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Autore: MaryFangirl    11/02/2022    0 recensioni
Bacio euforico. Bacio giocoso. Bacio immaginario. Bacio prestato. Bacio clandestino. Bacio spontaneo. Bacio incondizionato. Bacio familiare. Bacio eterno.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction tradotta dallo spagnolo, potete trovare i dettagli dell’originale qui sotto.
 
Titolo originale: Besos
Link storia originale:
https://www.amor-yaoi.com/fanfic/viewstory.php?sid=125821&textsize=0&chapter=2
Link autore: https://www.amor-yaoi.com/fanfic/viewuser.php?uid=59438

Buona lettura ^_^ 

 

Bacio euforico
 
Non posso crederci, pensò Hanamichi.
 
Non poteva crederci. Non. Poteva. Crederci.
 
Stava sognando? Era un’illusione? Era drogato? Allucinato? O forse quegli stupidi che si facevano chiamare suoi amici lo avevano picchiato e ridotto in coma? Hanamichi si colpì. Si pizzicò le guance e si tirò i capelli per sentire dolore, per controllare che non fosse privo di sensi.
 
“Hana!” urlò Miyagi. Hanamichi, ancora stordito, esausto, sudato, smarrito, non reagì quando Ryota si gettò sulla sua schiena ridendo come un invasato. “Abbiamo vinto! Abbiamo vinto, Hanamichi! Siamo i più forti!”, le mani strette al collo e alla sua uniforme sembravano così reali...le lacrime che cadevano sul viso dell’amico così sincere...le urla assordanti nello stadio lo sopraffacevano...e Hanamichi non ebbe altra scelta che credere nella plausibilità di tutto quanto. Che la situazione era reale. Vera. Tangibile.
 
Proprio come i suoi compagni di squadra che urlavano e/o piangevano di gioia: il vecchietto rideva con le braccia sollevate in panchina, Ayako e Haruko si abbracciavano saltando da una parte all’altra con i visi rossi dall’emozione. Tra il pubblico vide e sentì Mitsui, Kogure...e Akagi...che gridavano per loro.
 
Avevano vinto.
Lo Shohoku aveva vinto i nazionali.
 
Lo Shohoku, oggi, era incoronato come vincitore della competizione estiva di basket. Erano dèi. Erano vincitori. Erano i più forti. Ma Hanamichi era ancora intorpidito, paralizzato, statico, rigido e teso. Non che non sentisse niente, stava sentendo troppo. Il sangue nelle sue vene scorreva come un fiume tempestoso, le sue orecchie erano tappate. Il suo cuore pompava con la potenza di un camion merci. I suoi muscoli sembravano sorreggere mille chili di farina. La sua lingua era un peso morto. I suoi occhi erano opachi e offuscati dall’emozione.
 
Ryota alla fine saltò giù dalla sua schiena e corse verso Ayako. La ragazza, sempre professionale ma provata dalle circostanze, l’abbracciò e si lasciò sollevare in aria. Hanamichi non pensò neanche di correre da Haruko. Non poteva. Non voleva. Non ora, almeno.
 
Ancora rigido, le sue gambe si diressero al tunnel dal quale erano usciti. Le urla diventavano sempre più lontane. I battiti del suo cuore divennero sempre più evidente. Hanamichi si guardò le mani e si bloccò vedendo che tremavano freneticamente. Voleva urlare di felicità. Voleva aprirsi il petto e togliersi quell’organo che palpitava per l’esplosione delle emozioni. Voleva correre e saltare. Lanciarsi con un paracadute per sentire la forza del vento contro il viso. Voleva giocare a basket per ore, sentendo bruciare tutti i muscoli. Voleva, voleva, voleva...
 
Hanamichi si sentiva pazzo, incontrollato, fuori posto.
 
Con sorpresa, si voltò sentendo un’altra persona che avanzava fino al centro del tunnel, dove lui stesso era nascosto a tutti i presenti nello stadio. Camminando in una modalità molto simile alla sua, Rukawa si stava avvicinando con gli occhi incollati al pavimento e le labbra aperte.
 
In quel momento Hanamichi ricordò tutto l’ultimo tempo della partita. Come in un film americano, rivisse gli ultimi secondi...i 10 secondi rimanenti...
 
x x x
 
Lo Shohoku era a un punto di distacco sul tabellone contro la squadra della scuola di Tokyo, 120-121. Hanamichi e un suo compagno del primo anno, un ragazzo magro, molto alto e ridanciano come un bambino dell’asilo, successore di Akagi e centro spettacolare, si fermarono sotto il tabellone per impedire qualsiasi incursione avversaria. Rimanevano solo 9 secondi. Un ragazzo dell’altra squadra si posizionò e tentò un tiro da due punti. Hanamichi saltò e coprì, ma non riuscì a impedire che la palla tornasse nelle mani dei giocatori di Kyoto.
 
Come per ironia, il ragazzino tinto di biondo dell’altra squadra sbagliò e fece un passaggio ad Hanamichi. Ricevendo la palla tra le mani, si sentì di nuovo in quella partita contro il Kainan, al primo anno.
 
Forse è il karma, pensò per un momento. Solo 7 secondi. Hanamichi, senza pensarci, senza riflettere, sentendolo...nelle ossa e nelle arterie...alzò il palmo sostenendo la palla e gridando con tutte le sue forze:
 
“Volpe, corri!”
 
E Kaede corse come un fulmine...come una visione che si hanno solo nelle notti magiche in cui manca la luce in città. Una stella cadente che atterrava nell’area avversaria e riceveva la palla perfettamente. La squadra di Kyoto non fu abbastanza veloce. Non dopo la partita infernale che stavano giocando. Kaede saltò, rimanendo dritto, impeccabile, con le braccia tese, gli occhi fissi sulla vittoria...e segnò i due punti poco prima del fischio finale.
 
Lo Shohoku aveva vinto per 122 a 121. Alcuni forse avrebbero potuto definirla una vittoria di pura fortuna, ma Hanamichi preferiva pensare che fosse destino, che il karma gli avesse ricambiato il favore. E poi, non era stato solo lui ad ottenere la vittoria, ma tutti i suoi compagni di squadra...soprattutto Rukawa.
 
Come se fosse stato chiamato, Kaede si fermò sui suoi passi e alzò gli occhi blu, fissandoli nei suoi. Entrambi si guardavano con aria sfocata e distratta, non ben certi di cosa stessero vedendo. All’improvviso Hanamichi sentì un fuoco nello stomaco, nel collo, ai polsi, sul petto, sulle spalle, sulla schiena. Si sentiva leggero, come una nuvola nel cielo. Si sentiva libero, come un uccello in volo. Si sentiva potente, magnifico...il re del mondo. Senza sapere perché, avanzò verso il ragazzo.
 
Kaede lo osservava senza vederlo, aspettandolo ma senza esserne consapevole. Inizialmente Hanamichi pensò di avvicinarsi per dargli il cinque...ma proprio quando quel pensiero gli attraversò la testa, le sue braccia circondarono il collo di Rukawa. Il suo viso si abbassò e premette le labbra sulle sue, senza domande. Prima di tornare alla realtà, Kaede posò le mani sulla sua schiena e lo premette contro il suo corpo sudato. Non fu un bacio degno di fuochi d’artificio e odi infinite. Era un contatto di labbra calde e intorpidite. Ansiose e disperate. Hanamichi aprì la bocca e passò la lingua sui suoi contorni. Kaede aprì la propria e le labbra si colpirono di nuovo. Si baciarono come affamati. Si strinsero come se il contatto tra le loro pelli fosse l’unica fonte di vita e aria.
 
