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Autore: Fauna96    08/02/2022    1 recensioni
Ma Ciri si voltò verso di lui di scatto. «Allora sei davvero il bardo. Mi sembrava di aver capito, ma poi uno dei nani ti ha chiamato visconte, e io in ogni caso pensavo fossi morto, quindi…»
«Lascia stare il visconte» Jaskier fece una smorfia. Poi, il cervello metabolizzò il resto delle parole. «Morto? Chi te l’ha detto? Sei… sicura di sapere chi sono?» In effetti Geralt, sempre loquace, li aveva sbattuti insieme senza troppe spiegazioni neanche per la ragazzina. Tipico di Geralt.

Ambientata tra la 2x07 e la 2x08; in cui un bardo (e spia part-time) e una principessa esiliata, (apprendista) striga e (apprendista) maga riprendono fiato, e ferite vecchie e nuove vengono alla luce.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Cirilla di Cintra, Jaskier/Ranuncolo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You'll make me brave'
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NdA: Ebbene sì, ho creato la serie. Vediamo dove ci porterà. Tutti i titoli sono presi da Ruin dei nostri Amazing Devil.
Questa storia è ambientata durante il viaggio di Jaskier e Ciri per Kaer Morhen, che mi rifiuto di credere fosse dietro l’angolo, quindi hanno dovuto fermarsi; nella mia ottica, i nani li hanno accompagnati per un pezzo, ma chiaramente non avevano voglia di inerpicarsi per le montagne, visto che poi non c’erano a Kaer Morhen.
Netflix, era troppo chiedere un momento tra Jaskier e Ciri? Avrebbero così tanto di cui parlare… Sempre nella mia visione, Ciri qui non è ancora posseduta, o meglio, Voleth Meir non ha ancora preso possesso del suo corpo e mente; è già dentro, ma ho immaginato prenda il controllo una volta arrivati a destinazione.
Siamo chiaramente in pieno angst: come è stato sottolineato da molti, Jaskier appare davvero esausto in questa stagione, più che arrabbiato, e volevo davvero battere su questo. Ho anche pensato molto se inserire o no il fatto che Jaskier sappia che Dijkstra è il suo “anonimo benefattore”, e infine ho deciso di sì. Ho intenzione di dar pieno sfogo a Jaskier come spia nella prossima puntata (ehehhe).
Che dire, buona lettura, e se volete parlare di questa storia, di questi idioti o altro, mi trovate su Tumblr!


 
Like a wound
 
Cirilla si fermò solo perché Yarpen Zigrin le sbraitò dal carro che, se non avesse azzoppato lei il cavallo correndo come una pazza, ci avrebbe pensato lui, perché era stanco e aveva fame; ma prima avrebbe tirato qualcosa in testa anche a lei.
Cirilla guardò tutti loro con occhi di fuoco, che forse, in circostanze diverse, sarebbero stati impressionanti, ma Yarpen e i suoi ragazzi non erano esattamente cortigiane. Quanto a Jaskier, era piuttosto distratto dal male al culo (e alle dita) per preoccuparsi di un’adolescente arrabbiata. E comunque, aveva sopportato i ringhi e le occhiatacce di Geralt quando era un moccioso poco più grande di lei, quindi c’era ben poco che potesse intimidirlo.
«Ci fermeremo qui, per la notte» annunciò Yarpen. «E dall’alba, lei è affar tuo, bardo. Buon divertimento» sghignazzò.
 
