertiti. 

Cassandra.

Sectusempra

I ragazzi davanti crollarono in terra, il corpo scosso dal dolore di una lama implacabile su tutto il corpo, la pozza di liquido scuro che si allargava sempre di più-

La sentì sorridere anche senza vederla, sapendo bene come si arricciavano le sue labbra quasi a voler mangiare quelle grida, a nutrirsi di quella disperazione.

“Ho visto gli appunti di quel ragazzino del primo anno,Piton. L’ho solo migliorata un po’ ma non c’è che dire, per essere un mezzosangue ha davvero stoffa. Cos’è tesoro non vuoi provare? E’ divertente sai? Potrei andare avanti per ore”- bisbigliò con voce dolce.

Draco sentì la nausea risalirgli acida in gola. Per quei due non ci sarebbe mai stata speranza di salvarsi.

Li avrebbe lasciati soffrire il più possibile, ridendo quando l’avrebbero pregata di mettere fine alle loro sofferenze.

Poteva provare a salvarli, un piano suicida non solo per loro ma per l’intero futuro che erano venuti a cercare di salvare.

Oppure…

Avada Kedavra.

Un lampo verde e le urla cessarono.

L’aveva fatto alla fine. Aveva ucciso due babbani.

il perché non aveva importanza


“Miei cari, mi avete reso molto fiero di voi”- la mano fredda come quella di un cadavere di Lord Voldemort sulla nuca lo riportò violentemente alla realtà Si gurdò intorno reprimendo l’istinto di vomitare. L’odore del sangue e della paura gli aveva impregnato le narici, lo sentiva viscido ed appiccoso addosso e sapeva che avrebbe continuato tormentarlo per molto tempo, nei suoi incubi.

Perchè sarebbero tornati e questa volta non sarebbe stato solo lui ad urlare e  contorcersi dal dolore. Avrebbe di certo rivisto gli occhi velati dalla sofferenza di quei due poveri babbani che aveva appena ucciso.

Anche Pansy era scossa, nonostante cercasse come al solito di mantenere il suo aspetto impeccabile ed indifferente. Uccidere suo padre e Carrow che l’avevano terrorizzata per anni era stata una legittima difesa.Ma quelle persone… quelle persone non avevano altra colpa che aver deciso di partecipare ad un ballo in maschera e giocare con la magia.

Era quello il pretesto che Lord Voldemort aveva utilizzato, come se ce ne fosse bisogno.

Babbani che utilizzavao simboli antichi senza sapere cosa significassero, furti di un mago traditore del sangue che aveva deciso di sfidare lo statuto di segretezza e rifugiarsi nel mondo magico. Per alcuni di loro era un mago, per altri un demone, per altri ancora un buffone sacro.

Per la società dei maghi purosangue era solo uno sporco traditore, da estirpare insieme a tutti quelli che lo avevano seguito.

“Sono molto fiero di voi, di tutti voi”- disse il Signore Oscuro con voce dolce, il tono che iniziava ad assomigliare sempre più ad un sussurro sibilante carico di veleno eppure al tempo stesso così dolce- “E abbiamo due ottimi motivi per festeggiare”

Si aggirava con calma tra i copri, squadrando tutti i presenti e togliendo la maschera a ciascuno di loro,che immediatamente dopo cadevano in ginocchio ai loro piedi.

Sorrideva soddisfatto, inebriandosi all’idea non solo di essere stato l’artefice di tutto quello, ma anche dell’assoluta e cieca fedeltà che quel gruppo di rampolli viziati gli tributavano.

Erano li per lui. Avevano ucciso, sventrato, torturato. Tutto per lui

E avevano scoperto quanto lo amassero.

All’inizio era stato preoccupato per quei due ragazzi nuovi, nonostante le rassicurazioni di Bellatrix e Lucius. C’era qualcosa di strano in quei due. E poi gli strani racconti di Cassandra.

E invece, erano come tutti gli altri. Ragazzini viziati che pendevano dalle sue labbra. 

