Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: Hop Frog    02/03/2022    2 recensioni
Sullo sfondo della cristianizzazione dell'Europa, i Sassoni si ergono come baluardo dell'ormai vecchia fede, fra i pochi che ancora si oppongono alle truppe di Carlo Magno. La loro guerra raggiunse il culmine quando, a Verden, 4500 furono giustiziati per non aver abiurato.
Questa è la scelta che attende tutti loro: accettare il nuovo mondo o perire con il vecchio.
Quale sarà la decisione di Alberich?
Genere: Drammatico, Guerra, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Medioevo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                                                                  RAGNAROK


E verrà un giorno la fine del mondo e allora si compirà il fato degli dei. L’annuncerà un inverno terribile e spaventoso di nome Fimbulvetr: da ogni parte cadrà la neve vorticando, il freddo sarà intenso e i venti pungenti. Non si godrà più del sole. Tre inverni si susseguiranno e non ci saranno estati di mezzo. Poi verranno altri tre inverni durante i quali in tutto il mondo si scateneranno inimicizie e ovunque si combatteranno grandi battaglie: i fratelli si uccideranno fra loro per cupidigia e non ci sarà rispetto né per il padre né per il figlio nell’assassinio e nell’adulterio. Segni potenti si manifesteranno nel cielo e sulla terra: il lupo Skoll ingoierà il sole – grave sciagura per gli uomini -; l’altro lupo, Hati, divorerà la luna e sarà grande rovina. Le stelle splendenti saranno cancellate dal firmamento. Tutta la terra si scuoterà e così Jötunheimr, Paese dei giganti; gli uomini percorreranno il sentiero di Hel, l’aquila emetterà il suo grido divorando i cadaveri, s’accasceranno le streghe, gemeranno i nani davanti alle dimore di pietra. I monti crolleranno, gli alberi saranno sradicati: allora ogni legame sarà spezzato. Così saranno liberi i mostri cosmici: il lupo Fenrir e suo fratello, il serpe di Miðgardr, che abbandonerà l’oceano e assalirà la terra facendo dilagare il mare sulle coste. Allora sarà sciolta anche la nave Naglfar che sta in Muspell: essa è stata costruita in tutte le epoche con le unghie dei morti. Su quella nave tutte le potenze del male verranno alla battaglia con gli dei: il gigante Hrymr starà al timone. Fenrir avanzerà con le fauci spalancate: la mascella superiore toccherà il cielo, quella inferiore la terra; ma le spalancherebbe di più se ci fosse spazio. Dagli occhi e dalle narici gli usciranno fiamme. Suo fratello, il serpe di Miðgardr, gli sarà al fianco: soffierà tanto veleno che il cielo e la terra ne saranno contaminati. Garmr, il cane infernale, abbaierà davanti a Gnipahellir: anch’esso allora sarà libero. In quel frastuono il cielo si fenderà e all’orizzonte comparirà Surtr, guardiano di Muspell, e con lui i figli di Muspell verranno. Surtr sarà il primo: davanti e dietro a lui divamperà il fuoco. Ottima è la sua spada e più luminosa del sole. Quando i figli di Muspell passeranno a cavallo su Bifröst, esso andrà in frantumi. Allora tutte le forze del male si raccoglieranno sulla piana che ha nome Vigriðr: essa misura cento miglia in tutte le direzioni. Là avverrà la battaglia definitiva. Ci saranno Fenrir, il serpe di Miðgardr, Loki e Hrymr e con loro tutti i giganti del ghiaccio e tutti i compagni di Hel. La compagine formata dai figli di Muspell sarà sfolgorante. E quando accadranno questi eventi Heimdallr si ergerà e soffierà con potenza nel corno Gjallarhorn: così desterà tutti gli dei ed essi si recheranno a consiglio. Odino chiederà responsi oracolari alla testa di Mimir presso la fonte. Il frassino Yggdrasill si scuoterà e nulla sarà allora senza terrore né in cielo né in terra. Gli Asi indosseranno l’armatura; un gallo di nome Fjalarr canterà per i giganti, un altro rosso fuliggine per le genti di Hel, un terzo detto Gullinkambi desterà gli Einherjar nella Valhalla: essi si uniranno agli dèi avanzando sul campo di battaglia. Per primo cavalcherà Odino: sul capo avrà l’elmo d’oro, nella mano impugnerà la lancia Gungnir. Egli avanzerà contro il lupo Fenrir e si batterà con lui, il lupo però lo ingoierà e tale