I nani prepararono il campo. Jaskier strappò di mano la pentola a quello che aveva l’aria di voler cucinare (Lucas Corto? Ah no, si era sposato) e prese le redini del reparto vivande. Tutto, tranne quell’atroce stufato del pomeriggio.
Cirilla non si unì alla compagnia rumorosa che faceva onore con baccano e rutti alla cucina di Jaskier: rimaneva fuori dal cerchio del fuoco, testardamente attaccata al cavallo.
Jaskier sospirò. Una piccola striga, non c’era che dire.
«Di’ un po’, Visconte, non sapevo che insegnassero agli stronzetti viziati a cucinare».
«Prova a viaggiare vent’anni con un uomo che, se potesse, mangerebbe erba come il suo cavallo, e vedrai che succede».
Yarpen Zigrin rise forte, e Jaskier stesso abbozzò un sorriso sincero, uno di quelli che ultimamente faticava sempre più a trovare. Curioso che fossero le persone più inaspettate a strapparglieli: ora il nano, prima Yennefer…
Aveva nella mente i suoi occhi tristi e spaventati. Sì, probabilmente stava tramando qualcosa e sì, probabilmente aveva fatto un patto con la vecchia strega della capanna, qualunque fosse il suo vero nome, ma gli aveva salvato la vita. Ed era stata sincera sulla sua magia, Jaskier lo sapeva: non puoi passare tanto tempo a odiare una persona senza studiarne a fondo le espressioni facciali.
«La piccola non ha mangiato nulla» notò Yarpen, indicando con il mento la sagoma di Ciri.
«No» sospirò Jaskier. «Le ho tenuto da parte qualcosa. Se vorrà, potrà venire a prenderlo di nascosto, così non dovrà abbassarsi al grande disonore di mangiare ed essere vista da noi».
Di fronte allo sguardo di Yarpen alzò le spalle. «Vent’anni di esperienza, ricordi?»
«Come se l’è ritrovata tra i piedi?»
Jaskier si aspettava quella domanda, più che legittima, tra l’altro. «Temo di non poter rispondere, mastro nano» rispose, con tutta la buona grazia che gli era rimasta.
«Non puoi o non vuoi? Ah, lascia stare, non sono affari miei. Piuttosto, perché non ci canti qualcosa?»
I nani espressero il loro entusiasmo battendo forte i cucchiai sulle ciotole. I polpastrelli di Jaskier mandarono una fitta.
«Signori» tentò di schermirsi «come avrete notato, sono, ahimè, rimasto senza strumento. E un bardo senza strumento è come-»
«Stronzate!»
«Dai, canta quella della figlia del pescatore!»
Lo fece. E fu… bello, cantare qualcosa di sciocco, che non avesse in sé grande sofferenza o amore, ma solo una melodia allegra. I nani gli vennero dietro a squarciagola, Jaskier usò tutti i cucchiai a sua disposizione, e fu quasi come i vecchi tempi. Quando la guerra era un pensiero quasi inesistente e lui era pieno di entusiasmo e allegria, e amore. Se inclinava la testa, poteva quasi far finta che in quell’ombra fosse nascosto Geralt, che fingeva di non ascoltare. Ma non si poteva non ascoltare La figlia del pescatore, e ai tempi a Jaskier era piaciuto pensare che persino Geralt, ogni tanto, si sorprendesse a battere il tempo con le dita.
 
