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Autore: PapySanzo89    14/02/2022    5 recensioni
Arthur ride assieme agli altri cavalieri mentre Merlin serve loro da bere e lo vede alzare gli occhi al cielo in un’espressione mezza annoiata e mezza divertita.
“In realtà sono un Alpha” dice quest’ultimo con voce chiara e cristallina e la tavolata si fa subito silenziosa mentre Arthur sente le orecchie stranamente ovattate e crede -è sicuro- di aver capito male.
“Che c’è?” continua Merlin, mentre tutti gli occhi dei cavalieri sono puntati verso di lui. “Siccome non maneggio una spada e riesco a pensare lucidamente prima di attaccar briga con qualsiasi persona mi passi davanti dovevo essere per forza un Omega? Non so se sentirmi lusingato od offeso”.
[...]
Arthur guarda il piatto davanti a sé senza in realtà vederlo e si ritrova a non avere più fame.
Perché la sua vita deve essere sempre così dannatamente complicata?
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Omegaverse | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Morgana, Principe Artù, Uther | Coppie: Merlino/Artù
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Non io che sto sudando per la pubblicazione di questo capitolo.
Aiuto.
Allora un paio di cose prima di iniziare.
Questa è la prima fic che scrivo su Merlin e quindi vi prego, abbiate pietà.
Secondariamente, la storia è sì un Omegaverse ma in qualche modo contorto non è il tema principale della fic (“e qual è il tema principale della fic?” mi chiederete voi e io vi risponderò “non lo so, fatemelo sapere se lo trovate”)
La fic è composta da tre capitoli e gli altri due sono già finiti e in fase di betaggio (non commetterò più l’errore di postare senza aver prima finito :’D)
Nella speranza che qualcuno sia ancora qui in queso fandom vi auguro buona lettura (spero, prego, ma che ne so!) e anche un buon San Valentino <3
Un ringraziamento immenso a Vale e Yoko che mi hanno supportata (ma prima di tutto sopportato), betato, sclerato ma soprattutto non mi hanno mandata a fan-
 
 
 
 
 
 
 
 
.Capitolo 1
 
 
 
 
 
Arthur ride assieme agli altri cavalieri mentre Merlin serve loro da bere e lo vede alzare gli occhi al cielo in un’espressione mezza annoiata e mezza divertita.
“In realtà sono un Alpha” dice quest’ultimo con voce chiara e cristallina e la tavolata si fa subito silenziosa mentre Arthur sente le orecchie stranamente ovattate e crede -è sicuro- di aver capito male.
“Che c’è?” continua Merlin, mentre tutti gli occhi dei cavalieri sono puntati verso di lui. “Siccome non maneggio una spada e riesco a pensare lucidamente prima di attaccar briga con qualsiasi persona mi passi davanti dovevo essere per forza un Omega? Non so se sentirmi lusingato od offeso”.
Merlin guarda verso Arthur e gli fa un occhiolino (perché se c’è una cosa che Merlin non sa fare è quella di non attaccar briga con gente più grande e grossa di lui) per poi allontanarsi e continuare a versare vino nei calici dei cavalieri come se non avesse appena mandato Arthur completamente fuori fase, come se non avesse appena rivoltato il mondo di Arthur sottosopra con un’unica frase.
Arthur: futuro Re di Camelot e Omega nascosto in mezzo a un branco di Alpha, già perdutamente innamorato del suo dannato servitore che, a quanto pare, è un fottuto Alpha.
Arthur guarda il piatto davanti a sé senza in realtà vederlo e si ritrova a non avere più fame.
Perché la sua vita deve essere sempre così dannatamente complicata?
 
***
Il giorno in cui Arthur si è presentato come Omega è stato il giorno più brutto e umiliante di tutta sua vita.
Per quindici anni suo padre lo ha fatto istruire e allenare per diventare re, per guidare il regno che un giorno sarebbe stato suo, e lo ha educato come il grande Alpha che sarebbe dovuto divenire.
Arthur si sentiva forte, si sentiva capace e si sentiva pronto. Sul campo d’addestramento era il migliore, i suoi attacchi forti, la sua resistenza eccellente e riusciva a disarmare qualsiasi altro cavaliere della sua età non ancora presentatosi come Alpha e, alle volte, addirittura quelli.
Non c’erano quindi dubbi su cosa sarebbe diventato Arthur al raggiungimento dei suoi quindici anni ma, se proprio volevamo dirla tutta, non ce n’erano mai stati. Suo padre era sempre stato molto chiaro a riguardo: un Omega non è in grado di comandare.
Gli Omega sono deboli, devono essere protetti e salvaguardati, devono svolgere mansioni che le loro menti non troppo brillanti possano portare a compimento. Un Omega maschio in famiglia non era nemmeno un’opzione da valutare. Gli Omega erano fatti per restare accanto a un re, non per diventare tali.
Arthur non si è nemmeno mai posto il problema.
Ed è forse per questa eccessiva sicurezza che fece ancora più male.
Suo padre non è riuscito a guardarlo nemmeno per un minuto; ha varcato la soglia della camera da letto del figlio e se n’è andato senza dire nemmeno una parola mentre Arthur rimaneva a letto piegato dai dolori del primo calore senza capire nemmeno cosa stesse succedendo.
Arthur di quel tempo non ricorda molto. Ricorda solo di aver sentito dolore per un tempo non calcolabile, ricorda di aver sentito caldo, talmente tanto caldo che gli sembrava che la pelle si stesse per sciogliere, ricorda qualcuno che lo afferra per la nuca con violenza e lo fa bere mentre il corpo va in fiamme e poi il buio, l’essere rimasto di nuovo completamente solo. Non ricorda altro.
Poi, a un certo punto, quando il caldo soffocante che lo ha preso e lo ha dilaniato ha pian piano iniziato a scemare, ricorda l’arrivo di Gaius, il medico di corte, un Beta che conosce da quando ha memoria e che sembra non invecchiare mai e che ha la capacità di esprimere tutto il suo disappunto con una sola alzata di sopracciglia.
Arthur è disteso a letto tra lenzuola sudate e piene di qualcosa a cui non vuole nemmeno pensare e non ha nemmeno la forza di alzare la testa per guardarlo, muove solo gli occhi mentre respira affannosamente per recuperare tutta l’aria che gli sembra essergli mancata in tutto quel tempo.
Gaius dice qualcosa ma Arthur non lo sente o forse proprio non lo capisce, perché sono davvero poche le cose che può capire in quel momento. Ed essersi presentato come Omega non è una di queste.
Entrano delle persone nella stanza, Arthur pensa che siano delle serve, e cercano di pulirlo alla bene e meglio mentre lo manovrano per togliergli da sotto le lenzuola sporche. Arthur vorrebbe urlare. Non sa chi siano quelle persone, non sa perché si permettano di toccarlo senza il suo permesso, sa solo che quando lo toccano la pelle brucia di nuovo e vorrebbe solo essere lasciato in pace.
Gaius è subito al suo fianco e gli fa bere qualcosa di cui Arthur non sente nemmeno il sapore ma qualsiasi cosa sia spera che faccia effetto subito.
“Bevi, ragazzo mio, andrà meglio, vedrai…”
Arthur si addormenta (o forse perde i sensi) mentre lo stanno ancora spostando.
La seconda volta che qualcuno entra nella sua stanza le lenzuola sono pulite, lui è riuscito a farsi un bagno ed è tornato ad avere il pieno controllo delle sue facoltà, si sente solo incredibilmente stanco.
Suo padre continua a non guardarlo mentre afferra una sedia e la trascina accanto al letto, dove Arthur è seduto.
“Nessuno verrà mai a sapere di questa storia” dice con voce fredda e distaccata mentre si siede e allaccia le mani davanti a sé, guardando il pavimento “Nessuno, Arthur, sono stato chiaro?”
“Sì, padre”
Mortificazione e vergogna sono le prime cose che prova da quando ha avuto il calore e sente gli occhi bruciare per le lacrime che sta trattenendo, ma quello sarebbe veramente il colmo, mettersi a piangere come una stupida bambinetta sarebbe la prova finale della sua debolezza.
Dev’esserci qualcosa che non va in lui, dev’esserci per forza.
Arthur vede con la coda dell’occhio il cambiamento nella postura di Uther e lo vede rilassarsi sulla sedia.
“Dovremo rivalutare alleanze e le tue nozze, a questo punto, ma suppongo ci sia tempo per questo”
E Arthur sente la vergogna come un mantello che gli viene calato sulle spalle e che lo soffoca per quanto gli viene allacciato stretto.
Suo padre gli parla di future alleanze, di futuri consorti, di come Gaius si prenderà cura di lui e nasconderà il suo odore non da Alpha (perché a quanto pare suo padre non riesce nemmeno a pronunciare la parola che inizia per O), di aver mandato via tutta la servitù che avrebbe anche solo potuto sospettare di Arthur e di averne presa di nuova, di aver trovato un arrangiamento per i futuri calori di Arthur che verranno trascorsi fuori da Camelot, in uno dei loro castelletti in disuso a mezza giornata di cammino, di essersi messo d’accordo con due vecchi Beta che lavoravano al suo servizio da decenni per prendersi cura di Arthur in quel periodo. Gli parla di doversi mettere presto in forze perché aveva già perso troppi allenamenti e che i cavalieri si sarebbero insospettiti di ulteriori ritardi.
Suo padre parla e parla e parla e Arthur annuisce quando sente che è il momento giusto per farlo ma non capisce nulla di quello che gli viene detto.
Arthur si osserva le mani, guarda la coperta bianca che gli copre le gambe e per la prima volta in vita sua si sente come tirato fuori dal suo corpo, come se quello che vede non fosse reale, come se il corpo in cui è obbligato a stare non sia in realtà il suo.
La voce di suo padre è ormai un rumore bianco alle sue orecchie e Arthur si richiude in se stesso, non volendo più sentire niente.
 