sarà la sua morte. Odino sarà tuttavia subito vendicato da Viðarr suo figlio. Costui avanzerà e con un piede schiaccerà la mascella inferiore del lupo: in quel piede avrà la calzatura che tutte le epoche hanno contribuito a preparare: essa infatti è stata fatta con gli avanzi di cuoio che gli uomini tagliano via dall’alluce dal calcagno. Con una mano afferrerà la mascella superiore di Fenrir e gli spezzerà le fauci; poi gli conficcherà una spada fino al cuore: in tal modo il mostro morirà. Thor, giunto alla battaglia al fianco di Odino, non potrà soccorrerlo: egli infatti dovrà combattere un duello senza quartiere con il serpe di Miðgarðr. Questa volta Thor riuscirà a ucciderlo; subito dopo però farà appena nove passi e crollerà a terra morto a causa del veleno che il serpe gli avrà soffiato addosso. Freyr combatterà contro Surtr e sarà lotta dura prima che egli cada; mancandogli la buona spada che aveva donato a Skirnir, morirà. Il cane infernale Garmr, sciolto dai legami che lo trattenevano davanti a Gnipahellir, affronterà il dio Tyr in un duello per entrambi mortale. Anche Loki e Heimdallr combatteranno e si daranno reciproca morte. Alla fine Surtr appiccherà il fuoco alla terra e tutto il mondo brucerà. Tutto sarà distrutto tranne talune dimore nelle quali saranno radunati i morti, da una parte i buoni, dall’altra i malvagi. Il luogo migliore sarà Gimlé nel cielo; ottima per buone bevute sarà la sala che si chiama Brimir e si trova in Ókólnir, e anche Sindri tutta d’oro rosso che si trova in Niðafjöll. Questi sono i luoghi dove dimoreranno i giusti. Lontano dal sole invece, a Nàströnd, c’è una dimora assai grande e pessima. Ha le porte rivolte verso nord ed è fatta di dorsi di serpenti come una capanna intrecciata. Tutte le teste dei serpi sono rivolte all’interno e soffiano veleno, sicché lungo la sala scorrono fiumi di veleno che saranno guadati dagli spergiuri e dagli assassini. Peggio ancora tuttavia sarà in Hvergelmir: là Niðhöggr tormenterà i cadaveri dei morti.
















Alberich non sarebbe mai stato un grande guerriero.
Glielo avevano sempre detto tutti, era troppo mingherlino per portare una spada, troppo fragile per combattere, in battaglia sarebbe durato quanto un soffio di vento. E tuttavia, come ripeteva Wilfried, il loro capo villaggio, gli dei, spesso, bilanciavano una mancanza con un talento spiccato e difatti Alberich era il miglior arciere che quei luoghi avessero conosciuto da generazioni.
Ricordava ancora la sua prima battuta di caccia, il silenzio colmo di tensione per non far spaventare le prede, il momento in cui erano riusciti ad individuarla, una lepre, velocissima, dal pelo lucido e particolarmente grossa. Ricordava l’attimo in cui anche la vita stessa era parsa in sospeso, come la freccia tesa in quell’arco. E poi il tiro.
L’aveva colpita. Aveva colpito una preda in movimento, una preda rapidissima, quanto si era sentito orgoglioso! Ma subito l’avevano redarguito:
“ Non devi esultare, noi non uccidiamo per divertimento, ma per sopravvivere. Non è un tuo trofeo, è il cibo che ci serve per tirare avanti. Portale rispetto e onora la sua memoria.”
Per un momento Alberich aveva provato vergogna, ma poi la soddisfazione aveva di nuovo preso il sopravvento. Tutti al villaggio l’avevano accolto come un eroe, anche Gerlinde, la nipote di Wilfried. Alberich aveva già deciso da tempo, tra il serio e il sognante, che sarebbe stata Gerlinde la fanciulla con la quale avrebbe portato avanti la sua stirpe. Solo che gli mancava il coraggio di chiedere la sua mano a Wilfried.
Ma ora, pensò mentre tendeva il suo fidato arco, ora tutto cambierà, forse sarà addirittura lui stesso ad offrirmela in sposa.
Uccidere un essere umano non è poi tanto diverso che ammazzare una lepre. E forse gli avrebbero concesso di esultare, in quel caso.
Del resto, gli uomini con la croce erano nemici, invasori, volevano convertirli tutti. Erano così strani, sempre rintanati in quegli edifici grandi e tetri, che spesso loro avevano raso al suolo, a pregare in quella lingua strana. Alberich l’aveva sentita alcune volte e gli era sembrata sempre una lugubre cantilena.
