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Autore: anachronism_    09/02/2022    0 recensioni
Trecento parole, sai, trecento meri dubbi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Trecento parole, sai, trecento meri dubbi.
Non come l’acqua che scivola sulla tua felpa grigia, i tuoni che risuonano nel livido cielo che detesti quanto la città di merda in cui sei; ma come il mondo finisce per inghiottirti in questa angosciante distesa di nulla. Calmo, talmente tanto da farti star male.
Trecento come il numero scritto sulla bolletta della luce nella cassetta postale, trecento come le sottrazioni che contavi con la faccia sul quaderno o le calorie sopra al pacchetto di alimenti in dispensa.
 Ricordavi d’esser uscito di casa a mezzanotte in punto, in punta di piedi.

Il tuo mazzo di chiavi era seppellito in una delle tasche del primo pantalone che hai trovato. Sapeva di pulito, era appena stato ritirato.
Sgualcito, ma non t’importava.
Mamma t’avrebbe ammazzato, papà t’avrebbe urlato d’essere una delusione.
L’indomani si sarebbe scusato, porgendoti una banconota per “andar a far merenda”.
 Non ti piaceva andare a far merenda, e non ti piaceva nemmeno tuo padre.

Non ti piaceva l’irrazionalità data dalla paura di perdere qualcuno, perché la stessa l’avevi tu: e ti limitava in molteplici ambiti.
Non ti piaceva nemmeno suonargli ogni santa volta il piano per farlo essere miseramente, biecamente fiero di te. Non ti piaceva essere uno di quei motivi di vanto, il figlio svampito e perfetto.
 Non hai mai amato l’opportunismo.

 Ti mette in posizione di sconforto sapere che le persone che ti amano non lo sappiano. Tutto quello che sanno è che hai girato ad uno di quei incroci, casualmente. Hai sbandato, e sei finito contro un paio di persone.

Da lì, poveri loro, non hanno mai saputo proprio nulla perché ti sei dissipato in mezzo la folla serale di una normale ambia cittadina.
 La libertà premeva le viscere, anche se nelle tenebre.

 E alcune di quelle persone avevano espressioni del tutto accigliate, probabilmente facevi paura.

 Che guardavi le tue mani, bianche come la pallida luna che ti salutava dal cielo accanto. La distesa di stelle che potevi toccare, quel respiro che potevi ancora sentire. Nonostante stesse diluviando, nonostante stessi correndo.
Quando le parole non bastavano, ti chiudevi a guscio facendo due passi indietro e il torbido sporco della gente accanto a te graffiava la gola, rendendoti difficile respirare.
 – E che ho fatto io, per meritarmi questo? – ti domandavi – Sono solo uno nato in una famiglia sbagliata, con la testa sbagliata, nel posto sbagliato. –

La libertà ti faceva trasalire, essere libero ti faceva volare nel bel mezzo del fuoco ardente. Ma essere liberi è meglio che avere le ali tarpate.
 Vola, finchè sei in tempo. Finchè il tuo cuore non cessa di battere, finchè il tuo amore non cessa di esistere.

 Non sai che nome hai, non sai come sei finito qui.

Ma il fato può abbandonarti,
ed essere terribilmente crudele.
   
 
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