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Autore: Nina Ninetta    10/02/2022    5 recensioni
[Prima classificata e vincitrice del premio "Scontro Entusiasmante" al contest “La Dama del vento” indetto da Spettro94 sul forum di EFP”]
Dama del vento, presagio di morte, braccia ansiose di afferrare un’anima innocente e strapparla alla vita, è una maledizione che infesta ogni reame del Continente Abitato. La regina Deme ha convocato un potente mago dell’accademia affinché epuri questa minaccia una volta per tutte, assieme a una guarnigione scelta di guerrieri provenienti da ogni angolo del mondo. L'Arcimago Volkàn ha scelto il suo prediletto, ma qualcosa va storto e un altro mago prenderà il comando della missione, perlomeno all'inizio di questa avventura...
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VII.
 


 
Osihria, Capitale del Regno Magico, Accademia dei Maghi ₰

Da diversi minuti attendevano ansiosi e annoiati nella sala dell’Accademia. Quando si erano presentati alle porte del palazzo di cristallo, le guardie magiche di turno li avevano condotti lì, dicendo loro di aspettare.
Edgemas teneva ancora nel sacco il cuore della Dama, non se ne era separato un attimo per tutto il viaggio di ritorno, il quale era stato decisamente meno movimentato di quello di andata. Avevano preso scorciatoie, evitando di avvicinarsi in maniera eccessiva alle capitali dei regni attraversati. Volkàn era stato chiaro quando lo aveva incaricato (una vita fa) di portargli personalmente il cuore della Morte di Bianco Vestita.
Finalmente le porte si aprirono e a uno a uno sfilarono i re dei Regni Alleati: Charlotte fu la prima, sempre imponente nel suo abito lungo aperto sul davanti e la gorgiera rigida intorno al collo, con i capelli biondi e ondulati a farle da cornice; seguì Namor tirato a lucido come non mai, vestito completamente di nero, l’ascia luccicava sul fianco sinistro, i capelli lunghi raccolti sulla nuca, la barba curata; toccò poi alla regina Deme, bellissima come di consueto, il vestito lungo e ingombrante tipico di una grande imperatrice, i capelli castani cadevano sciolti lungo la schiena, intrecciati solo sulla sommità della testa, l’unica con un’espressione di curiosità dipinta sul viso. Infine si palesò Volkàn, l’Arcimago, con il solito vestito chiaro, il bastone stretto in una mano gli faceva da supporto, il Diamante incastonato luccicava di un bianco innaturale.
I componenti della squadra che essi avevano scelto per quella missione si chinarono, fatta eccezione per i due maghi e Da’miàn. Fu Edgemas il primo a parlare e a farsi avanti, mostrando il bottino che teneva nel sacco di iuta:
«La Dama è morta.»
Silenzio, poi:
«I miei nipoti, dove sono?» Intervenne il sovrano di Kratøos, quando Drew gli porse le due armi che erano state di Jey e Joy, scuotendo il capo. Namor annuì, senza aggiungere altro, mentre prendeva con sé le asce. «Mi auguro che la loro sia stata una morte degna di un vero guerriero di Kratøos.»
«Assolutamente» concluse il corazziere gentiluomo. Era inutile raccontargli la verità, il finale non sarebbe cambiato comunque.
«Mia regina…» cominciò Becky rivolta a Charlotte, «Shayna è caduta».
La sovrana di Scizia strinse i pugni, annuendo, quindi guardò Beanka, alla fine si era unita alla compagnia, ma su questo non aveva mai avuto dubbi.
Volkàn batté il bastone sul pavimento di cristallo, richiamando l’attenzione dei presenti.
«Avete fatto un buon lavoro, sarete ricompensati e i vostri nomi risuoneranno in ogni angolo del Continente Abitato. Tutti conosceranno le vostre gesta, se ne parlerà per secoli, i libri di storia citeranno i grandi guerrieri, i maghi e le donne di Scizia che hanno fermato la piaga mortale del nostro tempo». Nessuno replicò, quindi continuò:
«Edge, porgimi il cuore della Dama, sarà preservato qui, nell’Accademia.»
Charlotte scoppiò in una risata fragorosa:
«Saggio Volkàn, mi chiedo perché il cuore debba essere conservato proprio qui, dove ci sono decine di maghi che potrebbero… come dire: approfittarne.»
Di nuovo l’Arcimago martellò il proprio bastone sul pavimento, con maggior vigore.
«Cosa stai insinuando, amazzone?»
«Il cuore verrà custodito nelle segrete del mio castello» intervenne Deme, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, completamente rapita da quell’organo pulsante che pareva chiamarla.
I guerrieri che avevano sconfitto la Dama si guardavano perplessi, si sarebbero aspettati urla gioiose e grandi feste, invece i loro signori sembravano sul punto di far scoppiare una guerra mondiale.
«Il cuore va distrutto» la voce di Edgemas campeggiò su tutte le altre. Lo fissarono.
«Sono d’accordo» Becky si fece avanti, dopo la dipartita della Dama aveva ritrovato la sua grinta.
«Anche io», le fece eco Beanka.
«Vale anche per me.» Disse Rhia senza remore.
«E per me.» Drew strizzò l’occhio all’amazzone dai capelli rossi e lei sorrise.
«Il Regno del Vento vorrebbe lo stesso. È troppo pericoloso non disfarsene», argomentò Da’miàn.