Arthur non si è nemmeno accorto che suo padre se n’è andato, è solo il leggero bussare alla porta che lo distrae dai suoi pensieri e nota con uno certo sgomento che nella camera si è fatto buio.
Morgana entra senza aspettare una risposta.
La prima cosa che nota, senza un motivo apparente, è il lungo vestito blu che le ha regalato per il compleanno qualche mese addietro. Lui non è fatto per questo genere di cose, non ha gusto per abiti femminili ed è con una certa difficoltà che è andato a chiedere aiuto a Ginevra ma ha pensato che ne era valsa la pena appena sua sorella lo aveva guardato, stupita, e lo aveva ringraziato per una volta con sincerità nella voce.
Morgana gli sorride, alza in alto un vassoio che Arthur non ha nemmeno notato e si avvicina al letto, sedendocisi sopra senza aspettare alcun invito.
“Ho pensato che avessi fame” gli dice, poggiandogli il vassoio in grembo.
Arthur guarda i piatti con i suoi cibi preferiti e si meraviglia che Morgana si sia spinta a tal punto o che perfino se li ricordi.
Lo stomaco gorgoglia ma Arthur pensa che potrebbe vomitare se solo provasse a ingurgitare qualcosa.
Si limita a scuotere la testa.
“Arthur, solo gli Dei sanno da quanto tempo non stai mangiando, e il tuo colorito non mi dice niente di buono. Mangia”
Arthur scuote la testa.
“Arthur, mangia!”
E forse è il tono di comando, forse è perché qualcun altro gli sta dicendo per l’ennesima volta cosa deve fare, ma il vassoio vola dall’altra parte della stanza assieme a piatti e calici sbattendo rovinosamente per terra con un rumore tale che le guardie aprono la porta per controllare cosa stia succedendo.
Morgana non è per nulla impressionata dalla cosa e rimane seduta a letto accanto ad Arthur mentre rassicura le guardie con un cenno della mano che va tutto benissimo.
Le porte fanno appena in tempo a richiudersi prima che Arthur afferri la cosa più vicina a sé e la lanci di nuovo violentemente dall’altra parte della stanza e ancora e ancora.
“Dovevo essere io l’Alpha di famiglia!” non lo urla (perché non vuole essere sentito da nessuno, perché magari può fingere che non sia successo niente, può fingere di non essere un Omega e continuare per la sua strada come ha fatto fino ad adesso) ma è quasi come se lo avesse fatto, Morgana lo guarda con rammarico e questo lo spinge ancora di più verso la rabbia cieca che sente dentro lo stomaco.
“Mi sono allenato, ho studiato notte e giorno, ho sputato sangue sul campo di battaglia, ho imparato a rivolgermi ad ogni dannatissima persona sulla faccia della terra, ho imparato a comandare
Arthur si volta verso Morgana e lei è sempre lì, i grandi occhi azzurri che lo guardano come a volerlo compiangere.
E oh, no, questo no.
Arthur vomita su Morgana tutta la rabbia che sente dentro e per un attimo si sente meglio, la rabbia la conosce, è un sentimento con cui ha convissuto per anni e che nella maggior parte delle volte riesce a tenere a bada dopo aver contato fino a dieci, ma adesso la rabbia esplode e non sa nemmeno cosa sta dicendo, non sa nemmeno cosa sta urlando, sa solo che in quel momento odia Morgana con tutte le sue forze perché lei -lei!- è il maledetto Alpha di famiglia. Lei a cui non è stato permesso nemmeno di prendere in mano una spada perché è una donna, lei a cui non è stata data nessuna educazione perché l’unica cosa che doveva saper fare era ricamare e sfornare un mucchio di bambini urlanti, lei che è uscita dalla transizione con uno sguardo più duro di quando ci è entrata e l’equilibrio della famiglia si è in qualche modo guastato.
Arthur sa che sta sbagliando.
Sta maledettamente sbagliando bersaglio, sta sbagliando a urlare, sta sbagliando a non fermarsi ma a quanto pare Arthur ha sbagliato qualcosa tutta la vita e non se n’è nemmeno accorto.
È solo quando le braccia di Morgana lo circondano che Arthur smette di parlare.
Non ricorda nemmeno l’ultima volta che è stato abbracciato ma sa di certo che anche quella volta doveva essere stata con Morgana. Uther è sempre stato molto chiaro con loro: mostrare apertamente i propri sentimenti è segno di debolezza. E tra questo e il fatto che lui e Morgana erano destinati a prendere strade completamente diverse fin da bambini, entrambi sono cresciuti mantenendo le distanze dalle persone e, in realtà, anche l’uno dall’altro.
Non che non si volessero bene, tutt’altro, ma avevano un modo diverso di dimostrarselo.
Morgana stringe ancora un po’ più la presa e Arthur si ritrova a nascondere il viso nel collo della sorella mentre alza le braccia per circondarla e piangere senza controllo.
Morgana non dice niente, resta semplicemente lì seduta ad accarezzargli la schiena finché Arthur non riesce a riprendere il controllo di sé.
“… mi dispiace” sussurra infine, sempre abbracciato alla sorella perché è troppo in imbarazzo per alzare il viso a guardarla, quando riesce a tornare a respirare normalmente.
“Ti conviene essere dispiaciuto, questo vestito costa una fortuna e adesso sarà pieno di lacrime e moccio”
Arthur, nonostante tutto, riesce a fare un mezzo sorriso.
“Te l’ho regalato io questo vestito”
“E il tuo punto sarebbe…? Beh, comunque, andiamo Arthur! È ora che esci dal tuo stato di miseria e mangi qualcosa. Non pensare che passerò una sola cena in più con quel mostro di nostro padre, non ricordavo che fosse così terribile avere tutta la sua attenzione su di sé, cercava di parlarmi. Ma dico, ti rendi conto?”
Arthur sente gli angoli della bocca sollevarsi e si alza a guardare la sorella.
“Cos’è, vuole aumentare di nuovo le tasse?”
Morgana lo guarda e alza le braccia al cielo sgranando gli occhi.
“Ti rendi conto? Pensa che i soldi crescano sugli alberi?”
E Morgana resta lì seduta accanto a lui raccontandogli di come Uther abbia perso la testa, perché non si può chiedere più tasse dopo l’inverno orribile che hanno avuto e tutte le povere famiglie che non sono arrivate nemmeno a vedere la primavera; gli racconta di due esecuzioni avvenute nell’ultima settimana e di come Uther dovrebbe valutare il rischio della magia secondo come una persona la usa, non solo perché ha la magia e basta. Arthur fa un commento sul fatto che la magia è di base cattiva e può corrompere gli animi, anche quelli più puri, e Morgana si ferma per un attimo e lo guarda e poi sospira pesantemente.
“Non farti condizionare da Uther, Arthur. Ha già fatto troppi danni”
Arthur non capisce cosa intenda Morgana ma al momento nemmeno gli interessa, si risiede più comodamente sui cuscini del suo letto e fa spazio a Morgana perché salga anche lei accanto a lui.
Morgana fa portare loro del cibo in camera e non se ne va finché Arthur non si addormenta.
Arthur è ancora in dormiveglia quando sente la mano della sorella accarezzargli la testa e poi sente la porta chiudersi silenziosamente dietro di lei.
Non glielo dirà mai, ne andasse della sua vita, ma non è mai stato così felice di avere Morgana come sorella.
 
Il giorno dopo riprende gli allenamenti con i cavalieri e si comporta come se non fosse mai successo niente.
 
***
 
Ad Arthur piacerebbe dire che il fatto che Merlin sia un Alpha non cambia niente riguardo a come vede il suo servitore, ma sarebbe una menzogna non indifferente.
Arthur ha sempre visto Merlin come il suo maldestro, balbettante, decisamente dalla risposta troppo pronta, sarcastico e innocuo servitore, niente di più e niente di meno (beh, anche suo miglior amico, confidente e consigliere ma queste sono cose che può tenersi per sé). Mentre ora, per un motivo incredibilmente infantile, Arthur lo vede quasi come una minaccia.
Non che Merlin gli farebbe mai del male, santo cielo no, è più che sicuro che Merlin farebbe qualcosa di stupido come proteggerlo con la propria vita se le circostanze lo richiedessero (e questo è sempre un pensiero che fa scaldare il cuore di Arthur) ma è il sapere che Merlin è un Alpha che lo destabilizza.
C’è sempre un gioco di potere tra un Alpha e un Omega, c’è sempre la consapevolezza che se un Alpha un giorno si sveglia con il piede sbagliato può sottometterti senza alcuna difficoltà, che tu sia preparato alla cosa o meno. E Arthur la sente tutta sulle sue spalle quella consapevolezza. Sente quel peso quando va ad allenarsi con i suoi cavalieri ed è letteralmente circondato da Alpha, la sente quando va in battaglia, sente quella specie di formicolio fastidioso anche in presenza di suo padre, mentre con Merlin si è sempre sentito a suo agio, si è sempre sentito in grado di essere se stesso senza farsi il minimo problema su chi avesse davanti.
Tutti, lui compreso, avevano dato per scontato che Merlin fosse un Beta dato che non prendeva mai giorni di riposo per il proprio calore e anche per il fatto che avesse deciso di fare il servitore (gli Alpha facevano lavori di fatica e, checché se ne lamentasse Merlin, lavorare per Arthur non è così faticoso) e invece a quanto pare avevano preso tutti un clamoroso abbaglio.
Arthur guarda Merlin camminare avanti e indietro per le proprie stanze mentre raccoglie da terra la roba di Arthur, lamentandosi ad alta voce del suo principe che è proprio lì, nella stanza con lui, e lo vede lanciargli occhiate cariche di esasperazione quando deve chinarsi per prendere qualcosa finito sotto il letto e Arthur gli risponde meccanicamente, senza nemmeno doverci pensare; perché a quello sono arrivati, ad insultarsi bonariamente anche quando stanno pensando ad altro. Arthur lo troverebbe quasi preoccupante se solo non lo trovasse incredibilmente divertente.
Merlin continua a fare le sue faccende, Arthur invece rimane seduto al tavolo facendo finta di controllare il rapporto appena arrivato da Leon sull’ultimo pattugliamento mentre i suoi occhi continuano a vagare sulla figura di Merlin, che gli dà le spalle mentre prende la spada di Arthur per iniziare a pulirla.
Merlin fischietta mentre lucida la spada e se solo Arthur stesse controllando davvero il rapporto gli direbbe di smetterla perché lo deconcentra ma invece Arthur è preso dal suo servitore, dal modo in cui sta seduto in tutta tranquillità, dal modo strambo in cui ogni tanto smette di fischiettare e sorride guardando il lavoro che sta facendo, dalle sopracciglia che si corrugano quando non riesce a togliere qualcosa dalla lama e allora sbuffa e dice ad alta voce che Arthur dovrebbe prenderne una nuova dall’armeria perché quella ormai ha fatto il suo tempo.
Arthur per un secondo si chiede quando sono arrivati a questo livello di confidenza e non riesce a darsi risposta.
L’unica cosa che sa è che non vuole vedere Merlin come una minaccia, come qualcosa di pericoloso, non vuole permetterselo e non è giusto nei confronti di Merlin che si è dimostrato solo che leale nei suoi confronti, sempre.
E non solo nei suoi ma di tutta Camelot.
Arthur potrà anche prenderlo in giro e non dirglielo apertamente ma non ha mai conosciuto qualcuno più ostinato e coraggioso di Merlin. Dopo tutte le volte che sono finiti in un’imboscata (e con tutte le probabilità che la cosa riaccada) qualsiasi persona non addestrata -qualsiasi persona che non fosse un cavaliere- sarebbe rimasta a casa ad aspettare il ritorno del principe. Ma Merlin lo ha sempre seguito, è sempre stato al suo fianco con una battuta pronta o con delle remore che non aveva cuore di tenere per sé (parole sue) e con delle erbe curative se qualcuno si era in qualche modo ferito. Merlin ha sempre dato una mano dentro e fuori Camelot, perfino i suoi cavalieri hanno smesso di prenderlo in giro per le sue scarse attitudini alla guerra.
Dovrebbe trovare incredibile che Merlin riesca a fare amicizia anche con le pietre, che conosca ogni singola persona della cittadella e che nel tempo libero dia una mano anche agli abitanti se capitano dei problemi, ma a quanto pare Merlin ha un fascino non indifferente e non solo per Arthur.
Arthur sospira e si massaggia gli occhi. Ha mal di testa, è stanco, e questa situazione lo sta uccidendo.
“Vi dico sempre che non dovete pensare troppo, vi fa male alla salute”
Arthur apre gli occhi e li punta sul suo servitore che nel frattempo ha finito di lucidare la spada ed è passato all’armatura.
“E su cosa vi state arrovellando così tanto, si può sapere?”
Arthur sospira di nuovo e pensa che non ha nessuna voglia di affrontare l’argomento.
“Non è niente che ti debba interessare, Merlin, è solo il rapporto di Leon che è estremamente noioso, peggio del solito”
“Se solo lo steste leggendo”
“Come?”
“Non ho detto niente, sire
Merlin lo guarda e gli sorride come se ne sapesse una più del diavolo (quel sire detto sempre nella maniera meno rispettosa possibile) e ricomincia a lucidare l’armatura.
Arthur potrebbe farlo mettere alla gogna per molto meno, se solo volesse, ma si sente magnanimo e lascia correre.
Merlin inizia a chiacchierargli di qualche gossip avvenuto nelle cucine siccome tanto non state facendo nulla d’importante e Arthur si ritrova a pensare, con finta esasperazione, che il suo servitore è davvero il peggiore che gli potesse mai capitare e perché mai dovrei essere io quello ad ascoltarti? Alla quale Merlin risponde con un sorriso radioso e gli ricorda che è il più pigro principe che abbia mai calpestato il selciato di Camelot.
Arthur gli lancia il rapporto di Leon addosso e Merlin lo schiva con facilità.
“Attento, sire, potevate ferirmi con quel pericolosissimo pezzo di carta”
Il cucchiaio che gli arriva subito dopo dritto in testa però non se lo aspettava.
 
Merlin è sempre il solito idiota.
Altro che pericolo.
 
