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Autore: Ivy001    07/02/2022    2 recensioni
One-shot su Bogotà che affronta l'inizio di una nuova vita senza la sua Nairobi.
Il titolo della storia l'ho ripreso dalla canzone di Irama di Sanremo 2022 perché ascoltandola mi ha ispirata tantissimo.
Spero vi piaccia. Buona lettura
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Nairobi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ECCO UNA MIA ONE-SHOT SU BOGOBI UN PO’ TRISTE, DIREI.

PERO’ ASCOLTANDO UNA CANZONE DI SANREMO 2022 MI E’ VENUTA IN MENTE UNA TRAMA SU QUESTO TEMA: LA MORTE DI NAIROBI E IL DOLORE DEL SUO BOGOTA’.

SPERO VI SIA PIACIUTA.

 

PER I CURIOSI, LA CANZONE IN QUESTIONE E’ “OVUNQUE SARAI” DI IRAMA.

https://www.youtube.com/watch?v=K4cPTgkYG9c&list=RDjj5ECjSKuXY&index=2

 
E OVVIAMENTE NOTERETE CHE LA ONE-SHOT PRENDE IL NOME DAL TITOLO DELLA CANZONE.

GRAZIE A TUTTI

BESITOS
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È l’alba, il sole, nella sua regalità, si alza lento ed accoglie il nuovo giorno.

Il mare, piatto e calmo, conduce i Dalì nel loro viaggio finale, quello che li condurrà alla tanto sognata libertà.

Non tutti dormono beati, godendo di momenti di ritrovata e meritata gioia.

Uno di loro, però, fatica a chiudere gli occhi e a cancellare, dai ricordi, eventi accaduti in soli sette giorni… sette giorni divenuti un lasso di tempo lunghissimo, in cui si può scoprire un amore e vederlo finire, senza neppur aver avuto modo di pronunciare un Ti amo.

Bogotà, ormai noto ai compagni nella sua reale identità di Santiago Lopez, isolatosi a poppa della nave, osserva il nulla attorno a sé.

Sono più di 24 ore che si trovano sull’imbarcazione, diretti verso la meta, nota solo al Professore, uniti e finalmente pronti a vivere tutti assieme.

Che nostalgia sapere di dover continuare una vita con i Dalì sapendo di non poterla condividere con la sua Nairobi.

Ha finto di aver superato il lutto, immergendosi totalmente nella chiusura del Piano di salvezza. Si è mascherato di una forza che in realtà, consapevolmente, non possiede.

“Non credo di aver mai sofferto così” – commenta tra se e se, aspirando il fumo dell’ennesimo sigaro. Di quel passo rischia di distruggersi i polmoni più di quanto non abbia già fatto negli anni – “Avrei dovuto salvarti! Avrei dovuto ammazzare Gandia…avrei dovuto farlo per evitarti quella fine… e per evitarla anche alla povera Tokyo”

Trattiene le lacrime, per l’ennesima volta, evitando uno sfogo che avrebbe potuto aiutarlo ad alleggerire il dolore. E invece si frena… già, e lo fa per punirsi di non essere stato in grado di agire come andava fatto!

Farsi del male arrivando allo sfinimento, è la penitenza che avverte di meritare.

Sì, sarebbe pronto a tutto, perfino a gettarsi in mare e eliminarsi per sempre, cancellando in tal modo anche la disperazione.

Già, lo farebbe… al solo scopo di riabbracciare la persona che ama.

E quando quel pensiero sfiora la sua mente, accecata dal dolore, accade qualcosa di incredibile.

In uno stato di palese sconnessione dalla realtà, Bogotà avverte una strana presenza alle spalle.

Si volta, con rapidità, temendo di doversi giustificare con qualche compagno circa la sua mancanza di sonno.

E invece non c’è nessuno.

“Avrei giurato di aver sentito…” poi si zittisce. Continua a guardarsi attorno, ma è solo. Solo esattamente come quando si ritrova in mezzo ai Dalì.

Quegli stessi Dalì che, come lui, non sono stati in grado di evitare la morte di Agata Jimenez.

Quel professore che ha pensato bene di salvare Lisbona, prigioniera di Alicia Sierra, ignorando totalmente le possibilità di intervenire anche per la salvezza di Nairobi.

Quel Palermo, quel “fratello”, causa della liberazione di Gandia.

Quel gruppo umano che sosteneva di lottare in nome di Nairobi, ma che ha dimenticato, al termine di tutto, che quella guerra era stata vinta in suo onore.

E, nonostante ciò, nonostante tanti potessero essere i rancori, Bogotà li considera a tutti gli effetti la sua famiglia.

E a una famiglia si perdona tutto. È questo che continua a ripetersi da quando sono saliti a bordo della nave.

