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Autore: futacookies    30/01/2022    2 recensioni
{pre-sakuatsu - character study}
Atsumu Miya non ripiega il suo asciugamano. Onestamente, Sakusa ha nutrito dubbi sul fatto che ne usasse uno finché non lo ha visto buttarlo alla rinfusa nel suo borsone ‒ e anche allora, pensa, il fatto che ci sia un asciugamano da buttare alla rinfusa non implica che sia stato utilizzato; probabilmente si tratta di un oggetto di scena.
Atsumu, riflette Sakusa, lisciando le pieghe del suo accappatoio prima di sistemarlo nel proprio borsone, ha esattamente la faccia di qualcuno che si asciuga le mani sui pantaloni dopo essersele lavate. A voler essere cattivi, Atsumu ha proprio la faccia di uno che le mani, dopo essere andato in bagno, non se le lava.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA: questo è un pezzo un po' vecchiotto che avevo scritto in inglese nel pieno della mia ossessione perché bisogna chiamare le cose con il loro nome per i sakuatsu. Alla fine non so nemmeno se si possa chiamare davvero character study, almeno non lo è direttamente, perché è più uno studio su Atsumu visto con gli occhi di Sakusa. Anyway, questa fic mi è sempre piaciuta tanto quindi alla fine mi sono decisa a tradurla e metterla anche qui - nel grande piano delle cose doveva avere anche un sequel, mai scritto ovviamente, in qui si passava da una pre-sakuatsu a una sakuatsu effettiva ma chissà, non chiudo mai le porte in faccia alle fic che mi piacciono. Sperando che possa piacere anche a voi-

Buona lettura!

 

 

Atsumu Miya non ripiega gli asciugamani

(e altre ragioni per cui non può piacerti)



 

Atsumu Miya non ripiega il suo asciugamano. Onestamente, Sakusa ha nutrito dubbi sul fatto che ne usasse uno finché non lo ha visto buttarlo alla rinfusa nel suo borsone ‒ e anche allora, pensa, il fatto che ci sia un asciugamano da buttare alla rinfusa non implica che sia stato utilizzato; probabilmente si tratta di un oggetto di scena. 

Atsumu, riflette Sakusa, lisciando le pieghe del suo accappatoio prima di sistemarlo nel proprio borsone, ha esattamente la faccia di qualcuno che si asciuga le mani sui pantaloni dopo essersele lavate. A voler essere cattivi, Atsumu ha proprio la faccia di uno che le mani, dopo essere andato in bagno, non se le lava. 

Sakusa si ritrova a fissarlo come se fosse un esperimento di laboratorio. Gli fa un po’ schifo, a dirla tutta, il pensiero che non si lavi le mani. Gli fa tanto schifo, se deve essere sincero. Però si tratta semplicemente di una sua supposizione ‒ probabilissima, certo, perché, insomma, basta guardarlo: è abbastanza sicuro che le dita che adesso si sta passando tra i capelli per sistemarli dopo la doccia siano state nel suo naso giusto un secondo fa. 

Sakusa si piega di scatto verso il proprio borsone, giusto per liberarsi di quell’immagine, probabilmente la più disgustosa che Atsumu gli abbia offerto da quando si è unito ai Black Jackals un paio di settimane fa.

 

******

 

Atsumu Miya vive per godere dei complimenti altrui. Sakusa distorce il naso mentre l’intero team si congratula per un’alzata particolamente difficile che lo ha quasi portato a stirarsi un quadricipite femorale. Avrebbe potuto alzare la palla da una posizione meno complicata e sarebbero riusciti a fare punto lo stesso ‒ è una stupida partita d’allenamento, avrebbero potuto perdere il punto e sarebbero sopravvissuti ugualmente.

Ma no, ovviamente Atsumu è corso al limite del campo, ha arcuato la schiena al punto che ha quasi rischiato di cadere, dopo, ma il pallone è arrivato all’altezza perfetta affinché Bokuto potesse schiacciare a piena potenza. 

E adesso sono tutti intorno a lui, pronti a lodarlo, affermando che era davvero un’alzata pazzesca ‒ e a malincuore Sakusa deve concordare con loro ‒, che non vedono l’ora che ci riprovi durante il campionato. Atsumu, seppur tronfio come un tacchino il giorno prima del Ringraziamento, scrolla le spalle e dice che è stata una cosa da niente, davvero, un gioco da ragazzi. 

Quando si avvicina e gli chiede: «Non è stato fantastico, Omi-kun?», Sakusa sbuffa educamente e gli concede un: «Certo.», che sembra tutto tranne il complimento che Atsumu cerca. 

Evidentemente gli schiamazzi dei loro compagni devono aver saziato il suo ego, perché si allontana con uno sbuffo divertito.

 

******

 

Atsumu Miya è un esibizionista ‒ il che ha una sfumatura diversa dalla sua patologica necessità di essere lodato. Gli piace essere guardato, avere l’attenzione di tutti: vuole muoversi con la consapevolezza che tutti abbiano gli occhi puntati su di lui.  

Ogni tanto, dopo gli allenamenti, la squadra va a mangiare fuori: Sakusa non si unisce mai, ovviamente, perché soltanto gli dei sanno quanti microbi e germi si aggirano dei locali che amano frequentare i suoi compagni. Atsumu, ovviamente, non manca mai. 

Ed è grazie alla studiatissima cura con cui si sta spettinando il ciuffo ossigenato, alle maniche della camicia arrotolate a tre quarti, al terzo bottone che sta decidendo se chiudere o meno da circa cinque minuti, che Sakusa sa, istintivamente, come sa  che il sole sorge ogni mattina, che quando avrà finito di imbellettarsi sarà praticamente impossibile non guardarlo ‒ perché è, oggettivamente, un bel ragazzo.