***
 
“Come mai non hai il tipico odore di un maschio Alpha?” la domanda, come gli esce dalla bocca, stupisce anche lui e si chiede se per caso sia improvvisamente ammattito. Non che fosse una domanda che non si è mai posto, tutt’altro, lo tiene sveglio la notte ogni tanto, ma non è una domanda che si fa per conversare e, se vogliamo dirla tutta, è anche piuttosto scortese, perfino per un principe.
Ma Merlin non ha affatto l’odore di un Alpha (se Arthur dovesse prestarci attenzione -cosa che non fa, ovvio- direbbe che non ha nessuno odore particolare se non quello del sapone della lavanderia e del fieno dei cavalli) e Arthur attribuisce a questo il fatto di non essersi accorto di nulla.
Un secondo più tardi pensa che nemmeno lui ha il tipico odore di maschio Alpha (ovviamente) e spera vivamente che Merlin gli userà la cortesia di non fargli la stessa domanda.
Merlin non sembra pensare nulla di quella richiesta spuntata dal nulla e semplicemente scuote le spalle mentre rammenda un buco nella tunica di Arthur (buco che ha fatto Merlin afferrandolo con un po’ troppa forza quando stava per andare a sbattere contro un servitore che non ha visto passare, sempre per colpa di Merlin che blaterava qualche sciocchezza che ora Arthur non ricorda, ma che lo faceva voltare in sua direzione più volte che non) per poi sporgere il labbro inferiore in fuori e guardare in alto come se ci stesse pensando.
“Non ne ho davvero idea.” dice infine “Ma non mi sono mai posto il problema, non mi è mai sembrato importante”
Arthur alle volte non riesce proprio a capire Merlin. Per quanto ci provi, per quanto si conoscano ormai da quasi tre anni e passino gran parte delle giornate insieme, c’è sempre qualcosa che sfugge alla comprensione di Arthur. E questa volta la cosa che gli sfugge è come faccia Merlin ad essere così disinteressato al fondamento della loro società, come possa risolvere con uno scuotimento di spalle una cosa che non farebbe dormire la notte la maggior parte degli Alpha.
L’odore è tutto. Dall’odore c’è attrazione, dall’odore c’è riconoscimento, dall’odore puoi riuscire a capire lo stato d’animo della persona che ti sta accanto, se ha paura, se è felice, se qualcosa lo turba; dall’odore puoi anche capire se la persona con cui stai per legarti per la vita è la persona che fa per te e non avere un odore è qualcosa che può relegarti al di fuori della società.
E questo Arthur lo sa per esperienza.
Non che non sia circondato da persone, ma tra il suo essere futuro Re di Camelot e avere un odore non riconoscibile dai più lo ha sempre messo abbastanza alle strette.
In tutta onestà, se ci pensa, la cosa più simile ad un amico è stata Leon e dopo aver conosciuto Merlin sa perfettamente che quella non si poteva nemmeno considerare una vera amicizia. Leon è sempre stato troppo rispettoso di Arthur anche in giovane età, ha sempre saputo che un giorno Arthur sarebbe stato suo superiore in tutto e per tutto e ha mantenuto una certa, pacata distanza. Merlin non è mai stato così.
Merlin è tutto un dibattito sulle sue scelte, sul fargli dire grazie e prego e chiedere scusa ai servitori come se fosse un suo diritto pretendere una cosa simile, gli dice quando sbaglia e gli dà una pacca sulla spalla quando fa la cosa giusta, lo butta giù dal letto la mattina quando non ha nessuna voglia di alzarsi e lo schernisce perfino davanti ai cavalieri (che ormai lo hanno preso in simpatia e non cercano più di gettarlo nelle segrete per tradimento, uno spettacolo che Arthur si è goduto due volte prima di dire loro di lasciarlo stare perché Merlin è solo un po’ pazzo e non ci si può fare niente), non ha nessun riguardo per lo spazio personale o per il rispetto che bisognerebbe dimostrare ai suoi superiori (una volta ha perfino risposto al re -al re, per gli Dei- e Arthur è riuscito a portarlo fuori dalla stanza tutto intero solo per un miracolo e quel miracolo aveva il nome di Morgana) e santo cielo se Arthur non è assolutamente innamorato anche per questo.
“Arthur, mi state ascoltando?”
Arthur scuote la testa e si ridesta dai suoi pensieri, riportando l’attenzione su Merlin che nel frattempo si è alzato e sta disponendo la biancheria nell’armadio, guardandolo con aria scocciata.
“Perché ancora mi spreco, mi domando” e anche se la voce di Merlin è infastidita le labbra sono piegate in un mezzo sorriso che raggiunge gli occhi. “Stavo dicendo,” ripete guardandolo come per accertarsi che Arthur non si perda di nuovo nei suoi pensieri “che l’unica cosa che trovo importante nella vita, sire, è come la viviamo e cosa facciamo di buono nel tempo che ci è dato. Essere un Alpha, un Beta o un Omega non è mai stata una delle mie principali preoccupazioni né mi è mai stato di alcun aiuto pensarci per sapere cosa volessi davvero fare nella vita”
Ed è così, con una semplice frase in una qualsiasi giornata di primavera mentre il suo servitore rimette a posto i suoi panni, che le certezze granitiche di Arthur per un attimo vacillano.
Non sarebbe bello se fosse tutto così semplice? Se niente avesse importanza se non le azioni delle persone? Se non avesse importanza essere un Alpha, un Omega o un Beta nella vita di ogni giorno? Se non ci fossero differenze?
Sarebbe bello, sì.
Questo servitore folle sta sbagliando, sente la voce di suo padre dire e per Arthur è come se fosse con lui, lì, in quella stanza e quel minimo momento di incertezza sparisce come se non ci fosse mai stato e con lui il sorriso che Arthur non si è nemmeno accorto di aver fatto.
Ma per un momento, per un singolo breve istante, Arthur vuole comunque credere a quella sciocchezza e non dice niente a riguardo, continuando a osservare Merlin che adesso si è messo a raccogliere una cesta di panni che gli è scivolata di mano.
Arthur sorride.
“Quindi quello che volevi davvero fare nella vita era rassettare le mie stanze? Beh, sogni in grande Merlin!”
Arthur non riesce ad evitare di ridere quando Merlin lo guarda male e gli lancia un calzino addosso mancandolo almeno di mezzo metro.
 
 
***
 
Arthur è di pessimo umore. Tremendamente di pessimo umore. E quello che lo rende ancora più di pessimo umore è il non sapere perché è stramaledettamente di pessimo umore.
La giornata è iniziata bene, con Merlin meno irritante del solito e con una colazione fatta per una volta come si deve, con calma e senza rapporti da leggere o discorsi da preparare; suo padre è lontano da Camelot per una battuta di caccia ma Arthur è semplicemente di pessimo umore.
L’allenamento con i cavalieri non ha giovano in alcun modo né ha placato quella scarica di energia che sembra perseguitarlo (in tutta onestà ha solo peggiorato la situazione, facendogli abbaiare ordini a destra e a manca e facendo fare loro un allenamento più intensivo perché -parole sue- si erano tutti rammolliti) e perfino il tempo sembra deriderlo, passando da una magnifica giornata di sole a un temporale estivo in piena regola nel giro di dieci minuti, lasciandolo zuppo come un pulcino in mezzo al campo di addestramento mentre i suoi uomini lo guardano, supplichevoli.
In guerra nessuno si ferma per due gocce d’acqua, vorrebbe urlar loro ma a quel punto si rende conto di stare esagerando. Li congeda con un cenno della mano e quelli si allontanano dopo un lieve inchino.
Arthur si domanda se sia prudente prendere un cavallo e andare a caccia da solo con quel tempo, perché forse uccidere qualcosa lo toglierebbe da quello stato di miseria.
Merlin, capito perfettamente il suo umore, è sparito subito dopo colazione con una scusa riguardante Gaius che Arthur rifiuta anche solo di ricordare ma spera per lui che sia ritornato nelle sue stanze e che ci sia un pasto caldo ad attenderlo.
Quando finalmente apre le porte delle sue camere il caminetto non è nemmeno acceso, figuriamoci se è pronto un bagno caldo, e Arthur è lì e lì per gettare in aria la stanza.
Si siede al tavolo e improvvisamente tutte le forze lo abbandonano, assieme alla furia cieca che lo lascia svuotato. Non ha nemmeno voglia di mangiare, non sente freddo, non sente l’acqua che gli bagna il viso e i vestiti… vorrebbe solo andare a letto.
Forse si sta prendendo una brutta influenza. Sarebbe forse il caso di parlarne con Gaius.
Dei passi frettolosi fuori dalla porta lo informano che Merlin sta arrivando (almeno lo fa di corsa) ma Arthur non si sente nemmeno più in vena di urlare.
“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, sono stato trattenu- cosa state facendo qui da solo al buio?”
Arthur non alza nemmeno gli occhi dal tavolo per guardarlo. Si sente così tanto stanco.
Gli indica il caminetto con mano svogliata e spera che questo faccia capire a Merlin perché è al buio.
“Oh andiamo, come se non sapeste accendere il camino voi stesso”
Arthur non è proprio in vena per commenti del genere.
“Lo sai che questo si suppone essere il tuo lavoro, Merlin, vero? Lo sai che vieni pagato per farlo?”
Merlin in poche falcate è davanti al caminetto e sistema per bene la legna prima di attizzarla.
“Cosa c’è che non va?” chiede, ancora in ginocchio sul pavimento, mentre il fuoco pian piano inizia a divampare.
Arthur scuote la testa e si toglie il mantello, gettandolo sulla sedia accanto alla sua.
“Niente. Per stasera non ho bisogno di altro. Puoi andare”
Merlin si volta verso di lui con aria preoccupata.
“Ma… ma non avete mangiato nulla!”
“Oh, adesso non sono più grasso Merlin?” quel commento se lo porterà nella tomba.
“Non dite sciocchezze, ho dovuto aggiungere un altro buco alla vostra cintura due giorni fa-”
Merlin!”
“-ma questo non vi ha mai impedito di mangia-”
Merlin si blocca di colpo e la sua espressione sembra quella di qualcuno che è appena stato colpito con violenza, le mani sono rigide in grembo e la bocca è stretta in una linea sottile.
“Cosa c’è? Hai sentito qualcosa? Che suc-?”
Arthur non fa in tempo a finire la frase che Merlin si è alzato in piedi e lo ha raggiunto al tavolo in poche falcate, prendendogli di forza la mano e portandosela al viso per, a quanto pare, annusarla.
Arthur, un po’ perché preso alla sprovvista un po’ perché non sicuro di cosa diavolo stia succedendo, ci mette un po’ per divincolarsi ma è Merlin che gli allontana la mano in malo modo e lo guarda con un’espressione che, se non fosse completamente fuori luogo, Arthur descriverebbe come preoccupata.
“Arthur, siete forse impazzito,” mormora Merlin talmente piano che Arthur non sa nemmeno se siano per le sue orecchie, quelle parole “cosa ci fate ancora qui?”
A quelle parole Arthur sgrana gli occhi e si guarda intorno, come a volersi sincerare che le sue stanze non siano appena diventate qualcos’altro e di trovarsi così nel posto sbagliato, ma quando la stanza si riconferma essere la sua si volta nuovamente verso di Merlin e lo guarda come se avesse perso il senno.
“Dovrei essere da qualche altra parte, Merlin? Hai notato che ore sono o ti sei talmente ubriacato alla taverna da aver perso il senso del tempo?”
“Taverna? Cos-? No! Aah, Arthur, non dovreste essere da un’altra parte in questo momento?”
Arthur è decisamente troppo stanco e provato da tutta quella giornata andata in malora e non ha voglia di ridicoli quesiti senza senso.
“Merlin, parla chiaro. Non ho assolutamente nessun altro posto dove dover essere tranne che nel mio letto, perché al contrario tuo ho passato una giornata piuttosto impegnativa, non so se sai cosa si prova, e sono stanco e ti avevo già detto che potevi andare quindi, per cortesia, sii diretto”
“State entrando in calore, Arthur!”
E forse questo è un tantino troppo diretto. Forse Arthur avrebbe avuto bisogno di un po’ più di preavviso, forse avrebbe avuto anche bisogno di supporto perché sente il mondo crollargli attorno e non sa se lo stia facendo letteralmente o metaforicamente, ma vede le labbra di Merlin continuare a muoversi (quindi si suppone che stia parlando, del resto Merlin non riesce a fare altro) e l’unica cosa che riesce a sentire è un fischio sordo nelle orecchie e tutto il resto attorno a lui ovattato.
Deve riprendersi il prima possibile.
“Cosa…? Cosa stai dicendo Merlin, di che calore stai parlando?” la voce è più bassa di quanto si aspettasse e anche il tono è duro.
Bene.
Almeno riesce ancora a fingere di non essere nel pieno di una crisi di panico.
Merlin lo guarda e si morde le labbra, le sopracciglia aggrottate in un’espressione tesa mentre cerca cosa dire.
“Arthur, lo so. Io… lo so
No, questo è assurdo, Merlin non lo può sapere, non lo può assolutamente sapere. Non c’è modo in cui possa essere venuto a conoscenza che…
“E’ stato Gaius a dirtelo?” si ritrova a chiedere con tono tradito.
“Gaius lo sa?!” è la risposta oltraggiata di Merlin e ci sarebbe un sacco da ridere per la sua espressione non fosse che Arthur non sente nemmeno un pizzico di umorismo dentro di sé.
L’unica cosa che Arthur si sente è… mortificato.
Non riesce a guardare Merlin negli occhi e sente un calore alle guance che non ha niente a che fare col camino acceso.
Merlin lo sa.
Ma da quando? E come? E chi altri lo sa oltre a lui? Che lo sappiano tutti ma facciano finta di niente? Che lo stiano tutti segretamente sbeffeggiando? Che lo stiano…?
“Arthur respirate per favore e lasciate stare quel povero calice”
La voce di Merlin lo fa tornare in sé e la mano stretta a morsa attorno al calice che non si è nemmeno accorto di aver afferrato si apre come se lo avesse scottato. Merlin si è messo in ginocchio di fronte a lui e lo guarda da sotto le sue ciglia scure con un misto di preoccupazione e qualcos’altro che Arthur non riesce a capire e non ha nemmeno le forze di farlo.
“Dimmi tutto ciò che sai. E fallo in fretta” è arrabbiato adesso, Arthur. Bene. La rabbia è una cosa che sa gestire. La rabbia è una cosa che gli è famigliare e gli dà forza.
Merlin continua a guardarlo e Arthur nota con un certo interesse il fatto che Merlin si sia inginocchiato vicino ma non troppo, a un passo di distanza in caso dovesse succedere qualcosa. Il problema è che Arthur non sa chi dei due è in pericolo in quella situazione.
“Lo so dalla prima volta che vi ho visto” “Balle!” il solo motivo per cui non urla è perché non vuole che qualcuno senta quella conversazione anche solo per sbaglio.
Merlin fa di no con la testa e cerca il suo sguardo ma Arthur non riesce a restituirglielo, piantando gli occhi sul legno chiaro del tavolo.
Merlin sospira e Arthur per un momento non sopporta la sua presenza, vuole rimanere da solo, vuole fare finta che non sia successo niente e che sia stato tutto solo un brutto incubo, il culmine di quella giornata terribile.
C’è silenzio per qualche istante ed è come se Merlin stesse raggruppando le proprie idee prima di parlare.
“Arthur,” pausa “l’unica cosa che so è che siete un Omega” Arthur sussulta alla parola senza volerlo ma Merlin finge di non vederlo “Non so perché la cosa sia nascosta ma è stato chiaro fin da subito che nessuno ne sapeva niente e non mi sembrava il caso di tirare fuori l’argomento. Ogni volta che il vostro calore si avvicinava ve ne andavate e non avevo niente di cui preoccuparmi ma adesso…”
Niente di cui preoccuparsi.
Come se lo dovesse proteggere. Proteggere il povero piccolo Omega indifeso.
“Come… come hai fatto a…?” non riesce a finire di parlare.
“Il vostro odore. Gaius, a quanto pare” e detto questo il viso si contorce in uno strano moto di fastidio “ha fatto un ottimo lavoro perché è praticamente impercettibile. Ma passiamo moltissimo tempo insieme e ho un olfatto particolarmente sviluppato. Lavo la vostra biancheria, lucido la vostra armatura e insomma…”
Merlin lascia in sospeso la frase e Arthur per un momento si sente stupido. Stupido e sconfitto.
“Arthur, prometto che ne parleremo approfonditamente quando tornerete e se vorrete potrete mandarmi alla gogna, non mi lamenterò nemmeno, tanto ormai sono quasi tutti amici miei e sono più laggiù che nelle mie stanze, ma adesso non abbiamo molto tempo, dovete andare”
“Non può essere il calore. Sarebbe in anticipo di almeno un mese” le parole gli escono da sole e ne rimane perfino sorpreso. È così strano parlarne, è così strano dire quelle cose a un’altra persona e non tenerle per sé nella sua testa, è così strano parlarne con Merlin -Merlin!- tra tutti.
È con la coda dell’occhio che Arthur vede la mano di Merlin sollevarsi (quasi timidamente) e avvicinarglisi, poggiandosi saldamente sul suo ginocchio e stringendo lievemente. Ed è stupido e assurdo ma Arthur si sente incredibilmente più saldo, più concreto.
Arthur” il tono è quasi una supplica, un’esortazione a muoversi. E come fa Merlin a fare questo? Come fa a pronunciare il suo nome e a trasmettere così tante cose? Come fa a chiamarlo sottovoce e a far capire ad Arthur che è dannatamente serio e dannatamente preoccupato e che Arthur sta solo facendo dannatamente il difficile?
Ad Arthur viene quasi da ridere, dopo tutti quegli anni da Omega ci si aspetterebbe un minimo di più consapevolezza di se stessi, no? A quanto pare è pure pessimo a fare l’Omega, con questi presupposti è ovvio che non sarebbe mai potuto essere un Alpha perché chissà che Alpha schifoso sarebbe diventato.
“Va bene,” si ritrova a dire quasi in automatico “vado ad avvisare mio padre e parto”
Merlin rilascia un sospiro che sembra aver trattenuto per decenni e annuisce, dandogli qualche tenero colpetto al ginocchio.
“Perfetto. Mentre voi andate a informare vostro padre io vado a chiamare i cavalieri. Chi vi accompagna di solito?”
Arthur, a quello, alza per la prima volta gli occhi dal tavolo e guarda Merlin come se gli fosse appena cresciuta una seconda testa.
“Nessuno mi accompagna Merlin. Nessuno dovrebbe saperlo, rammenti?”
“Nessuno vi accompagna?”
Arthur guarda il suo servitore e si chiede se abbia sbattuto la testa in un momento in cui non stava guardando.
“No” ripete perché a quanto pare Merlin è più ottuso del solito.
“Quindi voi,” Merlin chiude gli occhi e stringe i pugni ricominciando dopo un profondo sospiro “Quindi voi, futuro Re di Camelot, uscite di notte a pochi giorni o anche solo a poche ore dal vostro calore da solo?”
Messa giù così suona effettivamente un po’ rischiosa ma Arthur non vuole dargli questa soddisfazione.
“Sono perfettamente in grado di difendermi da solo, Merlin”
La faccia di Merlin assume un’inquietante tonalità di rosso e per la prima volta da quando lo conosce Arthur resta sgomento da quello che esce dalla bocca di Merlin per quasi cinque interi minuti di fila.
Per il bene suo e di Merlin farà finta di non aver appena sentito tutte le minacce del suo servitore verso il re.
E anche se non lo ammetterà mai una parte di lui (una piccola, minuscola parte, sia chiaro) si scalda al pensiero che Merlin si preoccupi davvero per la sua incolumità.
Ma è una parte minuscola e Arthur non ci vuole pensare.
 