Le divise umide contro la pelle sembravano un incentivo ad abbracciarsi ulteriormente. Hanamichi sussultò facendo scorrere una mano lungo il fianco snello del compagno. Lo baciò con più insistenza, facendo inclinare la sua testa e aprire di più le labbra. Hanamichi non sapeva distinguere alcun tipo di sapore in bocca. Non riusciva a pensare né ragionare, sentiva solo il calore in faccia, il fuoco nelle vene e nei muscoli.
 
Hanamichi gemette rocamente premendo l’inguine contro la coscia di Rukawa. Lì si svegliarono entrambi.
 
Si separarono come se il corpo dell’altro stesse ardendo pericolosamente. Si guardarono con orrore, disgusto, e parola. Che diavolo era stato? Che...cazzo...?
 
Hanamichi ascoltava come il proprio cuore faceva bumbumbum con rapidità insana. Le sue labbra aperte respiravano disperatamente. Le guance erano rosse di rabbia e imbarazzo. Kaede non era in migliori condizioni, stringendo i pugni con forza sufficienza da lasciare il segno delle unghie. Serrando i denti riuscendo quasi a romperli.
 
“Ehi! Venite! Ci raduniamo!” li interruppe Ryota dall’ingresso del tunnel.
 
Come se il muto della tv fosse stato tolto, Hanamichi tornò a sentire le grida della gente. Gli applausi stordenti dello stadio. La gioia dei suoi compagni. Ancora schifato e furioso per le proprie azioni, si sforzò di sorridere e fece un cenno all’amico e capitano. Questi rispose annuendo e tornò in campo.
 
“Questa roba non esce da qui” sibilò Hanamichi con labbra appena aperte e gli occhi socchiusi come per minacciare. Kaede sbuffò sarcasticamente.
 
“Come se non vedessi l’ora di diffonderlo, idiota” disse passandosi la mano sulle labbra con sguardo astioso.
 
“Dovrò lavarmi la bocca con il cloro, stupido” sputò bruscamente Hanamichi avanzando verso il campo, sentendo che il cuore gli si stringeva per il...rifiuto...di chi e di che cosa? Non ne era sicuro.
 
“Idem” rispose Kaede accigliandosi. Rigido e teso, camminò rimanendo a diversi passi di distanza.
 
Non si guardarono né si parlarono per il resto della settimana.
 
 
Bacio giocoso
 
Questa è la mia occasione, pensò Hanamichi con un sorriso sciocco, guardando ansioso la maggior parte dei presenti che iniziava a sedersi per terra in un cerchio disordinato e improvvisato in camera sua. Non c’era momento migliore per provare a baciare Haruko.
 
Quando potrei avere un’opportunità come questa?...finché non accetterà i miei sentimenti, ovviamente!, pensò Hanamichi sedendosi a gambe incrociate accanto a Yohei e il resto della sua Armata.
 
Il 25 dicembre la squadra di basket dello Shohoku aveva deciso di organizzare una festa relativamente privata a casa di Hanamichi (che aveva perso giocando a sasso, carta e forbici), a cui erano presenti tutti i ragazzi della squadra, più alcuni amici invitati separatamente.
 
La serata stava proseguendo abbastanza bene. Hanamichi, irritato di dover prestare casa sua, si era rifiutato di aiutare e sistemare le cose. Ryota e gli altri avevano sospirato, ordinando quello che potevano, dopo che mamma Sakuragi aveva dato il via libera per spostare mobili e fare più spazio. Insieme avevano comprato cibe e bevande presso il negozio più vicino. Quando l’orologio in soggiorno aveva segnato le 20, avevano cominciato ad arrivare i primi ospiti. Haruko insieme alle sue due amiche, Ayako con altre tre, quindi non fu un raduno esclusivamente maschile, fortunatamente per molti.
 
Senza alcuna sorpresa, l’ultimo ad arrivare fu Rukawa, che Hanamichi salutò con cipiglio e un cenno del capo. Le acque tra loro non erano ancora calme. Ogni volta che erano da soli l’atmosfera diventava tesa e tossica. Scomoda. Imbarazzante. Ovviamente nessuno dei due aveva detto parola su quanto avevano fatto al campionato nazionale di agosto, quindi si ignorarono grandiosamente.
 
E ciò che infastidiva di più Hanamichi era che non voleva che le cose continuassero così. Voleva...voleva...tornare a com’era prima...con loro due che si insultavano e litigavano come bambini. Guardandosi con sfida, competendo per sciocchezze. E ora...ogni volta che lo vedeva la sua pelle formicolava, le sue dita tremavano nervose, la sua bocca si seccava come a causa dell’estate più intensa.
 
Hanamichi non capiva e non voleva capire.
 
È tutta colpa di quel bastardo, pensò imbronciato per la maggior parte della serata, fino a quando Takamiya e Ookusu proposero gridando scandalosamente di fare il gioco della bottiglia.
 
“Cosaaa? No!” affermò una delle amiche di Haruko, con le treccine e le labbra carnose, accigliandosi e mettendosi le mani in vita.
 
“Ah, perché no? Sembra divertente” rispose uno dei membri più recenti della squadra, sorridendo con innocenza e facendo arrossire la maggior parte delle ragazze presenti. Hanamichi, senza sapere perché, si voltò verso Haruko, trovandola mentre fissava tutta rossa e con intensità Rukawa, isolato all’angolo. E Hanamichi vide rosso...ma non sapeva perché. Perché era così arrabbiato? Di chi era geloso?
 
Di Haruko-chan, ovviamente!, si disse sbuffando e accigliandosi.
 
Miyagi, che aveva guardato Ayako con occhi a cuore per tutto il tempo, si unì al gioco con entusiasmo. Hanamichi, determinato a baciare la ragazza dei suoi sogni per cancellarsi dalla mente pensieri stupidi e inutili, invitò tutti a partecipare. E alla fine la maggior parte si raccolse nella sua stanza, disponendosi in cerchio.
 
“Ah, andiamo, Rukawa! Non fare il guastafeste” urlò Ryota con un sorriso malizioso.
 
Hanamichi, ignornado il calore che si spargeva nel suo petto, guardò la volpe con occhi socchiusi.
 
“Non sprecare fiato, Ryo-chin, scommetto che quello scemo non sa neanche baciare”
 
Kaede, che fino a quel momento stava bevendo tranquillamente, si fermò per fissarlo.
 
Hanamichi non era certo del perché avesse detto quella frase, né perché l’avesse terminata come se fosse una specie di sfida...come a dire, Vieni a provarmi il contrario..., ma funzionò, perché in meno di due secondi Kaede scrollò le spalle e si sedette dall’altra parte del cerchio, con il corpo apparentemente rilassato – ma Hanamichi notò la tensione nella sua mascella e gli occhi offuscati.
 
Takamiya corse in cucina a prendere una bottiglia di vetro e la posizionò in mezzo al cerchio: essendo il primo poiché aveva proposto il gioco, iniziò a ruotarla con poca forza. Atterrò sull’amica con le trecce di Haruko, che si irrigidì e guardò le amiche inorridita.
 
“Ah...dai, è solo un bacetto” disse Takamiya con un sorriso quasi dolce. Tutta l’Armata stava scoppiando a ridere. La ragazza, respirando profondamente e raddrizzando le spalle, si chinò in avanti aspettando il contatto. Il ragazzo arrossì e si chinò per un bacio breve e innocente.
 
Tutti applaudirono e i due tornarono al loro posto rossi come pomodori. Il successivo fu Ookusu, seduto accanto a Takamiya, e la sua bottiglia finì sulla ragazza di uno dei membri della squadra. Discussero un po’, ma alla fine si diedero un bacetto che non infastidì nessuno.
 
Continuarono così per un po’: Noma con l’altra amica di Haruko, e si scambiarono un baciò che lasciò guance rosse. Un’amica di Ayako con un membro della squadra, e così via.
 
