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Autore: blueheavenal    28/02/2022    0 recensioni
[[Cole e Dylan Sprouse]]
[[Cole e Dylan Sprouse]][[Cole e Dylan Sprouse]]La madre di Blue è scappata da tre mesi. Il marito sembra avere accantonato la cosa, ma tra le mura di casa continuava a cercarla. Blue vacillava tra la speranza e la rassegnazione. Ma quando un barlume di speranza si accendeva in lei, nessuno riusciva a placare la follia che ne scaturiva.
Harvie forse era l'unico a non volerla placare, ma alimentare.
Harvie : Dylan Sprouse
Blue: Barbara Palvin
Genere: Sentimentale, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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"Ne parliamo meglio domani" aveva detto Harvie. E dai blocchi sulla scrivania, potei capire che avesse molto lavoro da fare. Ma andava bene comunque. C'era speranza.

Ero in corridoio. Stavo andando verso l'ascensore, ma non volevo tornare a casa.

- Blue! - qualcuno mi chiamò dall'altra parte del corridoio.

- Margy! - risposi riconoscendo la voce. Mi voltai con un sorriso. - È da un sacco che non ti vedo, - la abbracciai quando me la ritrovai davanti. Anche lei sembrava felice.

- Ma dimmi un po', come stai? Dopo ciò che è successo non ho più avuto tue notizie - mi scrutò amareggiata, riferendosi al mio mancamento di pochi giorni prima.

- Ora sto meglio. È stato solo un calo di pressione. In questi giorni, mangio davvero poco. Credo sia per lo studio. Quest'anno non ci danno tregua, - rimasi fedele alla giustificazione che associavo all'accaduto.

- Ti prego, non me ne parlare. Ti capisco perfettamente, - annuì comprensiva. - A proposito, credo che nell'ufficio di mia madre sia rimasto qualche dolcetto. Vuoi venire con me? - propose con un sorriso luccicante, come per assicurarsi che non ricapitasse qualcosa del genere, quel pomeriggio.

- Come dirti di no, - acconsentii seguendola.

Margaret aprì la porta dello studio. Celine era proprio lì, con una matita tra i denti e lo sguardo perso sul foglio.

- Che ti serve amore? - domandò senza alzare lo sguardo.

Margaret entrò seguita da me. Un sorriso illuminò il viso di Celine quando mi vide.

- Blue! Piccola, come stai? Ti trovo in forma! - strillò entusiasta, squadrandomi dalla testa ai piedi.

- Grazie Celine. Anch'io ti trovo bene! Io e Marge siamo venute a rubare dei dolcetti.

- Siete fortunate che siano rimasti. Qui la gente uccide per averli, - ridacchiò, tratteggiando incuratamente qualcosa sul foglio quando sembrò strapparsi violentemente una pellicina. Ritrasse il dito con uno scatto. Probabilmente, non intendeva torturarlo tanto.

- Li hai trovati? - mi rivolsi a Margaret, che teneva la testa dentro il mobile già da un po'.

- Un attimo... aspetta... ah sì! Saranno questi.

Mi guardai intorno, sentendomi a disagio. Ero al centro dell'ufficio, in attesa che Margaret recuperasse i dolci. Avevamo interrotto sua madre e ciò mi mise ancora di più in soggezione. Il mio sguardo cadde per caso su di lei, ma mi meravigliai nel ritrovare il suo già su di me. Lei si affrettò a guardare altrove. Qualcosa nella mia testa si mosse. Perché mi guardava in quel modo? Non mi stava guardando male, anzi tutto a contrario. In un modo quasi... inquietante.

- Bene, andiamo? - Margaret risorse alle mie spalle.

- Certo. Scusa se ti abbiamo interrotta, - mi rivolsi a Celine.

- Stai scherzando? È sempre un piacere vederti, - ci salutò sorridente mentre uscivamo.

- Non ti creare problemi. Stava solo scarabocchiando, - mi intimò Margaret sull'uscio.

- Ti ho sentita tesoro, - Celine scosse la testa, tornando al suo lavoro, mentre Margaret sussurava un "ops".

In fondo al corridoio c'erano tre divanetti ed è lì che ci andammo a sedere per mangiare.

- Non ne sono rimasti molti, in realtà, - riflettè Margaret una volta seduta.

- Meglio. Mi sarei sentita costretta a finirli, - ironizzai e lei rise.

- Harvie sta lavorando? - chiese, fingendosi impegnata a masticare un dolcetto.

- Sì, sembrava molto impegnato, - forse la mia voce suonò leggermente arida.

- Oh, strano, - osservò, sorridendo debolmente.

La guardai per pochi secondi. Tentai di immaginare lei e Harvie insieme; una coppia. Ciò mi venne molto difficile. E l'unica immagine sbiadita che riuscii ad elaborare, mi diede il voltastomaco.

- Ho visto che eri nel suo ufficio, dopo il mio risveglio, - mi ritrovai ad indagare sulla faccenda. Avrei dovuto tenere la bocca chiusa. - È successo qualcosa? - domandai ammiccante. Mi sentivo terribilmente falsa.

Margaret sorrise timidamente.

