Libri > Good Omens
Segui la storia  |       
Autore: Neamh Moonstar    15/02/2022    1 recensioni
La giovane Ann adora fermarsi a leggere nella calda e polverosa libreria del signor Fell. Una volta è persino riuscita a farsi prestare un libro, e già questo avrebbe dovuto farle sospettare che qualcosa non andava.
Quando il distinto e gentile libraio sparisce nel nulla e nessuno ne parla, però, tutto prende una piega inaspettata. Tra loschi figuri sotto le finestre, un pub che chiude dall'oggi al domani, pettegolezzi e una punta di stregoneria, Ann si ritroverà a scoprire qualcosa di incredibile su sé stessa, sul mondo e su un serpente.
°°
Outsider POV/Giallo
Genere: Angst, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anatema Device, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Newton Pulsifer, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ci sono regole non scritte nel mondo: cose che si fanno o non si fanno per convenzione, o perché ormai sono consolidate come fossero parte integrante del DNA umano. Alcune di esse sono imposte in modo tacito e indiretto, ed entrano nella mente dei diretti interessati come fossero chiavette USB. Ad esempio, tutti sapevano che - nonostante il nome e nonostante nessuno lo avesse mai ufficialmente affermato - nella libreria del signor Fell i libri si leggevano ma non si compravano né si prestavano. Potevi prendere posto dove volevi: le poltrone, le sedie, i divanetti, il pavimento o persino gli scalini che portavano di sopra se volevi; bastava fare silenzio - come fossi in una piccola biblioteca - comportarsi bene, trattare i libri ancora meglio ed essere gentile. Se lo facevi - ma lì lo facevano tutti - il proprietario ti portava persino una buona tazza di tè. Se eri "cliente" abituale non dovevi nemmeno chiedere: ad un certo punto ti ritrovavi a sorseggiare matcha, immerso con tutto il naso in qualche volume vecchio come il mondo.

Come facesse quel posto a campare senza una singola vendita, poco importava. Certo, giravano voci su affari segreti - roba da librai accaniti e malati di antichità stampate su carta vecchia, ma la questione scivolava via come acqua sulle piume di un'anatra. Il mistero e la particolarità di quel luogo erano una calamita per gente ancora fermamente convinta che le piccole librerie dovessero sopravvivere, senza venire inglobate da quei giganti che erano le grandi case editrici. Ma gli umani, si sa, sono curiosi.

Ann. Ann era molto curiosa, ad esempio.


Il suo vero nome era Annalise, ma nessuno la chiamava mai così. Era sulla ventina, ma sembrava più giovane: magra, bassina, capelli chiari e ondulati, occhietti azzurri circondati da un bel paio di occhiali rotondi. Adorava leggere: poteva farlo per ore, circondata dal profumo di tè, cioccolata e polvere che caratterizzava quello che lei considerava un'oasi di pace nel bel mezzo di Soho. 

Studiare le piaceva meno, per questo aveva smesso di farlo. Aveva involontariamente seguito le orme di suo cugino Zachary: un rosso malpelo con la passione per la vecchia musica.


Ad Ann piaceva molto il signor Fell. Sembrava esso stesso uscito da un libro, o comunque balzato fuori da qualche macchina del tempo-barra-portale interdimensionale. Era decisamente un uomo di altri tempi e non era solo l'abbigliamento sui toni del beige a dirlo. Anche lui, come Ann, doveva essere decisamente più vecchio di quel che sembrava: alle volte se ne usciva con vocaboli che o non esistevano, o erano esistiti cinquant'anni prima; per non parlare del fare da gentiluomo di epoca vittoriana e del fatto che nella sua libreria c'erano oggetti per i quali un museo avrebbe fatto carte false. Era un uomo misterioso, poco ma sicuro, e la giovane passava molto tempo ad osservarlo mentre lavorava - e per "lavorare" s'intende che sceglieva un libro anche lui e si eclissava dietro l'inutile cassa di cui disponeva. 

Ah già, aveva un serpente. Non lo teneva sempre con sé - quasi sicuramente aveva una teca nascosta nella stanza sul retro - ma alle volte se lo portava in giro per la libreria come fosse una sciarpa sonnacchiosa.

Ann adorava tutti gli animali, compresi quelli che la stragrande maggioranza delle persone schifa, e quel rettile dalle lucide squame nere e rossastre l'aveva conquistata in meno di un nanosecondo. Aveva degli occhi che sembravano pepite d'oro incastonate nella pietra lavica; più volte si era chiesta perché tutti decidessero di stare alla larga da un essere di cotanta bellezza.


Ahimè, il serpente non c'era il giorno in cui Ann mise le mani su una piccola ma elegantissima copia dei "Sonetti" di Shakespeare. Dopo una sola letta - avvenuta in più visite - la giovane era arrivata ad una contrastante conclusione: Shakespeare era molto meglio come poeta che come drammaturgo.

Il volumetto in questione doveva essere passato per una moltitudine infinita di mani diverse a giudicare dagli appunti in inchiostro sbiadito che di tanto in tanto facevano capolino a bordo pagina. Non che ciò lo rendesse più brutto o più rovinato, anzi, Ann passò una buona manciata di minuti ad analizzare quegli sgangherati corsivi, presa dalla curiosità. Inutile dire che non cavò un ragno dal buco.

Una cosa la fece, però: sviluppò il fortissimo desiderio di portarsi via quel libricino in modo da rivedere con calma le parole che tanto l'avevano rapita. Non avrebbe saputo dire perché, ma aveva passato così tanto tempo a rileggere, rivedere, scandagliare le note a piè di pagina, trascrivere su un quadernetto, che aveva sperimentato l'attaccamento che riservava a pochi altri oggetti eletti - tipo il suo smartphone, quello guai a chi glielo toccava. 