Anche se se ne fossero andati sarebbe stato solo un avamposto del suo potere in un altro paese. Un esercito senza frontiere.

“Festeggiamo per questa notte, questo sangue sporco finalmente versato per ripagare il torto che ci è stato fatto. Ci hanno relegato, cacciato , ucciso e torturato nei secoli. Solo per paura, perchè sapevano di essere inferiori a noi, indegni di vivere. Ma poi hanno preteso di giocare ai maghi, di carpire i nostri segreti quando la loro stessa esistenza è un insulto a tutto ciò che noi rappresentiamo  Ma questa notte, oh questa notte amici miei, inizierà a mostrare loro che non ci sarà un solo posto al mondo in cui potranno dirsi al sicuro. Sarà un processo lento ma inesorabile. Non sapranno mai quando la morte arriverà su di loro”- continuò soddisfatto, accettando con un sorriso benevolo le urla di giubilo ed approvazione che provenivano da quelli che ormai erano assassini conclamanti.

Pansy teneva lo sguardo dritto davanti a sé, evitando di sfiorare anche solo con lo sguardo quello di Draco o quello dei gemelli Malfoy. Non riusciva a distogliere l’attenzione dalla macchia maleodorante e vischiosa accanto a lei. Il sangue prima vivido e fluido che diventava sempre più scuro e denso era tutto ciò a cui riusciva a pensare.

Aveva sempre guardato a sé stessa come una giovane donna intelligente e razionale. Pragmatica. Quando aveva ucciso non era rimasta li a guardare cosa accadeva dopo. Era scappata via con i Malfoy, troppo preoccupata per Draco. E ora era li, bloccata, con il terrore anche solo di sbattere le palpebre e sentire il muro di cristallo che aveva costruito dentro di sé crollare in mille pezzi

Lord Voldemort passò incurante su quella chiazza, quella che al momento era tutta la sua vita. La superficie lucida ormai rovinata, impronte disgustose che spezzavano l’incantesimo.

“E poi grazie al nostro caro Abraxas abbiamo un motivo in più per gioire. Questa sera ragazzi miei avete dato prova di essere degni dell’onore che sto per farvi”- si era fermato al centro della sala, tirando fuori dalla tasca del mantello una pietra verde lucente.

La pietra, La pietra della collana. Non c’erano dubbi. Almeno in quello ce l’avevano fatta.

Ma perchè la stava tirando fuori proprio ora.

“Lucius vieni qui per favore.Nonostante non ti siano stati riconosciuti i meriti che ti spettano so bene  che sei stato tu a dare il canto di Aemergin a tuo padre. Non avevo dubbi, mio giovane amico, sapevo di potermi fidare di te. Vieni sarai il primo”- disse con un tono dolce che non raggiungeva gi occhi gelidi come quelli di un serpente.

Draco sentì suo nonno dietro di lui fremere di rabbia mentre il ragazzo si irrigidiva ancora di più incapace di decidere se ringraziare Lord Voldemort o provare a schernirsi. In entrambi i casi sapeva bene che sarebbe stata la cosa sbagliata.

“D’altronde sei il degno figlio di tuo padre. Tutti voi, non ho mai avuto dubbi che la famiglia Malfoy fosse e sempre sarà una delle mie alleate principali. Non è vero Abraxas? Non sono stati bravi i tuoi figli in queste settimane? Ne abbiamo parlato, ricordi? “

Abraxas annuì, digrignando i denti. Aveva promesso a Lord Voldemort che non avrebbe toccato i ragazzi, ma in quel momento era divorato dalla voglia di rompere la sua promessa.

Il figlio minore, soprattutto, non solo aveva rovinato tutto con Cassandra, ma ora aveva avuto anche il coraggio di derubarlo dell’onore pubblico che gli spettava di diritto.

Ah ma prima o poi Lord Voldemort avrebbe dimenticato quella promessa…e quei tre l’avrebbero pagata con tutti gli interessi. Già poteva sentire il rumore famigliare e rassicurante delle ossa che si spezzavano. Il sangue del proprio sangue davvero aveva un odore diverso, ancora più inebriante.