- Ad essere sincera, non sono andata da lui per i motivi che credi tu. So che lui è bravo con i consigli. Avevo in mente di scrivere un libro. E non ho ancora ben chiara la trama. Vorrei evitare di scrivere qualcosa di banale, capisci? È molto vaga come cosa, infatti mi rendo conto di averlo messo in difficoltà. Poi si è messo ragionare sulle possibili opzioni, integrandomi nel discorso come non aveva mai fatto. Mi mancava essere inclusa da lui, - abbassò lo sguardo, cercando di celare gli occhi lucidi. - Lui cercava solo di aiutarmi, ma io ho frainteso, - tirò su di naso, scuotendo la testa per ricomporsi. Mangiò un altro dolcetto. - È fottutamente frustrante, essere invisibile. Invisibile per lui, - masticava con violenza. Mi misi nei suoi panni, e non fu difficile comprendere davvero la sua frustrazione. Tuttavia, quel giorno non ero nelle condizioni di consolarla a dovere. - Ma basta parlare di lui. Non se lo merita, giusto? - si strofinò gli occhi.

Ero tentata di dirle tutto; che sapevo cosa gli avesse fatto; che Harvie non se lo meritava e che ora la stesse ripagando con una moneta peggiore: l'indifferenza. Ma mi limitai a sospirare un:  "Già".

Margaret, per come l'avevo conosciuta, era davvero una brava ragazza. Ed è ingiusto che, per quanto una persona si impegni per rimediare, gli errori del passato rimangano appesi nel presente, come deboli foglie sugli alberi ai lati della strada. Purtroppo, per me il tradimento non è nella lista degli errori perdonabili. E proprio questo non riuscivo a stare dalla sua parte.

Continuavo a sentirmi una stupida per come avevo parlato a Harvie, quel giorno, nell'ufficio di mio padre; come avevo difeso Margaret con tutte le mie forze, credendola un angioletto. Se solo avessi saputo...

- Sai, - mi schiarii la voce. - mi spiace ma Jace mi aspetta in caffetteria e sono in ritardo, - improvvisai alzandomi.

- Ma non hai neanche preso un dolcetto, - osservò dispiaciuta.

- Hai ragione, ma sono a posto. Ci vediamo domani, okay? - mi affrettai ad andare. - Mi dispiace, - sussurrai poi, sentendomi in colpa per la mia fuga improvvisa.

- A domani, - alzò la mano, guardandomi con confusione mentre andavo via.

Nel tragitto verso casa, dimenticai la breve chiacchierata con Margaret. Avevo bisogno di pensieri positivi. Pensai al messaggio, a Lizzie; pensai a Harvie, Harvie che sembrava essere la soluzione ad ogni mio problema... Harvie che mi voleva aiutare davvero; Harvie che mi avrebbe portata a Londra! E mia madre...  che non vedevo l'ora di rivedere. Ed io... non volevo parlare troppo presto ma... era fatta!

Varcando l'ingresso, inspirai profondamente. Sembrava passata un'eternità da quando era mia madre ad accogliermi, e non il silenzio. Mi chiamava dalla cucina. Stava lì anche quando non aveva nulla da fare. E io mi chiedevo sempre perché non si riposasse sul divano, anche per qualche minuto, dato che, quando le ponevo la domanda, rispondeva sempre: "tanto ora devo fare altre cose".

Spesso rispondevo nervosamente quando mi chiamava. Magari era solo una brutta giornata. Lei non si offendeva mai. Le faceva male, ma ci passava sopra. E provava di nuovo ad amarmi. Fin quando non riusciva ad estrapolarmi quel poco che dava senso a tutto il resto. Si impegnava sempre così tanto per ricevere così poco. Ora avrei pagato per sentire la sua voce.

Ma mi costrinsi a pensare che, se tutto fosse andato bene, l'avrei potuta sentire. Solo l'indomani Harvie mi avrebbe parlato del viaggio. Noi saremmo andati lì, da Lizzie, e l'avremmo trovata. Magari non sarebbe voluta tornare a casa, da papà, ma avremmo trovato una soluzione. In fin dei conti, entrambe volevamo la stessa cosa.

Andai in camera mia e non indugiai a gettarmi sul letto. Mi stiracchiai, venendo avvolta da tutto il sonno arretrato. Quell'attimo di serenità mi abbandonò quando gettai un'occhiata al calendario. La settimana successiva mi aspettavano due verifiche per cui non avevo studiato. Inoltre, non sapevo nemmeno se sarei stata presente. Le cose sembravano lentamente sfuggirmi di mano, e non sapevo come impedirlo. A scuola non facevo altro che dormire. Di notte, mi ritrovavo a fissare il vuoto per ore, e per quelle poche volte che riuscivo a chiudere occhio mi risvegliavo di soprassalto poco dopo. Fino all'anno precedente, i professori mi definivano come una ragazza diligente. "Una delle migliori" dicevano. Quell'anno non avrebbero potuto dire lo stesso. Inizialmente, mi cullavo sul fatto che fosse solo la prima settimana. In realtà, era da un po' che non lo fosse più.

Ma... dopo che avessi ritrovato mia madre, sarebbe tornato tutto alla normalità. Avrei recuperato tutto il necessario. Cercai di convincermi che una volta sistemato quel pezzo della mia vita, avrei davvero potuto sistemare tutto il resto. E mi addormentai serena, tenendo fisso quel pensiero.

 

   
 
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