***
 
Dopo aver dato la notizia a suo padre nel cuore della notte e aver ricevuto un semplice sguardo sconfitto come saluto, Arthur si ritrova a cavallo, pronto a lasciare Camelot alla spalle per una lunga, angosciante e sfibrante settimana. Odia con tutto il cuore quel viaggio. Odia con tutto il cuore la sensazione d’impotenza che ne deriva, odia il mentire, odia essere in balìa degli eventi e di non riuscire a controllarsi, odia il pensare che le cose andrebbero meglio se solo trovasse qualcuno con cui passare il calore.
La sola idea lo ripugna.
Almeno su questo lui e suo padre sono dello stesso avviso anche se per motivi diversi.
Uther teme che un qualsiasi Alpha potrebbe reclamarlo, Arthur ha semplicemente il terrore di trovare la cosa piacevole.
“Se non guardate dove andate al prossimo albero ci sbatterete contro!”
La voce di Merlin lo riscuote e Arthur si meraviglia di essersi perso così tanto nei propri pensieri. Si guarda intorno e vede alle spalle Camelot, già molto lontana, e la radura che si apre davanti a sé. Merlin è al suo fianco (come sempre) e lo guarda con aria preoccupata.
“State bene?”
No, che non sta bene. Non sta bene per niente.
“Ovvio che sto bene Merlin, non è mica la prima volta”
Merlin continua a guardarlo con cipiglio sospetto ma non insiste.
“Come vi stavo dicendo, anche se evidentemente non mi stavate ascoltando, penso che Susan nelle cucine abbia una storia con il garzone. Certo non ci sarebbe niente di strano se solo…”
E Merlin parla di tutto e di niente per la durata del viaggio, gli fa domande, sbadiglia nei momento meno opportuni, lo contraddice come al solito su cose su cui nessuno ha mai osato metter bocca e per un breve istante ad Arthur sembra quasi tutto normale, il viaggio sembra una semplice ricognizione notturna fatta da loro due, qualche strano salvataggio che hanno intenzione di mettere in pratica, sempre e solo loro due. Il viaggio sembra qualcosa che porterà loro all’avventura e non in uno dei peggiori incubi di Arthur. Merlin parla, ride e gli fa l’occhiolino e Arthur pensa di non essere mai stato più innamorato di una persona in vita sua.
 
***
 
Il paesaggio sta pian piano diventando sempre più familiare, gli alberi si fanno più radi e Arthur può vedere in lontananza le mura del piccolo castello che lo sta attendendo.
Al solo vederlo gli sale la nausea.
Quando arrivano non c’è mezza candela accesa, segno che i due vecchi proprietari sono andati a dormire, e Arthur pensa che in dieci anni è la prima volta che qualcuno non viene ad accoglierlo alla porta. Poi guarda Merlin e pensa che è anche la prima volta che qualcuno si prende la briga di accompagnarlo.
Scende da cavallo e perde più tempo di quanto sia necessario a legare le briglie al tronco di un albero, con la presenza di Merlin sempre al suo fianco, spalla contro spalla, finché Arthur non si decide e si dirige all’entrata del castelletto.
Le grandi porte in legno sembrano un ostacolo che non ha nessuna intenzione di oltrepassare e a pensarci bene non ha proprio la forza di bussare, di lasciarsi alle spalle la sua vita per un’intera settimana, di chiudersi in una stanza da solo aspettando che il peggio passi, di lasciare andare via Merlin nonostante sia uno dei pochi punti saldi che ha in quel preciso momento e non vuole rimanere da solo.
Ma non ha molte altre possibilità.
Sospira pesantemente prima di bussare.
Ci vuole un po’ prima di vedere il riflesso di una candela apparire da una finestra ma pochi istanti dopo una donna di mezza età apre la porta, il volto sorpreso nel vedere Arthur.
“Vostra Maestà” dice solo, inchinando la testa e scostandosi dall’uscio per farli entrare.
Arthur cerca di non prestare troppa attenzione a quell’ingresso che conosce fin troppo bene e al corridoio che porta alle sue stanze e invece cerca di concentrarsi su Merlin, che si guarda curiosamente intorno come se non avesse mai visto l’ingresso di un palazzo. Si chiede per un attimo anche a cosa stia pensando.
“Sire, siete in anticipo, non vi aspettavamo così presto” la voce della donna gli fa distogliere lo sguardo dal viso di Merlin e si volta a guardarla.
Agnes ha qualche ruga in più e qualche capello bianco sulla chioma fulva che l’ultima volta non c’era ma il sorriso è sempre gentile e i grandi occhi verdi sembrano preoccupati di vederlo lì. È incredibile come le cose siano cambiate nel corso di un decennio tra di loro. Arthur all’inizio non voleva nemmeno averci a che fare, né con lei né con suo marito, li vedeva come persone estranee intenzionate a fargli del male. A quindici anni non capiva poi molto, Arthur. Invece Agnes è diventata la figura più vicina a una madre che abbia mai avuto nella sua vita, ed essendo lei una serva, questo la dice lunga.
“Agnes” dice prendendole la mano e baciandola come fosse una Lady (cosa che la fa sempre arrossire tremendamente) “sono spiacente di averti svegliata ma a quanto pare avrò bisogno dell’aiuto tuo e di William prima del previsto”
La donna lo guarda sorpresa e Arthur può benissimo capire il perché. I suoi calori d’altro canto sono sempre stati puntuali e in tutta onestà Arthur contava molto su questo aspetto, così da poter sapere quand’era arrivata ora di andarsene e farlo con i suoi tempi, con calma, non nel cuore della notte come un ladro in casa sua.
Lei lo guarda e annuisce, rassicurante, toccandogli il braccio in un cenno quasi materno finché non porta lo sguardo oltre ad Arthur, facendo un minimo cenno con le sopracciglia come se ci fosse qualcosa di strano.
O qualcuno.
Ah, sì.
Arthur si schiarisce la gola facendosi da parte e sentendosi improvvisamente in imbarazzo, non sa nemmeno lui per cosa, indicando Merlin “Questo è il mio servitore, Merlin. Lui mi ha… accompagnato”
Merlin, che fino a quel momento è stato stranamente in silenzio, si fa avanti con la mano tesa e un sorriso cordiale. “Come va?” domanda e Arthur vorrebbe davvero colpirlo. Forte.
Agnes sorride di rimando e si avvicina ma scosta la mano di Merlin per finire direttamente con l’abbracciarlo. Merlin sembra stupefatto ma non si lamenta e circonda la donna molto più bassa di lui con le braccia finché lei non alza il viso a guardarlo e si scosta di un passo.
“Non so cos’abbia fatto cambiare idea al re, ma grazie agli Dei adesso possiamo dormire sonni tranquilli, finalmente non se ne va più in giro da solo”
Agnes porta gli occhi su Arthur e Arthur si sente a disagio. Vorrebbe ribadire che è più che in grado di cavarsela da solo, come ha dimostrato nel tempo, e che uno come Merlin non fa una grande differenza se dei briganti dovessero finire con l’attaccarli ma qualcosa nello sguardo di Merlin, sempre rivolto ad Agnes, lo ferma dall’aprir bocca.
“Non corre più alcun pericolo” la rassicura Merlin, le mani sulle spalle della donna, e Arthur in qualche modo ci crede.
 