«Io non sono d’accordo». Seth fece un passo avanti e guardò il cuore vivo tra le mani di Edgemas. «Perché distruggere un oggetto così potente? Un giorno potremmo aver bisogno del suo potere per sconfiggere un nuovo nemico. Un demone infernale magari, o chissà quale mostro».
I suoi compagni lo fissarono con occhi sgranati, non erano quelli i patti che avevano preso durante il viaggio di ritorno. Avevano combattuto contro la Dama, si erano misurati con la sua forza e il suo odio e quasi ci avevano perso le penne, conoscevano quindi la furia devastatrice di cui era capace, tenere intatto quel cuore era una vera follia!
Deme afferrò il suo abito e discese i pochi scalini che la separavano dal cuore pulsante, quindi si avventò sul Mago Vikingo facendogli scivolare l’oggetto sul pavimento. La regina di Osihria si inginocchiò carponi e afferrò il cuore, gli occhi erano spalancati per la meraviglia di tenerlo fra le mani, le dita si sporcarono di sangue fresco. Aprì la bocca, pronta ad addentarlo, qualcuno urlò di fermarsi immediatamente, poi un pugnale le si conficcò nella schiena. Il grido di dolore della sovrana si strozzò in gola, inarcò le spalle e scivolò tra le braccia del suo assassino. Fissò il sovrano di Kratøos negli occhi, mentre questo le sorrideva di rimando, bello e pericoloso come lo era sempre stato.
«Adesso resterai giovane e meravigliosa per l’eternità» le disse con la sua voce pacata, calda e rassicurante. Deme emise l’ultimo roco respiro, poi rimase immobile, gli occhi aperti su di lui, il quale glieli chiuse sfiorandole le palpebre, infine con garbo l’adagiò sul pavimento e si rimise in piedi.
«E così dunque finisce anche la dinastia dei Taliesin» affermò, mentre una mano correva al manico dell’ascia, l’altra invece pronta ad afferrare il cuore ai suoi piedi. Charlotte corse nella sua direzione e afferrandolo per la vita lo travolse, finendo entrambi distesi sul pavimento.
«Stanno così le cose, alla fine…». Volkàn sollevò appena il bastone, il Diamante si illuminò e le quattro porte d’ingresso della sala vennero blindate da lastre di ghiaccio spesse quanto le pareti di una grotta.
Beanka e Rhia sguainarono le rispettive armi, mettendosi spalla contro spalla.
«Cosa dobbiamo fare, Edge?» Chiese l’amazzone con la lunga treccia, il Mago non rispose, non lo sapeva neanche lui.
Da’miàn indietreggiò di qualche passo mentre tendeva l’arco, pronto a scagliare la prima freccia contro chiunque avesse tentato di impossessarsi del cuore della Dama: la priorità era quella. Gli amici potevano trasformarsi in nemici e viceversa.
Intanto, il sovrano di Kratøos aveva ribaltato la situazione e adesso teneva Charlotte con la schiena contro il pavimento, con lui addosso. Sebbene la regina di Scizia fosse alta e possedeva un fisico allenato, muscoloso, Namor la sovrastava in peso e centimetri. Sollevò il braccio che impugnava la scure, il suo viso era un misto di rabbia e follia, avrebbe calato il colpo e ammazzato Charlotte senza pietà se Becky non fosse intervenuta, trascinandolo sul pavimento con sé. L’ascia volò qualche metro più in là, il regnante schiaffeggiò il generale amazzone e riafferrò la sua arma, quindi la calò sull’amazzone che riuscì a parare il colpo con la propria spada.
Namor, sopra di lei, spingeva la lama affilata sempre più, Becky era distesa sul pavimento di cristallo, tenendo lo stocco con entrambe le mani: le dita di una chiuse intorno all’elsa; le altre invece stringevano la lama che ormai le aveva scavato nella carne. Un rivolo di sangue iniziò a scorrerle lungo il braccio, non avrebbe resistito a lungo, l’uomo era troppo forte e il dolore pulsante.
Udì la voce di Drew giungere da lontano, poi un calcio ben assestato in pieno volto fece volare all’indietro il sovrano di Kratøos che atterrò sulla schiena qualche metro più lontano. Di nuovo il monarca perse l’ascia e questa volta non riuscì a riacciuffarla, poiché il guerriero gentiluomo, colui che aveva ingaggiato personalmente per quella missione, lo tenne giù poggiandogli un piede sul petto.
«Tu sei stato pagato da me!» Urlò il re, aveva il viso imbrattato di sangue che sgorgava dal naso.
«E ho concluso la missione come da contratto. Questa è un’altra storia. Vattene e sarai salvo» gli disse Drew allentando la presa, indietreggiò piano, fino a dargli le spalle. Tuttavia, Namor impugnò entrambe le armi che erano state dei suoi nipoti, non senza fatica si mise in piedi pronto a colpire il corazziere alle spalle.
«Drew!» La voce di Becky gli giunse chiara e argentina. Il guerriero mercenario si voltò con lo spadone sguainato, la lama si conficcò quasi completamente nelle viscere del sovrano di Kratøos, la cui dinastia sarebbe terminata con lui, adesso ne era sicuro.
Namor si accasciò sulle ginocchia, si tirò via la spada urlando dal dolore, infine cadde all’indietro tenendosi una mano sullo squarcio aperto nel ventre, gli occhi spalancati rivolti al cielo azzurro sopra la sua testa. Infine spirò.
«Oh, sante amazzoni di Scizia! Drew è il nuovo sovrano di Kratøos» disse Beanka.
Per un attimo tutti i presenti lo guardarono esterrefatti, mentre lo stesso corazziere gentiluomo continuava a fissare il suo re senza vita, disteso ai propri piedi: cosa diamine aveva fatto?
