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Autore: Pol1709    05/03/2022    1 recensioni
Ben ritrovati! Con questa storia si conclude il ciclo iniziato con "Il Cavaliere e la Strega" e proseguito con "La pietra della collana". Gli avvenimento sono ambientati ai giorni nostri (per ragioni di scorrevolezza della trama non ho considerato la pandemia Covid-19): Oscar verrà chiamata ad essere di nuovo un cavaliere e, con André al suo fianco, affronterà un'ultima battaglia per se stessa e per un mondo antico e dimenticato. Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Berlino - Settembre 1943
L’automobile sfrecciò lungo la strada asfaltata, il sole stava ormai tramontando, ma la città era viva e si potevano vedere gli abitanti passeggiare tranquillamente, incuranti delle brezze settembrine e che nel resto d’Europa ci fosse una guerra.
La macchina si fermò di fronte a un grigio ed imponente palazzo il cui ingresso era contornato da gigantesche colonne. E su ogni colonna era attaccata una lunga bandiera rossa con un cerchio bianco che racchiudeva l’emblema della croce uncinata, lo stemma del partito nazional-socialista che era diventata, indissolubilmente, la bandiera della Germania. Un soldato delle SS aprì la portiera e ne scese un uomo in borghese con una valigetta marrone. L’uomo abbassò il capo in un breve saluto e poi si rivolte al hauptcharfuhrer (n.d.a.: grado che corrisponde a quello di maresciallo maggiore) di servizio mostrandogli la lettera di presentazione, il giovane sottufficiale la lesse velocemente, poi guardò l’uomo e annuì – Eravate atteso! – disse solo, si fece di lato e poi alzò un braccio indicando la strada.
L’interno del palazzo era imponente, pieno di alti soffitti, marmi e statue, ma si poteva anche intuire una certa accuratezza nell’arredamento che lo rendeva, in un certo qual modo, accogliente. L’uomo strinse le dita intorno alla maniglia della borsa e arrivò, accompagnato dal hauptscharfuhrer, di fronte a una grande porta in legno e lì trovò due soldati di sentinella ai lati e un hauptsturmfuhrer (n.d.a.: grado che corrisponde a quello di capitano).
L’ufficiale prese la lettera, lo perquisì per verificare che non portasse armi e si giustificò dicendo che era una procedura che valeva per tutti. Una volta sbrigata quella formalità un soldato aprì un battente mettendosi di lato e facendo sbattere di tacchi con un rumore secco. L’uomo sospirò e, prima di entrare, lesse la grande targa sul muro che indicava a chi apparteneva quell’ufficio: Sotto una bandiera con la svastica a tre linee bianche orizzontali c’era un titolo, quello di Reichsfuhrer-SS (n.d.a.: grado che corrisponde a quello di comandante in capo) a ci era stato aggiunto anche quello di Ministro dell’Interno e un nome: Heinrich Himmler.
L’uomo non aveva mai incontrato il comandante supremo delle SS, le milizie del partito, ma, in compenso, ne aveva sentito parlare. Molti dei suoi colleghi alla divisione Ahnenerbe lo giudicavano un vero e proprio lunatico. Non che la divisione fosse un vero e proprio reparto militare; era in realtà una sorta di gruppo di studio che si occupava di ricerche storiche, dell’origine della razza ariana e, più in particolare, di ogni cosa che passasse per la mente del suo comandante, che era lo stesso delle SS.
L’ufficio era illuminato a giorno, al Reichsfuhrer non piaceva il buio. L’uomo si mise di fronte alla scrivania e alzò il braccio destro nel saluto. Dietro al tavolo c’era un uomo minuto, sembrava anche piccolo di statura, dal volto triangolare, con i capelli rasati in un impeccabile taglio militare prussiano e due occhiali rotondi con la montatura in acciaio. Himmler alzò l’avambraccio e strinse le labbra – Ben arrivato! Avete qualcosa per me immagino – disse subito con una vocina stridula e fastidiosa.