***
 
È quasi l’alba, Agnes e William sono tornati a ritirarsi poco dopo il loro arrivo mentre lui e Merlin sono rimasti seduti nella biblioteca davanti al fuoco a parlare del più e del meno e di quando Merlin sarebbe dovuto tornare a prenderlo. A un certo punto Merlin si è addormentato e Arthur è rimasto a guardare la sua figura malamente distesa su una sedia bitorzoluta e ha sentito un moto d’affetto che gli ha scaldato il petto. Lo ha lasciato dormire per un paio d’ore, abbastanza almeno da non farlo cadere da cavallo nel suo rientro a Camelot, per svegliarlo alle prime luci.
Arthur vede il chiarore che si sta alzando dalle colline e le stelle che stanno sparendo dalla vista e sa che è ora per Merlin di andare.
Sono entrambi in giardino, il cavallo di Merlin scalcia già per andarsene e Arthur capisce perfettamente il sentimento.
“Vengo a riprendervi tra sei giorni allora”
“Merlin, davvero non è necessario” ripete più per proforma che intendendolo sul serio.
“Partirò poco prima che faccia buio così faremo ritorno quando tutti dormono, non vi preoccupate”
E per una volta Arthur non tenta di scoraggiarlo, crede che gli servirà un amico dopo tutto.
Il silenzio si protrae per qualche istante e nessuno dei due sembra sapere bene cosa fare.
“Beh, Merlin, ci vediamo tra qualche giorno, cerca di non fare troppo il lavativo mentre non ci sono” dice, sforzando un mezzo sorriso. Merlin annuisce.
“Cercate di stare bene, Arthur” lo sguardo di Merlin è estremamente serio mentre glielo dice e Arthur vede che è combattuto su qualcosa (su cosa Arthur non è sicuro) ma poi il momento passa e sale a cavallo, voltandosi in sua direzione per salutarlo.
“Oh, e ringraziate Agnes e William per l’ottimo tè, non è da tutti essere così gentili quando li si butta giù dal letto a orari indecenti!”
Arthur si ritrova a sorridere nonostante tutto.
“Sono delle brave persone”
Merlin annuisce e dopo un ulteriore attimo di esitazione fa voltare il cavallo e parte alla volta di Camelot al galoppo, come se dovesse scappare da lì il più in fretta possibile.
Arthur guarda la figura di Merlin allontanarsi sempre di più e sente lo stomaco voltarglisi sottosopra.
Merlin non dovrebbe andare via. Merlin è sempre stato al suo fianco, Merlin gli ha sempre sorriso e tirato su il morale nei momenti più cupi, Merlin gli ha sempre offerto sostegno e Merlin è un Alpha e Merlin dovrebbe…
Arthur si stupisce da solo di cos’è andato a pensare e scuote la testa, gli occhi sbarrati dall’indignazione e dal disgusto per sé stesso per quella linea di pensieri.
No. Merlin non dovrebbe proprio un bel niente.
Con quel pensiero nella testa torna indietro e quando apre la porta le gambe quasi gli cedono quando la prima ondata si abbatte come una tempesta su di lui e deve reggersi allo stipite per non cadere a terra. Lo stomaco si rivolta, le gambe alla fine non lo sorreggono più e un intenso calore gli pervade tutto il corpo, lasciandolo boccheggiante.
Sta per iniziare.
E a quanto pare sarà peggio del solito.
Con uno sforzo sovrumano chiama a voce più alta che può William e il suo ultimo pensiero corre al sorriso di Merlin, rassicurante e sicuro che gli dice che tra sei giorni tornerà a prenderlo.
Sì. Tornerà a prenderlo.
La mano di William lo aiuta ad alzarsi da terra e a trascinarsi malamente fino all’ingresso della camera ed è l’ultima cosa che vede prima di perdere completamente la ragione.
 
***
Per la prima volta da quando è diventato un Omega ad Arthur sembra di avere nuovamente quindici anni e di essere di nuovo quel ragazzino spaurito che non ha idea di cosa debba fare.
Il calore è passato ma per gli Dei se è stato difficile.
Il suo corpo fa male da ogni parte, i muscoli gli tirano, è avvolto da coperte sporche di sudore e sperma e l’unica cosa che vorrebbe fare sarebbe bruciarle, ma non ha nemmeno la forza di alzarsi in piedi, figuriamoci fare qualcosa di più.
Ha sete, lo stomaco rantola per la fame e il sole che entra dalla finestra e lo colpisce in faccia lo infastidisce, ma accoglie quel leggero calore sul viso con benevolenza perché sta morendo di freddo. È sudato da far schifo, i capelli sono appiccicati alla nuca e ha mal di testa.
È stato uno dei peggiori calori che abbia mai dovuto affrontare.
Ci vogliono parecchie ore prima che il corpo di Arthur inizi a rilassarsi e ancora più tempo prima che Arthur trovi la forza di alzarsi dal letto, ma vede il sole iniziare pian piano e inesorabilmente a calare e sa che Merlin sarà lì poco dopo il calar della sera. Arthur deve farsi trovare in condizioni dignitose.
Chiede aiuto a William per alzarsi e chiede ad Agnes di preparargli un bagno.
Non si fa toccare, Arthur. La pelle è ancora troppo sensibile, è infastidito anche dal più semplice tocco estraneo e non vuole rimanere in compagnia di qualcuno in quello stato di vulnerabilità perciò si lava da solo, cercando di togliere assieme a tutto il resto il suo senso di sporco e di disagio.
I vestiti lo infastidiscono allo stesso modo ma ormai Arthur ci è abituato, sa che domani sarà tutto tornato normale e potrà lasciarsi tutto questo alle spalle, almeno per i prossimi mesi a venire.
Il bussare alla porta del castello gli fa alzare la testa di scatto e le voci di Agnes e Merlin si mescolano nell’ingresso. Arthur corre alla porta come se le gambe non gli facessero un male del diavolo, corre come se qualcosa lo stesse fisicamente tirando in quella direzione e quando apre la porta della camera Merlin è già lì, in qualche modo sorpreso di vederlo.
Sire” Merlin gli fa un mezzo sorriso storto salutandolo con affetto e Arthur sente l’impellente bisogno di abbracciarlo.
Invece stringe bene le mani sui fianchi e raddrizza la schiena, alzando un sopracciglio.
Merlin” risponde “allora, sei stato un bravo servitore in mia assenza o devo aspettarmi qualche brutta sorpresa?”
Merlin ghigna.
“Il migliore, come sempre”
E a quello Arthur non riesce a resistere e spettina i capelli di Merlin con una mano, ridendo.
“Certo, George avrà sicuramente molte cose imparare da te”
Merlin cerca di allontanare la mano con scarsi risultati.
“Tanto lo sappiamo tutti che preferite comunque me”
“Presuntuoso da parte tua”
Arthur si sente più leggero, si sente improvvisamente meno stanco e vuole tornare a casa e lasciarsi quell’esperienza alle spalle per quanto può.
C’è una rigidità nelle spalle di Merlin che però Arthur non può fare a meno di notare e si ricorda improvvisamente che sono praticamente nelle sue stanze e, anche se ormai è tutto pulito, l’odore deve essere ancora particolarmente forte.
“Vai a sellare il mio cavallo, Merlin. Voglio tornare a casa”
Capisce quanto l’odore deve essere insopportabile per Merlin dal fatto che non se lo fa ripetere due volte e si allontana a grandi falcate per mettere abbastanza distanza tra lui e Arthur ma Arthur non se la prende, capendo perfettamente il sentimento.
Agnes gli dà una sacca di cibo per il ritorno, se mai se la sentisse di mettere qualcosa sotto i denti (nonostante la fame non crede che il suo stomaco reggerebbe), e William lo saluta con un cenno del capo e un sorriso cordiale. Arthur non ha parole per ringraziare ma spera che quelle che ha detto bastino.
Quando finalmente mette piede fuori all’aperto tutto il suo corpo si rilassa. Sente l’aria fresca della sera, il vento che gioca coi suoi capelli, l’odore dell’erba e il fruscio delle foglie, i cavalli che nitriscono e il ciarlare di Merlin che è la cosa che più lo fa sentire a casa.
Il suo corpo non sta più andando a fuoco, le sue mani non stringono più le coperte fino a fargli male, la sensazione di essere rotto in due completamente sparita. Può di nuovo respirare.
“Tenete” Merlin lo riscuote dai suoi pensieri e Arthur non si è nemmeno accorto di aver chiuso gli occhi, osserva le due fiale che Merlin gli porge “me le ha date Gaius, so che siete abituato a prenderle”
Arthur le conosce benissimo, una serve per il controllo degli sbalzi d’umore per i giorni a seguire e l’altra è per mascherare l’odore. Prende per prima quella per l’odore siccome ci vuole un po’ di tempo per farle fare effetto e spera che non ne rigetterà il contenuto di lì a poco.
Nota che Merlin lo guarda con un cipiglio un po’ infastidito e Arthur non sa cosa dovrebbe farsene.
“Che c’è?” domanda restituendogli le fiale vuote.
Merlin scuote le spalle. “Non sapevo aveste bisogno di qualcosa del genere, avrei potuto farvele io in questi anni”
Arthur lo guarda un po’ sorpreso.
“Era un segreto, Merlin, lo ricordi sì?”
Merlin sospira e mette le fiale in tasca, non incrociando il suo sguardo.
“Beh, immagino che sia io il primo a non poter parlare di mantenere segreti”
Arthur non capisce molto bene quel commento ma lo attribuisce al fatto che Merlin non abbia mai detto di essere un Alpha.
“Come se potessi nascondermi qualcosa, Merlin” ghigna.
“Oh sì, siete tropo astuto per me, sire” Merlin alza un sopracciglio e Arthur lo colpisce senza troppa forza dietro il collo.
“È solo che…” Merlin comincia di nuovo ma si blocca, come non sapendo se proseguire o meno.
“È solo che…?”
Merlin afferra le redini dei cavalli e li porta entrambi fuori dalla stalla, dandogli le spalle.
“Avrei voluto fare qualcosa di più per voi”
Arthur si blocca sul posto a bocca aperta e guarda Merlin continuare a camminare.
Qualcosa di più?
Arthur non riesce nemmeno a pensare a quanto Merlin abbia fatto per lui negli ultimi tempi (negli ultimi anni). Lasciando stare l’ultima settimana, il solo fatto che Merlin ci sia quando ha bisogno di lamentarsi, quando ha bisogno di parlare con qualcuno, quando deve sedere per ore intere a infiniti incontri di corte e Merlin se ne sta lì e sollevare gli occhi al cielo facendolo così tossire per evitare di ridere apertamente, è sorprendente.
Forse Arthur dovrebbe solo dimostrarlo di più.
“Merlin!” si ritrova a dire spinto dal momento, guardando a terra.
Merlin si volta in sua direzione e gli porge le redini del cavallo, aspettando.
Arthur alza gli occhi dal suolo perché è il maledetto principe di Camelot e non si farà mettere in ginocchio da delle semplici parole e perché Merlin si merita di più di un ringraziamento al pavimento “Non devi fare niente di più, Merlin. Ti ringrazio di tutto. Dico davvero”
Merlin lo guarda per diversi istanti senza dire nulla, poi l’espressione cambia completamente e la sua solita faccia sorpresa di quando vuole prenderlo per i fondelli fa la sua apparizione e Arthur sa che ha sbagliato.
“Sire, state male? State ringraziando me? Dobbiamo assolutamente tornare a Camelot il prima possibile, forse Gaius troverà un rimedio!”
Arthur non si spreca nemmeno a colpirlo ma sale a cavallo e si allontana senza dire nient’altro.
La voce di Merlin che gli intima di aspettarlo si perde dietro di lui e Arthur non si sente nemmeno un po’ in colpa.
 
