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Autore: Demy77    30/01/2022    3 recensioni
Cornovaglia, 1783. Dopo aver combattuto per l’esercito inglese durante la guerra di indipendenza americana Ross Poldark ritorna in patria e convola a giuste nozze con il suo grande amore, la bellissima Elizabeth Chynoweth, che lo ha atteso trepidante per tre lunghi anni.
Due giovani innamorati, una vita da costruire insieme, un sogno che sembra realizzarsi: ma basterà per trovare la felicità?
In questa ff voglio provare ad immaginare come sarebbe stata la saga di Poldark se le cose fossero andate dall’inizio secondo i piani di Ross.
Avvertimento: alcuni personaggi saranno OOC rispetto alla serie tv e ai libri.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Cornovaglia, 14 luglio 1789
Dopo l’ultimo cambio di cavalli effettuato alla stazione di posta la diligenza proveniente da Londra procedeva spedita in direzione di Truro. A bordo, due dei tre passeggeri presenti discutevano animatamente.
“Vi ripeto che dalla Francia stanno giungendo notizie molto allarmanti. Ho un informatore in loco che mi invia settimanalmente dei dispacci. Il popolo è in fermento, Re Luigi XVI non è stato in grado di gestire la faccenda dell’assemblea nazionale, truppe straniere circondano Parigi. Ricorderete bene che la regina Maria Antonietta è un’austriaca. Se il popolo riuscisse ad avere la meglio, pensate che le altre monarchie europee starebbero a guardare? Come pensa Pitt di regolarsi in proposito?”
Ross guardò Lord Falmouth spazientito. Il nobile, accompagnato dal suo fedele segretario – un uomo basso e pelato, dall’aspetto simile ad un topo, che parlava solo se direttamente interrogato – aveva soggiornato a Londra proprio in concomitanza con la chiusura dei lavori parlamentari prima della pausa estiva e non aveva trovato di meglio che accompagnare durante il viaggio di ritorno in Cornovaglia il “suo” candidato, quello che circa otto mesi prima era riuscito a far eleggere a Westminster, in modo da essere informato sulle ultime questioni discusse in assemblea.
“Cosa volete che vi dica? In questi mesi il Primo Ministro ha avuto altre questioni da affrontare: la malattia di sua maestà, le tasse, le colonie, la questione della schiavitù… in Parlamento di politica estera si è discusso ben poco. In ogni caso sono persuaso che Pitt cercherà strenuamente di tenersi fuori dal conflitto francese, finché gli sarà possibile.”
“Magari, magari! – esclamò il lord – certi aneliti di libertà sono sempre pericolosi….non vorrei che il contagio riformista si estendesse anche da noi”.
Ross sospirò. “Se non ve ne siete accorto, milord, la nostra è una monarchia costituzionale già da diversi secoli. La storia inglese è ben diversa da quella dei nostri vicini oltre Manica e non credo che il nostro beneamato re Giorgio, a differenza di Luigi XVI, rischi a breve di perdere trono e collo!”
Lord Falmouth bofonchiò qualcosa a proposito del fatto che non vi erano proprio i presupposti per scherzare e continuò nelle sue interminabili disquisizioni sull’utilità delle leggi portate all’esame del Parlamento, esponendo a suo avviso quali, a settembre, avrebbero dovuto assolutamente essere approvate e quali no.
Ad un tratto Ross tirò fuori il braccio dal finestrino, battè con forza sulla parete della diligenza e subito il cocchiere tirò al petto le redini, l’andatura dei cavalli rallentò, finchè il veicolo si fermò completamente.
“Ma cosa fate, Poldark?”
“Siamo al bivio per Sawle, eccellenza. Io sono arrivato” – rispose il giovane bruno, caricandosi sulla spalla la sacca da viaggio e preparandosi alla discesa.