L’uomo annuì e indicò la valigetta – Ho portato quello che è stato trovato da un reparto di SS in Normandia, località La Madeleine, nel Comune di Sainte Marie du Mont, proprio a ridosso della spiaggia dove sono in corso i lavori di costruzione delle difese costiere –
Himmler socchiuse i suoi piccoli occhi dietro le lenti bordate d’acciaio – Mmmm…E come procedono i lavori? –
L’uomo rimase per un attimo disorientato – Beh…Immagino bene…La mia squadra è stata inviata nell’edificio in cui è stato trovato il reperto ed è stata lì per molti giorni, ma io non ero presente…Abbiamo effettuato comunque tutte le verifiche del caso –
In quel momento si udì un’altra voce – Quali verifiche avete effettuato? – disse qualcuno con un tono asciutto e con un timbro forte e chiaro, non certo come quello del Reichsfuhrer. Solo allora l’uomo si accorse che, dietro la scrivania, in piedi, c’era un’altra persona: alta, dal fisico asciutto e muscoloso, dai capelli castani e dagli occhi chiari; dimostrava poco più di trent’anni ed era inguainata in una uniforme da obersturmbannfuhrer (n.d.a.: grado che corrisponde a quello di tenente colonnello).
L’uomo aggrottò la fronte guardando l’altra persona, ma fu incalzato da Himmler – Quali verifiche avete effettuato? – ripeté.
L’uomo deglutì e guardò di nuovo il Reichsfuhrer – Ecco…Ovviamente abbiamo fatto visionare ed analizzare le pagine del…Del diario…Si tratta di un tipo di carta utilizzata in Francia nella seconda metà del XVIII secolo. E abbiamo fatto eseguire una verifica calligrafica da un esperto di Parigi…E…Si…La scrittura è quella…Quella di Oscar François de Jarjayes…E sembra che lo abbia redatto in due distinti periodi della sua vita…Voglio dire: in due epoche differenti, lo ha iniziato da giovane e poi ha continuato e smesso di scrivere all’incirca nel periodo in cui è morta, nel 1789 –
L’ufficiale in piedi socchiuse gli occhi – Su che basi il vostro esperto lo può dire? –
L’uomo si inumidì le labbra – Ha confrontato la scrittura con i documenti che sono stati compilati e firmati di proprio pugno dalla de Jarjayes, quando era comandante della Guardia Reale e quando ha preso il comando delle Guardie Francesi…E il tipo di calligrafia corrisponde –
Himmler annuì – E l’esperto calligrafico? –
L’uomo annuì – E’ stato…Eliminato…Dopo che ha confermato per iscritto che quel testo è stato fatto dalla de Jarjayes –
L’ufficiale in piedi fece una piccola smorfia, ma Himmler sospirò soddisfatto: – Fatemi vedere –
L’uomo appoggiò la valigetta sulla scrivania, fece scattare la serratura e ne tirò fuori un piccolo e consunto volume nero con un più moderno fascicolo dattiloscritto.
L’uomo sorrise debolmente – Quello è il volume e a lato c’è la descrizione del metodo di indagine sulla carta e sul testo; la relazione a firma dell’esperto, oltre ovviamente a una mia relazione sul contenuto del testo –
L’ufficiale in piedi sospirò – Esperto che non potrà più esserci utile, immagino –
Himmler sfiorò la copertina del libretto nero e sorrise – Mio caro Conte Fersen, un esperto di calligrafia è più che sacrificabile…E’ inutile! A questo punto…Come lo hanno trovato? –
L’uomo annuì – Spostando una scrivania, a quanto mi hanno detto, è caduta a terra sfasciandosi e ne è emerso quel libretto, quando l’ufficiale al comando del gruppo che aveva occupato la costruzione si è reso conto di quello che aveva in mano, ci ha avvisato –
Himmler sorrise di nuovo – Le mie care SS sono sempre un passo avanti a tutti gli altri…Ottimo lavoro! Avrete un supplemento di paga! Da adesso in poi saranno altri ad occuparsene – disse e alzò l’avambraccio, segno che considerava concluso quell’incontro.
L’uomo, suo malgrado, capì. Alzò il braccio destro e poi uscì dal grande studio.
