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Autore: mary fox time    14/02/2022    0 recensioni
E se potessimo vederci l'anima?
E se in un mondo in cui l'anima è resa manifesta da un paio d'ali, qualcuno non potesse vedere la propria?
E se ci si innamorasse ugualmente?
In un mondo di magia, elfi, folletti e fate hanno ali che sono il riflesso della loro anima.
Tra loro, una ragazza è in grado di comprendere la storia e personalità di una persona leggendo le ali che porta.
Ma lei non può vedere le proprie.
Come si sente uno psicologo in grado di comprendere chiunque, tranne che sè stesso?
Lei lo sa.
"E' da poco che è stata concessa la libertà di sposarsi con chi si vuole nel nostro mondo. È dalla generazione dei nostri genitori che è successo.
Ma se vivevano bene anche prima, c’era proprio bisogno di introdurre questo?
Questo qualcosa che di fatto prima non c’è mai stato?
Solo da quando si è cominciato ad osservare gli umani si è iniziato a prendere in considerazione l’ipotesi che anche noi potessimo provare sentimenti. Ma se in realtà non fosse così?
Se l’amore fosse solo una favoletta per noi, come per gli umani, lo siamo noi creature fatate? "
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo introduttivo
Amaya si svegliò tardi quella mattina. La mattina del suo primo giorno della scuola di orientamento. Quanto avrebbe voluto rimanere sdraiata, a dormire placidamente nel letto di piume. Ma anche se ci avesse provato, la madre entrò in camera, pronta a fare il suo dovere di genitore.
Si sedette vicino a lei e le accarezzò una spalla. La ragazza disse di essere sveglia, che non c’era bisogno di aprire le finestre, che si sarebbe alzata presto. Ma la madre già sapeva che le sarebbe stato difficile alzarsi, quindi si scusò, per poi toglierle le coperte rapidamente.
Amaya si lamentò per quei modi bruschi per tutto il tempo della colazione e mentre si preparava per andare a scuola. E Eresseie, la madre, sopportò pazientemente i suoi lamenti. Sapeva che anche se la figlia brontolava tanto, era conscia che quell’atteggiamento era stato di sicuro il più efficace per aiutarla a cominciare la giornata. E infatti Amaya lo sapeva, ma forse aveva più bisogno di pensare a qualcosa di diverso da quello a cui sarebbe andata incontro a scuola.
  • Sei pronta? –
  • Sì sì, ora vado. –
  • Amaya! –
  • Sì? –
  • Le lentiggini? –
  • Ah giusto. Mi pareva di dimenticare qualcosa. –
  • Eh meno male che ci sono io. –
  • Shh ahah –
Corse dentro casa e cercò velocemente di disegnarsene qualcuna sul naso. Ora era pronta davvero. Salutò i genitori e uscì di casa più agitata che mai. Ce l’avrebbe fatta? Sarebbe riuscita a sorridere almeno una volta? A fare amicizia senza farsi scoprire? Aveva paura, tanta da sudare freddo. E accorgendosene, si costrinse a riequilibrare la sua emotività, a spegnere i sentimenti. Ce l’avrebbe fatta. Ce l’aveva già fatta una volta e ci sarebbe riuscita ancora. Vedendo l’orario sull’orologio lasciato a galleggiare nel cielo, si accorse di essere veramente tanto in ritardo, quasi più del solito. L’adrenalina si liberò più intensa che mai e le permise di volare più velocemente che mai. Sarebbe arrivata ad un orario decente.
E invece no, il karma volle che anche Amaya, come molti altri prima di lei, arrivasse tardi il suo primo giorno di scuola. Non appena entrò nella buia classe, il professore, reso oscuro dal velo del buio, le intimò di sedersi in fondo all’aula. Come arrivare là, senza urtare qualcuno e fare di conseguenza confusione, lei non lo sapeva. Perciò guardò nella direzione dell’uomo, con sguardo supplicante. Al che il signore le diede la propria sedia per permetterle di accomodarsi davanti al primo banco, appostata al muro, così da poter osservare la presentazione, senza disturbare e poter poi sedersi al suo posto, alla fine.
Sul grande schermo, il professore cominciò a mostrare delle immagini, che seguivano la logica dei suoi discorsi.