“Ma non abbiamo finito il nostro discorso!” – si lamentò Falmouth, mentre l’ometto simile ad un topo fissava alternativamente l’uno e l’altro, chiedendosi chi l’avrebbe spuntata in quella disputa.
“Sono dolente, milord, verrò a trovarvi a palazzo uno di questi giorni. Sono tre mesi che non vedo mia moglie e sta per compiersi per lei il tempo del parto. Appena la situazione in famiglia si sarà assestata mi dedicherò con piacere alle vostre questioni politiche. Poi l’avete detto voi stesso: la situazione in Francia è in continua evoluzione, sarà dunque preferibile vederci quando il quadro sarà più chiaro. Buona serata anche a voi, Rogers!” – disse Ross ormai sceso dalla diligenza, agitando la mano in aria in segno di saluto.
Falmouth e Rogers lo guardarono togliersi la giacca, scorciarsi le maniche della camicia e poi andare via di buon passo, con la sacca in spalla e la giacca annodata alla vita. Mentre la diligenza riprendeva il suo cammino, Rogers soffocò un risolino: non era comune vedere qualcuno in grado di contraddire il suo padrone.
Lord Falmouth, però, non pareva per nulla contrariato.
“Era tutto calcolato, Rogers. Sapevo bene di che pasta fosse fatto Poldark quando gli ho servito il seggio di Westminster su di un piatto d’argento. Non vi era assolutamente nulla di urgente di cui discutere oggi. Volevo mettere alla prova il suo temperamento e, come avete visto, le sue doti diplomatiche stanno nettamente migliorando rispetto agli inizi. Mi ha dato il ben servito con eleganza, avete visto? Con il contentino di una promessa di vederci presto, ha messo bene in chiaro quali sono le sue priorità… ed anche questa è una dote in politica, sapete? Ah, Rogers, quel Poldark mi piace sempre di più….è il figlio che non ho mai avuto! Domani mattina ricordatemi di passare dal gioielliere. Voglio fare un dono al suo erede in arrivo!”
Ross intanto proseguiva a piedi in direzione di Nampara. I sentieri arsi dal sole, i prati fioriti, la immancabile brezza proveniente dalle scogliere, odori, colori e suoni, tutto lo faceva sentire a casa… Londra era movimentata, rumorosa, inebriante, ma l’unico posto dove poteva essere veramente se stesso era fra le mura di quella piccola tenuta a due piani che suo padre aveva costruito per la sua adorata Grace e dove ora, molti anni dopo, era tornata ad abitare una coppia unita da un sentimento forte e profondo.
Trascorsi due mesi dal matrimonio, quasi in concomitanza delle elezioni, Demelza era rimasta incinta e così i progetti di trasferirsi insieme a Londra erano durati ben poco. Ross si sentiva più tranquillo nel saperla a Nampara, con Dwight che poteva seguirla nella gravidanza, e così Demelza lo aveva accompagnato a Londra soltanto per l’insediamento ufficiale a Westminster e dopo un paio di settimane era tornata in Cornovaglia. Ross era riuscito a ritagliarsi tutti i momenti di pausa possibile dalle sedute parlamentari e così, almeno ogni due mesi, era riuscito a tornare a Nampara; negli ultimi tempi tuttavia la politica lo aveva trattenuto a Londra e così mancava da casa da metà aprile. Si sentiva molto in colpa per non essere stato accanto a sua moglie durante la gravidanza. In verità si scrivevano tutte le settimane e Demelza non faceva che rassicurarlo sul suo stato di salute, tuttavia una vocina interiore tormentava Ross impedendogli di vivere con totale serenità quella fase della sua vita.
Appena la sagoma di Nampara giunse alla sua portata Ross cominciò a udire delle voci infantili e quando fu più vicino alla casa notò due testoline, una riccia e bruna e l’altra più liscia e bionda, che si rincorrevano nel cortile con il buon vecchio Garrick, il cane di Demelza. Fu Valentine il primo a scorgere suo padre al di là del muretto di cinta e gli corse incontro gridando “papà!”, subito imitato da Julia. Ross, inginocchiatosi, abbracciò i due figli, carezzò la bestiola che gli strofinava il muso sui calzoni e chiese ai bambini dove fosse Demelza.