 
Himmler prese il libretto con due mani e si alzò, si spostò dalla scrivania e andò a sedersi in una poltrona dall’altro lato dell’ufficio. L’ufficiale lo seguì e si sedette di fianco a lui su un divanetto. Il Reichsfuhrer schiacciò un bottone su un dispositivo su un tavolino e poi guardò l’altro sorridendo – Cosa ne pensate, Conte Fersen? –
Fersen si appoggiò allo schienale del divano e accavallò le gambe – Una fortuna inaspettata, Herr Reichsfuhrer. Questo conferma quello che ha scritto nel suo diario, più di un secolo fa, il mio antenato Hans Axel –
Himmler sorrise, quasi divertito – L’amante di Maria Antonietta –
Fersen annuì – Proprio lui! Ma, in questo caso, la sua…Amicizia…Con la Regina ci è stata più che utile: Oscar de Jarjayes si è confidata con Maria Antonietta. Aveva degli strani sogni, delle visioni…Di strane donne e…Cavalieri…E luoghi! Maria Antonietta non era una persona, se così si può dire, che possedeva un’intelligenza analitica e lei si è confidata con il suo amante. Il mio antenato ha riportato una frase testuale: “una coppa che emanava una strana luminescenza per in una tomba senza nome, in un luogo lontano, forse in Inghilterra”; o perlomeno è stata così riportata da Maria Antonietta –
Himmler strinse le labbra – Un po' poco per iniziare delle indagini, ma abbastanza per incuriosire delle menti aperte come le nostre, mio caro Conte –
Fersen sospirò – Vero! Ma lo è altrettanto, Herr Reichsfuhrer, che, ad un certo punto della sua vita, Oscar de Jarjayes ha iniziato a interessarsi del mito arturiano, come riportato da Maria Antonietta al suo amante, forse proprio a causa di quegli strani sogni, oppure, i sogni e il suo interesse sono stati generati da qualcos’altro…La de Jarjayes ha anche confidato alla Regina di aver manoscritto un volume con tutte le sue impressioni e, se vogliamo, le sue visioni. Sempre per citare le esatte parole di Maria Antonietta al mio antenato: “Come una serie di avvenimenti sconnessi scritti da chi cercava di ricordare…Qualcosa” e credo che queste siano le parole di Oscar. Il libretto non è mai stato trovato o perlomeno non si trova nella sala del Musée dell’Armée, presso il complesso Les Invalides, dedicata a Oscar de Jarjayes e che contiene quasi dei suoi oggetti personali, perlomeno quelli recuperati dopo il quattordici Luglio dal palazzo della sua famiglia e dal…Suo corpo…Compresa la giacca dell’uniforme crivellata di proiettili che ha usato per guidare i suoi uomini all’assalto della Bastiglia –
In quel momento entrò un sottufficiale con una camicia bianca su cui campeggiava, sul lato destro, nel largo bavero, la mostrina con le rune gemelle a forma di piccolo lampo. L’uomo appoggiò sul tavolino un vassoio con due tazzine di liquido fumante, latte e zucchero, fece un inchino ed uscì.
Fersen sentì nelle narici il profumo del caffè, del vero caffè, non del surrogato che da oltre un anno era costretto a bere. Himmler si accorse della sua sorpresa e sorrise benevolo: gli piaceva trattare bene i suoi sottoposti. Fersen si portò la bevanda alle labbra e lasciò che il sapore gli permeasse la bocca. Poi guardò di nuovo il Reichsfuhrer – Ho visitato prima della guerra palazzo Jarjayes, a Versailles, e le loro proprietà. Quella in Normandia era fatiscente e abbandonata, ma sotto la custodia del Comune di Sainte Marie du Mont; ho dovuto cercare sotto la supervisione di due guardie e non ho trovato nulla. Sono stato l’anno scorso ad Arras: la dimora dei de Jarjayes è diventata una pinacoteca. E’ stata abitata per poco tempo, dopo la presa della Bastiglia, dal padre di Oscar, che poi ha seguito le truppe fedeli al Re nella zona dell’attuale Belgio. In quella cittadina è sepolta Oscar con il suo André, nel cimitero monumentale, sotto la statua che li ritrae insieme, lui morente e lei che lo sostiene, in uniforme, impugnando il tricolore francese. Credevo che, per qualche motivo, il libretto fosse stato sepolto con Oscar e volevo far esumare i corpi. E’ bastato solo proporlo per scatenare una quasi rivolta! Il comando territoriale della Wehrmacht (n.d.a.: l’esercito tedesco) aveva quindi sconsigliato di procedere su quella strada per evitare incidenti. I cittadini sono legatissimi alla loro eroina e non avrebbero accettato in nessun modo che i suoi resti fossero profanati da dei Boches (n.d.a.: nomignolo dispregiativo con cui venivano chiamati i tedeschi) –
Fersen finì di bere, a malincuore, il caffè – Ma poi è arrivato questo colpo di fortuna! –
Himmler prese il libretto in mano, poi lo appoggiò e prese il plico della relazione. Sfogliò alcune pagine e poi appoggiò anche quella. Guardò Fersen: - Quindi lei ritiene che questa…Coppa che emanava una strana luminescenza sia… -