Qualsiasi buon lettore l'avrebbe capita: tutti hanno quel libro diverso dagli altri; quello che si porterebbero sempre dietro come un vecchio amico in modo da poterlo aprire in metro o aspettando il bus. E il signor Fell era decisamente un buon lettore, anzi, Ann era certa che non ce ne fossero come lui. Il problema era proprio quel tacito ma pesante regolamento riassumibile con: è una libreria ma i libri non si comprano. 

Ma Ann non voleva certo comprarlo. Ann voleva solo tenerselo per tre giorni al massimo, nulla più.

Chiedere non costa nulla e tentar non nuoce, si disse. Così si avvicinò timidamente al proprietario di quel luogo strabordante di vecchi tomi e polvere, e fece la sua insolita richiesta. Nel peggiore dei casi avrebbe scoperto in che modo quell'uomo fosse capace di dissuadere i potenziali clienti - ed era una prospettiva interessante.


Incredibile ma vero, il signor Fell acconsentì.


E fu così che tre giorni passarono.

Il giorno del reso, Ann si svegliò di buon'ora e si incamminò in quella fredda mattina di ottobre, direzione Soho. Aveva ancora un'ora prima di andare a lavoro, perciò decise di fare un salto alla libreria. Non era certa di trovarla aperta, nessuno lo era mai. Gli orari di quel posto erano una specie di rebus, ma era certa di trovarvi il signor Fell. Quell'uomo doveva avere radici - e un'area abitabile - lì dentro, o la sua perenne presenza non si spiegava.

Sarebbe stato felice di sapere che il suo beneamato libricino era tornato a casa sano e salvo, senza pieghe né macchie o appunti in più. Ann era stata molto attenta a lasciarlo così come le era stato dato e sapeva che il libraio se ne sarebbe reso conto.

Bussò sul vetro dell'ingresso, preparando un bel sorriso. Ad aprirle, però, non fu colui che si sarebbe aspettata.

   «Ehm, buongiorno» disse all'uomo sulla porta. «Il proprietario c'è? Dovrei parlargli.»

   Il ragazzo all'ingresso doveva aver superato di poco la trentina e somigliava vagamente ad un tecnico informatico con l'influenza. Aveva un nido di scuri capelli spettinati, gli occhiali mezzi storti sul naso, un maglione orrendo e gli occhi di chi non si faceva una buona notte di sonno da chissà quanto. Non ci voleva un detective per capire che la causa della sua brutta cera era l'adorabile fagottino rosa che teneva in braccio. «Oh, ehm, no. Non c'è, ma posso aiutarti io?»

   Ann decise bene di non far stare quel poveretto e sua figlia sulla soglia. Il freddo quel giorno era pungente e l'apparente influenza sarebbe potuta diventare reale nel giro di poco. «Sarebbe carino da parte sua. In realtà devo solo restituire questo» spiegò, porgendo il libricino.

   Il ragazzo lo prese con la mano libera, fissandolo interdetto. Rimase per qualche secondo immobile, bocca socchiusa, come se muoversi avesse in qualche modo causato il blocco del suo ragionamento. «Te lo ha- cioè, te l'ha davvero prestato?» Chiese, stupefatto. «Non lo hai rubato o che, vero?»

   La giovane si mise a ridere: «Le posso assicurare che mi ha concesso di tenerlo per qualche giorno. Non so perché abbia improvvisamente cambiato idea ma-» scrollò le spalle, «-immagino di essere stata fortunata.»

   L'altro annuì lentamente, ponderando la questione. «Decisamente, sì» rispose infine con un sorriso tirato.

   «Può chiederglielo se vuole. Vengo spesso da queste parti: in un certo senso è come se ci conoscessimo... Di vista.»

   «Sì, certo. Cioè, non che non mi fidi, solo che A- ehm-»

Ann sbatté le palpebre, confusa: in un attimo si era alzata un'aria di nervosismo persistente. Riusciva quasi a sentire la preoccupazione del suo interlocutore salire più veloce di un aereo al decollo.

   «Con calma, quando torna» disse allora, cercando di trasmettere un po' di calma col sorriso.

   «Sì, giusto. Quando torna» rispose il ragazzo, ora mesto e con un'ombra sul volto stanco. «Allora alla prossima. Grazie per, sai-» disse alzando il libro come per sottolineare il concetto.

   «Si figuri.»

Si lasciarono così, dopo un paio di stentati "arrivederci". Quando fu di nuovo sola davanti all'ingresso, Ann sentì uno strano nodo allo stomaco e dovette combattere contro le sue gambe per riprendere a camminare e recarsi a lavoro. 

Non aveva mai avuto un sesto senso eccezionale: di solito prendeva la vita così come veniva, facendosi le poche domande necessarie. Più si allontanava da Soho, però, più sentiva uno strano senso di preoccupazione pressarle la mente. Perché si sentiva come se qualcosa stesse per andare male? O forse qualcosa era già andato male e quelli erano i postumi. 

Si infilò le mani nelle tasche del cappotto, mordicchiandosi un labbro e attraversando distrattamente le strade, percorrendo il tragitto che ormai conosceva come il palmo della sua mano.


Se dall'uscio della libreria si fosse voltata e avesse dato uno sguardo all'edificio di fronte, sarebbe rimasta colpita anche da qualcos'altro.

Peccato che i suoi pensieri glielo avessero impedito.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: Neamh Moonstar