Anime & Manga > Slam Dunk
Ricorda la storia  |      
Autore: MaryFangirl    04/02/2022    0 recensioni
Hanamichi si scagliò rabbiosamente sugli individui con calci sicuri e poderosi pugni, lasciandoli contro il muro bagnati di sangue. La violenza e la brutalità di ogni colpo erano quasi dolorose da guardare, ma Kaede comprese. Quei quattro ragazzi erano come fratelli per lui.
E nessuno poteva fare del male alla sua famiglia.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fanfiction tradotta dallo spagnolo, potete trovare i dettagli dell’originale qui sotto.

Titolo originale: Amigos
Link storia originale:
https://www.amor-yaoi.com/fanfic/viewstory.php?sid=125821
Link autore: https://www.amor-yaoi.com/fanfic/viewuser.php?uid=59438

Ciao :) oggi vi propongo la traduzione di una OS molto carina e divertente, che in primis è un omaggio alla fantastica amicizia tra Hanamichi e la sua Armata, tuttavia non sarà in secondo piano la coppia Hanamichi/Kaede, anzi è piuttosto dolce e romantica (anche un pochino caliente, ma non troppo).
Spero sia di vostro gradimento, buona lettura.
 


 
L’inizio dell’estate straordinariamente calda portava con sé le tanto attese e sperate vacanze scolastiche, che solo ora cominciavano a testimoniare il loro arrivo lungo le tranquille strade di Kanagawa, affollate di giovani studenti e ragazze con un sorriso da un orecchio all’altro, chi correva, chi prendeva il sole in spiaggia, chi si rilassava, chi giocava a palla e altro; alcuni si divertivano nei club, nei centri commerciali e nei ristoranti, migliorando l’umore e l’economia di molti commercianti e venditori.
 
Non tutti i ragazzi avevano però le stesse possibilità per poter sperperare in quelle squisite settimane di riposo, c’erano intere famiglie prive dei mezzi per pagare costose e remote in paesi o regioni mai visti prima.
 
Come nel preciso caso dei cinque ragazzi che ora erano in un campetto da basket abbandonato e in cattive condizioni, sdraiati sotto il caldo e onnipresente sole nel cielo.
 
“Che caldo!” si lamentò ad alta voce e con le mani in aria un giovane alto e muscoloso, che insieme ai suoi compari pativano l’arrivo di tremendi gradi Celsius sui capelli umidi e appiccicosi, sulla pelle arrossata esposta e sulle magliette bagnate. “Ehi Takamiya, porta del ghiaccio a questo genio! Sto morendo di caldo!”
 
“Non preoccuparti, Hana, i tuoi neuroni sono già tutti bruciati” si burlò il ragazzo con i baffi, provocando subito le risate molli degli altri. Il giovane con i capelli rossi, invece, con il fuoco negli occhi e la pelle in fiamme, si alzò subito e con un pugno violentemente stretto si alzò per corrergli dietro e l’altro, senza pensarci due volte, si mise a correre come un matto con il pericoloso energumeno che minacciava la sua innocente vita.
 
“Come osi, Noma?! Vedrai! Quando il genio ti prenderà, affronterai tutta la sua furia! Non scappare, codardo!” urlò e implorò Hanamichi con la potenza di un cavallo da corsa, dimostrando le sue incredibili capacità fisiche e da sportivo, catturando facilmente il suo compare, che colpì brutalmente in fronte lasciandolo fuori combattimento, steso come un opossum che finge di essere morto.
 
Il resto dell’Armata, che rise vigorosamente indicando il povero sfortunato che aveva corso come un matto per il malconcio campetto, decise dopo lo spettacolo comico di sedersi sotto il tabellone smantellato del luogo abbandonato (riuscendo miracolosamente ad avere un po’ di ombra). Hanamichi, che negava infantilmente di mostrare qualsiasi segno che stesse morendo di caldo, incrociò le braccia, sbuffando e borbottando mentre guardava i suoi amici. Noma, sudato dalla sommità della testa alle punte delle unghie dei piedi, arrivò poco dopo camminando curvo e con una protuberanza rossa sulla fronte, sedendosi accanto al suo brutale assalitore, perché sapeva che Hanamichi aveva perdonato l’offesa subito dopo la testata.
 
“Ehi...mi stavo dimenticando” cominciò a dire Ookusu con riluttanza dopo aver ascoltato lo stomaco di Takamiya che sembrava cantare una melodia, cosa abbastanza normale a quell’ora del giorno (circa le 8 di sera). Gli altri, ancora troppo storditi dal caldo per fare altro che sbattere le palpebre, lo guardarono.
 
“Ha chiamato Kei e ci ha invitato a casa sua per qualche settimane...che ne dite?” chiese osservando i ragazzi che subito si accigliarono.
 
“E cos’ha chiesto in cambio?” chiese Yohei sospettoso, così come gli altri, conosceva molto bene il fratello maggiore dell’amico, per il quale nulla era gratis: filosofia che gli era costata e aveva messo nei guai molte volte il fratello minore. Ookusu in realtà aveva imparato a battersi e a difendersi per le cose stupide che suo fratello gli faceva fare quando lui era solo un bambino.
 
“Tsk! Quel criminale si approfitta sempre di noi! L’ultima volta ha persino costretto il genio a pulirgli il bagno!” affermò Hanamichi accusatorio, mettendo il broncio. Anche dopo due anni ricordava perfettamente quelle ‘vacanze’ del terrore.
Non era strano che Kei li invitasse a casa sua durante le vacanze estive, quando loro non avevano lezioni né attività extracurricolari (in realtà, finché Hanamichi non si era iscritto al club di basket, non avevano mai svolto quel tipo di attività in agosto). La casa era a una distanza di diversi chilometri da Kanagawa, più vicina alle aree turistiche in entroterra. Lì il fratello maggiore di Ookusu gestiva un ristorante dove normalmente metteva i cinque ragazzi a lavorare come camerieri, aiutanti in cucina o in qualunque altra posizione necessaria durante l’intensa stagione estiva.
 
“Ah, andiamo! Non è che abbiamo niente di meglio da fare qui!” intervenne con tono supplichevole Ookusu, che aveva davvero voglia di andare un po’ via di casa per quello che rimaneva delle vacanze. Nonostante tutto, in larga misura il suo desiderio si sarebbe esaudito se fosse andato con i suoi amici, non dovendo sopportare suo fratello per due settimane da solo.
 
“Io vengo! Lì c’è sempre cibo gratis!” accettò senza problemi il più grosso del gruppo con un sorrisone.
 
“Ah...perché no, vengo anch’io” si unì Yohei un po’ riluttante, ricevendo una pacca sulla spalla dai due.
 
“Ehm...io non sono sicuro...le mie sorelline non sono ancora entrate all’asilo e forse mia madre ha bisogno di aiuto con loro...dovrò chiedere” rispose Noma, corrugando le labbra e guardando mortificato i ragazzi, perché se gli altri andavano era quasi obbligatorio che lo facesse anche lui, quindi incrociò le dita che le bambine andassero all’asilo quanto prima.
 
“Anche questo talentuoso genio...”
 
“Hana, non dimenticare di chiedere il permesso! Ahahaha!” rise Ookusu con un sorriso malizioso. Hanamichi si incupì.
 
“Altrimenti verrai punito!” Yohei si morse le labbra per trattenere le risate. Una vena spessa apparve sulla fronte del genio.
 
“Sì, Hanamichi, meglio chiamare prima il tuo ragazzo per chiedergli di allentare un po’ il guinzaglio” concluse Takamiya, facendo gettare tutti e quattro a terra a ridere a crepapelle a voce alta e stridula, colpendo il cemento con i pugni o i palmi.
 