Il Conte sorrise debolmente – Cosa effettivamente sia, non lo so Herr Reichsfuhrer, ma quello che so è che, nel 1787, due anni prima della sua morte Oscar de Jarjayes si è recata in Inghilterra: a Tintagel, Glastonbury e un cerchio di pietre sopra Salisbury. Tutte località che fanno pensare subito al mito di Re Artù: a Tintagel il Re è stato concepito ed era la roccaforte della sua nemica, la Fata Morgana; a Glastonbury c’era un’antichissima comunità cristiana, è il luogo dove è stata scoperta la presunta tomba del Re e dove alcuni ritengono che si trovi Avalon, l’Isola Sacra dove egli riposa in attesa di risvegliarsi e riprendere il dominio sulla Britannia e il cerchio di pietre…Beh! E’ inutile che vi dica cosa è Stonehenge. Lo so perché anche questo viaggio è stato oggetto di conversazione tra Oscar e la Regina e tra Maria Antonietta e il mio antenato –
Himmler aggrottò la fronte – Il vostro antenato non conosceva direttamente Oscar? Eppure dovrebbe averla incontrata molte volte quando era nelle grazie di Maria Antonietta –
Fersen annuì – In effetti è così! Nei suoi diari ne parla ampiamente; la descrive come una donna bellissima, fiera e combattiva, imbattibile con la spada e ancor di più con la pistola. Credo che il Conte Hans Axel la considerasse…Come un buon amico, ma nulla di più. Poi si allontanarono, forse per gli impegni di Oscar o forse perché aveva mutato le sue simpatie politiche, come dimostra il fatto che, alla fine, scelse di seguire il suo amico André e di combattere per il popolo francese. Ma no! Oscar non fece mai parola direttamente con lui delle sue…Visioni –
Himmler si appoggiò allo schienale della poltrona e sospirò – Oscar de Jarjayes…Credo che a ogni studente in ogni parte del mondo capiti di pensare a lei quando si arriva a studiare la Rivoluzione Francese. E’ successo anche a me e… - disse e, con un movimento rapido, si piegò verso l’altro – Ma non ne faccia parola con nessuno…Anche a lui – aggiunse sussurrando e indicando il quadro del Fuhrer appeso dietro la scrivania.
Fersen guardò prima il ritratto e poi di nuovo Himmler. Il Reichsfuhrer sospirò di nuovo – Mi ha confidato personalmente che, da bambino, aveva studiato con lena quel periodo solo per sapere di più su quella donna che lo aveva sempre affascinato…Durante l’altra guerra, quando combatteva in Francia, aveva sognato di raggiungere Arras per rendere omaggio alla sua tomba. Lui la considera ancora come uno dei supremi esempi della razza ariana! Non solo per l’aspetto, indubbiamente nordico, ma anche e soprattutto per il coraggio! Il sacrificio! L’amore per la Patria! E quando ne parla…Quando ne descrive i suoi capelli biondi mossi al ritmo dei passi marziali di un cavallo bianco e i suoi occhi azzurri come il cielo in cui cavalcano le valchirie…Credetemi…Una volta gli è venuta giù persino una lacrima. Una volta ho persino pensato di omaggiarla creando una divisione di Waffen-SS (n.d.a.: unità combattenti al fronte, composte in gran parte da non tedeschi) –
Fersen inarcò le sopracciglia: personalmente dubitava che la vera Oscar potesse anche solo considerare l’idea di conoscere il Fuhrer del III Reich tedesco e meno ancora che considerasse un omaggio dare il proprio nome a una divisione di SS. In quell’occasione, però, l’evidente ammirazione per lei era da sfruttare. Gustav Anders Von Fersen aveva passato la giovinezza leggendo i diari, mai pubblicati e di esclusiva proprietà della sua famiglia, del suo più illustre antenato, passato alla Storia solo per essere stato l’amante di Maria Antonietta. La parte che l’aveva più impressionato era stata, per l’appunto, quella in cui narrava la strana vicenda della de Jarjayes. Oscar, dopo la sua morte, era diventata un simbolo non solo della Francia, ma della Rivoluzione stessa e, più in generale, della libertà contro ogni tirannia. E sorrise tra sé al pensiero che un moderno tiranno e i suoi gerarchi provassero ammirazione per lei. Sapeva che una via che partiva da Place de la Bastille, a Parigi, portava il suo nome e, nel punto in cui era morta, c’era una targa in ottone che recitava: “Alla cittadina Oscar – Con il bianco della sua purezza, con il rosso del suo sangue e con l’azzurro acciaio della sua spada contribuì e creare la bandiera di una nuova Francia”. Tutti gli studi su quella figura storica si erano incentrati non tanto sul suo comando della Guardia Reale di Re Luigi XVI, quanto su quello delle Guardie Francesi che guidò in quello storico quattordici di Luglio. E ovviamente erano stati scritti libri e libri sul suo rapporto con André. Negli anni Trenta si era parlato persino di un film di Hollywood sulle sue gesta, ma il progetto era naufragato perché Marlene Dietrich e Greta Garbo si erano messe a litigare su chi avesse dovuto interpretare il ruolo della protagonista e chi Maria Antonietta, la Regina di Francia. Per il ruolo di André si era pensato a Humphrey Bogart o a un giovane attore all’epoca specializzato nel genere western, un certo John Wayne. Certe passioni del coraggioso comandante, come quella per Re Artù, non erano state nemmeno considerate nelle sue molte biografie, a partire da quella scritta dal suo contemporaneo e giornalista Bernard Chatelet, la più completa e che lui, Gustav, aveva letteralmente imparato a memoria.