  • Ben ritrovati ragazzi e ragazze. Gli anni scorsi avrete sicuramente studiato gli esseri umani in via del tutto teorica, quest’anno invece è previsto che voi li possiate osservare più da vicino, ovviamente non ci saranno contatti ravvicinati. Gli esercizi pratici consisteranno nell’osservare gli uomini... –
  • Come faremo professore? –
Domandò una ragazza, sicuramente una folletta.
  • Se mi lasciasse finire signorina. Vi verranno date in dotazione delle sfere porta, ovviamente potrete adoperarle solo in presenza di un insegnante. –
  • E per quale scopo li dovremmo osservare? Cosa ci interessa il loro modo di vivere? –
A quella domanda e osservazione, il professore sorrise, si tolse  gli occhiali per grattarsi il naso, ma lo fece così velocemente da impedire ad Amaya di vedergli gli occhi.
  • Che domande … sono le creature più simili a noi di qualunque altra; seppur senza magia, sono riusciti ad andare lontano, ad evolversi, a trasformare il loro mondo come se possedessero un qualche dono magico, mentre non ce l’hanno. Ci interessa sapere cosa li rende così capaci e così speciali. Vedremo cosa ne ricaverete voi osservandoli…
Noi attraverso le sfere porta possiamo aiutare il loro mondo a vivere, stimolando la crescita delle piante, guidando gli animali dove hanno bisogno di andare, regolando la temperatura, l’umidità possiamo anticipare una stagione rispetto a un’altra. E loro anche. Man mano che gli anni sono passati, ci siamo resi conto che gli umani vivrebbero benissimo anche senza di noi. Per questo li studiamo. Ci incuriosiscono. Non è così per voi? -
Amaya annuì quasi contemplativa. Quanto aveva aspettato quell’evento. Come diceva il professore, veramente gli umani sapevano sorprendere come nessun altro essere vivente esistente. E il loro equilibrio, la loro capacità di vivere così tanti sentimenti, così tante emozioni senza rimanerne danneggiati … era un talento che tutti loro segretamente invidiavano.
Una volta terminata la presentazione il professore le mostrò il banco che le sarebbe spettato e vi si accomodò.
Sarebbe stata infondo all’aula, vicino a 2 ragazze folletto: una aveva i capelli corti, spettinati e rosso fuoco, così come gli occhi grandi e furbi, il viso costellato di lentiggini rosse e due lunghe e grandi orecchie che facevano capolino da dietro qualche ciuffo di capelli, tratto tipico dei folletti. Ella si chiamava Estelle. L’altra era una piccoletta dall’espressione severa, i capelli lunghi, mossi e dal color rosso violetto chiaro raccolti in una lunga treccia, pettinatura insolita per un folletto, dello stesso colore dei piccoli occhi a mandorla, si chiamava Daphne.
Priva di tatto, Estelle si presentò e domandò alla nuova arrivata se potesse mostrarle le sue ali. Amaya, spiazzata, negò perentoria, spiegando che non riteneva adeguato mostrarle con tanta leggerezza, in quanto esse erano la manifestazione della propria anima.
Le due compresero che lei era una di quelle poche persone molto sensibili e pudiche che ci potessero essere. Non erano in tanti a pensarla così. I più non vedevano l’ora di sfoggiarle, senza tanta esitazione e imbarazzo.
Lei cambiò discorso e chiese cosa si fosse persa, se ci fosse stata una qualche presentazione particolare o se fosse stata data qualche informazione essenziale.
  • Beh è stato molto accattivante. A parte i soliti discorsi sulla responsabilità, sul futuro in mano ai giovani e sul nostro dovere di studiare, ma anche di svagarci, a me è piaciuta un sacco la parte dove diceva che noi siamo la generazione che più assomiglia agli umani. I nostri genitori e antenati non conoscevano la libertà di essere e sentire come possiamo noi. Quindi si aspettano grandi cose da noi e bla bla bla poi ho perso il filo ahah. –
  • Ah sì immagino. -
Lei distolse lo sguardo e guardò davanti a sé. I suoi occhi si posarono su di lui, su quel folletto biondo che le stava seduto di fronte. Tentò di chiamarlo, ma non ricordava il suo nome e lui sembrava concentrato in quello che stava facendo (non si sapeva neanche cosa).