“La mamma è di sopra, con lo zio Dwight e Prudie” – rispose Valentine con semplicità.
Ross  ebbe un fremito, ma cercò di non darlo a vedere. “Con lo zio Dwight… Ma perché, la mamma non sta bene?”
“Sì, credo di sì – replicò il bambino – ci hanno solo detto di stare a giocare qui , che non si poteva entrare in casa, che ci avrebbero chiamato loro quando potevamo tornare…”
“E vi hanno mandato qui tutti e due da soli?”
“Non siamo da soli. C’è anche Jud.” – rispose Julia, indicando con il dito un angolo poco distante del cortile, dove, seduto sopra una sedia di vimini, il servo dai capelli color paglia ronfava sonoramente.
In due balzi Ross fu da Jud, gli diede una strattonata e lo sollevò in piedi tirandolo per il bavero della camicia. Il servo si riscosse dal torpore, sgranò gli occhi e volse la faccia rubiconda verso il padrone.
“Ah, siete voi, padron Ross, ben tornato…. Non pensavo sareste arrivato proprio oggi!”
“Lo vedo bene… Che diavolo sta succedendo? – sussurrò per non allarmare i bambini – e perché ti sei addormentato lasciandoli soli all’aperto, incosciente?”
“Ma, niente… vostra moglie ha le doglie e sono andato di corsa a Killewarren a chiamare il dottor Enys... stamattina invece ho falciato tutto il fieno insieme a Jim… un pover’uomo non può avere nemmeno un cedimento, dopo non essersi riposato un attimo tutto il giorno? I bambini sono abituati a stare in cortile, e poi c’era Garrick a fare buona guardia.”
Ross era troppo preoccupato per Demelza per strigliare Jud come meritava. Gli sembrava troppo presto per le doglie, e domandò al servo da quanto tempo fossero di sopra.
“Sarà stato poco dopo pranzo…“ – rifletté il servo grattandosi la testa.
“Ma se è quasi il crepuscolo! – esclamò Ross –tutto questo tempo, buon Dio?” e senza attendere una risposta si precipitò al piano di sopra, raccomandando a Jud, se gli era cara la pelle, di intrattenere i bambini.
Proprio mentre stava per franare contro la maniglia della porta Dwight la aprì,  precedendolo.
“Ross, amico mio, sei tornato! Che gioia vederti!” – esclamò il medico abbracciandolo con trasporto.
“Come sta Demelza?” – chiese Ross senza perdersi in convenevoli.
“Tutto bene, sta riposando. È stato un parto abbastanza faticoso, per il momento direi di non affaticarla – disse Dwight, mostrando a Ross la testa ramata di sua moglie adagiata serenamente tra i guanciali – caro mio, sei di nuovo papà! Sei arrivato con perfetto tempismo, direi!”
Ross si affacciò con cautela posando un piede dopo l’altro nella camera da letto, immersa nel silenzio. Prudie era accanto al letto e ripiegava dei teli bianchi.
Mantenendo un tono di voce basso, Ross domandò come mai Demelza aveva anticipato il parto, che era previsto inizialmente per fine mese.
“Può capitare, Ross, soprattutto … in certi casi. Non vi era nulla che non andasse, te l’assicuro. Tutto è andato come doveva, stai tranquillo” – gli rispose Dwight.
“Quindi anche il bambino sta bene… a proposito, è un maschio o una femmina?” – domandò Ross emozionato.
Al padrone di casa non sfuggì l’occhiata furtiva che Dwight e Prudie si scambiarono prima che la più lunga di lingua dei due gli desse una risposta.
“Tanti auguri, padron Ross! Ecco, venite voi stesso ad ammirare il frutto delle vostre prodezze notturne!”