«Volkàn!» Lo chiamò Charlotte, rimettendosi in piedi. «Sei solo adesso, non vorrai combatterci tutti?»
«Vuoi farmi credere che tu non sei attratta dal potere del cuore?»
«Non ho bisogno di un artefatto per sentirmi potente, mago! Sono regina di un regno, ho schiere di guerriere fedeli al mio fianco, non mi serve altro!»
Rhia e Beanka batterono le mani, orgogliose della propria sovrana.
«Io desidero di più!» Esclamò l’Arcimago, brandendo la sua arma con entrambe le mani, la pietra si illuminò ancora, volse lo sguardo verso l’alto, saette violacee si radunarono intorno alla sua persona.
Da’miàn lo puntò, ma prima che potesse scoccare la freccia, una sfera infuocata colpì il vecchio mago dritto al ventre. Questo vacillò, l’incantesimo si interruppe, meravigliandosi che fosse stato Seth ad attaccarlo per primo e non Edgemas.
L’occultista rise forte, la sua solita risata finta e forzata, di un folle.
«Facciamo così, gente», iniziò. «Poiché non riuscite a trovare un accordo, per ora il cuoricino viene via con il sottoscritto.»
«Seth!» Il richiamo di Edgemas tuonò nella sala.
«Che c’è? Pensa al potere che potremmo ottenere…». Ma quando il Mago Vikingo non rispose, l’occultista si adirò. «Vuoi combattere? Hai sempre e solo voluto questo, vero Edge? Farmi fuori, uccidermi, lottare uno contro uno per misurare la tua forza.»
«Non voglio combattere contro di te» disse Edgemas, eppure, ormai, temeva che il dado fosse tratto.
Nel frattempo, Volkàn si stava rimettendo in piedi. La regina di Scizia richiamò l’attenzione delle sue guerriere, le quali compresero al volo e circondarono l’anziano puntandogli contro le loro armi. L’Arcimago si accasciò con la schiena contro il muro, arrendendosi – almeno in apparenza.
Seth si mosse di lato, allerta, senza distogliere gli occhi da quelli di Edgemas, mentre si avvicinava al cuore, ancora fermo al fianco del cadavere della regina Deme. Con movimenti rallentati al massimo, quasi si trovasse di fronte a una bestia e dovesse fare attenzione a non fare scatti bruschi, si chinò allungando una mano.
«Se solo sfiori quel cuore, giuro che t’ammazzo!» Edgemas impugnò al meglio il suo bastone, il Rubino iniziò a brillare tenue.
Seth ampliò il sorriso, mostrando tutti i denti e la lingua, mentre posava l’intero palmo sul cuore pulsante della Dama del Vento.
Edgemas gli scagliò contro tre sfere infuocate, Seth si alzò di scatto proteggendosi con uno scudo approssimativo che si frantumò subito.
«Smettetela!» Urlò Da’miàn.
«Seth, non fare l’idiota! Edge, anche tu…» Drew fece per avvicinarsi a uno dei due, ma si tirò indietro comprendendo che quelli non si sarebbero arrestati fino a mettere la parola fine. Era una battaglia rimandata da troppo tempo, un’avversità cresciuta negli anni e alimentatasi fino a straripare.
Seth batté il proprio bastone sul pavimento per tre volte, e altrettanti scoppi si verificarono ai piedi dell’elementalista, scaltro a deviare le prime due, ma non l’ultima che lo fece rotolare per un paio di metri. Il suo mantello grigio, già usurato, fumava dai lembi. A fatica si rimise in piedi, puntellandosi sulla propria arma. Seth gli lanciò contro spuntoni di ghiaccio che questa volta il Mago Vikingo fermò innalzando dinnanzi a sé una parete di roccia. La risata di Seth riecheggiò nella stanza, sovrastando anche le voci dei suoi compagni di viaggio che lo supplicavano di smetterla, di fermarsi, poiché quella battaglia non aveva senso di esistere dopo tutto quello che avevano passato.
Edgemas riuscì finalmente a mettersi in piedi, toccò il pavimento di cristallo con il suo bastone e due enormi mani di roccia sbucarono dal nulla, stringendo Seth in una morsa. L’occultista aveva provato a ripararsi in una cupola fatta di ghiaccio, ma la forza magica del Mago Vikingo aveva surclassato la sua, infrangendo lo scudo e afferrando Seth. Le mani pietrose stringevano, sempre più, lo avrebbero stritolato.
«Forza mago, hai vinto! Fallo, Edge, uccidimi!»
«Edge, no!» La voce di Beanka fu una specie di schiaffo in faccia. Edgemas allentò la presa e le braccia di pietra sparirono. Seth cadde con un tonfo, tossì mentre i polmoni tornavano a riempirsi di aria.
«Sei contento, adesso?» Gli urlò contro il Mago Vikingo, il Rubino si era spento.
«Sei un debole, Edgemas, farsi condizionare così da una ragazzina in lacrime. Che delusione». Seth sollevò la pietra nera incastonata nel suo bastone, restando tuttavia in ginocchio. La pietra brillò, lui emanò un grido disumano, mentre una grossa sfera buia prendeva forma sopra la sua testa.
«Ci inghiottirà tutti!» Esclamò Charlotte. 
Poi una freccia lo centrò in pieno petto. La sfera si rimpicciolì fino a sparire. Seth tossì, vomitando un fiotto di sangue scuro. Da’miàn abbassò l’arco: non serviva più.
Edgemas chiuse gli occhi, il Rubino si accese di nuovo, lo tenne fermo dinnanzi al suo volto, infine spuntoni di ghiaccio fuoriuscirono dall’addome di Seth, simili a una stella marina, come petali di fiori.
L’occultista si accasciò in avanti, senza vita.
 