“VI AMMAZZO, DANNATI STUPIDI!” esplose Hanamichi, facendo correre via i quattro ragazzi (Noma fu coinvolto automaticamente) come se avessero il diavolo in persona alle calcagna. Il ragazzo tuttavia, vomitando furia, acciuffò gli sfacciati senza molti problemi, non esitando a lasciare dietro di sé una sanguinosa scia di corpi.
I sopravvissuti moribondi a terra osservarono il re dei rimbalzi andarsene calpestando il suolo come Godzilla a New York, mentre tornava a casa borbottando tra sé in tono per nulla discreto.
 
“Chiedere il permesso?! Tsk...il genio non deve rendere conto a nessuno!”
 
Beh...forse alla mamma..., pensò innocentemente, annuendo.
 
“Decido io per me stesso! E se voglio andare da qualche parte, ci vado!” urlò, attirando lo sguardo di vari passanti che gli camminavano a fianco o nelle vicinanze e che subito cambiavano strada.
 
Le strade momentaneamente luminose e strette di Kanagawa ebbero il piacere di assistere ai bruti passi di un giovane che quasi fumava dalle orecchie per la furia e l’indignazione che riempivano ogni muscolo e curva della sua pelle rilassata e del suo corpo esausto.
 
Il suo cervello e i neuroni sovreccitati, in un piccolo momento di lucidità, gli permisero di pensare che forse non avrebbe dovuto reagire tanto esageratamente alle parole di quei fannulloni, perché avrebbe dovuto essere un po’ (poco) abituato ai loro stupidi commenti o battute ridicole, soprattutto dopo sei dannati mesi di relazione, di cui quattro noti praticamente all’intera popolazione di Kanagawa, e fin dal primo giorni quegli stupidi che chiamava amici si erano sentiti investiti della missione di sfruttare ogni opportunità per fare battute a sue spese.
 
Non importava quanto tempo fosse passato, non importava se il suo ragazzo se ne fregasse o meno, lo faceva comunque incazzare molto che i suoi cosiddetto amici insinuassero quel genere di sciocchezze.
Lui, si disse fermamente, non era il sottomesso né lo schiavo di nessuno.
 
Quindi quel ciccione poteva andare a fanculo!
 
Qualsiasi desiderio maligno e imprecazione che sperava di espellere dalla sua mente spensierata fu interrotta dal suono del cellulare, convenientemente in una tasca anteriore dei jeans, facendo risuonare la suoneria di Zettai ni Daremo di Zyyg.
 
Con il viso un po’ più rilassato, ma lo spirito ancora acceso, tirò fuori il telefono per vedere chi diamine lo tormentava durante il suo placido ritorno a casa.
 
Volpe.
 
Così diceva lo schermo, con una fotografia del ragazzo come sfondo. Hanamichi si accigliò profondamente leggendo il nome, riflettendo seriamente sull’idea di troncare la comunicazione, dato che onestamente non era affatto dell’umore adatto per iniziare una piacevole conversazione sulla vita o fingere gentilezza.
 
Immediatamente e per la sfortuna di colui che lo stava chiamando, gli vennero in mente le stupide battute di qualche minuto fa da quegli inetti della sua Armata, portando il suo umore già sgradevole a precipitare nelle viscere della Terra.
Il suo stomaco, vuoto, ribollì di acido fastidio e di un’irritazione disgustosa e fiammeggiante.
 
Hanamichi sapeva, sapeva che in quelle condizioni se la sarebbe presa con il primo capitato. Tuttavia...sapeva anche che se non avesse risposto, il ragazzo avrebbe continuato a rompere fino a che non l’avrebbe fatto.
Gemendo di pura frustrazione, premette il piccolo pulsante verde mentre riprendeva la strada verso casa.
 
“Cosa vuoi?” chiese senza tatto né delicatezza camminando per le strade deserte, sostenendo il dispositivo al suo orecchio riscaldato.
 
“Vieni o no, idiota?” si sentì subito. Hanamichi si irritò ancora di più nel sentire il suo tono di voce seccato.
 
E adesso perché è arrabbiato? Tsk, sono stato io ad aver passato un brutto pomeriggio.
 
Argh, volpe viziata...
 
“No. Sto tornando a casa”, una piccola contrazione allo stomaco e dietro la nuca gli fece capire che forse era troppo brusco e succinto con il ragazzo, che non aveva visto e con cui non aveva parlato per tutto il giorno.
Tuttavia ignorò facilmente il senso di colpa, il caldo e il sole l’avevano lasciato di pessimo umore, rendendolo più scontroso, alterato e irritabile e portandolo a desiderare solo di tornare a casa in fretta a bere litri d’acqua e finalmente sdraiarsi sul suo futon come una balena spiaggiata.
 
“Avevi detto che saresti venuto, idiota”
 
Hanamichi ricordò che effettivamente il giorno prima, mentre si allenavano insieme al campetto, aveva detto che sarebbe andato a casa sua la sera seguente; ora però l’idea non gli risultava così attraente. E poi, perché mentire, a prescindere di quante volte lo facesse, era sempre sopraffatto da grande imbarazzo quando entrava in casa Rukawa come niente di sera, solo per trascorrere la notte nella stanza dell’unico minorenne presente, per poi uscire con disinvoltura al mattino.
 
La volpe gli diceva sempre che non era un problema per i suoi genitori, ma...rimaneva comunque a disagio.
 
“Argh! Beh, ho cambiato idea, cretino” rispose un po’ impaziente.
 
Sospirando, finalmente vide casa sua a pochi metri di distanza, e aumentò il ritmo con un po’ d’ansia. Dall’altro lato c’era silenzio, motivo per cui Hanamichi si fermò davanti al cancello verde della residenza a fissare l’erba secca del cortile.
Alzò gli occhi al cielo limpido senza stelle, e sospirò stancamente.
 
Fortunatamente l’aria fresca fu d’aiuto per alleviare e calmare il suo umore, perché cominciò a sentirsi un po’ in colpa per come si era comportato durante la breve conversazione: era stato lui a fissare l’appuntamento il giorno prima, dopotutto, e non poteva negare che vedere Kaede lo rallegrava e gli provocava piacevoli formicolii ovunque.
 
“Ehi, volpino...perché non vieni tu a casa mia per la notte?” chiese controllando ogni inflessione della sua voce, suonando più aperto e sereno; seguirono altri secondi di silenzio.
 
“Sei già arrivato?” chiese alla fine l’altro, che risultava ancora irritato ma un po’ meno violento.
 
“Sì, sto entrando” rispose aprendo la porta. Tutto era buio, come c’era da aspettarsi, i giovedì erano i giorni più pesanti di sua madre, che usciva dal lavoro alle otto e rientrava a casa per le nove e mezza, dato il traffico.
 
“Sarò lì tra circa mezz’ora” disse Kaede riagganciando senza aspettare una risposta né salutare; Hanamichi sbuffò, ma non disse nulla.
 
La priorità era bere acqua, tantissima acqua.
 
^ ^ ^ ^
 
Con un po’ di sonno che ancora invadeva la sua mente e i suoi muscoli, si mosse tra le lenzuola, cercando il loro conforto e il ritorno nel mondo dei sogni. Voltandosi nel letto, il suo petto nudo urtò la calda e morbida schiena di un altro corpo che, come lui, non portava alcun pigiama. Hanamichi si rannicchiò contro la figura, mettendo un braccio intorno alla sua vita snella, premendosi contro di lui e rifugiandosi con il naso tra i capelli setosi del ragazzo.
 
Raggomitolato, riparato nel suo delizioso profumo, con l’aura calorosa che emanava il suo corpo perfetto, Hanamichi si permise di sorridere e stringersi di più, sapendo che l’altro non si sarebbe svegliato nemmeno se un camion li avesse investiti.
 