L’atmosfera si irrigidì quando Yohei ruotò la bottiglia, che si fermò di fronte ad Haruko.
 
Yohei, preoccupato e immobile, guardò l’amico con la coda dell’occhio. Hanamichi non sapeva cosa dire. Sì, lo infastidiva pensare che il suo migliore amico avrebbe baciato la ragazza dei suoi sogni, ma non avrebbe fatto capricci colpendo qualcuno o alzando la voce. Non sapendo che fare, alzò le spalle in accordo.
 
Yohei, sospirando, non perse tempo chinandosi a dare un bacio alla ragazza (che parve più lungo e profondo dei precedenti).
 
Ryota gemette di gioia quando la sua bottiglia scelse Ayako, che arrossì e sbuffò, rimanendo al suo posto ad aspettarlo. Miyagi non si fece implorare, avanzando e dandole un bacio innocente e da principiante. Nessuno si aspettò che Ayako mettesse una mano sul collo di Ryota, spingendosi ulteriormente contro le sue labbra. I due si baciarono per alcuni minuti, avvolti da un silenzio imbarazzato.
 
“E-ehm” qualcuno si schiarì la gola.
 
“Ryo-chin, smettila di sbavare e torna al tuo posto!”
 
Risvegliati da un sogno, i due si separarono, rossi come gamberi. Fu poi il turno di due ragazze, che la maggior parte dei maschi guardò con espressioni da maniaci. Toccò anche a due uomini per due volte di seguito, tra cui Nome e Ookusu, che litigarono e quasi scapparono, finendo però con l’adattarsi su un bacio breve.
 
Hanamichi, già furioso per non aver pescato neanche una volta la persona che voleva (aveva beccato solo l’amica di Haruko, quella con l’aria dolce, e un compagno di squadra), sentiva il proprio corpo tremare di rabbia e violenza quando la bottiglia girata da Haruko scelse Rukawa (che aveva beccato Ayako, condividendo con lei un bacio innocente e amichevole, facendo però quasi esplodere Ryota di gelosia), ma la volpe osservò l’oggetto con indifferenza e noia. Hanamichi ingoiò a fatica la bile che gli saliva in gola, premendosi le unghie sulle ginocchia.
 
La sua respirazione si agitò e Yohei lo guardò preoccupato. Quando Haruko, arrossendo e guardando il pavimento, rimase ferma chiudendo gli occhi, Kaede si avvicinò, non prima di aver guardato Hanamichi direttamente negli occhi, con tale intensità che Hanamichi avvertì l’aria mancargli dai polmoni.
 
Kaede posò lentamente una mano sulla guancia della ragazza, prima di inclinarsi e baciarla dolcemente. Haruko ansimò e si avvicinò alla sua bocca e Kaede non perse tempo a muovere il viso per spingersi oltre. La giovane, con gli occhi serrati, aprì appena le labbra, sporgendo con la punta della lingua, in imbarazzo e inesperta, leccandogli il labbro inferiore. Kaede, respirando bruscamente, si staccò e tornò al suo posto, lasciando la piccola Akagi con occhi obnubilati e il corpo floscio.
 
Hanamichi, con occhi chiusi e lo stomaco annoato, si voltò verso Rukawa, trovandolo rigido e con lo sguardo incollati sul pavimento.
 
Maledetto bastardo, pensò con furia travolgente. Ignaro di tutto, Hanamichi non si accorse che era il suo turno.
 
“Ehi, Hana, tocca a te” l’avvertì Yohei colpendolo sulle costole. Hanamichi prese la bottiglia, la girò e pregò.
 
Haruko. Haruko. Haruko. Haruko...
 
Ma...
 
Cadde su Rukawa.
 
Tutti calarono in un silenzio teso e a disagio, consapevole dei rapporti violenti tra i due. Yohei stava per alzarsi e mettere fine al gioco, ma Hanamichi avanzò fino al compagno di squadra con deicsione. Kaede lo guardava profondamente e intensamente, come sfidandolo, invitandolo a continuare.
 
Hanamichi si piantò di fronte a lui con occhi in fiamme. Non mise le mani da nessuna parte. Non si avvicinò troppo al suo corpo. Abbassò la testa e praticamente cozzò contro le sue labbra. Kaede ringhiò, ma sollevò il viso e fece incollare maggiormente le loro bocche.
 
Tutti rimasero a bocca aperta quando Hanamichi aprì le labbra e insistette con la lingua affinché Kaede facesse lo stesso. Kaede in un istante si tuffò nella sua bocca, aprendo le labbra con palese ansia. Il suono umido e risucchiante era come una nenia ridicola e scomoda per tutti. Nessuno voleva continuare a guardare quel bizzarro cambio, ma non riuscivano a distogliere gli occhi. Soprattutto quando Hanamichi ansimò e spinse il viso contro Kaede con una certa violenza. Kaede, per l’intensità, appoggiò il palmo della mano sul pavimento per rimanere in equilibrio, mentre con l’altra si aggrappava alla maglietta di Hanamichi, stringendola per avvicinarlo di più. Hanamichi fece scorrere la lingua sul suo labbro inferiore, baciandogli il mento per poi tornare al suo posto.
 
Kaede e Hanamichi avevano il fiato corto. Il primo era rosso e con i lineamenti tesi. I suoi occhi blu erano fissi a terra e le mani nascoste nelle tasche della felpa.
Hanamichi invece era rilassato e sorridente, gli occhi castani scintillanti di trionfo e vittoria.
 
Aveva vinto.
 
Lo sapeva.
 
Lo sapeva Haruko.
 
Lo sapeva Rukawa.
 
E tutti gli altri presenti.
 
“Ehm...perché non mettiamo un po’ di musica?” intervenne Yohei alzandosi. Tutti concordarono e si alzarono. Kaede guardò Hanamichi, lo guardò torvo e sbuffò, ma Hanamichi sorrise ironicamente.
 
Kaede arrossì e scomparve per il resto della serata.
 
 
Bacio immaginario
 
È uno stupido, pensò Kaede vedendo il suo compagno e (ugh) capitano mostrare le sue schiacciate ai nuovi arrivati del primo anno, che con i loro ‘aah’, ‘wooow’, ‘uuuh’, lo stavano seccando e irritando dal primo allenamento di gennaio.
 
Miyagi si era ritirato dalla squadra dopo la fine del torneo invernale (in cui lo Shohoku aveva perso la finale con 7 punti di distacco), ma non prima di nominare Hanamichi come nuovo capitano, per decisione unanime del professor Anzai e la nuova manager (la sorella di Akagi). Non che Kaede pensasso che Hanamichi fosse un pessimo giocatore, sportivo o altro, anzi. Quel mostro era eccellente. Aveva una resistenza invidiabile. Imparava più velocemente di chiunque altro. Possedeva abilità senza precedenti, grezze, naturali. Schiacciava la palla con potenza di fuoco. Saltava con l’impulso del suo coraggio. Giocava con il cuore in mano. E...
 
Uh...rieccolo...
 
Sei uno stupido, disse Kaede a se stesso, scuotendo il capo e dirigendosi verso il professor Anzai in attesa di istruzioni.
 
Da quel dannato bacio alla festa di Natale, Kaede non riusciva a smettere di pensare ad Hanamichi. Era terribile. Sgradevole. Esilarante. Fastidioso. Irritante...non capiva perché. Non sapeva perché non era in grado di smetterla. Che cazzo di importanza aveva un bacio? Sì, va bene. Un bacio che gli aveva sciolto tutte le ossa. Uno che gli aveva rubato l’anima. Uno che gli aveva bruciato la pelle. Uno che lo aveva lasciato rosso e imbarazzato per tutta la sera, fin falla fine di quel dannato gioco. Uno che gli aveva lasciato le labbra umide, gonfie e alla disperata ricerca di avere di più...
 