Le vicine di banco così, chiamarono il compagno vicino a lui, perchè chiamasse il biondo. Il primo non era affatto male: sguardo sicuro, penetrante, capelli corvini e ordinati, occhi scuri e profondissimi, lineamenti perfetti e privi di imperfezioni, pelle bianca alabastro, caratteristiche di ogni elfo che si rispetti, senza contare le orecchie, decisamente più piccole, eleganti e a punta. Lui si chiamava Samuel. Il biondo, una volta chiamato, si voltò verso Amaya con sorriso sfacciato e arrogante. Dunque lui si ricordava di lei, ma aveva voluto che lo cercasse lei. Amaya pensò che quel tipo doveva soffrire di una qualche forma di narcisismo veramente smisurata.
  • Ciao principessa. –
  • Dongiovanni... –
Rispose lei, guardandolo ancora sorpresa nel trovarselo in classe.
  • Vi conoscete? –
Domandò Estelle curiosa. Amaya la guardò. Quella ragazza sembrava così allegra e leale, ispirava fiducia, così le raccontò come quei due si erano conosciuti. Si erano visti una sera, nello spiazzo ampio degli alberi piatti, durante la festa della Terra e lui le aveva rotto le scatole per conoscere il suo nome. Alla fine lo aveva chiesto agli amici di lei e lui si era poi presentato con il suo.
  • Ma toglimi una curiosiotà biondino. Perché mi continui a chiamare principessa? –
  • Ma come? Mi sembra abbastanza ovvio. Aspetto il giorno in cui diventerai la mia regina. –
La ragazza lasciò cadere la testa sul banco, allucinata dai discorsi del folletto. La compagna rossa rise della ridicola situazione della nuova arrivata, che la ammonì disperata, non riuscendo tuttavia a rimanere seria lei stessa.
  • Come hai fatto a stregarlo? Molte gli vanno dietro e nessuna lo conquista, poi arrivi tu e anche il colpo di fulmine. –
Nobuyuki si spolverò la spalla, orgolioso di quel riconoscimento, mentre Amaya guardava Estelle con occhi sgranati.
  • Questo mona è un rubacuori? –
Lo indicò fredda e lui mimò di essere stato colpito da una lancia. Amaya lo guardò ancora confusa da quell’atteggiamento idiota.
  • Sì Amaya, beh è un bel ragazzo no? –
  • Sì, sì, ma oltre a quello? -
Il ragazzo la guardò rattristato e si voltò, dando dei pugni all’amico Samuel per richiamare  la sua attenzione.
  • Intanto per essere amici con benefici non serve chissà che requisito intellettuale. –
Commentò la rossa.
  • Ah ecco quindi cede anche lui. –
  • Sì, giusto un po’. Ma una volta una si è innamorata di lui, o almeno lei diceva così, mentre lui no. Ha dovuto rifiutarla e perderci il guadagno. –
  • Oh, ma allora ha anche un animo nobile in fondo. –
  • Ahahah –
  • Io sono nobile dalla punta dei piedi fino al mio ultimo capello. –
Intervenne lui. Samuel gli diede uno spintone per farlo smettere di tirarsela tanto. Ma non funzionò poi molto.
  • Non definirei un dongiovanni “nobile” in realtà. –
  • Io conto che la sua incredibile cotta per l’inarrivabile Amaya possa renderlo quello che lui pensa di essere. –
  • Ahah come sai che sono inarrivabile? –
  • Istinto femminile. Mi sbaglio? –
  • No. Hai un intuito eccezionale. –
Ma Nobuyuki  aggiunse:
  • Vedremo care mie, vedremo. …-
La lezione proseguì. Il professore girò tra i banchi con la propria sfera e per ogni studente  prese un frammento della sfera, per darlo a ciascuno di loro. Quella dell’insegnante non cambiò dimensione, mentre il frammento dei ragazzi, divenne una sfera completa.
  • Oggi vi spiegherò in cosa consiste la lezione di “antropologia dell’uomo”, dato che la mia collega non è potuta essere presente e, dato che voi non avrete mai ovviamente sentito parlare di un corso simile, ve lo spiegherò rapidamente.