Fu solo quando il fuoco si era abbassato e gli schiamazzi dei nani con esso, che Cirilla si decise a lasciare la sua zona d’ombra. Aveva gli occhi duri e le labbra strette.
Jaskier le aveva tenuto in caldo una ciotola; riscuotendosi dal dormiveglia, gliela passò senza dire nulla, perché, contrariamente alle credenze popolari, sapeva quand’era il momento di tacere.
Ma la ragazzina esitò; lo guardò con occhi verdi identici a quelli di sua madre e disse: «Grazie. Non avresti dovuto». Prima che Jaskier potesse rispondere, aggiunse in fretta: «Mi dispiace di non essermi nemmeno presentata, prima. Sono Ciri».
Oh. Chiaramente Jaskier si era sbagliato: la piccola non era del tutto tale a suo padre, dato che sapeva scusarsi in maniera decente e in un lasso di tempo accettabile.
Le sorrise con tutto il calore che riuscì a estrarre dal suo povero cuore. «Ciri, non devi scusarti. Suvvia, mangia, non ci pensare. Eri esausta, e lo sei ancora, credo. Mangia».
Ciri accettò la ciotola e si sedette accanto a lui, lanciandogli un mezzo sorriso, muovendo appena l’angolo della bocca. Lo faceva anche Geralt.
O forse era solo Jaskier che vedeva quel che voleva vedere. Buffo come l’amore ci renda idioti, come basti una domanda, un’intonazione di voce, un gesto a farci cadere con la faccia nel fango. Di nuovo.
«Sei ferito?»
La domanda di Ciri lo fece trasalire. Abbassò lo sguardo e si rese conto di stringere involontariamente al petto la mano ustionata. La lasciò andare.
«No. Cioè, sì, ma ormai è vecchia. Sta guarendo». Sarebbe già guarita se non fosse stato sbattuto in cella circa un minuto dopo essere stato messo sulla brace.
«Com’è successo?»
Jaskier esitò. «Qualcuno che non apprezzava troppo le mie canzoni» la battuta non gli uscì bene. Ciri continuava a fissarlo con un’aria a metà tra lo scettico e il preoccupato; non sapeva darle torto, dopotutto.
«A Kaer Morhen c’è Triss. È una maga, mi ha guarito, credo possa fare qualcosa per la tua mano».
Triss? Triss Merigold? Jaskier l’aveva incrociata forse un paio di volte: un volto aperto, lentigginoso e una risata contagiosa. Adorabile, nonostante frequentasse compagnie poco raccomandabili (che poi erano le stesse di Jaskier, ma che lui fosse un caso disperato era già noto). Aveva ricucito Geralt, una volta, anni prima.
«Comunque non importa. Senza liuto, non c’è molto che possa fare, ferita o non ferita».
Non aveva avuto intenzione di lagnarsi, davvero. Non di fronte a Ciri, o nessun altro, ma quelle parole erano fuoriuscite di loro volontà. Era ridicolo, ma più delle piaghe gli bruciava pensare al suo povero strumento in pezzi sul molo di Oxenfurt. Probabilmente era già finito nel camino di qualcuno, bruciato come le mani del suo proprietario.
Ma Ciri si voltò verso di lui di scatto. «Allora sei davvero il bardo. Mi sembrava di aver capito, ma poi uno dei nani ti ha chiamato visconte, e io in ogni caso pensavo fossi morto, quindi…»
«Lascia stare il visconte» Jaskier fece una smorfia. Poi, il cervello metabolizzò il resto delle parole. «Morto? Chi te l’ha detto? Sei… sicura di sapere chi sono?» In effetti Geralt, sempre loquace, li aveva sbattuti insieme senza troppe spiegazioni neanche per la ragazzina. Tipico di Geralt.
«Sei il bardo che viaggiava con Geralt, no?»
«Sì, sono Jaskier, ma-» Oh. Certo. Il cuore di Jaskier, che nelle ultime ore aveva tentato timidamente di fare capolino, si gettò di nuovo a capofitto nel baratro. Chi altri poteva aver detto a Ciri che aveva tolto definitivamente il disturbo? Chi altri avrebbe parlato a Ciri di lui?
«Te l’ha detto Geralt. Che ero morto».
«No! Cioè, non proprio» Ciri lo guardava, ora palesemente preoccupata. «Io… una volta ho chiesto a Geralt di raccontarmi dei miei genitori, e perché lui si trovasse a Cintra la sera del loro fidanzamento; e mi ha detto che era finito là per fare un favore al bardo che viaggiava con lui».
Be’, vero. Ma… «Ma ti ha detto che ero morto?» gracidò Jaskier. Uh, se Valdo Marx avesse sentito la sua voce ora, avrebbe fatto le capriole.
«No, ma quando ti ha nominato… era triste. Davvero triste, e io ho pensato che fossi morto. Ha detto due parole su di te e poi si è messo a fissare il fuoco».
Jaskier lottò tenacemente contro la misera e patetica speranza che gli risaliva in petto. «Oh, ma quello è Geralt normale, fidati. Fissare imbronciato il fuoco è quello che gli viene meglio, dopo sconfiggere mostri e salvare principesse, ovviamente».