Non come quello che aveva dato a quella ragazza, e ancora meno quello che aveva condiviso con Ayako-san. Ma perché...perché non riusciva a toglierselo dalla testa?
 
La cosa peggiore di tutte era che quel bastardo lo sapeva. Quel tizio inutile senza cervello era pienamente consapevole di quello che gli provocava. Bastava ricordare quella stessa festa di Natale, quando l’aveva guardato con un sorriso così compiaciuto, sornione e...derisorio...crudele...Kaede si sentiva il cuore gonfiare, scoppiando dolorosamente l’istante dopo.
 
Sakuragi l’aveva baciato per una sola ragione...rompere la sua immagine davanti alla ragazza che gli piaceva. Lo aveva lasciato supplichevole e sconvolto per provare...cosa? Che lui era debole? Che era omosessuale? Che non valeva la pena? Che era un idiota? Che poteva essere usato come un vecchio straccio?
 
Kaede, ardendo di rabbia, ascoltò le istruzioni del professor Anzai con poca attenzione; usò la sua autorità di vice-capitano per radunare la squadra al centro del campo per iniziare l’allenamento. Lui e Sakuragi cercarono di concordare il piano delle attività, facendo intervenire la tizia (la manager) in più occasioni per impedire una rissa.
 
Il pomeriggio terminò, per fortuna, e Kaede rimase un paio d’ore in più ad allenarsi da solo. Quando i suoi muscoli richiesero riposo, si diede una pulita e tornò a casa in bici. Salutò sua madre, mangiò, si fece la doccia e si buttò sul letto con poca delicatezza. Sapeva di avere i compiti, ma non aveva voglia di alzarsi e tirare fuori i quaderni...bah, aveva pur sempre le ricreazioni per finirli (o l’ora di pranzo, se non l’avesse sfruttata per un pisolino).
 
Assonnato ed esausto, posizionò le braccia dietro la testa e chiuse gli occhi per dormire. Rilassò il respiro e si mise comodo. Ma niente. Non ci riusciva.
Kaede sapeva benissimo il motivo della sua insonnia, dato che era la stessa solfa da quella maledetta festa di Natale.
 
Quel bastardo, pensò stringendo i denti. Non poteva uscire dalla sua testa neanche di notte? Non poteva lasciarlo in pace per qualche momento? Farlo dormire e riposare? Non era giusto! Non era affatto giusto che solo lui provasse quei sentimenti. Quella confusione...quel disordine...quella rabbia...quel disgusto...perché succedeva solo a lui?
 
Perché Sakuragi non lo guardava con gli stessi occhi offuscati? Perché Sakuragi non lo chiamava in silenzio nello stesso modo? Perché non lo desiderava? Perché non gli piaceva? Perché non lo voleva? Perché era totalmente eterosessuale?
 
È così...ingiusto...
 
Kaede, rilassando i pugni e chiudendo gli occhi con calma, si perme nella sua immaginazione; in una fantasia stupida, sciocca, totalmente irrealistica e impossibile, ma che lo tranquillizzava. Una in cui Sakuragi non era crudele, non era ingiusto...non era un idiota innamorato di una ragazza che non lo avrebbe mai ricambiato...era sempre esplosivo, energico, impulsivo, assurdo...era sempre lo stesso, ma più gentile, più amorevole...più appassionato...
 
Deglutendo e sentendo le guance riscaldarsi, Kaede immaginò Hanamichi sorridente al centro del campo, dopo una giocata particolarmente difficile.
 
“Pura fortuna” gli disse impassibile. Lui si alterò e si avvicinò a grandi passi.
 
“Che hai detto, volpe?!” gli urlò, rosso per l’irritazione.
 
“Che è stato in miracolo” lo provocò con un sorrisetto ironico. Hanamichi, invece di ringhiare e picchiarlo, ricambiò con un sorriso malizioso e gioco, che prometteva mille cose.
 
“Miracolo è quello che ti farò” sussurrò l’Hanamichi della sua fantasia con gli occhi carichi di lussuria. Con il corpo proteso verso il suo, in attesa e ansioso di toccare la sua pelle, Hanamichi gli strinse le braccia intorno alla vita e lo avvicinò fino a far combaciare i loro torsi.
 
Kaede sospirò e alzò il viso, chiudendo gli occhi e dando a disposizione le sue labbra. Hanamichi, pronto a tutto, inclinò al viso accarezzandogli la bocca con la punta della lingua, tastando e stuzzicando. Kaede grugnì, spostando le mani sui suoi capelli, arruffandoli e tirandoli con insistenza. Hanamichi sorrise e assecondò la sua richiesta.
 
E lì...lì lo avrebbe baciato come se nient’altro al mondo fosse giusto a parte unire le loro bocche, come se nient’altro lo avesse fatto sentire più vivo, libero e potente.
 
Insieme avrebbero potuto conquistare il mondo in meno di un giorno. Insieme avrebbero potuto far crollare edifici, muri e mondi. Respirando l’aria dell’altro, leccando delicatamente, muovendo i visi per essere più comodi, baciandosi più profondamente, con più desiderio, disperazione, si sarebbero sentiti più uniti che mai.
 
Ma la realtà, per fortuna o per sfortuna, era diversa, rifletté Kaede con le mani che stringevano le coperte e lo stomaco annodato. Con il cuore un po’ rotto.
 
 
Bacio prestato
 
Cos’ha che non va quest’idiota?, si chiese Kaede impassibile. Correndo davanti a tutti gli altri ragazzi della squadra, Kaede guardò con la coda dell’occhio come Sakuragi teneva gli occhi fissi a terra mentre trottava alla sua stessa altezza.
 
Per chiunque la situazione poteva sembrare del tutto ordinaria e comune, ma Hanamichi, da quando era stato nominato capitano un paio di mesi prima, correva sempre davanti a tutti a diversi metri di distanza dal gruppo (secondo lui per dare motivazione, ma Kaede aveva sempre pensato che fosse solo per mettere in mostra la propria resistenza).
 
 
Non che gli importasse...o beh, sì, forse...un po’...tanto...quello che stava succedendo in quella testa, ma vederlo così distratto, perso nei suoi pensieri e sbadato, soprattutto negli allenamenti, era molto strano. Hanamichi, anche se nessuno ci avrebbe scommesso al primo anno di liceo, aveva preso il suo ruolo di capitano molto seriamente, arrivando persino a leggere tutti i libri che Ryota gli aveva prestato quando si era ritirato. Era un leader incondizionato, impegnato, motivatore, dedicato, ispiratore e...
 
Uh...eccolo di nuovo...
 
Già...quella dannata cotta non era ancora scomparsa...al contrario, sembrava crescere ogni giorno che passava. E non era d’aiuto il fatto che lui e Sakuragi avessero iniziato ad allenarsi ogni fine settimana su uno dei campetti vicino alla costa. Perché quegli incontri non erano appuntamento. Quando mangiavano in un pessimo ristorante insieme, non era un’uscita in coppia. Quando Sakuragi lo aveva invitato a cena a casa sua, non era stato per presentarlo ufficialmente a sua madre. Quando si fissavano negli occhi, non stavano flirtando.
 
No. No e no. Mai. Hanamichi era eterosessuale. Completamente e totalmente devoto alle donne (soprattutto alla manager). Non doveva farsi illusioni. Non doveva fantasticare su cose stupide. Non sarebbe mai successo. Era ridicolo. Assurdo. Impossibile.
 
Meglio preoccuparsi di qualcosa di sicuro e stabile...come la pallacanestro. La palla, il campo e il tabellone. Tutto quello andava bene. Era calmo. Equilibrato. Qualcosa che poteva controllare, maneggiare e muovere a su o piacimento.
 