Ad oggi, infatti, si autocolpevolizza, ritenendosi l’unico responsabile e, probabilmente, è proprio questa la ragione della sofferenza e dell’isolamento in cui si è chiuso.

Mentre rimugina sul passato, sente, nuovamente, una presenza.

Stavolta sembra davvero reale, come se una mano si fosse appoggiata sulla sua spalla e un caldo respiro fosse stato emesso a pochi centimetri dal suo collo.

Poi… ecco una voce che gli risuona nelle orecchie.

“Cosa cazzo…!” – esclama, piuttosto spaventato. Con le mani nei capelli, appura di aver perso la lucidità – “Sto impazzendo, non c’è altra spiegazione. Perché è impossibile, impossibile che sia lei…” – la sua mente vola immediatamente a Nairobi.

Se fosse la stata la gitana…

Se fosse proprio lei quella strana presenza.

O forse è soltanto la prova di quanto fosse impazzito di dolore.

Ed è allora, solo allora, che di fronte a sé, sotto i suoi occhi, si palesa qualcosa di irreale, o meglio...qualcuno.

“Ciao, amore mio” – ciò che sente e ciò che vede ha del paranormale, tanto da costringerlo a sedersi e darsi pizzicotti.

“Sto sognando! Sicuramente è così” – continua a ripetersi.

Il corpo si irrigidisce; Bogotà è paralizzato da una visione talmente bella e irrazionale, quella di una dea vestita di bianco, a piedi scalzi, adornata da numerosi anelli, e al collo la riconoscibile collana con la lente d’ingrandimento. Vedere quel dettaglio gli dà prova che si tratta proprio di Agata.

“Non è possibile” – dice, per poi balbettare parole senza senso, rivolgendosi a se stesso e alla follia giunta all’apice.

Come può vederla, se è morta?!

“Sono morto anche io? Siamo in paradiso? Nell’aldilà? O sto impazzendo e basta?” – domanda a se stesso, tentando di trovare una risposta logica.

“Bogotà” – si sente chiamare con una dolcezza tale che l’emozione non può più essere trattenuta – “Ricordi di aver detto che immaginavi di vedermi arrivare vestita di bianco?! Eccomi qui, non è per prometterti un “Si” sull’altare. È per lasciarti andare. Meriti un futuro radioso”

“Co...cosa…come…!” – Santiago è confuso, incredulo, scioccato. Non capisce cosa sta accadendo, però il suono di quella voce sta penetrando in lui e sta sbloccando un nodo emotivo che lo domina da giorni. È Nairobi a volerlo, e continua a dirgli - “Io sono qui, ti basterà pensarmi e comparirò nel tuo cuore e nella tua testa. Ma è giunto il momento di riprendere in mano la tua vita. Basta sensi di colpa. Non è tua responsabilità se è accaduto quanto è accaduto. Ora, è il momento… che tu alleggerisca la tua anima, perché tu possa aprirti di nuovo alla felicità!”

“Nairobi, non puoi essere tu, non puoi essere di fronte a me…è la mia testa, lo so, è lei la sola responsabile di questa allucinazione” – e finalmente, mentre pronuncia quelle parole, senza riuscire più a dominarsi, le lacrime gli scivolano sulle gote, con forza e desiderio di farsi sentire. È un fiume in piena, un susseguirsi di singhiozzi, di grida di liberazione, udite dal cielo luminoso, dal mare calmo, e soprattutto dai suoi amici, svegliati di soprassalto.

“Quando quel maledetto ti ha uccisa, ha ucciso anche me” – sussurra con voce ormai pacata, asciugandosi il viso bagnato dal pianto – “Ho smesso di vivere e mi sto consumando, mi sto torturando sapendoti chissà dove...”

“Ma io sono qui…con te” – la figura di Agata Jimenez, dissoltasi in pochi istanti, lascia spazio ad un eco che solo Santiago può udire e che domina la sua mente.

“Mi manchi da impazzire. Guardo l’alba ogni mattino, immaginando come sarebbe potuto essere farlo insieme. Ho faticato a trovare il coraggio di starti lontano, non immagini quanto! Poi… quando ci siamo baciati, quando ci siamo scoperti, quando sono riuscito a farti innamorare, ho creduto davvero di aver trovato il mio Paradiso” – inevitabile che il pianto ricominciasse di fronte ad un ricordo tanto intenso.

Passano alcuni minuti di silenzio, durante i quali, Bogotà avverte una sensazione di calore sulla guancia. Istintivamente si accarezza il viso, cercando di immaginare che sia la mano di Nairobi quella che sta toccando.