Ciri continuava a trapassarlo con il suo sguardo penetrante, fin troppo simile a quello calcolatore che aveva notato un paio di volte sul volto di Calanthe, quella notte di tanti anni prima.
«Non credo» disse lei infine, ma non aggiunse altro.
Rimasero seduti in silenzio, a fissare le braci morenti, esattamente come avrebbe fatto Geralt. Che graziosa scenetta.
Quando non ne poté più, Jaskier sospirò, si stiracchiò e cercò di convincere Ciri a dormire. «Starò sveglio io» le promise. «Non riuscirei a dormire comunque». Non senza prima ingollare una robusta quantità di alcol che mettesse a tacere i pensieri, e non gli pareva davvero il caso.
Ciri, incredibilmente, gli obbedì senza protestare. «Si vede che non riesci a dormire da parecchio» borbottò, e Jaskier sorrise alla sua schiettezza.
«Se ci sono letti a Kaer Morhen, cercherò di recuperare».
Ciri bofonchiò un ‘più o meno’ mentre si aggiustava la coperta, poi tacque. Quando ormai Jaskier pensava si fosse addormentata, la sentì parlare ancora, piano piano: «Era davvero triste. E… non credo ti abbia scelto a caso per portarmi a Kaer Morhen. Si deve fidare molto».
Jaskier non riuscì a risponderle. Forse non c’era niente da dire. Dopotutto, certo che si fidava di lui, cosa c’era da non fidarsi? E poi, parliamoci chiaro, era l’unica persona dotata di un po’ di buonsenso e che non avesse intenzione di sacrificare la bambina a un antico demone. Era stata una scelta obbligata.
Sulla tristezza di Geralt… Bah. Non aveva forse detto (borbottato, ringhiato, sbraitato) più e più volte quanto fosse fastidioso il chiacchiericcio costante di Jaskier? La presenza costante di Jaskier? Bene, che rimanesse triste quanto voleva.
Ma il problema non era Geralt.
Jaskier sospirò: ecco a cosa serviva il vino. A scordare il fatto che in realtà il problema stava in quegli stupidi, stupidi sentimenti che si ostinavano a restare anche dopo essere stati presi a calci per vent’anni. Che Geralt l’avesse trattato come un cane, be’, non c’erano dubbi. Ma lui, Jaskier, che non era neanche stato in grado di insistere, di pestare un piede, solo perché Geralt aveva bisogno di lui? Anzi, non era nemmeno stato in grado di accettare quella misera scusa senza buttarla su una stupida battuta. Patetico. Ma era quel che ci si aspettava da lui, e l’aveva fatto. Ora avrebbe accompagnato Ciri su per le montagne (sempre quelle dannate montagne) e poi avrebbe quietamente tolto il disturbo. Be’, forse prima avrebbe chiesto a Triss Merigold di guarirgli la mano. Forse avrebbe aspettato che Geralt e Yennefer fossero tornati, perché sapeva che sarebbero tornati, insieme. E lui sarebbe stato lì, testimone e narratore, una voce che raccontava senza mai intervenire, senza mai provare emozioni sue. Perché era questo che ci si aspettava da lui.
In un lampo nauseante, ricordò che altre persone si aspettavano qualcosa da lui, ad esempio un rapporto. Sapeva che le giornate passate in cella apparentemente dimenticato erano state per gentile concessione di Dijkstra, ma gli era poco chiaro come interpretarle. Forse una punizione, o un avvertimento; forse era la maniera di Dijkstra di fargli prendere una vacanza (come no. Ma quell’uomo probabilmente non conosceva il significato della parola in sé, quindi non era del tutto da escludere). Si augurava solo che l’arrivo di Geralt fosse stato un caso fortuito, una piccola cosa che non era stata prevista. Se l’avevano seguito fin lì, se avevano visto la principessa…
Ciri si lamentò nel sonno; Jaskier si strinse le mani per fermare il tremolio, ignorando il dolore. Pensò ad altro, agli sguardi speranzosi degli elfi, ai bambini che gli sorridevano timidamente, a Geralt che inclinava la testa confuso… Cazzo.
«Che coglione» bofonchiò tra i denti, senza sapere se riferirsi a se stesso o allo strigo. Dopotutto lo sapeva che Geralt non era la persona più ferrata sui sentimenti, proprio e altrui. In verità, gli aveva dimostrato in qualche ora molto più affetto che in vent’anni e… Era Jaskier che si tirava indietro. Si tirava indietro perché voleva di più, ma non l’avrebbe mai avuto, ed era così stanco di accontentarsi.
Inaspettatamente, gli tornò alla mente Yennefer il giorno in cui si erano conosciuti, gli occhi colmi di un desiderio insaziabile.
L’aveva quasi saziato, lei, che era potente, padrona del caos: solo quasi. Jaskier, invece, era solo uno stupido bardo, debole e col cuore a pezzi, e così stanco, stanco…
 
I am weak, my love, and I am wanting…
 
Le due cose non si erano mai escluse a vicenda.
  
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