Il basket è sicuro...Sakuragi...non tanto...
 
“Ehi, volpe!”, proprio quando se lo disse, lui lo chiamò mentre gli altri si asciugavano il volto o bevevano acqua.
 
“Cosa?” chiese stoicamente e disinvolto, senza neanche voltarsi.
 
“Resta un po’ dopo” gli disse piazzandosi accanto a lui, molto vicino, spalla contro spalla e cercando il suo sguardo.
 
“Lo faccio sempre, scemo” rispose Kaede accigliandosi per l’ordine improvviso e per l’umore strano che Sakuragi emanava. Perché voleva che rimanesse? Si allenavano anche il sabato e la domenica, uno più o meno non avrebbe fatto alcuna differenza; inoltre normalmente Sakuragi seguiva rigorosamente le istruzioni dettate dal professor Anzai.
 
“Argh! Non devi rispondere così, bastardo! È che...rimani, va bene?” chiese più insistentemente. Kaede, debole davanti all’implorazione nella sua voce, lo guardò sorpreso, a bocca aperta quando lo vide arrossire nervosamente.
 
Di che diamine si trattava?
 
“Mmh” mormorò, guardando la bottiglia d’acqua. Hanamichi grugnì e si allontanò per chiamare i ragazzi e continuare con l’allenamento. Anche se Kaede era sempre entusiasta e pronto a giocare, ora era più ansioso all’idea di quello che sarebbe successo dopo.
 
Cosa voleva Sakuragi?, si chiese distratto per la maggior parte del tempo. Voleva chiedergli di qualche nuova tecnica? O mostrargli una giocata e vantarsi? E se...se l’aveva scoperto? Cos’avrebbe fatto se Sakuragi avesse voluto affrontarlo per scoprire cosa provava? Avrebbe dovuto negare i propri sentimenti? Confessare? Sembrare offeso e disgustato? Stupito e spaventato? E se...Sakuragi lo avesse rifiutato bruscamente...o colpito...o deriso...? Cos’avrebbe fatto?
 
Sinceramente a Kaede non importava affatto del ‘dopo’, ma di quel preciso momento; era assolutamente certo che qualsiasi tipo di rifiuto (sebbene così si sarebbe tolto un peso) gli avrebbe totalmente spezzato il cuore.
 
Fortunatamente per la sua salute ed equilibrio mentali, l’allenamento finì poco dopo. Sia lui che Hanamichi andarono negli spogliatoi per lavarsi e cambiarsi. Terminarono e attesero con relativa calma che tutti se ne andassero (anche se Hanamichi pareva sempre più nervoso e rosso).
 
“Cosa vuoi?” chiese Kaede senza mezzi termini. Hanamichi, in mezzo al campo e con la borsa sulla spalla gli dava la schiena e sobbalzò leggermente alla sua voce. Kaede si accigliò, non sapeva cosa stava succedendo né perché.
 
“Ricordi...ricordi quel...quel b-bacio del Natale scorso?”
 
O no...eccolo...mi ha scoperto, pensò Kaede con il cuore che batteva a mille. Congelando i lineamenti con l’espressione più stoica possibile, alzò gli occhi al soffitto e sospirò con apparente noia.
 
“Sì...e allora?”
 
“Beh io...non so se tu abbia provato qualcosa o...voglio dire...da quel giorno io...ho provato...argh, come cazzo lo dico!” urlò Hanamichi afferrandosi i capelli. Kaede, teso e pronto ad uscire, aspettò con impazienza che continuasse, ascoltando il battito del proprio cuore dalle orecchie e sentendo l’afflusso del sangue in tutto il corpo.
 
“Quello che voglio dire è che...” Hanamichi sospirò e si voltò a guardarlo con occhi stanchi e imbarazzati, “n-non sono riuscito a smettere di pensarci...non riesco a smettere di pensare a te...”
 
Sto sognando? È una delle mie fantasie? Devo essere a casa mia, steso sul letto a immaginare scemenze..., pensò Kaede incapace di muovere un muscolo.
 
“Non sto dicendo che mi piaci, bastardo! Ma...ma quel bacio...” sussurrò Hanamichi, arrossendo completamente.
 
Sì, quello era il vero Hanamichi Sakuragi. Era la realtà. Non un prodotto della sua mente. Non un’imitazione da quattro soldi. Non una copia. Ma com’era possibile? Sakuragi era eterosessuale...gli piacevano le donne...o no? Era pazzo per la manager...no? O così sembrava.
 
Ma quel bacio, aveva detto Hanamichi. Voleva dire che gli era piaciuto? Che voleva di più? Kaede non poteva rispondere, non riusciva a pensare, non poteva parlare. Era tutto congelato e muto. C’erano solo lui e Hanamichi, in piedi a guardarsi negli occhi con tale intensità da far imbarazzare chiunque.
 
“E-ehi, volpe...non dici niente?” mormorò Hanamichi abbassando gli occhi.
 
Cosa vuoi che dica? Che mi piaci? Che mi è piaciuto quel bacio? Che voglio di più? Che ti voglio per me...solo per me?
 
Incapace di verbalizzare i suoi pensieri, lasciò cadere la borsa a terra e avanzò verso di lui. Kaede lo vide tendersi e guardarlo quasi con timore. Si aspettava un pugno?
 
Stupido, pensò prima di tuffarsi sulle sue labbra. Hanamichi sussurrò e per poco non gridò di sorpresa. Riprendendosi rapidamente, lo strinse intorno alle spalle e alla vita per tenerlo fermo. Kaede gemette e aprì le labbra, ricordando i sogni e le innumerevoli volte in cui aveva voluto succhiare e assaporare la sua lingua che ora si fondeva con la propria. Per nulla esperti, non poterono evitare di sbavare un po’ per i primi minuti, ma dopo essersi ripuliti, si attaccarono di nuovo come iene affamate.
 
Hanamichi gli afferrò i capelli e lo strinse di più, premendo sul labbro superiore. Con la bocca gli carezzò la punta del naso, il mento e la mascella.
 
Il suo respiro caldo lambì ogni angolo della pelle del suo viso. Kaede, perso nella foschia del piacere e del sogno ad occhi aperti, gemette e gli strinse la schiena, aprendo la bocca e lasciando baci bagnati sul collo e sulla mascella. Continuarono a baciarsi con disperazione per parecchi minuti. Godendo di quel calore unico che poteva essere condiviso solo con quell’intimità. Si diedero baci brevi. Si baciarono profondamente. Si leccarono riprendendo il gioco di lingue. Lasciarono succhiotti sul collo quando le bocche non bastavano. Sospirarono con eccitazione quando l’intensità delle loro emozioni li sopraffece.
 
Va bene...per oggi...
 
È sufficiente...
 
Mi basta...
 
Forse non gli piaccio...
 
Forse è ancora etero...
 
Forse non mi ricambierà mai...
 
Ma...
 
Per ora...
 
È con me...
 
...ed è sufficiente...
 
Doveva esserlo.
 
 
Bacio clandestino
 
Da quanto lo stiamo facendo?, si chiese Hanamichi mentre la sua schiena urtava bruscamente contro la porta degli spogliatoi. Due, tre mesi?, si domandò sentendo le labbra sottili e calde schiantarsi contro le sue. Grugnì e portò una mano al suo collo, stringendolo avidamente, per stabilizzarlo, tenerlo fermo e calmarlo un po’. Non che non gli piacesse quando si baciavano appassionatamente, come a volersi risucchiare l’aria dai polmoni...
 
Ma Hanamichi voleva di più.
 