***
 
Arrivano a notte fonda e Arthur non vede l’ora di distendersi sul suo letto e dormire per il prossimo decennio ma sa che c’è una cosa che deve fare prima.
Congeda Merlin non appena arrivano davanti le scale che portano alle camere di Gaius e Merlin sta per replicare qualcosa ma Arthur lo ferma con un gesto della mano.
“Vai a dormire, Merlin. Mi servirai sveglio domani mattina”
“Ne siete sicuro?”
“Per l’amore del cielo, Merlin! Vai a dormire!” sibila (perché se urlasse sveglierebbe l’intero castello) e Merlin sembra ancora sull’orlo del dire qualcosa ma alla fine annuisce, augurandogli la buonanotte.
Arthur si dirige verso le stanze di suo padre.
 
Uther lo sta aspettando nonostante l’ora tarda ma Arthur non si sorprende, suo padre lo aspetta sempre sveglio quando sa che sta per tornare a casa. Crede sia una cosa carina, a suo modo.
“Ho visto che sei stato accompagnato dal tuo servitore”
Arthur chiude gli occhi e sente il mal di testa e tutta la stanchezza della settimana ripiombargli nuovamente sulle spalle.
Perché, tra tutte le cose che poteva dire, suo padre sceglieva sempre quelle che lo mettevano più in allerta?
“Sì, padre” dice, perché non avrebbe alcun senso negarlo.
Uther, rivolto alla finestra, si volta a guardarlo.
Non sembra particolarmente contento.
“Farò affidamento sul tuo buon giudizio, figliolo, vedi di non farmene pentire”
Il viso di Uther è duro mentre gli dice queste parole ma per la prima volta in vita sua Arthur non sente lo strano brivido famigliare corrergli lungo la spina dorsale, ma come uno strano senso di protezione e di possessività verso il suo servitore che gli fa pensare che se solo Uther proverà a torcergli un capello, Arthur lo infilzerà con la sua spada senza un minimo di esitazione.
E Arthur è troppo sconvolto dal suo stesso pensiero per prestare attenzione ad Uther che sta parlando di qualcosa riguardante la magia, le tasse e a quanto lavoro Arthur si è lasciato alle spalle e che deve recuperare il prima possibile.
Arthur lascia le stanze del padre senza ricordare una sola parola di quello che si sono detti ma ricorda perfettamente la sensazione che gli ha attanagliato il petto per tutta la durata della conversazione e qualcosa gli dice che non porterà a nulla di buono.
 
 
***
 
 
“Sorgete e brillate, Sire!”
Arthur apre un solo occhio per portarlo al suo servitore e il primo pensiero che ha è quello di volerlo strozzare. Grazie a Dio ha avuto almeno l’accortezza di non aprire completamente le tende o il mal di testa che non lo lascia stare dal giorno prima sarebbe di sicuro peggiorato.
Mio Dio, sta da schifo.
Si è addormentato a un’ora indegna la sera prima (dopo aver camminato avanti e indietro per la camera ripensando a ciò che era successo con suo padre) e non è riuscito a riposare decentemente per dei sogni strani che nemmeno riesce a ricordare.
Ha fame (del resto sono quasi quarantotto ore che non mette nulla sotto i denti) ma la sola idea di mangiare gli fa rivoltare lo stomaco, la testa gli sta per esplodere e l’unica cosa che vorrebbe fare sarebbe rimanere a letto per il resto della sua vita. La sola idea di doversi alzare, vestire, andare agli allenamenti e portare avanti tutti i compiti lasciati indietro la settimana precedente gli fa venire da piangere e purtroppo non è una metafora.
La bocca di Merlin assume un’aria contrita mentre lo adocchia dall’alto in basso e scuote la testa.
“Aah, state proprio uno schifo”
“Sì, grazie per averlo notato, Merlin” il principe cerca di tirarsi su ma l’unica cosa che riesce a fare è girarsi dall’altra parte e mettersi più comodo sprofondando nuovamente nel buio sotto le coperte.
Sente Merlin sbuffare e per un secondo teme che si ritroverà buttato giù malamente dal letto e si pente di aver lasciato così tanto campo libero a Merlin da potersi permettere di fare una cosa del genere senza temere ripercussioni.
I passi di Merlin però si allontanano dal letto e Arthur si ritrova a sbirciare fuori dalle coperte per vedere cosa diavolo pensa di fare. Merlin apre semplicemente la porta delle sue stanze e mette fuori la testa, richiamando a gran voce qualcuno nel corridoio. Arthur non vede bene tra le pieghe delle lenzuola ma nota qualcuno che potrebbe essere George (che tenta di guardare nella stanza) di fronte a Merlin (che gli blocca la visuale all’interno).
“Il principe non si sente bene,” dice Merlin con voce affabile “mi manda a dire che cede a Leon il compito di addestrare i cavalieri ancora per oggi ma siccome sei qui di passaggio potresti riferire tu il messaggio? Sì? Magnifico grazie” e chiude la porta prima ancora che l’altro servitore possa aprire bocca.
Ritorna sui suoi passi e va a sedersi sul bordo del letto, vicino ad Arthur, così vicino che Arthur potrebbe toccarlo se solo allungasse un po’ la mano.
“Vi ho portato da mangiare” gli annuncia, sollevando le lenzuola e scoprendo la testa di Arthur che stava benissimo dove stava, grazie tante.
Arthur grugnisce qualcosa ma il suo stomaco borbotta e così si ritrova ad adocchiare il tavolo e rimanere anche piuttosto sorpreso dell’abbondanza che c’è sopra.
Merlin è sempre stato un pessimo servitore; quando (e se) si ricorda di portargli la colazione solitamente quella è composta da un pezzo di pane, una fetta di formaggio e una salsiccia (una volta gliene è arrivata mezza e Merlin ha pure giurato di non aver toccato nulla, il bugiardo) e molto spesso se la ritrova in gola ancora prima di poter mettere piede fuori dal letto perché Merlin si è svegliato tardi e ora tutti e due sono in ritardo e tanto siete abbastanza fuori forma da poter saltare una colazione, andiamo!
A quanto pare invece oggi Merlin è stato posseduto (o aiutato) dallo spirito di un servitore competente perché non ha mai visto la tavola così imbandita e si preoccuperebbe della precaria salute di Merlin non fosse che è veramente troppo sfinito per pensare a cosa diavolo stia succedendo.
“Magari dopo” si ritrova a dire adocchiando le salsicce ancora fumanti ma non sentendo ancora lo stomaco pronto per affrontare una cosa del genere.
Merlin sbuffa e si alza dal letto andando a prendere un piatto di frutta fresca già tagliata.
“Avrei un’idea” dice prima di voltarsi nuovamente verso di lui e Arthur odia, odia le idee di Merlin. Ma Merlin non dice nulla, poggia solo il piatto sul comodino e si risiede sul letto, stringendosi le mani e sembrando vagamente nervoso (o forse in imbarazzo? Arthur non saprebbe dirlo).
“Dopo quello che vi è successo questa settimana, sapete…?”
Arthur non si sforza nemmeno di voltare la testa a guardarlo, alza solo scetticamente un sopracciglio. “Sì Merlin, lo so, ero presente”
“Sì ecco, giusto, dunque…”
Aah, il balbettio non è mai qualcosa di buono.
Merlin però sembra prendere una decisione perché si batte le mani sulle ginocchia e lo guarda risoluto.
“Io sono un Alpha…”
Aiuto.
“E a parte vostro padre e Morgana sono l’unico Alpha che conosce la verità”
Aiuto aiuto.
“E se vorrete andare a chiamare loro non ci saranno assolutamente problemi, lo capisco, anzi, forse Morgana sarebbe la scelta più normale da fare, vostro padre invece penso sarebbe meglio tenerlo il più lontano possibile da questa idea ma-”
“Merlin, stai facendo diventare il mio mal di testa un’emicrania, potresti spicciarti?”
“Credo abbiate bisogno di essere abbracciato”
Cala il silenzio nella stanza e Arthur lo guarda come se avesse perso il senno nel giro di cinque minuti.
“Scusami?”
Merlin prende un profondo respiro.
“Non so cosa ci sia di diverso questa volta ma non siete mai stato così male al vostro ritorno, l’odore e il corpo di un Alpha subito dopo il periodo del calore aiutano l’Omega a ristabilirsi e a riprendersi più velocemente”
“Ma sono tutte sciocchezze!”
“Sapete che sono il primo a non credere nella dinamica Alpha/Omega ma questa è scienza e possiamo almeno provare. Non crediate che l’idea mi rallegri, sono restio quanto voi ma almeno non dovrò prendermi cura di voi per i prossimi giorni, se funziona”
E cosa mai dovrebbe rispondere Arthur in una situazione del genere? Certo, dovrebbe dirgli che deve imparare a stare al suo posto, che non può dire e fare sempre quello che gli passa per la mente e che lui è il principe di Camelot e non starà abbracciato al proprio servitore come un poppante spaventato da una tempesta.
Ma la verità è che Arthur un po’ spaventato lo è sul serio e non riesce a dire nulla di tutto ciò.
Rari sono stati gli abbracci nella sua vita e quasi tutti sono stati dati per compiangerlo e mai per consolarlo o per dimostrargli affetto. Non che ne abbia mai avuto bisogno, figuriamoci, è cresciuto benissimo anche senza cose inutili come dei gesti d’affetto, grazie tante.
Però un abbraccio da Merlin…
Prima che possa prendere una decisione razionale si sposta un po’ più in là nel letto per far posto a Merlin, che non se lo fa ripetere due volte e si toglie gli stivali prima di mettersi sotto le coperte e aprire le braccia facendo ad Arthur segno di avvicinarsi.
“Se ne fai parola con qualcuno…” lo avverte Arthur prima di avvicinarsi e trovare una posizione adeguata, poggiando la testa sul petto di Merlin. Ed è ridicolo ma anche se in questo modo non può vederlo Arthur sente che Merlin sta roteando gli occhi.
“Oh certo…” dice mentre si sposta per sistemare meglio entrambi “ci sono così tante occasioni in cui potrei parlare di come ho abbracciato il principe di Camelot e non venire assolutamente ucciso per questo” Arthur a quello ride e si gira su un fianco, passando un braccio oltre Merlin mentre l’altro rimane scomodamente poggiato tra entrambi.
È strano e un po’ scomodo, Merlin è tutto spigoli ed angoli ed è evidente che sono entrambi in imbarazzo, perché nessuno dei due riesce a spiccicare parola e sembra che non riescano nemmeno a rilassarsi granché. Allora qual è il punto di tutta quella faccenda?
“Ah, e va bene” si ritrova a dire e pensa che se questo sarà il massimo che riuscirà ad avere da Merlin allora tanto vale approfittarne senza ritegno e al diavolo l’imbarazzo.
Merlin lo osserva con aria stupita mentre Arthur si alza, sposta i cuscini, manovra Merlin come se fosse un pupazzo di stoffa per metterlo nella posizione che più lo aggrada e dopo gli si distende in parte sopra, cercando di non gravargli troppo col peso.
Merlin rimane per un attimo in silenzio e dopo scoppia a ridere. Arthur sente il corpo dell’altro rilassarsi e finalmente riesce anche lui a fare lo stesso, poi una mano di Merlin gli si poggia sulla schiena e inizia a massaggiarlo con movimenti circolari e Arthur è sicuro che potrebbe addormentarsi da un momento all’altro.
“In realtà questo è tutto un mio piano per poter stare finalmente in questo letto e fare un meritato riposino”
Arthur rotea gli occhi da sotto le palpebre chiuse.
“Come se non sapessimo entrambi che l’hai già fatto più di una volta”
Merlin ride ma non dice nulla e il sonno sta attirando a sé Arthur.
Si sente protetto (anche se non ne ha minimamente bisogno, sia chiaro), si sente al caldo e al sicuro ed è una sensazione che non si ricorda di aver mai provato prima.
Sposta il viso quasi istintivamente e va a seppellirlo nell’incavo del collo di Merlin e all’improvviso va ancora meglio. Lì l’odore di Alpha di Merlin è un po’ più forte e Arthur si ritrova a sorprendersi di non averlo davvero mai notato.
Ha un buon odore.
Sa di estati assolate, giornate bagnate dalla pioggia, erba fresca, ma soprattutto, sa di casa.
Merlin gli sussurra all’orecchio di dormire e Arthur non vede perché non dovrebbe farlo.
 