L’ampio sorriso di Dwight, a dispetto del tono beffardo della governante, incoraggiò Ross ad avvicinarsi alla culla, e con sua enorme sorpresa vi trovò due neonati: uno dai capelli più chiari, del colore di quelli di Julia, ed un altro dai capelli più scuri, che dormivano placidamente l’uno accanto all’altro.
“Ma sono due!” – esclamò Ross incredulo.
“Un maschio e una femmina – annuì l’amico medico – in ottima salute entrambi; ma proprio perché erano gemelli il parto è avvenuto un po’ prima del tempo ed è stato più lungo del previsto; nonostante Demelza sia stata bravissima, questo va detto!”
Ross fissava la culla incapace di pronunciare verbo; in compenso Prudie tenne a precisare che sarebbe stato presto necessario un altro aiuto in casa, , visto che Jud era come se non ci fosse, perché lei certo non poteva occuparsi da sola della cucina, delle pulizie e della fattoria con quattro marmocchi tra i piedi.
Ross la liquidò dicendo che ne avrebbero parlato con calma insieme alla signora, e le raccomandò di tornare di sotto e preparare la cena per i bambini; senza dire nulla, per il momento, in modo che Demelza avesse ancora un’ora di tregua prima di essere assalita dai figli con il legittimo desiderio di conoscere i fratellini.
Guardò verso Dwight smarrito. Era già padre di due figli, e vedersene arrivare altri due insieme non era cosa cui fosse preparato.
“Non devi preoccuparti, Ross – lo rincuorò l’amico – i gemelli richiedono spesso cure particolari, ma i vostri sono ben sviluppati, hanno un buon peso e sembrano di indole molto tranquilla… hanno pianto nel vedere la luce, come è naturale, ma Demelza li ha tenuti un po’ stretti sul seno e si sono subito acquietati. Sarà un po’ più faticoso, ma sono sicuro che ce la farete! Ah, per qualsiasi cosa, non esitare a interpellarmi. Intanto passerò con Caroline e Sarah per un saluto nella giornata di domani, d’accordo?”
Ross strinse con calore la mano di Dwight e lo accompagnò alla porta; poi tornò di sopra, si sedette in poltrona e, ancora un po’ intontito da quella novità inaspettata, attese che Demelza si svegliasse.
Dopo circa una quarantina di minuti il neonato biondo - che Ross aveva appreso da Prudie essere quello di sesso femminile – iniziò ad agitarsi, disturbando anche il fratello che le giaceva accanto. Si svegliò anche Demelza, vuoi per istinto materno vuoi perché aveva riposato abbastanza,  e si illuminò nel vedere che suo marito era accanto a lei. Dopo essersi baciati e abbracciati con l’intensità che il momento richiedeva Demelza pregò Ross di prendere i bambini dalla culla e di portarglieli a letto. Ross eseguì, sollevando i bambini uno alla volta, ed osservò ammaliato i dolci gesti di Demelza: le delicate carezze, le parole sussurrate, i teneri baci sulla fronte dei neonati; infine, poiché entrambi frignavano, la rossa si denudò quel tanto che bastava ed offrì le forme rese piene dalla maternità ai due bambini per la prima volta.
Se a Ross fosse stato possibile immortalare la felicità, avrebbe scelto esattamente quel momento. La donna che amava gli aveva appena partorito due figli belli e sani, erano nella pace della loro camera da letto e tutto il resto non contava. Avrebbe voluto bloccare il tempo e rimanere per sempre con quella tenera immagine davanti agli occhi.
Era rimasto in silenzio per non rompere l’incanto, ma Demelza aveva voglia di recuperare il tempo perduto, e cominciò a discutere di tante cose: come chiamare i gemelli – Demelza propose Jeremy per il maschio e Clowance per la femmina, trovando l’assenso di Ross, che rise di gusto pensando a tutte le volte che Jud avrebbe storpiato il nome di quella povera creatura - come dare la notizia a Valentine e Julia, come gestire gli umori di Prudie, che aveva già messo le mani avanti lamentandosi per l’aggravio di lavoro che i gemelli avrebbero comportato.