Lucius ora era accanto a Lord Voldemort, il braccio destro scoperto.

“Mi sarai fedele Lucius? Sei pronto a donarmi la tua vita per raggiungere uno scopo più grande?”- chiese Lord Voldemort avvicinando la bacchetta alla pelle candida- “Arriverai ogni volta che ti chiamerò?"

Lucius, non vuoi che il tuo Signore recuperi le sue forze? Non vuoi essere il mio braccio destro nel nuovo mondo? un ricordo sepolto nella mente annebbiata dal veleno e dal dolore ritornò come un pugnale affilato a trafiggere Draco. Così come mesi fa ora suo padre era davanti a Voldemort, pronto a servirlo. A fare qualsiasi cosa per lui.

Il biondo annuì, fremendo di eccitazione. Poi Lord Voldemort dolcemente ma implacabilmente mormorò qualcosa che non riuscirono a comprendere, la bacchetta puntata contro la pelle del giovane dal quale iniziavano a cadere rivoli di sangue misto ad un liquido nero e il volto del ragazzo divenne una smorfia di muto dolore, i brividi che scuotevano tutto il corpo. Quando finalmente il supplizio finì il signore Oscuro sorriso nuovamente soddisfatto, spostando il flusso di energia dall’avambraccio martoriato alla pietra verde davanti a lui che brillava quasi ingorda del dolore che pervadeva l’aria. Ora sulla pelle color alabastro spiccava un tatuaggio nero, un serpente sinuoso e letale che usciva da un teschio dalle fauci spalancate.

Uno dopo l’altro, tutti i presenti furono sottoposti a quel supplizio, stranamente eccitati e impazienti. Draco si chiese appena cosa provassero  i suoi zii, che sembravano sempre camminare sul filo del rasoio. Davvero non riusciva a comprendere se fossero li solo per non essesre uccisi dal padre o perchè credevano nella causa. E si chiese se davvero avesse signigicato?

Bellatrix invece batteva i piedi impaziente, incredula nel non essere stata la prima. Lord Voldemort le si avvicinò facendole appena una carezza : “Sarai l’ultima , mia piccola stella. Il mio sigillo più importante. E poi ho un’altra sorpresa per te mia cara… ma dovrai aspettare qualche giorno. Puoi farlo per me, mia brillante e devota allieva?” la blandì, ricevendone in cambio uno sguardo di pura adorazione.

Poi arrivò davanti a Draco e Pansy, soppesandoli.

“E voi, volete far parte della mia famiglia?”

La famiglia. Che ironia della sorte.

Pansy sorrise enigmatica chinando il capo e togliendosi il lungo guanto di velluto nero , prima di porgere il braccio all’oscuro Signore che lo accettò con grazia.

Infine, Draco.

Il suo destino alla fine si compiva sul serio. Il marchio nero che suo nonno gli rrimproverava sempre di non avere. Suo padre che lo guardava con quello che sembrava quasi uno sguardo d’orgoglio.

Aveva capito che avrebbe fatto male.

Era pronto al dolore fisico.

Ci era abituato

Quello che non si aspettava era il dolore mentale.

Quello dei ricordi sepolti. Di una notte d’inverno di quando aveva cinque anni e aveva scoperto cosa fosse il terrore.

Per un attimo gli sembrò che il tempo si dilatasse. Era sanguinante sul tapetto dello studio di suo padre, con le ossa fratturate nella casa di Hogsmeade, incapace di respirare nelle Ebridi, terrorizzato nelle stanze private di Cassandra.

Di sottofondo gli altri iniziarono a recitare il canto, quel canto che aveva conosciuto fin troppo bene solo qualche mese prima.

 

I am the womb: of every holt,

I am the blaze: on every hill,

I am the queen: of every hive,

I am the shield: for every head,

I am the tomb: of every hope

 

Ed era vero.

Al contrario del bambino sopravvissuto per lui non c’era davvero più speranza dopo quella sera,

Né possibilità di perdono.

   
 
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