Non avrebbe permesso loro di distruggere tutto ciò che aveva sempre conosciuto.
Scoccò.






Quella sera, al villaggio fu festa grande. Carne ed idromele scorrevano a fiumi. Alberich si sentiva girare la testa. Non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe stato lui l’eroe di tutti. Fin da piccolo aveva sentito i racconti epici di incredibili battaglie, di viaggi nelle Terre del Sud dove non faceva mai freddo, la pioggia e la neve erano scarse e tutti avevano occhi e capelli scuri. Li aveva ascoltati con un misto di fascino, invidia e tristezza perché sapeva che il suo nome non sarebbe mai stato ricordato.
Ma le Norne avevano in serbo altro per lui.
Gerlinde gli si avvicinò, era davvero bellissima quella sera, i capelli biondi che sembravano puro oro alla luce dei fuochi. Teneva in mano una coppa:
“Portala a mio zio.”
Lui obbedì, pensando che quella sarebbe stata l’occasione buona per parlare, ma non appena la sagoma imponente del capo villaggio si profilò davanti ai suoi occhi il consueto senso di inadeguatezza e imbarazzo lo colse. L’uomo lo vide e scoppiò in una profonda risata:
“Ah, eccolo qui, vieni figliolo, vieni. Siamo tutti orgogliosi di te, sai?”
Alberich non poté fare altro che sorridere.






Il sogno fu terribile. Si trovava in un bosco, nello stesso bosco in cui andava a cacciare, ma non provava le solite sensazioni di pace e familiarità.
Aveva paura, una paura gelida che gli stringeva il petto in una morsa. Camminava alla cieca senza destinazione quando il mostro gli apparve.
Era un lupo, un lupo talmente grande che Alberich fu certo di avere davanti Fenrir. I muscoli fremevano sotto la pelle grigia, il respiro era un ansito bestiale e piccole pozze di saliva si erano formati sotto la sua bocca aperta sulle zanne appuntite.
Sopra di lui, a cavalcioni, c’era una donna dalle pelle bluastra, vestita di nero che lo guardava con occhi vitrei e grigi, mentre i capelli bianchi danzavano al ritmo del vento.
Anche il lupo lo fissava con i suoi occhi color dell’ambra, fece qualche passo verso di lui mentre Alberich rimaneva impietrito a fissare quell’orrore uscito direttamente dal regno di Hel.
Si svegliò, un urlo impigliato in gola, il cuore che gli correva nel petto. Sapeva che i sogni non erano mai solo sogni e in particolare sognare una strega in sella a un lupo era presagio di sciagura certa.
Fu allora che sentì il rumore. Voci, zoccoli di cavalli, una moltitudine di persone che si stava avvicinando.
Ci attaccano, pensò.
Col cuore in gola balzò in piedi e afferrò il suo arco. Uscì dalla sua capanna e vide che anche altri del villaggi erano radunati vicino ai resti del falò, ormai spento.
“Dobbiamo chiamare Wilfried, perché non si è ancora svegliato? Davvero è così ubriaco?”
Wilfried, certo. Lui avrebbe saputo cosa fare, lui sapeva sempre cosa fare.
“Ci penso io!” Alberich corse verso la capanna e vi entrò di slancio. Ma si bloccò per l’orrore.
Wilfried era contorto nel suo giaciglio, il volto violaceo, come capitava a loro quando tornavano dalla caccia nelle giornate fredde, le mani stringevano la coperta, mentre la bocca era digrignata in una smorfia di dolore. Sotto il giaciglio il più giovane colse lo scintillio del pugnale che portava sempre in cintura
Alberich non sapeva cosa fare. Era ammutolito, svuotato, non capiva cosa stava succedendo e non aveva mai visto Wilfried in quelle condizioni.
“Figliolo.” gemette.
Il ragazzo si riebbe a quelle parole e si avvicinò lentamente al suo capezzale.
“Wilfried, il nemico è qui.” si accorse con orrore di stare per piangere. Ricacciò dietro le lacrime con rabbia.
“Lo so, mia nipote ha fatto la sua scelta.”
L’altro trasecolò. Gerlinde? Cosa c’entrava lei con tutto questo?
“Wilfried, tu stai male, dobbiamo curarti. Devi guarire perché senza di te siamo persi.” balbettò Alberich.
“Lo siamo, figliolo. Siamo persi, sconfitti. È così che doveva andare.”