“Come se dovesse tirarli su lei! – esclamò Demelza divertita – a proposito, Ross, se non avessi latte a sufficienza come faremo?” Il marito la tranquillizzò dicendo che se necessario avrebbero assunto una balia. Parlarono anche di Falmouth e di come Ross se ne era liberato in maniera garbata ma ferma; Demelza gli accennò anche a qualche piccolo inconveniente di cui il capitano Henshawe voleva parlargli alla miniera, ma Ross concluse che la priorità erano lei e i gemelli, al lavoro avrebbe pensato poi. Disse che si sentiva già abbastanza mortificato per non essere stato presente nel corso della gravidanza e nemmeno al momento del parto, a differenza di quanto era invece accaduto con Julia.
“Sei così bella – le disse all’improvviso con gli occhi che luccicavano – e sono così felice che quasi non mi sento geloso a doverti dividere con questi due birbantelli!”
Demelza sorrise, ma si fece all’improvviso seria.
“Ross, devo dirti una cosa molto importante su cui ho riflettuto negli ultimi giorni. Darti un figlio fino a un paio di anni fa mi pareva un sogno impossibile da realizzare, invece adesso ne stringo due tra le braccia… mi sento scoppiare di gioia, non ho altro da desiderare, e leggo nel tuo sguardo che per te è lo stesso… ma noi avevamo già due figli, ricordi?”
Ross capì cosa sua moglie voleva intendere. Jeremy e Clowance erano frutto del loro amore, ma Valentine e Julia meritavano di essere amati del medesimo amore, senza distinzioni. I bambini non avevano colpa degli errori commessi dagli adulti nel passato. Si sentì improvvisamente misero, di fronte alla grandezza d’animo di sua moglie.
“Certo, mia cara. Eravamo genitori di due bambini, oggi ne sono arrivati altri due: questo è tutto! Ti prometto che per il mio cuore saranno tutti ugualmente cari.” – le disse, stringendole una mano fra le sue.
Terminata la poppata, approfittando del fatto che i neonati a stomaco pieno sarebbero stati più tranquilli, Ross si spostò in cucina per la cena ed informò Valentine e Julia della bella novità. I bambini, esultando di avere ciascuno un nuovo compagno di giochi dello stesso sesso, chiesero di vedere subito la mamma e i fratellini e così Ross li accompagnò in camera da letto, in un tripudio di saltelli, abbracci, baci e risate. Nonostante gli sforzi per tenerli quieti, Julia e Valentine erano così eccitati che eccezionalmente i genitori permisero loro di addormentarsi nel lettone, prima di riportarli nei rispettivi letti.
Anche Jeremy e Clowance dormivano sereni nella loro culla. Mancava poco alla mezzanotte, e Ross spense l’ultima candela. Demelza gli si accoccolò tra le braccia, e lui la strinse con dolcezza, ben sapendo che per la passione avrebbero dovuto attendere un bel po’.
Assaporò le sue labbra e le trattenne delicatamente fra le sue. Avrebbe voluto dirle tante cose, ma dopo le emozioni di quella giornata qualsiasi parola era inadeguata. La amava immensamente, ogni giorno di più, come non credeva fosse possibile nella vita.
“Saremo sempre così felici, Ross?” – gli sussurrò Demelza nel buio.
“Sempre e per sempre. Finché morte non ci separi!”– le rispose Ross.
“No – lo contraddisse lei - fino all’ultimo dei nostri respiri ed anche oltre, amore mio”.
Ross pensò che sua moglie aveva ragione. Un sentimento così forte sarebbe sopravvissuto oltre il tempo e lo spazio. E così, stretti l’uno all’altra, si addormentarono.

 
  
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