Chi l’avrebbe mai detto? Chi poteva indovinare che Hanamichi Sakuragi, teppista di Kanagawa, si sarebbe innamorato del suo più grande rivale, Kaede Rukawa? Lui no, mai...ma lo era. Completamente, assolutamente, irreversibilmente e incorreggibilmente.
In realtà era un po’ esasperante e fastidioso, qualcosa che ancora lo irritava e lo imbarazzava. Era qualcosa che ancora non poteva ammettere o confessare a nessuno, a volte nemmeno a se stesso...ma era così.
 
Quando era successo? Ad Hanamichi piaceva pensare da poco; ma, mettendo da parte il suo orgoglio, forse tutto aveva cominciato a prendere forma da quel bacio ai nazionali dell’anno prima. Hanamichi non ne aveva parlato con nessuno, non aveva voluto pensarci, l’aveva cancellato dalla sua mente. Ma a Natale...quella ntote del 25 tuttte quelle emozioni si erano abbattute su di lui come una gru in testa. I sentimenti l’avevano lasciato stordito, ma si era sentito davvero felice...ma se n’era dimenticato, soprattutto dopo che Ryota l’aveva definito capitano e cose più importanti gli avevano riempito la testa.
 
Per molti Mesi Hanamichi si era detto che l’emozione e l’euforia provate quella sera di dicembre erano dovute al fatto di aver battuto quel dannato, che il suo sorriso era dovuto al fatto di essersi messo in mostra davanti ad Haruko, la ragazza dei suoi sogni. Ma la realtà, come sempre diversa dalla finzione, lo aveva visto mettersi in discussione. Probabilmente per la vicinanza che aveva sviluppato con Rukawa. Dopotutto, si allenavano insieme ogni fine settimana. Pranzavano seduti serenamente, parlando delle loro vite e ridendo per scemenze. Guardandosi con più frequenza. Sorridendosi, ogni tanto. Come amici...solo amici, si era detto Hanamichi più volte. Ed era riuscito a convincersi fino alle eliminatorie per il torneo estivo a giugno.
 
Non era sicuro di cosa fosse cambiato poi. Forse lui...forse Rukawa...forse la sua testa non aveva più retto la confusione. Gli ingranaggi del suo cervello si erano consumati a furia di arrovellarsi. Il suo cuore aveva chiesto riposo. Le sue notti supplicavano affinché dormisse di più.
 
E sì, probabilmente quel giorno in cui aveva chiesto a Rukawa di restare, si era trattato di un grido d’aiuto...una chiamata...una supplica per uscire dal mare di incertezza. Perché era perso e distrutto. E quel bacio che avevano condiviso con l’arrivo degli ultimi raggi di sole dalle finestre lo aveva colpito in pieno.
 
Per questo ora erano così...a baciarsi sempre dopo gli allenamenti. Toccandosi in ogni occasione. A volte diminuendo con le pratiche del fine settimana per nascondersi dietro qualche arbusto e continuare a esplorarsi.
 
L’unica domanda che continuava a perseguitare Hanamichi però era perché Rukawa lo stesse facendo. Per quanto gli costasse tutto il suo coraggio e dignità ad ammetterlo, Hanamichi non poteva più negare i suoi sentimenti...sapeva di essere infatuato...innamorato...completamente perso...
 
Ma Rukawa?
 
Forse gli piacciono troppo i baci del genio!, si disse quando Kaede gemette rocamente e gli infilò le mani sotto la maglietta.
 
Forse...
 
Forse gli piaccio...un po’...
 
Un pochino...
 
O in futuro...chissà..potrei avere una possibilità...
 
Chi poteva saperlo.
 
 
Bacio spontaneo
 
A quanto sono?, si chiese Hanamichi dopo aver infilato l’ennesimo canestro. Il sole di ottobre, debole e poco splendente dato il mese, non faceva molto per accaldare ulteriormente il suo corpo, già ardente per le ore in cui si era esercitato nel campetto del suo quartiere, vuoto in quella domenica mattina.
 
Avrebbe dovuto allenarsi con Rukawa, ma la volpe era in ritardo, anche se non avevano mai accordato i piani per trovarsi o fare qualcosa, come pranzare o andare al cinema.
 
Era tutto spontaneo, improvvisato e inaspettato.
 
Hanamichi, se lasciava correre la sua immaginazione in maniera selvaggia, avrebbe anche potuto dire che sembravano una coppia. Oppure ottimi amici, si corresse subito. Perché ingannarsi, mentire a se stesso? O riempirsi di illusioni? La verità era che...lui e Rukawa condividevano un’amicizia...strana...si baciavano ogni tanto. Si toccavano quando potevano. Si cercavano ad ogni occasione possibile. Ma erano solo amici.
 
Amici...
 
Come poteva una parola così innocente risultare tanto agrodolce...amara, dolorosa?
 
“Ehi”, Hanamichi sentì all’ingresso del campetto. Voltandosi, vide Rukawa in piedi con le mani in tasca, senza vestiti sportivi, senza borsone e senza bicicletta.
 
“Hai rinunciato a cercare di superare questo genio?” chiese Hanamichi scherzosamente, rimbalzando un paio di volte e segnando con un layup. Kaede non si mosse, non distolse lo sguardo da lui e non disse niente. Hanamichi iniziò a sentirsi ansioso, nervoso e imbarazzato dall’intensità dei suoi occhi. “Perché sei venuto se non vuoi allenarti?” la domanda venne fuori un po’ più brusca di quanto avrebbe voluto, ma era impaziente.
 
Kaede scosse il capo e sospirò prima di avanzare.
 
“Non posso più” sussurrò alzando il viso verso il cielo nuvoloso.
 
“Non puoi più cosa?” ribatté Hanamichi confuso. La palla tra le sue mani fu schiacciata con forza tale che Hanamichi pensava sarebbe esplosa.
 
Ha capito i miei sentimenti? Non vuole più essere mio amico? Si è reso conto che il nostro comportamento è stranissimo e vuole smettere?
 
“Con questo” rispose allungando un braccio e facendo un gesto che indicava entrambi.
 
Hanamichi si sentì soffocare. I suoi occhi pungevano e il suo stomaco affondò. Il suo cuore si strinse con forza e per un momento pensò di non sentire più il sangue scorrergli nelle vene.
 
“Bene...come vuoi” disse con violenza, voltandosi e palleggiando. Non voleva vederlo. Non voleva ascoltarlo. Lo voleva lontano dalla sua vista. Dal suo mondo. Dalla sua testa. Dal suo cuore.
 
Come...? Perché?
 
Quando Hanamichi sentì i passi dell’altro allontanarsi, rilassò il viso e lasciò cadere una lacrima. Non poteva sopportarlo. Non ce la faceva più...perché faceva male. Perché non riusciva a respirare?
 
Lanciando violentemente la palla contro la rete, si portò una mano al volto, cercando di fermare le proprie emozioni. L’altra andò al petto, appena sopra il cuore. Voleva strapparselo. Tirarlo fuori e non sentire nient’altro. Furia, rabbia. Frustrazione, sofferenza. Ansia. Altra rabbia. Altra sofferenza. Disagio, delusione. Umiliazione, vergogna.
 
Un cuore spezzato...ecco cosa stava sperimentando.
 
“Figlio di puttana!” urlò voltandosi. Kaede, che stava attraversando l’uscita, si fermò senza voltarsi. Rimase lì rigido.
 
“Bastardo senza cuore! Come hai potuto?! Ti odio, miserabile! Mi hai illuso per tre mesi e ora...cosa?! Ti sei annoiato? Non sono più abbastanza?!” indicandolo e ansimando, ad Hanamichi non importava di essere visto o sentito da qualcuno. Niente aveva importanza. “Vaffanculo, Rukawa...spero che al ritorno tu finisca sotto un pullman...” borborrò, abbassando gli occhi.
 
