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Autore: vitt0ria_505    06/02/2022    0 recensioni
Alhena è stanca degli incubi.
Ogni notte Occhi Rossi la viene a trovare nel mondo onirico, ogni volta che Morfeo l'accoglie fra le sue braccia, ricordandole cosa è successo due anni prima. Due anni ed eppure ne annusa la morte ogni giorno. Si divide fra la scuola e le sue indagini rudimentali, mentre qualcuno le lascia un bigliettino criptico nel suo armadietto, invitandola ad un incontro notturno.
Non sa però che non è l'unica ad essere perseguitata da Occhi Rossi.
Dal testo: "Quasi ogni notte rivede quegli occhi rossi, ed era come avere Freddie Kruger ogni notte tra i piedi. Probabilmente aver lui tra i piedi sarebbe stato anche meno brutto, d'altronde, a differenza di quello, lui era solo un'invenzione cinematografica. Voleva avere solo le capacità per spegnere il cervello la notte. Voleva smettere di scappare dai suoi incubi, e dimenticare tutto. Non voleva più sentire sentire il vuoto nello stomaco, e le budella che si contorcevano."
Genere: Malinconico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Triangolo
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Aveva appena varcato la soglia di casa sua, uscendo anche dal piccolo cancello che si trovava di fronte il portone di metallo. Si avvicinava la notte, era stanca degli incubi.
Con la chiave più grande si apprestò a chiudere bene il cancello, ripromettendosi di passare qualche giorno dopo. Si sentiva quasi in colpa a passare alcune notti lontana da essa e dai suoi ricordi. Anche se la maggior parte dei giorni rimaneva disabitata, Alhena passava qualche ora a pulire e a sistemare la casa, come se forse ancora abitata da lei e dai suoi genitori. Ci stava facendo l'abitudine, ormai.
Ultimo sguardo alla casa, che invase i suoi pensieri di malinconia, e poi guardò l'orario sul cellulare. L'ora si avvicinava, e nella sua testa sembrava più che altro, si avvicinasse l'ora delle streghe. fece qualche passo indietro e si ritrovò sulla strada. Non c'era nessuno in quel suo quartiere, le poche macchine erano poste una dietro l'altra al canto dei marciapiedi. Alcune finestre erano illuminate, altre invece erano buie e fredde, rispecchiando perfettamente lo stereotipo di case disabitate. In altre parole, un quartiere, o quasi, fantasma.
Voleva sapere da chi o cosa le fosse stato recapitato quel biglietto. Aveva intenzione di andarci, subito. La scuola non distava molto da dove si trovava in quel momento, eppure le strade vuote la inquietavano, e per alleviare il suo senso di inquietudine, attivò un qualsiasi video sul suo cellulare, che implicasse qualcuno che parlava, e che più o meno le tenesse compagnia. Aveva pensato di entrare, e avanzare solo di qualche metro, nel bosco sul retro della scuola, e aspettare che succedesse qualcosa, o che venisse qualcuno. Non sarebbe uscita allo scoperto molto facilmente, non aveva molto da perdere, ma non era nemmeno una sprovveduta. Camminò per qualche metro, con un podcast in sottofondo, mentre con le mani infilate nella tasca davanti, che si attorcigliava tra le dita le cuffiette. L'ansia la stava divorando da morta, e assieme a lei anche la curiosità. Fortunatamente conosceva quella scuola come il palmo della sua mano, O almeno ciò che ricordava dell'esterno, grazie alle sue scappatelle adolescenziali. Riusciva ancora a vedere da lontano il piccolo cancello che confinava con lo spazio dedicato alla cabina elettrica esterna, ormai in disuso. Non sarebbe stato complicato riuscire, attraverso essa, ad entrare nel perimetro scolastico e inoltrarsi nel bosco. Camminò attenta a non farsi vedere da nessuno per un tempo che le parve infinito. Quasi le si mozzò il fiato per l'ansia.