Rimase lì per un po’, apprezzando come l’altro petto si alzava con respiri tranquilli e lenti, assistendo al sonno profondo della volpe dormigliona.
Non amando molto stare fermo a non fare nulla, si alzò lentamente e con cautela; con difficoltà si alzò in piedi, sussultando per il lieve dolore che avvertiva al posteriore.
 
La sera prima, dopo l’arrivo di Kaede, non avevano fatto passare un’ora prima di recuperare il ritardo, lanciandosi nel letto con impazienza. Kaede era stato particolarmente passionale e un po’ rude, ma non aveva spento Hanamichi, che gli era andato incontro mantenendo il ritmo per tutta la bollente sessione, prendendo poi il controllo dei movimenti. In realtà il sesso brusco del giorno prima era stato proprio ciò di cui entrambi avevano bisogno per spegnere gli ardori e le emozioni della giornata stressante.
 
Vestito con abiti leggeri, Hanamichi si lavò i denti e la faccia, poi scese a preparare la colazione, trovando tracce in cucina di sua madre che, vista l’ora, era uscita da un bel pezzo.
 
Hanamichi preparò piatti abbondanti con le poche ma deliziose ricette che conosceva. Con il vassoio in mano andò a svegliare grazie a uno schiaffo il ragazzo addormentato, che gli lanciò un cuscino per quella modalità violenta.
 
“Ehi, stai attento, stupido! Quasi mi facevi cadere tutto!” imprecò sedendosi sulle lenzuola spiegazzate.
 
“Non parlare così forte” rispose la volpe, premurandosi di rimettersi le mutande. Mangiarono insieme, parlando di cosa fare quel giorno, tra insulti, epiteti e baci.
 
Dopo colazione si diressero al famoso campetto da basket relativamente vicino, perché durante quelle due settimane avevano concordato, insieme al professor Anzai, di concedere riposo a tutta la squadra, il che significava mancanza di allenamento per i due amanti del basket, i quali avevano bisogno di una dose quotidiana dell’adorato sport.
 
La pausa era in gran parte dovuta alla consapevolezza di meritare un po’ di respiro dopo la grandiosa e quasi impeccabile performance presentata al campionato all’inizio di agosto. Avevano vinto loro, lo Shohoku, sollevando la coppa estiva...un’emozione che ancora provocava il solletico nelle dita dei piedi.
 
I giovani atleti si divertivano a trascorrere lì il tempo: bloccandosi, segnando, facendo finte, saltando e difendendo come se ne fosse dipesa la loro vita (non per niente lo Shohoku ora era il numero 1 di Kanagawa). Il sole e la giornata, meno caldi e opprimenti di quelli precedenti, contribuirono comunque alla fatica e al sudore che scorreva apertamente sui volti, i colli e le braccia dei ragazzi, che si fermarono a riprendere fiato.
 
“Sembri esausto, volpino! Non ce la fai più? Ahahaha...nessuno può farcela contro la resistenza del genio!” rise, palleggiando distrattamente.
 
“Idiota” disse Kaede, sempre infastidito dagli stupidi commenti sulle sue capacità e/o abilità fisiche (che credeva andassero più che bene); ma gli passò subito vedendo il corpo sudato e muscoloso di Hanamichi esposto al suo sguardo affamato.
 
Hanamichi già aveva iniziato a fare qualche tiro individuale nell’area vicino al canestro, praticando i lanci da tutte le posizioni. Kaede ne approfittò per sedersi ed asciugarsi il viso e osservò le giocate dell’altro, che lui stesso aveva aiutato molto nell’ultimo anno durante gli allenamenti settimanali, sia a scuola che in qualsiasi campetto delle vicinanze. Erano state in realtà quelle lunghe, eterne ore passate a giocare, imparando l’uno dall’altro, limando gli spigoli, ridendo di stupidità, a dare la spinta e piantare il cardine che li aveva portati a stare insieme.
 
Bevendo un altro lungo sorso d’acqua, Kaede non poté impedirsi di ricordare il giorno prima, quando si era sentito incredibilmente infastidito per essere stato ignorato da Hanamichi tutto il giorno (come sempre accadeva quando usciva con gli amici), motivo per cui aveva deciso di fare piani per loro. Solo loro due.
 
“Ehi, scemo” lo chiamò mettendo via l’asciugamano e avvicinandosi a lui. Hanamichi, impegnato con la lingua tra i denti mentre si metteva in posizione, non prestò molta attenzione al ragazzo che si approcciava con cautela.
 
“Mmh?” fece distrattamente posizionando i gomiti, che furono immediatamente corretti poco gentilmente dalle mani di Kaede. Hanamichi grugnì un po’, ma sorrise compiaciuto quando la palla entrò perfettamente.
 
“Andiamo al mare questo fine settimana” propose Kaede, premurandosi di suonare indifferente e svogliato mentre vedeva la palla rimbalzare sotto il cesto, raccolta poi rapidamente da Hanamichi.
 
“Uh? E perché non andiamo adesso?” chiese Hanamichi accigliandosi, lanciandogli uno sguardo confuso, prima di tornare in posizione per tirare. Kaede trattenne un sospiro irritato.
 
“Nella casa dei miei, stupido...possiamo rimanere qualche giorno”, qualche giorno? Ancora meglio, per le due settimane e mezzo che rimanevano delle vacanze. Kaede sapeva che il suo desiderio era un po’ ambizioso, ma sognare non costava nulla, quindi poteva liberamente immaginare lui e il suo sciocco ragazzo insieme, soli e con una casa a completa disposizione delle loro esigenze di gioventù.
 
“Ah, ov...eh...no, non posso” rispose Hanamichi con apparente disinvoltura, ricordando con un po’ di fastidio e pentimento l’invito di Ookusu del giorno prima.
 
A proposito...devo chiamare i ragazzi per confermare che andrò..., pensò mentre palleggiava con troppa forza per poi incestare; si rivolse poi all’altro con un sorriso di scuse.
 
“Vado con i ragazzi a casa del fratello maggiore di Ookusu”
 
“Per quanto?” uno sgradevole crampo si piazzò nella bocca dello stomaco di Kaede sentendo quelle parole.
 
Di nuovo mi ignora per i suoi amici...mi lascia da parte e neanche me lo dice..., Kaede strinse forte i pugni al pensiero infantile e bisognoso, disperato...così non da lui.
 
Non essere stupido, Kaede...non hai così bisogno di lui...posso benissimo andare al mare da solo...sì...lo farò...e non glielo dirò...
 
“Per quello che rimane delle vacanze, credo” rifletté e disse Hanamichi alzando le spalle, ignorando l’aria torva e la battaglia interna del ragazzo. Da quel momento, qualsiasi presunto allenamento amichevole andò a quel paese, perché non appena Kaede ebbe la palla tra le sue mani, iniziò la terza guerra mondiale contro l’avversario.
 
Hanamichi, non senza giustificazione, rimase leggermente impressionato dal gioco aggressivo e travolgente del ragazzo, ma immediatamente rispose allo stesso modo...ma i suoi tentativi furono minimizzati, perdendo con una differenza di 9 punti contro il taciturno ragazzo.
Hanamichi gli urlò, lo insultò e discusse per tutto il tragitto del ritorno, con speranza di essere guardato.
Hanamichi, che un tempo era stato abituato a essere ignorato da Kaede, ora si accigliò per il suo strano comportamento. Giunti al bivio per recarsi ognuno alla rispettiva abitazione, la volpe si voltò per la sua strada senza dire una parola, ma Hanamichi fu più veloce, afferrandolo per un braccio e quasi trascinandolo a casa sua, non lontana.
 
Rimasero seduti sul divano del soggiorno per diversi minuti, entrambi immersi nei propri pensieri.
 
Appena torno a casa chiederà le chiavi a papà e domani ci vado...potrò correre di mattina, allenarmi nel pomeriggio e dormire tutto il resto della giornata..., meditava e programmava Kaede, ignorando olimpicamente la presenza dell’altro a poca distanza.
 