***
 
Arthur è curioso.
A sua discolpa è sempre stato un tipo incline a fare mille domande, nonostante Uther avesse tentato di togliergli quel tratto assolutamente inutile (soprattutto per chi avrebbe semplicemente dovuto eseguire degli ordini e non sprecarsi in domande inutili) e c’era pure riuscito, in gran parte, ma adesso Arthur guarda Merlin e vorrebbe solo sommergerlo di domande, perché Merlin è così dannatamente snervante nel suo non essere… come dovrebbe essere.
Arthur ha passato gran parte della sua vita circondato da Alpha e da che ha memoria suo padre non ha fatto altro che spiegargli le differenze sostanziali tra la razza dominante (Alpha) e quella sottomessa (Omega).
Gli è stato insegnato da subito come un Alpha deve comportarsi in determinate circostanze, come l’Alpha ha un istinto fuori dal comune, come siano forti, veloci, pericolosi e come si comportano quando c’è un Omega nei paraggi.
Indipendentemente se un Alpha e un Omega sono legati, se un Omega avrà bisogno, l’Alpha più vicino accorrerà sempre in suo soccorso e lo proteggerà con le unghie e con i denti e non ha importanza se l’Omega vuole o meno determinate attenzioni, è così e basta. L’Omega è sottomesso, è debole e non sa di cosa ha bisogno quindi serve proteggerlo.
Il problema tra Alpha e Omega accade quando un Omega non legato entra in calore e non ha un partner con cui passarlo.
Quando Uther gli ha raccontato cosa poteva succedere, Arthur ha avuto incubi e crisi di panico per diversi anni temendo che qualcosa del genere potesse succedere a lui ma Uther è stato granitico su quel punto: devi conoscere al meglio i tuoi nemici, devi sapere come si comportano e cosa aspettarti da loro.
Suo padre non gli aveva mai parlato degli Alpha in quella maniera prima dei suoi quindici anni; prima gli Alpha erano meravigliosi cavalieri in scintillante armatura che sconfiggevano interi battaglioni a mani nude, dopo erano persone di cui dovevi avere paura perché non potevi mai sapere cosa aspettarti. Da un certo punto di vista aveva assistito a questa cosa con suo padre, che cambiava umore da un momento all’altro e che poteva sfogarsi nelle maniere peggiori se solo c’era qualcuno a tiro.
Per fortuna non aveva mai toccato Morgana, Arthur quello non se lo sarebbe mai perdonato.
Dunque gli Alpha sono predatori e si prendono tutto ciò che vogliono senza batter ciglio.
Merlin non è niente di tutto questo.
Non che i suoi cavalieri gli ricordino in modo particolare i racconti di suo padre ma sa perfettamente che molti di loro (soprattutto della vecchia guardia) vedono gli Omega solo come mero strumento per figliare e mantenere caldo un focolare ed è come se sotto la pelle crepitasse loro un’energia che non sanno mai come sfogare del tutto, come se si aspettassero da un momento all’altro di ritrovarsi davanti una minaccia e fossero ben lieti di doverla affrontare a muso duro (ed ecco perché per essere cavalieri di Camelot devi essere di nobili origini e un Alpha).
Merlin invece si presta agli allenamenti dove si fa colpire senza nemmeno cercare di contrattaccare, si protegge con lo scudo e lascia che gli altri gli brandiscano contro spade, bastoni, lance e l’unica cosa che fa è chiedere quanto ancora la cosa dovrà andare avanti perché non si sente più i muscoli delle braccia.
Si presta a battute per cui un Alpha getterebbe a terra il guanto di sfida, a cui però lui si limita a una risposta pungente o a ignorare completamente la persona e la battuta e tornare a quello che stava facendo prima.
Totalmente incomprensibile.
In più adesso c’è anche il piccolo, minuscolo ed insignificante fatto che Merlin sa (e da molto più di quanto Arthur voglia pensare) che Arthur è un Omega e Merlin si comporta esattamente come prima.
Non ha cambiato atteggiamento nei suoi confronti, non è stranamente protettivo e non è sull’attenti quando sono sul campo d’addestramento o fanno qualche torneo e Arthur combatte con persone molto più robuste di lui che cercano di trapassarlo con una spada.
Beh, forse questo è un po’ esagerato (tranne nei tornei), ma il sentimento non cambia.
Anche adesso, sul campo d’addestramento, mentre Arthur è alle prese con Leon in un incontro, Merlin è a diversi metri di distanza, seduto a terra vicino a Gwen che lavora a maglia, e sembrano immersi in una fitta conversazione che fa sorridere Gwen e ridere di gusto Merlin.
Merlin non lo sta nemmeno guardando.
Non che ci sia niente di male in questo, anzi, Arthur dovrebbe sentirsi sollevato di non dover badare a un servitore iper protettivo. D’altra parte però dovrebbe essere mero istinto, no? Arthur è in una situazione tendenzialmente pericolosa e Merlin dovrebbe essere sull’attenti in caso capitasse qualcosa, in caso…
Il colpo di Leon arriva di sorpresa e Arthur si sente incredibilmente stupido perché era un colpo assolutamente ovvio, se solo non fosse stato troppo distratto a pensare a Merlin, che come al solito non può comportarsi come ogni comune Alpha -oh no!- lui doveva essere speciale e maledizione!
Solo che il colpo alla fine non arriva perché Leon perde l’impugnatura sulla spada che vola qualche metro più in là mentre il cavaliere si guarda le mani come se non fossero le sue e lo avessero tradito.
“Mi è… scivolata la spada, Sire?”
Arthur lo guarda magnanimo e gli poggia una mano sulla spalla.
“È una cosa che può capitare a tutti, Leon. Vai a riprenderla e ricominciamo”
Leon obbedisce ma sembra ancora stranito dall’accaduto. Arthur riporta l’attenzione su Merlin per qualche breve istante e fa appena in tempo a vedere Merlin scostare gli occhi da loro e tornare a parlare e ridere con Gwen.
Merlin è davvero una persona che non riuscirà mai a capire.
 
Finito l’allenamento Arthur ha decisamente bisogno di un bagno per rilassare il dolore ai muscoli delle spalle e per lavare via il sudore ed elenca a Merlin anche gli altri compiti che dovrà portare a termine entro la fine della giornata e Merlin, con l’esasperazione scritta in viso, gli risponde con aria annoiata “sì, Sire” “Va bene, Sire” “C’è altro che posso fare per voi, Sire? Ah beh, ovviamente c’è dell’altro” e anche se non fosse per l’ultima affermazione, il tono assolutamente irrispettoso di Merlin uscirebbe dal semplice modo in cui pronuncia ogni sire. Come faccia Merlin a mettere tanto sarcasmo in sole due parole va oltre ogni sua immaginazione.
Arthur lo guarda continuare a lamentarsi ad alta voce (come se fosse suo diritto farlo) e lo stesso pensiero che ha avuto sul campo d’addestramento torna a farsi strada nel suo cervello.
Merlin non è come gli altri Alpha.
“Come avete detto?” Merlin si ferma e lo guarda e Arthur (adesso un paio di passi avanti a lui) si accorge di averlo probabilmente detto e non solo pensato. A questo punto tanto vale ripeterlo.
“Ho detto che non sei affatto come gli altri Alpha” la voce è neutra, non vuole farlo passare come un complimento ma nemmeno come un’offesa, che Merlin faccia di quella frase ciò che vuole.
“Sapete, Sire, credo voi abbiate un’idea un po’ distorta degli Alpha” gli dice Merlin, tornando a camminare e raggiungendolo in due falcate “Dietro questo ragionamento allora dovrei dirvi che voi non siete come gli altri Omega”
Arthur per un attimo ha il cuore in gola e lo guarda come fosse impazzito, cercando con occhi frenetici qualsiasi persona che possa averli sentiti anche solo per sbaglio, ma Merlin a quanto pare non ha nessuna preoccupazione al mondo perché continua a parlare -lungo gli stramaledetti corridoio dove passa anche la servitù!- come se non avesse appena detto ad alta voce il suo segreto più grande “Ma sarebbe incredibilmente falso da parte mia. Ve l’ho già detto, Arthur, non ha importanza l’essere un Alpha, un Beta o un Omega, tutto dipende da ciò che si fa. Prendete per esempio Gwen, voi la vedete e pensate che sia solo una damigella in difficoltà per il suo essere un Omega?”
Arthur lo guarda con aria stupita e per la prima volta prende in considerazione la cosa.
In tutta onestà non ha mai pensato molto a Gwen, non al suo essere un’Omega perlomeno, l’ha vista sempre e solo come… Gwen. Tutt’altro che una damigella in difficoltà, senza dubbio. Ha molte volte dimostrato il suo coraggio impugnando addirittura una spada e combattendo fianco a fianco a loro in casi di emergenza e si è dimostrata coraggiosa anche nel suo lutto verso il padre.
Quando Uther ha ingiustamente condannato il padre di Gwen a morte per favoreggiamento verso la magia, Gwen non solo non ha mai detto una sola parola contro il re o dimostratogli meno rispetto ma ha anche continuato a servire Morgana senza battere ciglio, portando avanti i suoi compiti giorno dopo giorno sempre con il sorriso e senza portare alcun tipo di rancore.
In tutta onestà Arthur non sa se sarebbe riuscito a mantenere un contegno simile.
“No, anzi…” si ritrova a dire con un fil di voce, pensieroso, ma poi cerca di alleggerire la conversazione perché è come se avesse un tarlo in testa (un tarlo che gli fa mettere in questione cosa suo padre gli ha insegnato in tutti quegli anni) e non vuole davvero pensarci adesso “Se poi vogliamo anche parlare del fatto che deve sopportare Morgana ogni giorno… mio Dio, è più coraggiosa di quasi tutti i miei cavalieri!”
Merlin ride e i due tornano a camminare verso le stanze del principe con passo più lieve.
“E voi, Arthur, voi credete di essere debole?”
La domanda, per un momento, lo spiazza ma non ha il tempo di pensarci su perché Merlin continua a parlare.
“Perché vi ho visto combattere e mi sembra che siate un po’ più bravo dei vostri cavalieri. Che sono tutti Alpha, vorrei sottolineare”
Arthur lo guarda, incredulo.
“Mi hai appena fatto un complimento, Merlin?”
Merlin, incredibilmente, arrossisce.
“Non è il punto. E poi assolutamente no, prima Leon vi ha quasi colpito perché stavate sognando a occhi aperti, a cosa stavate pensando in un momento simile mi domando”
“Allora mi stavi guardando” e Arthur non sa perché trova la cosa incredibilmente tenera né perché trova così adorabile il fatto che Merlin arrossisca per una cosa del genere, sa solo che vorrebbe continuare all’infinito.
“Come se fosse una novità” sospira Merlin guardando al soffitto e Arthur vorrebbe chiedergli cosa intende dire ma Merlin cambia argomento senza dargliene possibilità.
“Invece pensate forse di essere stupido?”
Arthur si chiede di cosa diavolo Merlin stia parlando e come si permetta di fare una supposizione simile prima di ricordare la faccenda dell’Omega.
“A chi stai dando dello stupido, Merlin?” “Io a nessuno, sto chiedendo se voi pensate di essere stupido, Sire, e se è così, che gli dei mi siano testimoni, vorrei ci fosse un modo per immortalare questo momento per sbattervelo in faccia più volte possibile”
Arthur lo colpisce sulla collottola e Merlin sbotta un ahia decisamente poco mascolino prima di massaggiarsi la parte colpita e guardarlo male, spingendolo più in là per una spalla.
“Certo che non sono stupido, Merlin” gli risponde dopo avergli restituito la spinta con un colpo al braccio.
“Beh, qui temo di dover dissentire, ma chi sono io per dirlo”
Arthur non lo dà a vedere ma quel discorso gli ha sollevato un po’ l’animo. Non si è mai interrogato su come gli altri lo vedano o in cosa lui sia mai riuscito ad eccellere nella vita ma adesso Arthur si ritrova a guardare Merlin con qualche certezza in più sugli Omega e qualche dubbio in più su cosa suo padre gli abbia insegnato per tutta la vita.
Merlin ricomincia a parlare solo quando arrivano davanti alle stanze di Arthur e gli apre la porta per farlo passare.
“Sapete voi siete il futuro Re di Camelot, Arthur. Colui che unificherà tutta Albion e porterà prosperità in tutto il regno” il tono di Merlin è tranquillo ma Arthur sente (o forse vuole sentire) come se lo stesse dicendo con un po’ d’orgoglio verso di lui “E non ha importanza cosa siete, ha importanza chi siete”
Arthur entra nelle sue stanze e guarda verso Merlin che gli sorride e gli fa l’occhiolino. Arthur ha un po’ il cuore in gola.
“Ovvero una testa di fagiolo”
Merlin!”
 