Sakusa realizza, con un certo sgomento, che ha appena pensato che Atsumu sia bello ed emette un verso di disappunto che attira l’attenzione generale. E attira anche l’attenzione di Atsumu, che si gira verso di lui con una smorfia delusa.

«Che c’è, Omi? Mi sta tanto male questa camicia?», chiede, ritornando immediatamente a fissare lo specchio. 

Disgustoso, pensa. Atsumu sarà anche bello, ormai l’ha ammesso, non è che può rimangiarsi i propri pensieri, ma è anche ‒ e soprattutto ‒ disgustoso.

«Disgustoso.», riflette ad alta voce, più per convincersi che per dare una risposta alla domanda di Atsumu.

Poi schizza fuori dallo spogliatoio, realizzando, tra l’altro, che era pronto ad andarsene da un pezzo e che era rimasto solo per guardarlo. 

«Non c’è bisogno di essere così sinceri!», esclama Atsumu, ma la sua voce si perde nell’eco dell’entrata che Sakusa sta abbandonando in tutta fretta. 

 

******

 

Atsumu Miya è un bugiardo. Questo gliel’ha detto ieri Osamu ‒ non l’ha proprio detto a lui, in via confidenziale, piuttosto l’ha annunciato a tutta la squadra mentre si rimpinzavano di onigiri. 

È venuto da Kōbe apposta per parlare male di lui, ha spiegato, e poi si è lanciato in una dettagliata spiegazione di tutte le malefatte compiute da Atsumu fin da quando era un bambino. 

Atsumu, mortificato, ha continuato a mangiare pur di non dovergli rispondere. Poi, con ancora un residuo di riso sulle labbra, si è avvicinato a proprio a lui, tra tutti i presenti  e gli ha detto: «Non preoccuparti, Omi-Omi, non sono più così terribile.»

«Ah!», ha esclamato Osamu, indicandolo. Tutti si sono girati verso di lui. «Sapete, è anche un bugiardo patologico. Mente di fronte all’evidenza per il puro gusto di farlo.»

Atsumu ha provato a protestare ma il fratello ha comprato il suo silenzio con un onigiri al tonno. Sakusa ha osservato quel teatrino con l’espressione più distaccata che gli era riuscita, segnandosi quest’altra informazione accanto alla sua cotta adolescenziale per il capitano della loro squadra di pallavolo e i suoi vizi alimentari.

Per studiare il nemico, si è detto, dandosi una metaforica pacca sulla schiena. Non perché Atsumu Miya è effettivamente tutto quello a cui pensa appena mette piede fuori dal campo e non deve più concentrarsi sul suo lavoro.

 

******

 

Atsumu Miya è un perfezionista e non lascia spazio per gli errori. Sakusa non l’ha considerato come un difetto finché non gli si è ritorto contro. 

Non sa davvero giustificare perché ha sbagliato la schiacciata. È un allenamento, grazie al cielo, per cui la sua distrazione non ha danneggiato la squadra. Eppure Atsumu non solo gli ha lanciato un’occhiata orripilata, di quelle che Sakusa gli ha riservato da quando si sono conosciuti, ma adesso si rifiuta di mandargli la palla. 

Nell’ultimo set, dopo la sua schiacciata mancata, ha alzato sette volte a Bokuto, cinque a Hinata, almeno quattro a Meian, di cui due dalla seconda linea e ha tentato un attacco di seconda un numero imprecisato di volte. Sakusa è rimasto a bocca asciutta perché ha osato distrarsi e non fare punto su una sua perfetta alzata. 

Se forse Atsumu sapesse che ha sbagliato i tempi della rincorsa perché ha lasciato vagare lo sguardo sulle sue coscie un attimo di troppo piuttosto che concentrarsi sul pallone, forse sarebbe meno duro nei suoi confronti. Quando Sakusa realizza di aver appena ammesso con se stesso il motivo della sua distrazione emette uno sbuffo irritato e chiede al coach di essere messo in panchina, almeno per il prossimo set. 

Non può vedere lo sguardo deluso di Atsumu che gli trafigge la schiena e di certo non riesce a credere alle scuse che gli rivolge sottovoce nello spogliatoio qualche ora dopo.

 

******

 

Atsumu Miya è diventato un problema. Sakusa ha cercato di ignorarlo, all’inizio, poi ha sperato di convincersi che il suo interesse fosse puramente scientifico, poi si è detto che era soltanto dovuto al fascino oggettivo che esercitava indiscriminatamente su tutte le persone che hanno la sfortuna di frequentarlo. 

Come una macchia che non riesce a lavarsi via di dosso, è il punto fisso intorno al quale girano tutti i suoi pensieri ‒ e l’unico motivo per cui riesce a mantenere la concentrazione in partita è soltanto per evitare la pubblica mortificazione di vedersi negate le alzate. E forse perché anche lui, come i suoi compagni, vuole battere gli Adlers.

«Omi-Omi!», lo chiama Atsumu, e Sakusa è già in aria: riesce a schiacciare la palla in un angolo dove nessuno degli Adlers può riceverla e fanno punto. Quando Atsumu gli dice che i suoi polsi sono qualcosa di disgustoso, come se fosse un complimento, Sakusa accetta con una scrollata di spalle ‒ ci sarà tempo, dopo, per preoccuparsi di tutto questo.

Adesso hanno una partita da vincere.








 
  
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