Argh! Perché si comporta così? Non ho fatto niente! Dannata volpe, gli piace arrabbiarsi per cose stupide! Ha anche vinto contro il genio? Dovrebbe piangere di gioia, invece di stare zitto e mezzo morto! E tutto da quando ho detto...
 
Aah...
 
Mmh...
 
Tsk, maledizione...
 
Hanamichi fu tentato di sbattere la faccia contro il pavimento, ma avrebbe rivelato la sua contrarietà e non voleva mostrare quanto era colpito dalla recente scoperta e conclusione.
Mordendosi le unghie si voltò verso il volpino, che pareva dormire tranquillamente. Hanamichi poteva dare l’aria di uno che ignorava tutto ciò che lo circondava, vivendo ogni giorno come un passerotto innocente, ma non era stupido e ancora meno se si trattava del testardo ragazzo al suo fianco. Quindi poteva facilmente intuire che molto probabilmente Kaede non aveva molto apprezzato la notizia del suo viaggio per il resto delle vacanze. Inoltre la volpe aveva fatto dei piani per loro due, cosa che onestamente aveva sciolto il cuore grande di Hanamichi, perché quelle dimostrazioni da parte di Kaede non erano la normalità, anzi.
 
Era raro e miracoloso farlo sorridere, o vederlo agire in modo affettuoso o romantico verso il suo compagno. Era sempre Hanamichi ad allungare la sua grande mano per afferrare quella dell’altro quando camminavano per strada, o a ricordare le date importanti (compleanni, San Valentino, aniversari), o che semplicemente si sforzava di comportarsi come se fossero fidanzati e non solo intimi amici.
 
Pertanto il fatto che Kaede si fosse preso la briga di pensare e organizzare un’uscita solo per loro due era qualcosa senza precedente. Hanamichi era terribilmente tentato di sorridergli e gridare di sì, ma...si era già impegnato con i suoi amici e inoltre avrebbe dimostrato a quegli stupidi che non aveva bisogno del permesso di nessuno per fare qualcosa.
Un po’ seccato per l’ovvia e finta serenità del suo ragazzo, si piazzò senza troppa dolcezza su di lui per farlo reagire.
 
“Cos-” riuscì a dire Kaede prima che la sua bocca venisse gentilmente invasa da Hanamichi. Si baciarono senza fretta o violenza, godendosi la frizione delle loro labbra, la combinazione dei loro respiri, le carezze dei nasi e guance. I sensi si rizzarono quando le lingue si toccarono, condividendo umidità e calore. All’inizio della relazione avevano avuto difficoltà a prendere il giusto ritmo dei baci, ma dopo tanto tempo erano diventati esperti nel compiacersi a vicenda. Sapevano esattamente come muovere le labbra, quando mordere dolcemente, come leccare sensualmente, quando accarezzare con lentezza.
 
Kaede appoggiò entrambe le mani sulle natiche sode del ragazzo, sollevandolo e stringendolo di più contro il ventre e l’inguine. Hanamichi gemette profondamente nel bacio per il contatto, iniziando subito un regolare e ritmato sfregamento su di lui. Kaede emise un lamento roco alle sensazioni acute e palpabili che cominciavano a percorrere la sua pelle e il suo corpo. Hanamichi, che non si limitò al bacio passivo, iniziò subito ad esplorare appassionatamente il ragazzo. Le sue grandi e calde mani passarono lungo lo snello e pallido collo di Kaede, premendo le dita sulle sue pulsazioni. Continuò a scendere, stringendo e carezzando pettorali e addominali con esigenza. Kaede lo ricompensò con un bacio particolarmente sensuale, insieme a un movimento più aggressivo dei fianchi.
 
“Andiamo in camera tua” disse a malapena Kaede incollato alla sua bocca, dimenticando all’istante tutti i problemi e il cattivo umore che l’avevano travolto.
Hanamichi afferrò i suoi capelli e gli tirò la testa indietro. Kaede ringhiò, ma non per dolore o fastidio, anzi di puro piacere; adorava quando Hanamichi era così brusco ed esigente.
 
“Vieni con me” sussurrò, leccando e mordendogli il collo, lasciando deliberati segni e succhiotti; Kaede annuì rapidamente, raccogliendo forza nelle gambe per sollevare entrambi e portarli in camera da letto, ma Hanamichi lo premette sul divano. Kaede non si lamentò, non sarebbe stata la prima volta in cui lo facevano lì (e non era affatto scomodo), quindi mise le mani disperate sui fianchi del ragazzo per iniziare a spogliarlo.
 
Hanamichi si separò rapidamente e gli fermò le mani; Kaede ovviamente lo guardò male.
 
“...vuoi venire con me?”
 
Kaede sembrava confuso. Certo che voleva andare con lui...ovunque! Fino alla fine del mondo!
 
Per me potremmo fare l’amore dappertutto..., pensò annuendo e riavvicinandosi per riprendere la sessione di caldi baci, ma Hanamichi si alzò piuttosto velocemente sorridendo.
 
“Bene! Chiamo i ragazzi e dico che andiamo entrambi! Tu dillo ai tuoi genitori” disse quasi correndo al piano superiore.
 
Kaede rimase seduto con un punto interrogativo sopra la testa e una mezza erezione tra le gambe.
 
Di che cazzo stava parlando?, si chiese sbattendo le palpebre e guardando verso le scale con le mani ancora sollevate e le labbra umide, turgide e socchiuse.
 
E perché deve chiamare i suoi stupidi amici? Li vedrà comunque quando...
 
Oh...
 
Merda..., pensò accigliandosi.
 
Bah...chi se ne frega...almeno sarò con lui...e alla casa sulla spiaggia possiamo andare quando vorrà...
 
Appena Hanamichi scese, si avvicinò al ragazzo e gli ordinò di chiamare i suoi genitori per chiedere il permesso, gridando che Ookusu aveva detto che non c’erano problemi con una persona in più (al contrario, Kei sarebbe stato più che felice di ricevere altra manodopera a basso costo). In seguito, i ragazzi pieni di ormoni e eccitati ripresero da dove si erano interrotti, ma in camera di Hanamichi (nel caso qualcuno fosse entrato all’improvviso in casa).
 
In generale, e nonostante i problemini del pomeriggio, quello fu un grande giorno per Kaede Rukawa.
 
^ ^ ^ ^
 
Quello era il giorno peggiore della vita di Kaede Rukawa.
 
Il famoso volpino dormiglione era con il suo ragazzo e gli amici di quest’ultimo da poco più di una settimana nella casa del fratello maggiore del biondo del gruppo. Il famigerato Kei si era rivelato tutto ciò per cui gli altri lo avevano avvertito: un giovane chiacchierone, estroverso, sfrenato che, con la promessa di buona paga e vacanze, li aveva messi al lavoro come formiche operaie.
 
Non appena aveva visto i ragazzi alla stazione il primo giorno, aveva assegnato i compiti: Hanamichi come usciere e addetto alle pulizie sul retro (per non spaventare i clienti), Takamiya come aiuto in cucina (il suo grande appetito lo aveva aiutato a sviluppare un’ottima mano culinaria), Noma, Yohei e Ookusu sarebbero stati i camerieri e infine Kaede fu designato all’accoglienza e assegnazione dei tavoli (Kei pensò che il suo aspetto avrebbe attirato le persone, soprattutto le donne).
 
“Come osi piazzare il genio in una posizione del genere?! Le mie talentuose abilità sono sprecate per un compito così umile, teppista di quarta categoria!” aveva ripetuto Hanamichi per tutto il tragitto verso casa.
 