Beanka e Rhia chinarono il capo, un senso di sconfitta le pervase. Non doveva andare a finire così, avevano annientato la Dama, l’unica cosa sensata da fare sarebbe stato festeggiare insieme, i Regni Alleati uniti. Invece…
Volkàn si agitò e cercò a tentoni il suo bastone, ma Becky era vigile e gli premette la punta della propria spada contro la gola.
«Fossi in te non lo farei» gli intimò, quando Charlotte la raggiunse e senza distogliere gli occhi da dosso all’Arcimago si rivolse a Edgemas.
«Ehi, Mago Vikingo – è così che ti chiamano, giusto? – non so come, ma distruggi quel cuore prima che mieta altre vittime altisonanti» sorrise cinica verso Volkàn. Quest’ultimo a sua volta ordinò a Edgemas di non farlo, di aiutarlo e poi avrebbero condiviso quel potere.
L’elementalista neanche lo ascoltò, era stanco. Si avvicinò al cuore della Dama, Seth era proprio lì e si costrinse a non guardarlo, fingendo che non fosse lui. Aveva desiderato così tante volte di vederlo morto, che l’unico momento in cui pareva che il loro rapporto fosse mutato, aveva dovuto ammazzarlo. Che strane trame tesseva il destino. Si chinò su un ginocchio, tenendo il bastone saldo nella mano destra, il Rubino si illuminò, mentre posava il palmo mancino sul cuore. Era caldo, batteva a intervalli regolari. In una parola, era vivo. Chiuse gli occhi e una coltre di ghiaccio calò sull’oggetto magico, congelandolo pian piano.
Quando Edgemas tornò in posizione eretta, l’organo era un pezzo ghiacciato senza alcun segno vitale; Drew gli posò una mano sulla spalla, poi calò il suo spadone sul cuore, frantumandolo in mille pezzi. Charlotte, la quale nel frattempo li aveva raggiunti, ne pestò uno trasformandolo in polvere argentea.
Adesso, era davvero finita.
 