Durante l’anno dovrete scegliere l’umano o gruppo di umani da osservare, assicurandovi che quella persona o persone, non siano già oggetto di studio di un altro vostro collega, ovviamente. –
Estelle rise e bisbigliò alla nuova ragazza:
  • Ovviamente lui sarà “Mr. evidenza” –
Ovviamente, Amaya sogghignò e ovviamente il professore se ne accorse, ma preferì aspettare e chiudere un occhio sulla faccenda, deciso a non cominciare troppo male l’anno.
  • Amaya tu pensi di sceglierti una persona o un gruppo di persone da osservare? –
Domandò ancora sotto voce e a testa bassa la rossa all’arancia.
  • Ancora non lo so, penso che dipenderà da quanti umani interessanti mi capiteranno tra le mani.  Tu? –
  • Hmm la penso come te, ma diciamo che mi porrò l’obiettivo di trovarne uno per semplificarmi la vita: un tipo che mi piaccia e mi intrighi, altrimenti niente. –
  • Non mi sembra che ti semplifichi la vita scegliendone uno specifico ahahah –
  • Lo so ahahah –
Al sentire le parole di Estelle, Nobuyuki si voltò per deridere la compagna delle sue tendenze per esseri diversi da loro. Lei gli fece notare che anche elfi e folletti erano diversi, ma ciò non impediva che si innamorassero gli uni degli altri già da qualche tempo. Anche Samuel allora si girò con sguardo disgustato e occhi sgranati. Estelle gli fece una smorfia divertita come risposta. Lui scosse la testa, cercando di non pensare più a quanto udito e tornò a guardare il professore, il quale stava osservando loro con occhi vuoti e freddi. Senza dir nulla, quest’ultimo indicò loro la porta e all’improvviso si trovarono fuori dall’aula.
  • Come iniziare in bellezza. –
Scherzò Nobuyuki. Samuel guardò ancora Estelle sconcertato e distolse lo sguardo scuotendo il capo, dopo essersi lamentato di essere stato buttato fuori per niente, a causa di un folletto rompiscatole.
  • Ma la pianti? Sei solo un tizzo antipatico e razzista. –
“tizzo” era l’appellativo, utilizzato dai folletti, per riferirsi agli elfi. Altri nomi che affibbiavano loro erano: “l’uguale”, ma anche “gemello”, sempre per sottolineare quanto quelle creature magiche si assomigliassero e presentassero gli stessi tratti.
  • Oh andiamo, pensi che io sia l’unico? Non è già un atteggiamento da razza superiore, utilizzare un appellativo che mi identifichi come razza inferiore? Pure tu sei razzista gessetto, quindi sta zitta che è meglio! –
“gessetto” invece un appellativo identificativo per quelli che erano diversi da lui, dagli “uguali”, dagli elfi.
I folletti erano contraddistinti da colorazioni di occhi e capelli vivaci, allegre, semplicemente diverse da quelle degli elfi, oltre che da orecchie molto lunghe e grandi, perpendicolari al volto e lentiggini e/o voglie colorate sulla pelle.
  • Tu non mi dici di stare zitta! E non mi chiami neanche gessetto! E non mi guardi male se ho detto la verità! Folletti ed elfi possono innamorarsi. È già successo, ci sono già state coppie di razze diverse ed esse hanno anche avuto dei figli, quindi è possibile. Informati ignorante! –
  • Ignorante io? Oh! –
  • Se lo sai, che problemi ti danno allora? –
  • Semplicemente non comprendo come ciò sia possibile.. che due razze diverse si innamorino.. io non mi metterei mai con una ragazza folletto. La sola idea mi fa venire i brividi, sono un sangue puro io, da sempre nella mia famiglia ci si sposa anche tra parenti, per mantenerlo. Non fa parte del mio DNA un pensiero come il tuo.