Kaede, se fosse stata una persona che alzava la voce, avrebbe urlato a sua volta contro il giovane (che aveva sempre i capelli biondi, ma più scuri del fratello minore), perché l’unico motivo per cui aveva accettato di partecipare a quello stupido viaggio era per stare con il suo ragazzo, e se questi doveva stare a pulire sul retro mentre lui era nella parte anteriore, sarebbero stati praticamente separati da un continente. Per questo aveva torturato con lo sguardo il suo provvisorio capo, che lo aveva guardato un po’ a disagio.
 
Ma non cambiò nulla sugli incarichi, e tutti lavorarono alle posizioni decise fin dall’inizio. Fortunatamente non si trattava di ore troppo lunghe, avendo tempo a sufficienza per uscire di pomeriggio e in serata.
Hanamichi di solito conduceva tutti in un posto dove bere qualcosa, o in qualche zona abbandonata per una partita di basket (i ragazzi volevano sempre fare squadra con Kaede e Hanamichi gridava loro che erano dei traditori). Di sera, arrivati alla grande casa in stile classico giapponese, Hanamichi poneva un alt alla sua Armata.
 
“Ehi, via...il genio e la volpe vanno a dormire”
 
Era la parte della giornata in cui finalmente Kaede si rilassava e respirava felicemente, perché il suo ragazzo li rinchiudeva nella stanza che gli era stata assegnata per fare l’amore (dolcemente o duramente, a seconda dell’umore del giorno) per il resto della notte.
 
“Oooh, sì! A dormire, sicuro!” disse Takamiya stringendo gli occhi e ghignando come un pazzo. Gli altri ragazzi risero forte davanti alla faccia rossa di Hanamichi e quella seccata di Kaede.
 
“Vi prego, cercate di non svegliarci con il rumore che fate mentre...dormite” aggiunse Ookusu un po’ soffocato, sghignazzando e dando una gomitata ad Hanamichi. Il giovane in realtà non mentiva, la coppietta non era esattamente silenziosa nelle sue manifestazioni d’amore.
 
“Forza, campioni! Dateci dentro con i sonnellini!” scherzò Noma dando pacche alla schiena di un Hanamichi paonazzo.
 
“Sì, Hana! Comunque ho una pillolina blu che può aiutarti se non riesci a dormire”
 
Hanamichi, che non comprese la battuta, fissò Yohei confuso mentre Kaede, trattenendo un sospiro, afferrò Hanamichi per un braccio e lo trascinò via, non prima di aver guardato di sbieco il migliore amico del suo ragazzo.
 
“Non abbiamo bisogno di pillole. Hana ed io...dormiamo per ore” il tono lento e roco che usò lasciò i ragazzi a ridere fino a diventare viola, e quasi si arrampicarono sui muri per trattenersi dallo scoppiare (Hanamichi, com’era da aspettarsi, non capì nulla).
 
Vorrei che fosse rimasto tutto così, pensò Kaede brontolando, fissando l’esterno del ristorante dal suo posto. La giornata era iniziata rigorosamente di merda: primo, perché Hanamichi aveva rifiutato la dose di sesso mattutino (cosa sacra per Kaede) sostenendo di essere stanco e che sarebbe arrivato tarid al lavoro; secondo, la colazione aveva fatto schifo, tutto sembrava sapere di piedi mentre mangiava ciò che Noma aveva preparato; terzo, era arrivato in ritardo al lavoro ed era stato rimproverato in modo imbarazzante, cosa che aveva fatto ridere Hana e la sua Armata; quarto, all’ora di pranzo erano stati presenti Hanamichi, Yohei e Takamiya, che l’avevano ignorato totalmente; e alla fine, come se quello che aveva sopportato non fosse abbastanza, in quel momento un gruppetto di sciocche ragazze era bloccato a parlare e ridere ad alta voce.
 
Quando intendono chiedere un tavolo?, pensò distrattamente, essendo più alto di tutte loro, poteva concedersi il lusso di guardare fuori senza incrociare gli occhi di nessuna. Quel viaggio (o gita) doveva essere un’occasione per sfogare le passioni giovanili e vivere il suo amore in erba con il suo ragazzo, ma no...Hanamichi doveva abbandonarlo per i suoi amici. Come al solito...e sì, va bene, Kaede capiva perfettamente che il ragazzo avesse avuto una vita prima di incontrarlo e diventare il suo compagno, ma non era una scusa per piantarlo in quel modo, soprattutto dato che era stato lo stesso idiota a invitarlo.
 
Dannato stupido...se stasera gli viene in mente di non avere voglia, gliela farò vedere io, concluse il ragazzo increspando le labbra con irritazione. Le tipe che aveva di fronte gridarono all’improvviso, portandolo a guardarle con confusione, ma loro stavano osservando lui, arrossite e con le pupille dilatate.
 
“Se non intendete prendere nulla, fuori...” disse impassibile, ma le ragazze si limitarono ad annuire e a fissarlo come fosse una preda. Il ragazzo sospirò, non vedeva l’ora che il suo turno finisse.
 
Come se le sue preghiere fossero state ascoltato, poco dopo giunse la giovane donna in turno dopo di lui, indicandogli che poteva ritirarsi.
Con urgenza e rabbia non repressa arrivò al suo armadietto, si cambiò l’uniforme e si diresse verso la casa dove stavano alloggiando, senza pensare affatto all’idea di perdere tempo ad aspettare il branco di idioti o il super extra iper mega stupido del suo ragazzo.
 
In realtà non era normale alterarsi in quel modo o agire in maniera così infantile per le scemenze di Hanamichi: ma lo infastidiva, frustrava e agitava molto essere in una città sconosciuta, con persone sconosciute, che facevano cose sconosciute, senza nemmeno poter sfogarsi con una palla e un canestro.
 
Era privato delle cose che più amava al mondo: il basket e quella scimmia presuntuosa, egoista, goffa e spensierata.
 
Arrivato a casa, notò che fortunatamente era vuota (era presto e gli altri stavano ancora lavorando). Senza controllare le altre stanze o riordinare o altro, si lanciò nel letto percependo con dispiacere che le coperte, i cuscini e l’ambiente sapevano di quella scimmia.
 
Non riesco a staccarmi da lui nemmeno per un momento...?
 
Ancora più furioso e seccato, scese e si gettò con noncuranza sul grande divano presente, reclinando il collo per poter dormire fino alla fine di quella settimana infernale, per poi tornare a casa e mandare al diavolo quell’idiota.
 
Stava proprio cercando di dormire quando sentì i suoni spiacevoli di un tumulto di voci attraverso la porta d’ingresso, una in particolare ben nota, per cui Kaede si rifiutò di aprire gli occhi e riconoscerne la presenza.
 
“Eccoti, volpe! Ti ho cercato dappertutto!” gridò accigliato (cosa che Kaede non notò perché aveva le palpebre ben chiuse) Hanamichi, sedendosi subito attaccandosi a lui. Kaede si irrigidì avvertendo il calore e la solidità del compagno.
 
 “Ehi, ce li finiamo ora questi avanzi o più tardi?” chiese Takamiya sollevando i sacchetti tra le sue mani.
 
“Come ora, ciccione?! Il genio ha appena pranzato...aspettiamo di bruciare qualche caloria” disse Hanamichi sbuffando e gli altri annuirono concordi.
 
“Sì, giochiamo a poker, adoro prendere i vostri soldi!” propose Yohei con un sorrisetto malizioso.
 
“No, sei ingiusto! Io propongo la Play” intervenne Ookusu, che rimaneva sempre in mutande dopo qualsiasi gioco a carte.
 
“Perché non usciamo?” fece Noma.
 
“No, fa un caldo pazzesco!”
 
“Anche qui dentro. Aprite le finestre!”
 
“Perché non lo fai tu?”
 
“Ho lavorato tutto il giorno!”
 