Il ragazzo scosse la testa, inebetito:
“Non capisco.”
“Questo è il Ragnarok, figliolo. La caduta degli dei.”
“Ma noi… noi non siamo dei, Wilfried.” lui non era di certo un dio.
“Siamo un mondo che sta finendo. Ma per ogni ciclo che termina un altro ne comincia. E noi dovremo decidere se farne parte o meno.”
Con la coda dell’occhio vide qualcuno entrare nella capanna:
“Mia nipote ha fatto la sua scelta, ora tu devi fare la tua.” detto questo l’uomo chiuso gli occhi.
Alberich rimase a fissarlo, incapace di staccare gli occhi da quel volto esanime, poi si alzò tremante e si voltò verso l’ombra che nel frattempo si era avvicinata:
“Come hai potuto?” proferì in un sibilo di odio e dolore: “come hai potuto? Era tuo zio!”
Gerlinde lo fissò senza traccia di rimorso. Non gli sembrava più così bella, adesso:
“Credi che per me sia stato facile? Ho cercato di convincerlo in tutti i modi ad abbracciare la nuova fede. Non ha voluto ascoltarmi.”
“Ci farai uccidere tutti!”
“No, se abbraccerete la vera fede.”
Alberich la fissò. Dunque era quella la scelta da fare. Abiurare o morire.
Lui non era, non sarebbe mai stato un grande guerriero:
“Pensaci, Alberich. So che mi vuoi bene, e anche io te ne voglio. Passa dalla mia parte, potremo ricominciare una nuova vita insieme.”
Lui deglutì. Non era questo che aveva desiderato per mesi? In fondo quando aveva colpito quella lepre non aveva pensato al benessere del villaggio, ma solo a Gerlinde e al suo spasso. Non sarebbe stata la stessa cosa?
Lui non era, non sarebbe mai stato un grande guerriero. Come può un non guerriero combattere una battaglia già persa?
“Il nostro tempo è finito, siamo il passato.” disse lui, in un sussurro.
“Infatti.” gli sorrise Gerlinde.
Lui le si avvicinò piano:
“Ma tu non sarai il futuro, Gerlinde.”
“Cos..” non fece neanche in tempo a finire la frase che il pugnale le era penetrato nel ventre.
“Nessuno saprà mai chi sei, passerai alla storia come una dei tanti pagani morti combattendo il nemico, è molto più di quel che meriti.” le disse girando il pugnale, godendo sadicamente a sentire e le viscere contorcersi: “Nessuno saprà mai del tuo tradimento, hai fatto tutto questo per nulla.”
Estrasse il pugnale e lei cadde a terra, morta. La fissò senza alcuna compassione. Preferiva di gran lunga gli uomini con la croce: loro almeno credevano in ciò che dicevano e facevano, lei si era convertita solo per opportunismo e paura.
Sarà una bella battaglia, pensò. Come quella fra Thor e il serpente cosmico.
Uscì a passo lento dalla capanna:
“Prepararsi alla lotta.” tuonò: “Il vecchio mondo se ne andrà con onore.”






Ma quando il fuoco di Surtr, dopo aver consumato ogni cosa, sarà spento, una nuova era avrà inizio.
Allora la terra riaffiorerà dalle acque del mare e tornerà a essere verde e bella e cresceranno messi non seminate. Gli dei sopravvissuti si raduneranno in Iðavöllr, là dove un tempo c’era Ásgarðr. Ci saranno Viðarr e Váli, figli di Odino, e con loro Móði e Magni, figli di Thor, che avranno ereditato il martello Mjöllnir. Baldr e Höðr torneranno da Hel e tutti insieme questi dèi siederanno a conversare ricordando le rune e gli eventi passati, il serpe di Miðgarðr e il lupo Fenrir. Tra l’erba troveranno le tavole d’oro appartenute agli Asi. A Hœnir toccherà l’incarico di trarre la sorte. Allora avrà inizio anche una nuova generazione umana. Mentre brucerà il fuoco di Surtr, infatti, due esseri umani troveranno rifugio nel bosco che è detto di Hoddmímir, nutrendosi di rugiada: costoro sono Lif e LifÞrasir e da loro nascerà una stirpe così potente che ripopolerà il mondo. Né mancherà al nuovo mondo un nuovo sole; è detto infatti che Sól prima di essere divorata dal lupo genererà una figlia: costei percorrerà i sentieri che furono di sua madre donando nuova luce e nuovo calore. 






 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Hop Frog