E poi… voi follette … non mi piacete. Quindi non capisco come possiate piacere a qualsiasi altro elfo –
  • Santo cielo! Quanto sei …! Ah non so neanche definirti. –
  • Scusa, ma è la verità. –
  • Perché? Sentiamo. Perché non ti piacciamo? Perché siamo troppo imperfette, rispetto alle tue compagne elfe? Non ti piacciono le nostre orecchie? O le nostre voglie colorate sulla pelle? –
  • A parte quello … -
  • Eh cosa cosa? –
  • I vostri vestiti… non riesco a guardarvi come ragazze serie. –
  • … La tua schiettezza è schifosa! –
  • Oh e se non la volevi sentire, facevi a meno di chiederlo. –
  • Amaya!! Dì qualcosa!! È vergognoso! –
  • Beh Estelle … non ha tutti i torti. Voglio dire, è vissuto in un ambiente diverso. Ha una mentalità diversa. Forse se fossimo nate elfe, la penseremmo anche noi così. –
  • Non so se essere ammirato per la tua comprensione e intelligenza o se essere offeso per il tuo parlare di me in terza persona. –
  • Non volevo offenderti, scusa. –
  • Ehi ma allora sai parlare in modo civile? Perché con me non lo fai? –
Si intromise Nobuyuki, rivolgendosi ad Amaya.
  • Perché tu non sei un normale ragazzo civile! –
  • Ma non è vero! E cosa sarei? –
  • Un donnaiolo pervertito e narcisista. Il tuo modo di fare mi fa incavolare. –
  • Ahia. Sempre tagliente eh. Non è che sei un po’ elfo tu? Visto che non stai al gioco e sei talmente sincera da far male? –
La ragazza lo guardò male e lui rise.
Estelle invece, non propensa a lasciare la conversazione a metà, si impose per proseguirla.
  • Vuoi dire che se ti innamorassi di una ragazza folletto, tu ignoreresti i tuoi sentimenti? –
  • Ancora con questa storia?! Mi sa che voi folletti vi fate condizionare troppo dagli umani. L’amore non è roba nostra. È un sentimento futile e immaginario, qui non esiste. Tu l’hai mai provato? –
  • Beh no, ma quando incontrerò quello giusto... –
  • Ahahahah ma dai! Che storie ti fai? Senza contare il fatto che neghi la natura stessa delle cose. Non siamo fatti per unirci tra noi. I figli delle coppie diverse lo dimostrano. O forse non lo sai? Che nascono senza un’anima. –
  • Ma non è vero … -
  • Non hanno ali da mostrare. Non hanno un’anima. È semplice logica. –
  • Ma che ne sai? Magari sono solo invisibili. –
  • Pff se non si vedono, non ci sono. –
  • E il vento allora? –
  • Ma smettila. Non puoi mettere le due cose sullo stesso piano. –
A quel punto Amaya disse, un po’ per difendere la sua amica, un po’ per troncare l’argomento pesante e un po’ per dimostrare a Nobuyuki chi in realtà lei fosse: non un elfo, non un folletto, semplicemente quello che voleva e quando voleva.
  • Scommetto che alla fine sarai il primo ad innamorarti, e anche di una ragazza folletto ahahah … –
Quella conversazione aveva iniziato a farle più male del previsto. Comprendeva il pensiero dell’elfo, ma detestava gli assolutismi e il modo di fare, da persona che pensa di sapere tutto, mentre la realtà risulta essere più complicata, difficile e sfumata di quanto si potrebbe pensare.
Nobuyuki allora, le domandò quanto fosse disposta a scommettere. Ella guardò l’elfo divertita, che distolse lo sguardo innervosito, e poi Nobuyuki, pronta a dire la posta in gioco, quando lui le fece una proposta sua:
  • Se lui cambia idea e sarà pronto ad uscire con una ragazza folletto, tu uscirai con me. –
Ella alzò gli occhi ridendo divertita ed esasperata da tanta determinazione. Lui, per convincerla, aggiunse:
  • Sarebbe come scommettere l’impossibile giusto? Che ti cambia? –
Lei lo osservò pensierosa, di sottecchi e poi decise di accettare, convinta che comunque un elfo come quel Samuel, ci avrebbe messo secoli prima di cambiare idea, sempre che potesse succedere.
Nobuyuki per la contentezza si mise a svolazzare per il corridoio, mentre gli altri risero per quell’esagerata reazione. Amaya si coprì gli occhi con una mano per l’imbarazzo. Estelle invece, incuriosita da tutto quell’interesse per la nuova ragazza, le chiese di raccontarle più nei dettagli come avesse conosciuto quell’ebete. Amaya guardò il folletto biondo tanto felice, rise ancora e iniziò il racconto.
 

 
  
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