“Come tutti, stupido”

Mentre i quattro discutevano e si sgomitavano, Hanamichi si chinò verso Kaede e lo baciò sul lobo con insolita tenerezza. Kaede si rifiutò di reagire a quel dolce gesto (non così strano trattandosi del romantico ragazzo), ma a quanto pare fu solo la sua mente ad obbedire, perché il suo corpo stava già rispondendo agli appelli e alle azioni del suo amato.

Tuttavia non accettò di arrendersi così rapidamente. Pertanto, e per dimostrare il suo astio, aprì due occhi freddi inchiodandoli con sprezzo sul ragazzo, ma questi sembrò immune all’attacco, perché sorrise da un orecchio all’altro prima di chinarsi a raccogliere una borsa nera dal pavimento tra le sue lunghe gambe; l’aprì e vi infilò la mano.

“Oggi quando sono uscito a mangiare con i ragazzi ne ho approfittato per comprarti una cosa” disse senza guardarlo negli occhi. Kaede alzò un sopracciglio.

Dannazione! Ricorda, sei arrabbiato, arrabbiato, arrabbiato..., si ripeté comportandosi con indifferenza, ma continuò a sbirciare mentre Hanamichi faceva scivolare il braccio fuori dalla borsa. Ne tirò fuori un peluche che, quando fu davanti ai suoi occhi, Kaede notò che rappresentava una piccola volpe con una mini palla da basket tra le zampe.
 
“...la palla l’ho presa a parte...e l’ho incollata al ristorante...ho dovuto aspettare che si asciugasse” terminò guardandolo negli occhi.
 
Kaede prese lo sciocco pupazzo, stringendolo e accarezzandolo come se non avesse mai sentito quel tipo di materiale.
 
“Gli manca solo la divisa dello Shohoku” mormorò distrattamente notando gli occhi blu del pupazzo. Il suo cuore si strinse e prese a battere velocemente in pochi secondi; ingoiò il groppo in volta e si voltò verso un sorridente Hanamichi.
 
“Sì! È vero, hahahah...possiamo prendere della stoffa rossa o una cosa così...oh, ho preso anche un’altra pallina, semmai troveremo il peluche di una scimmia” commentò disinvolto, allungando un braccio dietro il ragazzo per coccolare e pettinare i suoi morbidi capelli neri.
 
Kaede si maledisse sentendo la carezza e inclinandosi verso di essa...ma chi voleva prendere in giro; qualunque rabbia e frustrazione si erano lanciate come kamikaze dalla finestra nell’istante in cui Hanamichi lo aveva toccato al fianco. Era davvero debole davanti a lui. Perdonando la propria fragilità con lieve fastidio, appoggiò la testa sulla spalla di Hanamichi, che lo accolse a braccia aperte baciandogli dolcemente la testa.
 
Il resto dell’Armata, che aveva notato il momento intimo della coppia, decise di continuare con conversazioni insulse per non disturbare l’atmosfera tranquilla. I quattro ragazzi amavano prendere in giro e scherzare a spese di Hanamichi per via del suo strano rapporto con Kaede, ma dovevano riconoscere che non avevano mai visto il loro leader così felice e a suo agio, non come quando stava con il ‘cubetto di ghiaccio’ che, a guardarlo ora mentre sorrideva e parlava sussurrando con l’altro, sembrava più appropriato chiamare il ‘cubetto di Hana’.
 
“Ehi, dato che domani è il nostro giorno libero potremmo fare qualcosa” commentò Noma guardando gli altri.
 
“Andiamo al cinema!”
 
“Non c’è niente di buono fuori...”
 
“E poi è costoso”
 
“No, domani andremo al festival che c’è in centro...e questa volta sarò il re dei pescatori! Quei dannati pescetti non potranno battere il genio, ahahaha!” disse Hanamichi, ricordando la volta al primo anno in cui era andato con Haruko a un festival e lei, per cercare di aiutare alcuni bambini, aveva scatenato Hanamichi, che per mostrare le sue abilità alla ragazza aveva cercato di catturare uno stupido pesce (impresa più difficile del previsto) e il proprietario della bancarella, ammettendo la sua evidente e sorprendente genialità, alla fine gliene aveva regalato uno.
 
L’Armata, che quella sera aveva spiato Hanamichi, ricordò che la faccenda era andata diversamente, e si burlò delle sue patetiche capacità nella sua caccia al pesce. Hanamichi, rosso di rabbia, strinse i pugni per i commenti sciocchi, mentre Kaede si limitò ad ascoltare.
Si rannicchiò maggiormente contro Hanamichi, venendo a conoscenza del presunto appuntamento con la sorella minore dell’ex capitano, cosa che scopriva solo ora. Ad Hanamichi non sfuggì la tensione nel ragazzo quando fu menzionata Haruko, sapendo che era ancora un argomento delicato a causa dei sentimenti che lui aveva provato per la manager della squadra. Non volendo soffermarvisi, Hanamichi appoggiò la mano su quella del compagno, facendo intrecciare le dita.

“Argh, state zitti, stupidi! Voi non sapete niente. Ma, ehi...volpino...ti va di andare al festival?” chiese abbassando un po’ la testa e muovendo le labbra contro la sua guancia. Kaede alzò le spalle, dando così la sua affermazione. Hanamichi sorrise con occhi luminosi.
Ma dentro di sé, Kaede stava progettando la migliore notte della giovane vita di Hanamichi Sakuragi, che in seguito si sarebbe completamente dimenticato di quel tentativo di appuntamento con la Akagi.
 
^ ^ ^ ^
 
“Sei pessimo, volpino! Non potrai mai battere il genio!” urlò Hanamichi indicandolo e ridendo dei suoi tentativi di colpire un’anatra con la pistola; aveva sparato sei colpi e nessuno di essi aveva toccato il bersaglio. L’idea di Kaede era stata di vincere un premio per quell’idiota che aveva come fidanzato, ma ora la battaglia era una semplice questione di orgoglio.
 
Quegli animaletti di cartone non mi batteranno, si disse determinato e risoluto, posizionandosi di nuovo e guardando attraverso il mirino le presunte vittime. Il festival intorno a loro a quell’ora di sera era nel punto di massimo splendore.
 
Centinaia di persone passeggiavano, molte di loro si limitavano a guardare mentre altri tentavano la fortuna con i giochi, nell’aria serpeggiavano e si mescolavano i profumi dei vari stand gastronomici, insieme alle melodie e alle musiche che rallegravano l’ambiente. L’Armata, che inizialmente era rimasta incollata al suo leader, quando aveva percepito l’atmosfera intima tra i due se n’era andata con la scusa di cercare cibo, ma non era tornata.
Kaede era silenziosamente grato, perché era la prima volta che si trovava da solo con Hana (a parte la camera da letto) e in seguito alla decisione della sera prima era deciso a rendere quella serata speciale per entrambi, specialmente per Hanamichi. Era quello che aveva pianificato, perlomeno...
 
Per ora l’impresa non era andata come aveva immaginato.
Primo, perché tutti i suoi soldi erano spariti in un maledetto stand dove Hanamichi aveva mangiato quasi tutta la roba presente come se non avesse mai visto del cibo; secondo, perché tutti i maledetti giochi erano ovviamente truccati e non era riuscito a vincere nessun cazzo di premio (nemmeno uno di consolazione!).
 
Quello dell’anatra era il quarto che provavano, a spese di Hanamichi, e sembrava che non avrebbero avuto maggiore fortuna.
 
Quando Kaede mancò di nuovo il tiro e si voltò con occhi assassini, incontrò il volto sorridente e allegro di Hanamichi. Questi lo indicò di nuovo e gettò la testa indietro per la forza della risata. Quando lo guardò con quei gioiosi occhi castani, una luce abbagliante sembrò accecarlo per alcuni secondi. Il cuore di Kaede si strinse dolorosamente per poi martellare follemente nella sua cassa toracica. Il petto sembrava espandersi e affondare bruscamente e la sensazione allo stomaco quasi gli faceva venire le vertigini.
Solo lì si permise di sorridere e avvicinarsi all’altro, che gli diede una delicata pacca sulla spalle e li indirizzò in mezzo alla folla di persone.
 