 

 
Epilogo

 
 
Kratøos, Capitale del Regno di Metallo ₭

Beanka legò l’ultima treccia con un nastro bianco e poi la lasciò scivolare in tutta la sua lunghezza sugli altri capelli, sciolti e ondulati fin quasi a sfiorare la fine della schiena. Erano di un rosso particolare, che cambiava a seconda della luce e delle ombre che li investiva. Bellissimi. Poggiò entrambe le mani sulle spalle di Becky, il cui riflesso nello specchio mostrava il viso dagli occhi dipinti di nero, le labbra scarlatte e le guance rosate.
«Sei pronta» le disse la giovane amazzone.
«Non lo so, Beanka.» Becky si alzò, voltandosi verso di lei e Rhia, seduta sulla panca accanto al camino, dal quale pareva particolarmente attratta. «E se stessi sbagliando tutto?»
«Non era una domanda, la mia» le fece notare la ragazza. Becky parve impensierirsi. «Rhia!» Beanka richiamò l’attenzione dell’amica, invitandola a dire qualcosa.
L’amazzone dai corti capelli chiari si alzò in tutto il suo metro e ottantatré centimetri. Indicò il focolare, il fuoco scoppiettante:
«Accidenti, è così grande che potresti arrostirci un cavallo intero».
Becky si mosse nervosamente nella stanza, nel suo abito rosso con i ghirigori bianchi e dorati, le maniche si allargavano dal gomito in giù, lasciando le spalle scoperte. Sembrava uscita da un libro di fiabe, come quelle che la sua mamma le leggeva da bambina e di cui Leo era più attratto di lei.
«Sto sbagliando, lo so, me ne pentirò e sarà troppo tardi, non potrò tornare indietro. Mai più!»
Proprio in quel momento, la porta della stanza si aprì e Charlotte ne fece capolino, per l’occasione aveva indossato un abito vero, chiuso sul davanti, ma sempre tenendo il collo alto e rigido. Avendo sentito le ultime parole della sua compagna, disse:
«Potrai sempre tornare indietro, Scizia non volta mai le spalle alle sue sorelle.»
Le due donne si guardarono dritto negli occhi, poi la rossa annuì: era pronta.
Preceduta dalla regina Charlotte e seguita dalle sue damigelle – almeno per quel giorno – camminò a testa alta lungo il corridoio che l’avrebbe condotta alla sala del trono.
Durante il tragitto ripensò a quello che era accaduto negli ultimi tempi, dal momento in cui Seth era morto e il cuore della Dama mandato in frantumi.
Volkàn era stato arrestato ed esiliato sull’isola del Continente Nebbioso, il cui cadavere era stato rinvenuto dopo solo quindici giorni, appeso a uno degli alberi della Foresta di Nebbia.
Edgemas aveva deciso che l’Accademia non avrebbe avuto più un solo Arcimago al comando, ma un concilio di venti potenti maestri magi, con pari poteri politici e decisionali, eletti tramite voto segreto da tutti i maghi del mondo noto.
Taliesin l’Ammalato, invece, avrebbe ricevuto le cure necessarie al suo stato, ma la reggenza del Regno Magico era stata affidata a un sovrintendente scelto di comune accordo dai sovrani dei regni alleati.
Charlotte aveva chiesto a Edgemas di prendere il posto di Volkàn, tuttavia il Mago Vikingo si era rifiutato con garbo e fermezza. Lui non era nato per sedere su un trono, fra quattro mura di cristallo, il suo era uno spirito libero, indomabile. Sarebbe tornato a fare quello che gli riusciva meglio: scovare e ammazzare piccoli demoni che infastidivano il popolo, poveri contadini o pastori sedentari.
La regina di Scizia gli aveva allungato la mano e lui gliel’aveva stretta, accennando a un baciamano. Era la prima volta che le sue guerriere la vedevano toccare un uomo. E non per scannarlo.
 
Beanka, un passo dietro a Becky, ricordò di essere corsa verso il mago, dopo una settimana in cui tutti erano rimasti a Osihria per sistemare le cose e ridonare un equilibrio perduto. Lo aveva chiamato, mentre lui sellava il suo cavallo, proprio davanti alla locanda dove tutto era cominciato.
«No» le disse, prima ancora che potesse aprire bocca. La ragazza aveva già le lacrime agli occhi.
«Non sai nemmeno cosa voglia dirti.»
«Invece lo so». Edgemas era saltato in sella, accomodandovisi al meglio. «Non saresti felice al mio fianco, io sono un solitario, un uomo che non ha legami e non li vuole.»
«Non ti sarei d’intralcio», Beanka si sforzava di trattenere le lacrime.
La voce irridente di Seth era tornata ad affacciarsi nella mentre di Edgemas, il suo prenderlo in giro per il rapporto che si era creato con quella giovane amazzone, la paura di perderla, di vederla morta senza che lui potesse fare molto per proteggerla, gli avevano offuscato la mente e la ragione nella battaglia più importante. L’occultista aveva avuto ragione: il bene che le voleva lo aveva indebolito e reso vulnerabile. Non poteva permettersi un tale punto debole, sarebbe stato evidente anche ai nemici più ingenui.
La Dama del Vento era diventata cattiva per proteggere la sua bambina, lui avrebbe fatto altrettanto?
«Lo saresti, non per tua scelta, ma mi saresti d’intralcio». Si era calato il cappuccio sul capo e l’aveva salutata con un gesto sbrigativo, poi era partito al galoppo.
Era passato quasi un anno da quel giorno, e adesso stava per rivederlo.
 