La gola gli doleva per le urla. Tutto il suo corpo tremava, impotente.
 
Ma si bloccò quando sentì qualcuno in piedi di fronte a lui.
 
“Cos’hai detto?” sussurrò Kaede.
 
Hanamichi, accigliandosi, alzò gli occhi per gridare, ma rimase senza parole quando vide il re dei ghiacci con gli occhi arrossati e il viso...così pieno di speranza, espressivo...
 
“Io ti ho illuso? Tu hai illuso me, idiota...ecco perché volevo mettere fino a tutto...perché pensavo fossi etero e che stessi solo sperimentando...non potevo più...m-ma...se...se tu provi lo stesso...”
 
Hanamichi non lo lasciò finire. Non gli permise di continuare, quasi saltandogli addosso e stringendolo a sé. Passò le braccia intorno alla sua vita e lo attirò a sé. Nascose il viso sul suo collo e cercò di controllare il respiro affannoso. Era troppo. Stava sentendo troppo. Era sopraffatto. Stordito. Del tutto sciolto.
 
Kaede ricambiò il gesto. Cinse con le braccia il suo torso, lasciando le mani sotto le spalle, con il viso e il naso a inalare il profumo dei suoi folti capelli rossi.
 
“Siamo due idioti” mormorò Kaede dopo qualche minuto.
 
“Tu lo sei, stupido. Il genio se ne sarebbe reso conto prima o poi” sorrise Hanamichi indietreggiando.
 
“Sì, certo, per questo stavi piangendo come una ragazzina” scherzò Kaede alzando gli occhi al cielo.
 
“Che stai dicendo? Mi era entrato un insetto nell’occhio!”
 
“Mmh...”
 
Discutendo e bisticciando come sempre, andarono a casa di Kaede per cambiarsi e allenarsi per il resto della giornata.
 
Rimasero lì tutto il pomeriggio. Mangiarono cibo spazzatura in un posto abbastanza economico. Andarono a casa di Hanamichi per vedere dei film e giocare alla Play.
 
E si baciarono tutta la notte senza un perché.
 
 
Bacio indondizionato
 
Andrà tutto bene, si ripeté Kaede con più forza, più convinzione, più fede. Perché la mamma di Hanamichi non era come i suoi genitori. Affatto. Non era possibile. Quella donna dai capelli castani come cioccolato al latte, con quel sorriso fresco, con la voce di una ragazzina, con l’umorismo di una bambina, con l’amore di un angelo...avrebbe sempre amato suo figlio.
 
“Sei sicuro di non volere che venga con te?” chiese Kaede per la centesima volta da quando avevano avuto quella conversazione. Hanamichi sbuffò e lo respinse delicatamente.
 
“Ti ho detto di no. Sto bene. Posso gestirla” rispose con un sorriso compiaciuto, ma Kaede notò il nervosismo e la preoccupazione nei suoi occhi. E come poteva essere altrimenti? I suoi stessi genitori non avevano reagito per niente bene. Neanche lontanamente.
 
Quando Kaede aveva deciso di confessare e di informarli che era gay e aveva un compagno, sua madre era rimasta in silenzio e rigida, ma suo padre...lui si era alzato, colpendolo con violenza.
 
Kaede era stato grato che Hanamichi non fosse presente, perché era sicuro che il ragazzo sarebbe saltato su suo padre per spaccargli la faccia...e anche se Kaede aveva cercato di restituire i colpi, la realtà era che, nonostante tutto...rimaneva suo padre. L’uomo che gli aveva insegnato ad andare in bicicletta, che gli aveva comprato la prima palla da basket, che lo aveva accompagnato per tutta la settimana in cui si era infortunato al braccio dopo una rissa, che gli sorrideva con complicità ogni volta che la mamma lo rimproverava per qualcosa. Era suo padre...lo stesso uomo che l’aveva sbattuto fuori casa ordinandogli di non tornare mai più.
 
“Perché non ho più figli” aveva sibilato con gli occhi blu in fiamme e socchiusi. E sebbene Kaede non avesse pianto, non si fosse gettato da un ponte e non fosse rimasto in un angolo, distrutto e in frantumi, era corso a casa di Hanamichi aggrappandosi a lui come fosse un salvagente.
 
Erano già passati due mesi e oggi era il turno di Hanamichi. Kaede aveva cercato di dissuaderlo, di convincerlo ad aspettare finché non fosse andato via di casa per evitare qualsiasi rifiuto, ma Hanamichi aveva sempre insistito che si fidava di sua madre, che forse non sarebbe stata totalmente felice, ma che l’avrebbe sostenuto e amato incondizionatamente, proprio come Kaede.
 
“Ti chiamo non appena le avrò parlato” disse il ragazzo rilassando i lineamenti. Il parco in cui si trovavano, vuoto a quell’ora di un martedì invernale, permise loro di abbracciarsi e baciarsi, delicatamente e teneramente, con fiducia. Kaede sospirò e lo lasciò andare, ma quando Hanamichi si allontanò di qualche passo, lo chiamò.
 
“Hana...se succede qualcosa, qualsiasi cosa, vieni a cercarmi” gli disse con forza, sapendo quanto sconsiderato e impetuoso poteva diventare il ragazzo quando non pensava lucidamente. Hanamichi sorrise, annuì e proseguì per la sua strada.
 
Kaede si mise le mani nella tasca del giubbino e si incamminò verso casa; non la sua, di un cugino che l’aveva accolto dopo l’accaduto. Il giovane, uno studente universitario e impegnato, gli aveva permesso di rimanere per tutto il tempo necessario, commosso dalla sua storia e arrabbiato nei confronti degli zii.
 
Kaede arrivò e si cambiò indossando abiti più comodi; per fortuna suo cugino non c’era, altrimenti ora sarebbe impegnato a passeggiare per l’appartamento come un cane che non era stato portato fuori per tutto il giorno. Non rimase a mangiarsi le unghie né si servì qualcosa per combattere l’ansia. Si sedette sul divano e accese la tv per guardare un film. La programmazione faceva schifo, ma alla fine optò uno dei famosi programmi giapponesi di giochi.
 
Tremando di freddo, andò in camera sua e recuperò una giacca e un cappello. L’appartamento sembrava un igloo, ma nessuno dei due aveva il denaro per installare un sistema di riscaldamento o altro, quindi coperte e un sacco di the caldo erano ciò che li faceva sopravvivere.
 
Quando Kaede era sul punto di rivestirsi e andare a casa del suo ragazzo (incapace di resistere oltre al nervosismo e all’impazienza), sentì la vibrazione del cellulare sul tavolo.
 
“Com’è andata?” chiese velocemente senza salutare. Hanamichi sbuffò e rise allegramente. Il cuore di Kaede si gonfiò di felicità (forse con una punta di invidia, ma niente di esagerato) sentendolo così leggero e spensierato.
 
“Cosa ti ho detto, volpe? Mia mamma è la mamma migliore del mondo!” si vantò Hanamichi ridendo ad alta voce. Kaede sospirò e sorrise di sollievo, sistemandosi sul divano e chiudendo gli occhi.
 
“Sono contento di sentirlo” disse sentendosi improvvisamente al caldo.
 
“Ehi sei occupato?” gli chiese Hanamichi.
 
“No” rispose un po’ confuso.
 
“Bene, perché mia mamma mi ha ordinato di invitarti a cena. Vuole conoscerti ufficialmente”
 
Kaede soffocò, si tese e rimase muto, incapace di mettere a fuoco e con le labbra aperte come uno scemo.
 
Ufficialmente...?
 
Merda...merda, merda, merda...
 