E così riprende e si rivolge con parole forti alla vita – “Questa maledetta esistenza è la solita puttana, che dà e illude per poi sottrarti tutto…! Tu eri il mio mondo ormai. Il mio centro di gravità, e la beffa del destino è stata allontanarti da me e allontanarmi da te!”
“Le ferite guariranno presto. Adesso è giunto il momento di accettare la sofferenza ed imparare a superarla. Non puoi vivere in balia dei Se e dei Ma. È andata come doveva andare”

“E’ andata da merda!”

“Per tutto c’è una ragione, anche per la morte, amore mio”

“Non accetterò mai di averti perduta”

Senza rendersene conto, il saldatore avverte una strana leggerezza, come se quel macigno fosse stato rimosso. Frutto, evidentemente, di uno sfogo che il corpo gli richiedeva da giorni e che lui frenava costantemente

A seguito di quella sensazione, Bogotà non riesce più a percepire la presenza della sua Agata.

C’è silenzio. Di nuovo.

Solo il mare con il suono delle sue pacate onde e qualche uccello in volo fanno da sottofondo ad un ritrovato senso di serenità.

In un modo o in un altro, Santiago Lopez sente di doverlo a Nairobi. Sente che è merito suo se lo sfogo, il pianto, le grida, gli hanno alleggerito l’anima.

“Nairobi, le lacrime che ho versato sanno di te, portano il tuo nome. E le verserò, ancora e ancora per tenerti al mio fianco. Sempre. Ovunque sarai… ovunque sarò io…. tu sarai con me! Affronterò il futuro sapendoti custodita qui” – pronunciando tali parole, il saldatore si sfiora il lato sinistro del petto, precisamente laddove batte il cuore.

L’eco di Agata svanito in quei minuti, si riconferma di nuovo: stavolta sottoforma di un caldo vento che smuove i capelli di Bogotà.

E mentre ciò accade, il saldatore la ascolta dire - “Bravo amore mio, reagisci perché la vita continua. E io ci sarò sempre! Sarò nell’aria che respiri, sarò il tempo che passa, sarò la tua luce, il sole e la luna, sarò in ogni tuo gesto, sarò per te più viva che mai. Però tu devi essere felice, e piangermi in eterno non lo renderà possibile. Perciò da adesso ti si aprirà la strada della serenità”

Immerso nelle sue sensazioni, commosso da un’esperienza dai tratti surreali, Santiago torna con i piedi per terra quando riconosce delle figure avanzare, figure in carne ed ossa.

Stavolta, però, si approccia alla realtà con una insolita e piacevole leggerezza.

I Dalì, preoccupati per averlo udito gridare, sono accorsi immediatamente.

Il primo ad avvicinarsi al saldatore non parla, ma si limita ad abbracciarlo.

È Rio.

Tra loro le parole non servono. Condividono lo stesso dolore, una perdita importante, segnata dal senso di colpa.

Questo li caratterizzava entrambi, fino a qualche minuto prima.

Adesso Bogotà riesce a respirare a pieni polmoni quella libertà meritata.

Sente di avere Nairobi di fianco e questo basta per andare avanti.

E così, appoggiato ad Anibal, Santiago gli sussurra – “Tokyo e Nairobi sono qui, e vogliono vederci felici. Penso che farci spalla l’un l’altro sia un buon inizio per affrontare positivamente il futuro” – con tenerezza paterna, Bogotà gli dà una pacca sulla spalla.

“Ho la sensazione che non sarà così semplice” – commenta, amareggiato, il ragazzino.

 “Le ferite guariranno presto, ma è giunto il momento di accettare la sofferenza ed imparare a superarla. Non puoi vivere in balia dei Se e dei Ma” – ripete le parole udite da quell’eco che lo ha riportato in se.

“Dove trovi questa forza?” – chiede, commosso, Cortes.

“Nella certezza che, ovunque sarò, lei sarà con me!” – volgendo lo sguardo in cielo, accenna un sorriso, finalmente sereno.

Riprendendo tutti la loro quotidiana permanenza a bordo della nave, si accingono a far colazione.

Ed ecco che accade qualcosa che lascia Bogotà senza fiato…nuovamente!

Si accorge di avere qualcosa nella tasca del suo maglione.

Tira fuori da lì un oggetto che lo spiazza.

Tra le sue mani ora si trova la collana con la lente d’ingrandimento. La collana che Nairobi indossava.

Una lacrima gli riga il volto in tale istante; è un segnale forte quello che gli ha appena lanciato il destino.

Così indossa quello che apparteneva a Nairobi e forte di aver vissuto davvero una situazione dai tratti surreali, può ritenersi l’uomo più fortunato del mondo.

Lei c’è…lei è vita…lei gli è di fianco… e quella è la prova.

 

 

 

   
 
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