Rhia invece era diventata generale del secondo esercito di Scizia. A volte spariva per giorni, ma Charlotte ne conosceva il motivo e non glielo aveva mai fatto pesare. Capitava, infatti, che nelle notti di quiete, quando non infuriavano tempeste e una leggera brezza si levava dal mare, si udisse nell’aria una dolce melodia. Rhia, allora, correva in direzione della riva, dove ad attenderla c’era un veliero senza bandiera, un po’ sgarrupato, eppure forte e tenace, come il capitano che lo governava. Da’mià di Delundel l’attendeva con le gambe penzoloni sulla prua, l’armonica fra le labbra e un sorriso pronto per lei. Si era formato la sua piccola ciurma di ex pescatori caduti in disgrazia, o guerrieri esiliati dal proprio regno. Navigavano nelle acque del Mare Muto, vivendo di pesca e – perché no – futili scorribande.
 
Il portone che conduceva alla sala del trono si innalzava imponente dinnanzi alle quattro donne. Lo osservarono in silenzio: su entrambe le ante, grandi e grosse, erano state inchiodate lastre di metallo, sei su ogni parte, sopra alle quali erano riportate immagini di guerre e battaglie.
Charlotte ricordò quando Rhonda, l’altro suo generale, aveva fatto letteralmente irruzione nella sua stanza da bagno, mentre era immersa nelle calde acque cosparse di petali di rosa. Non si era neanche presa la briga di aprire gli occhi, semplicemente le aveva chiesto cosa stesse succedendo.
«Mia regina, le sentinelle hanno catturato un invasore.»
«Un invasore? È un uomo?»
«Sì.»
«È armato?»
«Sì», Rhonda aveva continuato prima che potesse interromperla ancora. «Dice di essere il re del Regno di Metallo».
Finalmente Charlotte si era voltata a guardarla, poi era uscita dalla vasca, tamponandosi il fisico possente con una vestaglia bianca, scocciata per aver dovuto interrompere il suo momento di relax giornaliero.
«Non ha chiesto di parlare con te, mia regina».
Charlotte si era arrestata, interdetta.
Quando lo aveva raggiunto nella sala dei ricevimenti, Drew era in ginocchio con i polsi legati, mentre due amazzoni gli puntavano lance alla gola. Con un solo gesto della mano, la regina aveva ordinato che venisse liberato immediatamente, quindi si era scusata per l’accoglienza.
«Avrei dovuto inviare un messaggero per annunciare il mio arrivo» aveva detto l’uomo strofinandosi i polsi. «Non so ancora bene come destreggiarmi con i dogmi del regno» aveva aggiunto.
Charlotte aveva fatto spallucce, sprofondando nella poltrona di velluto rosso.
«Sei tu il re adesso, puoi fare ciò che vuoi.»
Drew non aveva risposto e lei aveva proseguito:
«Dunque, ho una vaga idea del motivo della tua visita inaspettata, ma vorrei che fossi tu a dirmelo. Non voglio trarre conclusioni affrettate.»
«Siete una donna intelligente, mia signora, avete ottime guerriere di guardia e sono certo che il vostro generale vi abbia già informato che non siete voi la persona con cui ho necessità di parlare, ma starò al gioco.» Drew aveva preso fiato e coraggio. «Devo vedere Becky.»
«Devo? Mio re…», c’era stata una piccola pausa. «Come saprai, se io non le concederò il permesso di incontrarvi, non ci sarà alcun modo per farlo. Gli uomini non sono i benvenuti qui a Scizia, ho fatto un’eccezione per voi, che siete il nuovo re di Kratøos e per i servigi che avete portato al mondo intero. Ma parlare privatamente con una mia guerriera… non lo so».
La regina aveva soppesato l’idea per più tempo del necessario, sperava che Drew l’avesse almeno supplicata, come avrebbe fatto qualsiasi uomo innamorato di una donna che sa di non poter avere. Invece aveva taciuto, senza abbassare mai lo sguardo. Per essere uno che non sapeva da dove cominciare per fare il re, si stava calando nella parte benissimo.
«Solo se lei lo vorrà» aveva detto infine Charlotte.
 