***
 
La sera è calata su Camelot, il popolo si è disperso dalla piazza e Arthur va dritto alla torre sopra l’armeria dove sa che troverà chi sta cercando.
Morgana è seduta su una cassa di legno di fronte alla finestra e guarda fuori verso le stelle, non curante di Arthur che annuncia la sua presenza.
“Sapevo che ti avrei trovata qui”
Non si volta nemmeno a guardarlo, continua a fissare dritta davanti a sé e Arthur vede la rigidità nelle spalle, in quel poco di viso che riesce a scorgere, e si avvicina poggiandole una mano sulla spalla.
Sua sorella si volta e lo guarda con quei suoi grandi occhi azzurri e Arthur nota che non ha pianto ma è come se lo avesse fatto.
“Nostro padre ti sta cercando”
A quello il viso di Morgana si trasforma in una maschera d’odio che Arthur ha avuto il dispiacere di vedere solo altre due volte nella vita.
“Non ho alcuna intenzione di vederlo” sibila, tornando a guardare fuori dalla finestra, dandogli così le spalle.
Arthur si appoggia al muro davanti a lei e la guarda mentre stringe i pugni e cerca di contenersi.
“Morgana, era un druido e ha usato la magia, lo sai che-” sua sorella non lo lascia nemmeno finire, alzandosi in piedi e rovesciando la cassa di legno che fa un rumore sordo contro la pietra.
“Lo sai per cosa ha usato la magia, Arthur? Lo sai?”
Arthur scuote la testa. Per suo padre non ha mai importanza per cosa la magia viene usata, il problema è che viene usata e basta.
“Perché una sciocca si è fatta male a un polso e lui stava solo cercando di aiutarla. Questo è stato il suo reato: aiutare qualcuno in difficoltà!”
Arthur si massaggia gli occhi e sospira. È una conversazione sempre dura d’avere, sia con suo padre che con sua sorella, e non gli piace venire messo in mezzo. Ben che meno gli piacciono i pranzi dove i due si urlano addosso per ore e ore e lui deve trovare una scusa qualunque per andarsene perché sa che non la finiranno mai.
“Morgana…” sospira “La legge di Camelot è chiara: se sei in possesso di magia la condanna è la morte, e trovo incredibile che qualcuno si senta ancora sicuro di praticare magie entro i confini del castello quando questa legge va avanti da più di vent’anni”
Onestamente, quanto doveva essere fuori di testa qualcuno che possedeva la magia anche solo per pensare di mettere piede a Camelot?
Morgana scuote la testa come a non voler sentire ragioni.
“È sbagliato. È tutto così sbagliato”
Arthur la guarda e si sente piangere il cuore.
Non l’ha mai vista tanto sconvolta o sull’orlo di una crisi isterica come in quel momento e Arthur si sente completamente impotente.
“Scusa,” sussurra lei poco dopo “scusa io- io non so cosa mi sia preso, io…” Morgana si passa una mano sul viso e Arthur guarda da un’altra parte, dandole una parvenza di privacy. Non ce la fa a vederla ridotta in quello stato, proprio lei che va sempre a muso duro contro qualsiasi ostacolo e non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, Uther compreso.
“Ti accompagno alle tue stanze?” è la cosa più stupida e insensibile che potesse dire e se ne rende conto da solo ma lui non è bravo con le parole e davvero non sa come rimediare alla situazione. Se solo Morgana avesse un problema con una persona fisica da poter affrontare Arthur non ci penserebbe nemmeno un secondo prima di tirare fuori la spada e andarla ad affrontare, ma il problema di Morgana è qualcosa a cui, purtroppo, nessuno dei due può far niente per porre rimedio.
Morgana però non sembra fargliene una colpa e semplicemente annuisce, guardando il pavimento, gli occhi nascosti dalla folta chioma scura.
Arthur le porge una mano che lei accetta senza guardarlo e si accorge con un certo senso d’orrore che il polso della sorella è bendato.
 
Arthur riaccompagna Morgana alle proprie stanze e manda subito a chiamare Gwen. Quello che a lui manca per alleviare il cuore pesante della sorella può sicuramente fornirlo Ginevra.
Ripensa al druido che suo padre ha condannato a morte e al polso bendato di Morgana.
C’è sicuramente qualcosa di sbagliato in tutto questo.
 
***
 
Arthur, per un breve periodo, ha pensato che le sorprese nella sua vita fossero finite, perché del resto ne aveva avute più di quelle che si meritava, grazie tante. Come questo pensiero potesse anche solo essergli passato per la mente conoscendo uno come Merlin, ad oggi è ancora un mistero.
 
 
***
 
Se qualcuno dovesse mai chiedergli come lui e i suoi cavalieri si siano fatti circondare da un branco di banditi che non riuscivano a distinguere nemmeno la destra dalla sinistra, Arthur si ritroverebbe a dare tutta la colpa a Merlin.
Perché Merlin non riesce a stare in silenzio nemmeno un secondo e deve sempre rispondere per le rime, quindi Arthur non può lasciare la cosa impunita e allora va avanti a rispondere e alla fine si fa distrarre dalle chiacchiere del suo assurdo servitore e non presta attenzione a ciò che li circonda.
E, a proposito del suo servitore, dove diavolo è sparito?
Arthur si guarda intorno ma vede solo i mantelli rossi dei suoi cavalieri e nessuna traccia di Merlin. Spera solo sia riuscito a mettersi al sicuro perché quella non è una distrazione a cui può pensare al momento.
Come ciliegina sulla torta i briganti si sono portati dietro uno stregone e forse questa sarebbe la vera ragione per cui sono riusciti a circondarli ma preferisce comunque dare la colpa a Merlin.
Lo stregone sta per aprir bocca e dire qualcosa ma uno dei suoi tirapiedi si fa avanti e attacca uno dei suoi cavalieri.
Da quel momento nasce il delirio.
Arthur e i suoi cavalieri saranno anche in inferiorità numerica ma non c’è paragone in abilità. Tuttavia sa che qualcosa sta andando per il verso sbagliato appena sente un rombo di tuono in quella che è un’assolata giornata senza nubi e lo stregone urlare qualche parola che viene coperta dal vento.
Arthur non fa in tempo a raggiungerlo e non riesce a proteggersi in alcun modo, viene colpito e sbalzato indietro andando a sbattere contro il tronco di un albero. L’ultima cosa che sente è l’urlo dei suoi cavalieri e l’unica cosa che pensa è che spera che Merlin sia riuscito ad allontanarsi.
 
La testa gli fa un male del diavolo, le orecchie gli fischiano e gli viene da rigettare anche l’anima. Vorrebbe solo dormire ma c’è un rumore persistente in sottofondo, come di due persone che parlano, e alla fine la curiosità ha la meglio su di lui e si ritrova ad aprire gli occhi.
Per qualche istante è tutto sfocato, strane ombre gli si muovono davanti e la luce del sole lo infastidisce e gli fa lacrimare gli occhi. Poi pian piano le ombre si fondono assieme e formano silhouette dalle strane forme e alla fine ricompaiono anche i colori.
Il bosco fa la sua comparsa attorno a lui e Arthur ricorda con il minimo sforzo ciò che è successo e rimarrebbe sconvolto nel vedere i suoi cavalieri a terra svenuti se solo la sua attenzione non fosse stata attirata da altro.
Merlin è a qualche passo da lui ma non lo sta guardando perché ha gli occhi sullo stregone, che sta levitando ad almeno mezzo metro da terra con le mani strette attorno al proprio collo, come se non riuscisse a respirare.
Arthur non capisce ciò che sta vedendo.
“Ti prego, ti prego” gracchia lo stregone che inizia ad avere uno strano colorito violaceo ma il viso di Merlin è impassibile, non dimostra nessuna emozione e Arthur nota con una certa fatica che gli occhi di Merlin scintillano come il sole.
Gli viene da vomitare di nuovo.
“Giuro, giuro che non lo faremo mai più” è la supplica perenne dell’uomo che ha iniziato a scalciare come cercando qualcosa su cui appoggiare le gambe.
Merlin lo guarda come incuriosito per poi inclinare la testa di lato, avvicinandosi.
“Certo che non lo farete mai più” la voce di Merlin è bassa e in qualche modo estremamente fredda e distante ma decisamente sicura di sé: fa ghiacciare il sangue nelle vene ad Arthur “non ve ne darò la possibilità”
Con un semplice battito di ciglia il collo dello stregone fa un sonoro crack e l’uomo cade a terra privo di vita.
L’ultima cosa che vede Arthur prima di perdere di nuovo conoscenza sono gli occhi di Merlin che brillano color oro nell’ombra gettata dagli alberi.
 
“Arthur… Arthur mi sentite?”
Qualcosa lo sta schiaffeggiando e sente dei rivoli di acqua fredda solcargli le tempie.
“Avanti, tutti gli altri si sono ripresi, non vorrete davvero dirmi che siete così debole di spirito!”
Arthur apre gli occhi di scatto e si ritrova davanti il viso sorridente di Merlin.
“Sapevo avrebbe funzionato, tornereste indietro dalla morte per darmi torto sul fatto che siete carente in qualcosa!”
Il tono di Merlin è allegro ma Arthur può vedere che ha lo sguardo sollevato nel vederlo di nuovo vigile e gli passa una pezza d’acqua sulla fronte.
“Allora, come vi sentite?”
Arthur non risponde e si guarda attorno.
Sono ancora nel bosco e i suoi cavalieri sono effettivamente rinvenuti e stanno spostando i cadaveri dei banditi per raccoglierli tutti in un unico punto.
“Cos’è successo?” chiede Arthur allora, convinto a questo punto di aver solo avuto una visione su Merlin, perché non è possibile che Merlin sia… ma poco dopo vede con la coda dell’occhio lo stregone riverso a terra, esattamente dove Merlin lo ha lasciato cadere prima e con il collo rivolto in una posizione innaturale.
“Ah, sapete, i cavalieri… qualcuno dev’essere venuto in soccorso”
Il tono di Merlin è completamente sbagliato, il fatto che non lo guardi negli occhi è completamente sbagliato e Arthur si domanda quanto diavolo può essere stato cieco in tutti quegli anni per non aver mai notato che il suo maledetto servitore è anche uno stramaledetto stregone che a quanto pare gli salva la vita come seconda attività.
Il suo servitore è un Alpha e uno stregone.
Ooh, suo padre ci banchetterebbe con lui.
Arthur si alza da terra barcollante, Merlin cerca di dargli una mano ma Arthur la scaccia via senza pensarci due volte.
Uno stregone. Uno fottuto stregone.
Tutto ciò contro cui il suo regno combatte ogni giorno, tutto ciò che suo padre gli ha insegnato a temere e disprezzare e odiare perché sono pericolosi, tutto ciò che di cattivo c’è al mondo e…
E questa creatura terribile, pericolosa e incredibilmente cattiva lo sta guardando con occhi feriti perché Arthur si è scostato.
Non può… Non ce la fa… Non adesso.
“Torniamo al castello!” urla ai suoi uomini senza nemmeno sprecarsi di vedere se l’abbiano sentito o meno e lasciandosi Merlin alle spalle.
Sale sul primo cavallo sellato che trova e parte al galoppo nella speranza di non svenire lungo il tragitto perché lo stomaco si sta ancora rivoltando e il dolore alla testa non è cessato.
Ma Merlin è uno stregone.
Merlin è un dannato stregone.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
Se qualcuno è arrivato fin qui innanzitutto ringrazio e poi spero di rivedervi il prossimo lunedì X’D
Vi lascio il mio Instagram in caso voleste seguirmi per fanart Merthur<3

 
   
 
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