Non si fermarono in un altro stand, rimanendo incollati e sfiorandosi le mani, camminando lentamente. Kaede, se non fosse stato impassibile ed emotivamente stitico, avrebbe potuto definire quello come un momento romantico.
 
Dopo qualche minuto cominciarono ad allontanarsi dalle persone, inoltrandosi in stradine buie e deserte.
Hanamichi, troppo entusiasta e concentrato sul suo ragazzo, non si ricordava nemmeno di aver fatto qualcosa di simile con Haruko quella volta al festival di Kanagawa.
Solo quando non ci fu più un’anima nei paraggi, Kaede si appoggiò con apparente riluttanza a un muro, fissando il ragazzo. Hanamichi gli sorrise e si collocò di fronte a lui. Ansia e attesa li circondarono quando le fronti e i nasi si unirono con sensualità.
 
Si sfiorarono e si accarezzarono i visi prima che le labbra si incontrassero dolcemente. Kaede poco dopo accelerò il ritmo e la forza del bacio ma Hanamichi, toccandogli il volto e il fianco, mantenne la cadenza lenta che incollava le labbra e faceva mescolare i respiri.
 
“Non hai vinto nessun premio per me, volpino” sussurrò con le labbra umide sul suo collo morbido. Hanamichi aveva notato, non senza ridere e provare un lieve fastidio (perché non era una ragazza) che Kaede si era sforzato per vincere e regalargli qualcosa, fallendo miseramente. Kaede gemette con voce roca prima di separarsi per sorridergli.
 
“Sono proprio qui” mormorò. Il suo inguine replicò con un piacevole strattone mentre Hanamichi si mordeva il labbro e i suoi occhi si annerivano. Solo un istante dopo si stavano divorando come se il giorno dopo fosse giunta un’invasione di zombie in stile The Walking Dead. Solo il suono bagnato dei loro baci si sentiva nel vicolo buio e solitario.
 
Kaede apprezzò particolarmente il sensuale e rapido movimento dell’altro nella sua bocca, senza curarsi del tocco quasi ruvido delle sue labbra che sapeva avrebbe causato un po’ di dolore. Hanamichi grugnì quando premette di più il corpo del ragazzo contro la parete. Kaede rispose con un gemito di approvazione. Le sue mani, desiderose, cominciarono a correre lungo il collo dell’altro. Si abbassarono sulle spalle larghe e il petto forte, stringendo, sapendo esattamente come toccare per farlo impazzire.
 
Kaede, vagamente e senza molta coerenza, sapeva che dovevano fermarsi ora. Erano in strada. All’aperto. Dove chiunque avrebbe potuto vederli agire impropriamente. Onestamente però il mondo poteva esplodere e scoppiare in quel momento, l’unica cosa realmente importante era la lingua e il calore del suo ragazzo che lo devastavano nella bocca e sul collo, risvegliando le sue parti sensibili sotto i vestiti, squagliando parecchi suoi neuroni.
 
Hanamichi, che non era in condizioni migliori, sorrise avvertendo la disperazione del compagno. Amava sapere che lui era in grado di rendere la matricola d’oro, il miglior atleta della sua generazione, in quelle condizioni, una massa di piacere e di estasi. Non c’era nulla che lo accendesse di più che sentire i gemiti ansiosi di Kaede che quasi lo supplicavano di toccarlo di più, stringerlo più forte, baciarlo più appassionatamente, accarezzarlo ovunque.
 
Kaede mugugnò di piacere quando Hanamichi infilò una mano nei suoi pantaloni, toccando sopra la biancheria il suo membro sull’attenti, che reagì dopo pochi tocchi; subito Kaede si strofinò contro la mano forte e calda, reprimendo la sorpresa sul fatto che Hanamichi, imbarazzato quando si trattava di sesso, gli stesse facendo quella cosa in mezzo alla strada.
 
Mentre Kaede era sul punto di balzare e intrecciare le gambe intorno al ragazzo, avvertì il calore e la forza di Hanamichi allontanarsi dal suo corpo impaziente e anelante. I suoi occhi blu si aprirono, irritati e frustrati, ritrovandosi con Hanamichi che guardava torvo altrove.
 
“Ehi, stup-”
 
Hanamichi gli posò una mano sulle labbra per impedirgli di parlare, e Kaede tentò di divincolarsi subito infastidito dalla brusca interruzione; ma il ragazzo gli fece cenno di rimanere in silenzio, prendendogli la mano e guidandolo verso altre stradine. Kaede, che era stato troppo assorto e accaldato per notare qualcosa di diverso da Hanamichi, non aveva sentito il rumore sgradevole non lontano da lì. Rumore che Hanamichi purtroppo riconobbe molto bene: era una rissa i cui colpi si avvertivano nel vicolo vicino.
 
Kaede, sentendo lo spiacevole suono della pelle brutalmente picchiata, oltre a gravi e bassi grugniti, si rese conto della situazione alla quale Hanamichi si stava avvicinando. Si accigliò subito, seccandosi che il suo ragazzo volesse farsi coinvolgere in qualcosa che chiaramente non li riguardava.
 
Appoggiati a una parete di mattoni mezzi rotti, si fermarono e sbirciarono per vedere che diamine stesse succedendo. In un istante Kaede dovette afferrare con violenza il braccio teso di Hanamichi, sul punto di esplodere di furia e rabbia come un vulcano in eruzione. Kaede agì per puro istinto, sapendo senza doverlo vedere che l’istinto omicida di Hanamichi si era svegliato a causa dell’immagine che avevano di fronte: sdraiati e insanguinati c’erano Noma e Takamiya, appoggiati a un edificio smantellato, mentre Yohei e Ookusu continuavano a battersi con sei ragazzi giganti e muscolosi, alcuni con addirittura coltelli e lame.
 
Ma chiunque conoscesse Hanamichi Sakuragi sapeva che nessuno poteva scherzare o fare del male ai suoi amici, quindi con forza si separò da Kaede, uscendo dal nascondiglio e piazzandosi davanti al gruppo che lo notò subito.
Senza nemmeno pensarci, Kaede si posizionò con aria minacciosa dietro di lui.
 
“E tu che vuoi, ragazzino?!” urlò uno dei soggetti che teneva Ookusu per il collo, che gli sorrise.
 
“Se non vuoi finire come questi finocchi, ti consiglio di scappare!” aggiunse un altro ragazzo con un ghigno osceno.
 
Kaede sospirò.
 
Idioti...non sanno che ora li uccide...
 
Il corpo forte e muscoloso di Hanamichi si irrigidì, mentre si ergeva in tutta la sua altezza e potenza. Non era palpabile, non si poteva vedere...ma l’aura intorno a lui era intimidatoria ed emanava oscurità e pericolo.
 
“Dovreste scappare voi...volpe...mi occupo io della spazzatura”
 
Kaede si accigliò, ma non disse nulla: se avesse avuto bisogno di lui, l’avrebbe aiutato, mettendosi in gioco; ma ora non c’era modo di ragionare con Hanamichi, irrazionale e cupo.
Hanamichi sembrò aizzarsi tra fiamme ardenti, i suoi occhi erano taglienti e fissi su ciascuno dei maledetti volti di quegli individui disgustosi.
 
“Lasciateli” disse con voce grossa e letale, non avendo bisogno di alzarla, trasudando minaccia.
 
I tizi risero sgradevolmente prima di insultarlo per la sua presunta spavalderia; due soggetti avanzarono per impartirgli una lezione. Hanamichi, già incendiato e sul punto di lottare, ci mise venti secondi per toglierseli di dosso, perché sebbene quelli fossero forti e buoni combattenti (non per nulla avevano ferito i membri dell’Armata), non potevano competere con la sua ira.
 