Becky chinò il capo studiando meglio i dipinti sul portone; in fondo a destra trovò la dinastia del re Namor. Chiuse gli occhi e trattenne il fiato.
Era stata la stessa Beanka a correrle incontro a perdifiato per il campo di allenamento, mentre lei stava addestrando le nuove reclute. Il generale dai capelli rossi aveva temuto un attacco nemico, magari i demoni erano riusciti a penetrare le difese di Scizia. La giovane amazzone era riuscita a biascicare poche parole sconnesse:
«Drew… parlare… tua stanza.»
In effetti, Becky l’aveva trovato in piedi nella sua camera personale, costituita da pochi mobili, quelli essenziali, e un balcone che dava sul mare. All’inizio, era rimasta sulla porta, indecisa se chiuderla o meno. Non aveva mai ricevuto visite che non fossero le sue compagne, figuriamoci un uomo, nella sua stanza poi. Alla fine aveva deciso di chiuderla, dal momento che si stava già formando un capannello di curiose nel corridoio.
«Ehm…» non aveva saputo bene cosa dire, come rivolgersi a lui che adesso sedeva sul trono di Kratøos. Drew si era voltato spaurito nella sua direzione, era così teso che non l’aveva neanche sentita entrare.
«Becky» aveva detto, avanzando di un paio di passi, ma lei lo aveva fermato mostrandogli i palmi.
«Non so cosa tu ci faccia nella mia stanza, ma dimmi velocemente quello che devi e poi vai via». Lui era parso deluso da tutta quella freddezza. «Scusami, adesso sei re, forse ti saresti aspettato maggior rispetto da parte mia, ma non è da me. Le buone maniere non sono mai state il mio forte.»
«Sposami, Becky!»
L’amazzone aveva spalancato gli occhi, una risatina isterica le era salita dal fondo della gola senza che lei potesse trattenerla.
«Che? Stai scherzando?»
«No», il re di Kratøos era avanzato ancora, mani protese in avanti nella speranza di afferrare quelle di lei. «Sposami, diventa la mia regina.»
Becky si era mossa di lato, tenendolo a distanza ed evitando di guardarlo in viso.
«Woah woah woah!» Era salita sul letto per discendere dall’altra parte e mettere altri metri tra lei e Drew. «Vacci piano. Sposarti? Io sono un’amazzone, la mia vita è qui.»
«Non intendo il matrimonio classico con tutti i doveri che comporta essere marito e moglie».
Il viso di Becky era sbiancato, diventando una maschera di puro terrore, come se non avesse mai pensato al rovescio della medaglia. Scosse il capo, spaventata come lo era stata di fronte al suo primo nemico, oltre vent’anni prima.
«Ho solo bisogno di una compagna che mi aiuti a regnare su Kratøos, in modo giusto e con lealtà verso il popolo». Drew le era sembrato sfiancato. «Non voglio che mi risponda subito, prenditi del tempo, una settimana se vuoi.» Poi aveva chinato il capo, senza più parole, affranto. «Solo ti chiedo di farmi avere una risposta, o dovrò provvedere a prendere moglie tra le pretendenti delle casate reali.»
Quindi si era congedato con un inchino ed era andato via senza aggiungere altro.
 
«Becky» la voce di Charlotte la richiamò al presente.
Sollevando le palpebre incontrò lo sguardo della regina di Scizia, annuirono all’unisono con il capo, poi la donna bionda aprì le porte della sala del trono con entrambe le braccia ed entrarono.
Drew l’attendeva davanti ai due troni, dallo schienale alto e sottile, indossava un completo nero, con calzoni larghi sulle cosce e stretti verso il basso; la camicia, sbottonata fino a metà, richiamava gli stessi disegni dorati e bianchi sull’abito della sposa. Quest’ultima raggiunse il re e si voltò verso i presenti, scorgendo tra gli altri Da’miàn, l’arciere, ed Edgemas, il Mago Vikingo, e si sentì un po’ più sicura di quella scelta.
Il Ministro della Fede era lì, davanti a loro, con un libro antico e sfilacciato in mano che neanche si prese la briga di aprire. Recitò i versi a memoria, poi allungò al sovrano una corda dorata, invitandolo a legarla intorno alla vita della sua sposa. Drew eseguì, emozionato, le mani tremanti. Aveva assistito a numerose cerimonie nel suo Regno per sapere che una volta annodata la corda avrebbe dovuto tirarla in avanti con uno strattone, in modo che le labbra della sposa fossero finite su quelle dello sposo. Ma si astenne dal farlo, lasciando gli invitati di stucco e lo stesso Ministro, il quale si affrettò a dichiararli marito e moglie. I presenti applaudirono, i più audaci fischiarono, tuttavia, prima di inaugurare il banchetto e concedere tre giorni di festa all’intero Regno di Metallo, il re richiamò l’attenzione di ognuno di loro.
«Da sovrano di Kratøos, prima che diventi legge, vorrei rendervi partecipi di alcuni cambiamenti che avverranno nei nostri confini». Drew evitava di guardare Becky negli occhi e questa cosa incuriosì in maniera negativa l’amazzone. «Conosco benissimo le usanze del mio popolo, costumi radicati dai secoli dei secoli, ma che personalmente ho sempre ritenuto abominevoli. Sotto il mio regno, le donne potranno far parte dell’esercito…» un brusio di sottofondo si levò nella sala. «E il rito d’iniziazione delle Cascate Genitrici verrà abolito, fino a nuova legge». Silenzio. «Bene, divertitevi».
I primi a urlare di gioia furono i bambini presenti nella sala, seguiti dalle donne e infine anche dagli uomini. Un coro di lunga vita al re riecheggiò tutt’intorno, Drew sembrava imbarazzato, teneva un sorriso di circostanza e ancora non aveva volto lo sguardo su sua moglie che invece lo fissava esterrefatta. Stanca di aspettarlo, gli afferrò il volto alzandosi sulle punte dei piedi e lo baciò a lungo, davanti a tutti, ridendo e piangendo insieme. Forse, alla fine, aveva davvero fatto la scelta giusta.
«Voglio essere tua moglie» gli sussurrò a fior di labbra, «con tutti i doveri e i diritti che ne comporta.»
«Andrei via adesso, per rinchiuderci nella nostra stanza nuziale» rispose Drew, ormai la maggior parte degli invitati era impegnato a mangiare, bere e danzare.
«Sei il re, puoi fare tutto quello che vuoi.» Si sorrisero, poi il nuovo monarca di Kratøos prese in braccio la sua sposa e insieme lasciarono la sala del trono.
 