Scostò il cancello arrugginito, evidentemente non veniva utilizzato da anni. Così, arrivò finalmente a destinazione, e si diresse verso l'entrata del bosco, sorpassando la grande struttura scolastica.

Cercò di far poco rumore, anche se i rami e le foglie secche e i rami sotto di lei scrocchiavano e procuravano un rumore piccolo ma ben udibile, ripetutamente. A ogni rumore, anche involontariamente procurato, si malediceva mentalmente. I suoi pian,i che comprendevano il basso profilo e il silenzio assoluto, stavano andando completamente a rotoli.

Più si avvicina e si inoltrava, più la puzza di bruciato le arrivava alle narici. E non molto lontano da lei, qualcosa nel terreno si tingeva di rosso, con una scintilla.

Si fermò, cercando di mettere a fuoco la luce rossa e arancione che, una volta ancora più vicina, era frastagliata.

Adesso che era ferma, e non si muoveva di un millimetro, i rumori provenivano dalla parte opposta.
Più guardava e più restava ferma in mezzo a quel bosco, più le tornava in mente lo scenario di quella notte, seppur ciò che si estendeva di fronte a lei non assomigliava affatto alla scena in cui si era trovata protagonista anni prima.
Piano piano, le sue ferite si stavano squarciando ancora sulla sua pelle. Sentiva le carni aprirsi e il liquido scarlatto fuoriuscire dalla candida epidermide. Ci pensò bene, era impossibile che nel suo corpo circolasse ancora del sangue. Quella notte era morta, e non immaginava altro che cenere nelle sue vene. Cenere, quello che sarebbe dovuta essere anche lei in quel momento.
Per un'attimo si immaginò lì, morta dentro quella macchina. Con la pelle deturpata e in putrefazione.

Senza accorgersene il suo respiro si fece irregolare e i suoi occhi iniziarono a Guizzare prima da una parte e poi dll'altra dell'immensa distesa di terreno. La pelle bruciava e le unghie scalfirono e solcarono la sua carne, in preda ad un spaventoso circolo di terrore, che la imprigionava a sé stessa. Il prurito sulla sua pelle le ricordava tanto gli insetti sulla carcassa di un animale morto. Le unghie, sottili di per sé, di spezzarono all'ennesimo strofinio, che lasciava sotto di sé e al suo passaggio i solchi rossi e dolorosi.

Non era vero che il tempo rimarginava le ferite. No, affatto. Aveva ragione quel tale alla stazione di polizia quella notte.
Il tempo non rimargina nulla, allontana e sbiadisce il ricordo, rende grigio il dolore, quasi come venisse allontanato dalla realtà. E non esiste solo nella sua testa. Più ricordava, più era il dolore a prendere i colori vividi della morte.
Era stata un'idiota.
Come poteva pensare di potercela fare da sola? Più se lo chiedeva e più vedeva nel vuoto dei cerchi rossi che erano riconducibili solo al suo più interno tormento.
Si appoggiò al tronco dell'albero più vicino e chiuse gli occhi. Respirare non aiutava. Bastava un secondo e smettere di respirare, trattenere il respiro, per dimenticare tutto e anche sé stessa. Eppure non riusciva a smettere di respirare, si chiese perché ne avesse così tanto bisogno, d'altronde era morta. E Non bastava. Era morta, e al posto delle viscere immaginava un agglomerato di formiche che divoravano la sua carcassa in putrefazione dall'interno; i suoi occhi in verità erano rivoltati all'indietro. Ma allora perché aveva così tanto bisogno di vita?

Oramai si era persa nel suo cervello, completamente, e non aveva più idea di come scappare dalla sua testa. Era una codarda, la via di fuga la conosceva benissimo. Questa era la verità.

Si era persa, in mezzo al nulla, tanto da non accorgersi delle voci che si facevano sempre più vicine, o alle torce che venivano puntate su di lei.

Prima di riaprire gli occhi sentì delle voci attorno a lei.

"Te lo avevo detto che non era una buona idea"
 

 

   
 
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