Hanamichi si scagliò rabbiosamente sugli individui con calci sicuri e poderosi pugni, lasciandoli contro il muro bagnati di sangue. La violenza e la brutalità di ogni colpo erano quasi dolorose da guardare, ma Kaede comprese. Quei quattro ragazzi erano come fratelli per lui.
E nessuno poteva fare del male alla sua famiglia.
 
Gli altri quattro individui guardavano con stupore e timore l’aura pericolosa e cupa del ragazzo, ma non si tirarono indietro, pensando di essere in vantaggio con le armi.
Kaede dovette mordersi con forza, quasi facendosi uscire sangue, la guancia interna mentre osservava il suo ragazzo schivare come un ninja, un’ombra furtiva, ogni attacco dei teppisti.
Il suo cuore e il suo corpo lo spingevano ad avvicinarsi alla sanguinosa rissa, ma la sua mente diceva altro. Era la lotta di Hanamichi: era la sua vendetta, perché quei tizi avevano osato toccare i suoi amici.
 
Decise invece di avvicinarsi e assistere Noma e Takamiya, quest’ultima aveva un orribile e profondo taglio al braccio destro, che Kaede bendò e strinse con un lembo della sua camicia. I ragazzi gli sorrisero e lui rispose con una specie di smorfia. Voltando lo sguardo verso le grida e i gemiti di dolore, trovò Hanamichi che quasi sfigurava il volto di uno dei tizi: occhi, naso e bocca erano praticamente irriconoscibili sotto il sangue, i lividi e la pelle gonfia. Kaede per un momento temette che l’avrebbe ucciso, ma apparve Yohei, posando una mano ferma e gentile sulla spalla tesa di Hanamichi, svegliandolo e tirandolo fuori dalla foschia di furia e violenza.
 
“Basta, Hana...” gli sussurrò. Hanamichi, i cui vestiti erano a malapena bagnati di sudore e spiegazzati per i rapidi e violenti movimenti, si girò e scrutò il suo migliore amico, alla ricerca di ferite o tagli. “Io sto bene...ma Takamiya ha bisogno di noi” disse Yohei con aria seria.
 
Ookusu, che faticò ad alzarsi in piedi, si avvicinò ai tre appoggiati alla parete.
 
“Stai bene?” chiese a Takamiya, più pallido e sudato del normale, che riuscì ad annuire lentamente.
 
“Sta perdendo molto sangue” disse Kaede guardando tutti i presenti.
 
“Bisogna portarlo all’os-” Noma non poté finire di parlare che Hanamichi, senza problemi né smorfia, sollevò Takamiya tra le braccia e si mise a correre verso l’ospedale più vicino.
 
“Corri dritto per cinque isolati e poi gira a sinistra!” urlò Ookusu al ragazzo già quasi svanito. Gli altri quattro osservarono i tizi privi di senso e insanguinati, prima di dirigersi a loro volta all’ospedale, a un ritmo più lento. Kaede li osservò discretamente cercando segni di lesioni o danni, ma i ragazzi assicurarono che erano solo stanchi e un po’ ammaccati e che i tizi, ubriachi e in cerca di rissa, si erano avvicinati all’improvviso, cogliendoli di sorpresa e svantaggiati.
 
Pochi minuti dopo attraversarono le porte scorrevoli dell’ospedale, incontrando Hanamichi in sala attesa, in piedi e fermo mentre guardava nel vuoto. Kaede accelerò il passo e gli sfiorò delicatamente la spalla con il naso; solo allora Hanamichi si destò e li guardò sorridendo.
 
“Takamiya sta bene...non è grave, dovranno solo mettergli dei punti, bendarlo e ingessarlo...tutto grazie alla velocità di questo genio, ahahah!” rise, ma i ragazzi notarono il sottile tremito delle sue larghe spalle; sospirarono di sollievo sapendo delle condizioni dell’amico, quindi si misero intorno al loro leader e spiegarono nel dettaglio cos’avevano fatto quando si erano separati, ignorando la parte della rissa.
 
Per la prima volta Kaede non si infastidì nel non partecipare alla conversazione o di non essere al centro dell’attenzione del suo ragazzo, né di non capire alcune battute, perché ora Hanamichi era calmo e in pace (in più, mentre si sedevano, un suo braccio si posò sulle sue spalle).
 
Quando Takamiya uscì, sorridente e con il gesso che gli teneva fermo il braccio destro, tutti quasi fuggirono prima di essere interrogati sulla causa della ferita.
 
A casa, Kei quasi svenne vedendo lo stato dei ragazzi, perché pur conoscendo il gruppo del fratello, non li aveva mai visti in quelle condizioni. Con aria stranamente seria li rimproverò e distribuì alcool, iodopovidone, cotone, ghiaccio, creme e bende per le ferite.
 
I ragazzi rimasero in sala, aiutandosi a vicenda a pulire i tagli e applicare i cerotti.
Kaede era alle spalle del suo ragazzo, con le gambe intorno alla sua vita. Hanamichi gli dava la schiena, ridendo e parlando ad alta voce di cose varie con gli amici. Kaede, quando Hanamichi si era tolto la maglietta, aveva notato un brutto livido all’altezza delle scapole, quindi l’aveva esortato a sedersi per potergli applicare della crema sulla zona interessata. Stendendo la l’unguento freddo e viscoso, osservò tutti i presenti.
 
Yohei stava mettendo lo iodopovidone su uno dei tagli di Noma, mentre questi faceva gesti in aggiunta al racconto. Takamiya di tanto in tempo prendeva dei panini accanto a lui (il medico gli aveva detto di recuperare le forze), premendo con il gomito una borsa del ghiaccio contro lo stomaco di Ookusu, che stava ridendo per quello che Noma diceva.
 
La pelle arrossata sotto la punta delle pallide dita tremava quando Hanamichi rideva.
 
Niente di tutto questo sarebbe possibile se non fossi intervenuto in tempo...idiota..., pensò fissando i capelli rossi del ragazzo.
 
Come se avesse avvertito la forza del suo sguardo, Hanamichi si girò verso di lui. Lo guardò confuso, poi gli sorrise e appoggiò la schiena contro il suo petto.
 
Kaede stava per rimproverarlo per avergli macchiato la camicia con la crema, ma qualsiasi discussione fu strozzata dal bacio deciso ma dolce di Hanamichi. Un tumulto fece contorcere il suo stomaco quando infine si separarono. Kaede, in procinto di inclinarsi per rubare un bacio più caldo e con più lingua, notò gli sguardi degli altri.
 
“Il cubetto di Hana è tutto rosso!” gridò Ookusu ridendo, facendo ridere tutti, incluso Hanamichi, che non pensava che il volpino potesse arrossire di fronte ad altre persone, finché non si voltò e lo vide paonazzo.
 
“Come mi hai chiamato?” chiese Kaede con tono basso e pericoloso, ma non facendo paura a nessuno.
 
“A quanto pare è Hana a dover allentare un po’ il guinzaglio” disse Takamiya ricordando il pomeriggio caldo di diversi giorni prima.
 
Tutta l’Armata fu concorde, mentre Hanamichi gridava che nessuno dei due era un cane e che pertanto non c’era alcun guinzaglio (anche se internamente era felice che riconoscessero il suo potere). Kaede, che inizialmente non comprese il riferimento, lo capì subito dopo, motivo per cui si inclinò per rubare il piatto di Takamiya, che lo implorò, ma Kaede rispose lanciandoglielo in faccia.
 
Tutti risero, mentre il ragazzo alzava le spalle e tranquillamente recuperava i dolcetti che erano caduti.
 
Quello e i seguenti furono giorni belli per Kaede Rukawa.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: MaryFangirl