 
 
Edgemas camminava per le strade della capitale del Regno di Metallo lentamente, tirando il suo bel cavallo per le redini. Le vie erano vuote, come da tradizione ogni cittadino di Kratøos aveva preso parte alla cerimonia nuziale che sarebbe durata per quattro giorni e tre notti. Sapeva che Drew e Becky avrebbero portato pace e prosperità al loro regno, erano le persone giuste per quello. Gli sarebbe piaciuto restare un po’ di più, il tempo di salutare tutti, ma il lavoro chiamava e non gli piaceva essere etichettato come poco professionale.
Restare.
Salutare tutti.
Rivederla.
Era passato quasi un anno dall’ultima volta che si erano parlati, davanti alla taverna di Osihria. Un anno in cui lui era tornato a essere il Mago Vikingo, come prima della Dama. Come se non fosse mai esistita una Dama del Vento.
Rivederla.
Era cresciuta, non di fisico o di altezza, ma la sua espressione era mutata. Si era indurita, resa più matura dall’età forse, o dagli eventi che aveva affrontato. La lunga treccia continuava a scenderle oltre i seni, gli occhi non avevano perso il guizzo curioso e scaltro, allegro. Le labbra serrate pronte a distendersi in un sorriso per chiunque gliene rivolgesse uno. Eppure il suo sguardo era quello di una donna adulta.
«Te ne vai senza salutare. Non è gentile da parte tua.»
Edgemas si fermò e sospirò, prima di voltarsi indietro. Eccola là, Beanka, le mani sui fianchi e lo sguardo pronto ad accusarlo di averla abbandonata.
«Hai ragione, non è gentile da parte mia.»
«I vecchi amici riaprono ferite profonde?»
«No», rispose l’elementalista pensando a Seth. «No, ho solo un lavoro da portare a termine in una fattoria poco distante, ma preferisco arrivare prima che faccia buio.»
«Hai paura dei demoni? Ti ho visto sconfiggere nemici molto più forti.»
Edgemas rimase a fissarla, senza sapere bene cosa dire o come scusarsi per il prossimo abbandono, ma era ciò che stava per fare.
Anche lei lo osservò: i capelli castano chiaro, biondicci, erano più corti e non aveva più quella barba incolta di un anno prima. Era ringiovanito, non gli aveva mai chiesto quanti anni avesse, ma la trentina la superava di certo.
«Adesso sono generale di brigata, sai» continuò Beanka, avanzando di un paio di passi. Era evidente che non voleva lasciarlo andare, stava solo tardando i saluti il più possibile.
«Sì, Da’miàn me l’ha detto. Anche Rhia è…»
«Sì, lo è anche lei. Quella Rhia…», Beanka rise nervosa. «Confida di tutto a Da’miàn. Se non le piacessero le donne, penserei che siano innamorati.»
«Già.» Ancora silenzio.
Due bambini corsero verso il castello fingendo di essere i nuovi sovrani della capitale. Edgemas indicò la strada alle sue spalle, quella che l’avrebbe portato lontano. «Devo andare, prima che-»
«Che faccia buio. Me l’hai detto» lo interruppe l’amazzone. «Beh, allora addio, mago». Poi si voltò, tornando a ritroso verso il castello.
«Arrivederci, Beanka» la salutò Edgemas proseguendo per la propria strada.
L’amazzone sorrise di nascosto.
Un arrivederci non era un addio.
 
 
fine
 
Grazie a chi è giunto fin qui,
Nina^^
 
 
 
  
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