Ovvio! Sakuragi-san lo conosceva, ma solo in quanto amico silenzioso ed educato del suo estroverso e ribelle figlio, in quanto ragazzo alto e pallido e poco comunicativo, ma che sorrideva dolcemente ogni volta che era con Hanamichi.
 
“Ehi, che dici? Vieni o no?” insistette Hanamichi impaziente.
 
“Certo...” sussurrò, rosso e nervoso, “devo...devo portare qualcosa?”
 
“Eh? No, niente. Oh, ma potresti prendermi quei biscotti che mi piacciono!”
 
“Pozzo senza fondo”
 
“Che dici, idiota?! Piacciono anche a te!”
 
Mentre Hanamichi continuava a discutere e a parlare di tutto e niente, Kaede andò in camera sua per scegliere un outfit casual ma formale, qualcosa di non molto ricercato ma che dicesse che si stava sforzando.
 
In fondo quella sera si sarebbe presentato alla madre di Hanamichi come suo ragazzo...ufficialmente.
 
 
Bacio familiare
 
Casa...casa...calore e conforto..., pensò Kaede vedendo la porta del suo appartamento. Con una pesante borsa blu sulle spalle, Kaede frugò nelle tasche alla ricerca delle chiavi che aveva recuperato prima di scendere dal taxi.
 
Aprendo, la prima cosa che lo colpì fu l’odore di bruciato.
 
Oh no...Hana ha provato a cucinare...
 
Verosimile o meno, Hanamichi era davvero incapace in cucina: bruciava anche il pane nel tostapane, così Kaede si era assicurato di lasciare una buona quantità di cibo in frigorifero durante quella settimana di assenza per lavoro. Scuotendo la testa e sospirando stancamente, lasciò la borsa all’ingresso e si diresse in cucina, preparandosi al peggio. E così fu.
 
La stanza era tremenda: il piano di lavoro era indistinguibile e coperto di quella che sembrava farina bagnata ovunque e...c’era del ketchup sul soffitto?
 
Oh mio dio, pensò sorridendo esasperato.
 
Il suo incapace, tenero e totalmente fuori di testa compagno stava leggendo con ansia la presunta ricetta, con gli occhi che sembravano voler lasciare un buco di fuoco sulla pagina.
 
“Sono a casa” sussurrò Kaede. Hanamichi, a una velocità assurda, alzò il viso e lo fissò per tre secondi netti con evidente sorpresa.
 
“Volpe!” si lamentò prima di sbuffare e aggrottare le sopracciglia. “Che ci fai qui? Hai detto che saresti arrivato di notte!” affermò, mettendosi le mani (sporche) sui fianchi.
 
“Immaginavo che avresti distrutto la cucina” ironizzò, avanzando verso di lui, che sbuffò e arrossì come un bambino beccato in una marachella.
 
“Zitto, scemo!”
 
“Perché stai cucinando?” chiese passando un braccio intorno alla sua vita, accarezzandogli col naso la guancia velata da una lieve barba. Hanamichi voltò il viso ed evitò il suo sguardo. Kaede, immaginando che avesse bisogno di più convinzione, sorrise e si morse il labbro, “mi sei mancato...” mormorò premendo la bocca sul suo collo.
 
Hanamichi, debole ai suoi baci, abbassò il viso e lo baciò sulle labbra, con delicatezza e tenerezza (avrebbero avuto la notte per recuperare il tempo perso).
 
“Volevo farti una sorpresa” confessò con il collo e le guance rossi e la fronte corrugata.
 
Il cuore di Kaede si gonfiò al punto che dimenticò completamente la stanchezza per il viaggio o l’irritazione per il disastro in cucina.
 
Per questo lo amo, pensò sorridendo e sporgendosi per baciarlo un po’ più a fondo.
 
“Non dovevi...mi sarebbe bastato che mi accogliessi con un sorriso”
 
“Davvero?! Avresti dovuto dirlo prima, idiota! Mi sarei risparmiato tutto questo tempo!”
 
“Scusa, non sapevo che fossi così impegnato” scherzò Kaede, perché Hanamichi era libero quella settimana.
 
“Ahah, scemo...Yohei mi ha invitato a casa sua per vedere Naomi” disse Hanamichi sorridendo. Naomi era la neonata di Yohei Mito e Haruko Akagi: una principessina che era diventata inevitabilmente la piccola viziata da tutti gli ex membri dello Shohoku. Persino Kaede, che non provava grande trasporto per l’ex manager, adorava quella bambina.
 
“Perché non mi aiuti a pulire così andiamo a vederla insieme?” propose, arricciando le labbra nel riguardare la cucina.
 
“Ma...non sei stanco per il viaggio?”
 
In realtà sì, ma Kaede non voleva separarsi dal suo compagno. Scosse il capo, Hanamichi sorrise e annuì più volte prima di abbracciarlo e baciarlo ancora e ancora.
 
In fondo Yohei non aveva stabilito un’ora esatta.
 
 
Bacio eterno
 
“Ehi...ricordi questa festa?” chiese l’uomo dai capelli rossi guardando con un sorriso nostalgico la vecchia foto sgualcita tra le dita. L’uomo accanto a lui, mentre riponeva gli utensili da cucina nelle rispettive scatole, si fermò e si posizionò dietro il compagno, osservando l’immagine e sorridendo teneramente.
 
“Come posso dimenticarla? In quel giochetto mi infilasti la lunga fino in gola” commentò ricordando la festa di Natale di anni prima.
 
“Scusa?! Non sono stato io quello che si è aggrappato alla mia maglietta per continuare...” ribatté subito Hanamichi, fingendo di essere offeso.
 
“Stavo trovando l’equilibrio, scemo. Eri praticamente sdraiato sopra di me”
 
“Ahahah...ti sarebbe piaciuto, volpe!” lo prese in giro sorridendogli con l’arroganza che negli anni era diminuita solo di poco.
 
“Se l’avessi fatto in quel momento, di sicuro ti avrei rifilato un calcio nelle palle”
 
“Sì, certo! Non mentire! So che ti sei innamorato follemente di me fin dal campionato nazionale!”
 
“Mi stai confondendo con te”
 
“Ahahahah, sei tutto rosso!”
 
“Zitto e continua a impacchettare”
 
Hanamichi, ridendo oltraggiosamente, si asciugò esageratamente le lacrime e continuò a radunare i pochi oggetti nella stanza in scatole sparse. Dal giorno prima erano impegnati, e nonostante l’appartamento fosse praticamente un buco nel buro, era incredibile quante scemenze si fossero accumulate nel tempo. Per fortuna si stavano trasferendo: la casa non era molto grande, ma sarebbe stata sufficientemente comoda per entrambi.
 
Il sole estivo e caldo in cielo fece loro compagnia per tutta la mattina e il pomeriggio. Aiutarono i traslocatori per portare le cose nel camion parcheggiato in strada. Trascorsero meno di un’ora a spostare oggetti, finché il soggiorno, la cucina, il bagno e l’unica stanza presente non furono assolutamente vuoti. Silenziosi e solitari...proprio come quando erano arrivati 6 anni prima.
 
Ora erano al centro del soggiorno, con le mani unite a guardare il tramonto dalla finestra.
 
“Sono un po’ triste di lasciare questo posto” sussurrò Hanamichi con un sorriso amaro.
 
“Anche io, ma...”
 
Hanamichi lo guardò in attesa e curioso.
 
“...dobbiamo avanzare...andare avanti”
 
“Mmh” acconsentì, “insieme...” mormorò sorridendo e dandogli un dolce, breve bacio sulle labbra.
 
“Insieme” sussurrò Kaede di rimando, appoggiando la fronte sulla sua e chiudendo gli occhi per godersi la tranquillità del tardo pomeriggio.
 
Un momento che si sarebbe potuto ripetere per tutta l’eternità.
  
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