Gustav era sicuro che Oscar si fosse avvicinata alle storie del mito arturiano e che, volendo approfondire e visitare di persona i luoghi che vi erano descritti, avesse voluto andare in Inghilterra. A Tintagel, come a Glastonbury doveva per forza aver trovato qualcosa…Qualcosa che le aveva lasciato un marchio indelebile e dei sogni sconnessi. E quell’accenno a una coppa dotata di una strana luminescenza era di certo uno stimolo per ogni fantasia. Per lui, ma anche per un vanesio come il Reichsfuhrer Himmler.
Fersen sapeva che i racconti del suo antenato erano poca cosa e, difatti, nessun serio museo, dalla sua natia Svezia alla lontana America, aveva mai voluto prenderlo in considerazione. I nazisti, però, lo avevano ascoltato. Era risaputa la passione del comandante delle SS per l’esoterismo e le cosiddette pratiche magiche e che, soprattutto, aveva mandato in ogni angolo del globo delle spedizioni scientifiche ed archeologiche per trovare le prove della superiorità della razza ariana e anche antichi e leggendari manufatti. Sapeva in via ufficiosa che i nazisti si erano fatti trafugare dagli statunitensi nientemeno che l’antica Arca dell’Alleanza. Ma l’oggetto più importante, quello in cima alla lista delle loro ricerche era qualcosa di molto più piccolo: il Santo Graal, la coppa che Gesù usò durante l’ultima cena e che raccolse il suo sangue durante la crocifissione. Lui era un giovane ricco e colto, con una storia senza alcuna base solida e molto raffazzonata, a dire il vero, che si basava solo sulla testimonianza, di seconda mano, di una regina che non era mai stata famosa per la sua intelligenza. Ma, nonostante tutto, lui era anche un membro di una antica e nobile famiglia svedese. I nazisti cercavano continuamente esponenti della grande borghesia e dell’aristocrazia per legittimarsi al mondo e loro, proprio per omaggiarlo, lo avevano arruolato nel corpo scelto delle SS, dandogli persino il grado di tenente colonnello.
Tuttavia, come aveva ricevuto gradi ed onori, lui sapeva bene che il favore dei vertici nazisti era molto volubile e volatile. Proprio come aveva imparato dalla fine del suo collega e amico Otto Rahn (n.d.a.: storico – Otto Rahn collaborò con i nazisti alla ricerca del Santo Graal e fu arruolato nelle SS con il grado di unterscharfuhrer – sergente – Dopo aver cercato invano il Graal si rese conto di chi erano in realtà i nazisti, si dimise dal corpo e morì, probabilmente ucciso, durante un’escursione in montagna. Sembra che la sua vita abbia ispirato il personaggio cinematografico di Indiana Jones). E proprio come Rahn, alle volte, si chiedeva se non avesse davvero venduto l’anima al diavolo per la sua passione. Delle SS si dicevano molte cose: amavano definirsi Ordine Nero, richiamando alla memoria l’antico e potente ordine monastico cavalleresco dei Cavalieri Teutonici. Erano agli ordini diretti del Fuhrer e di quel piccolo e grigio burocrate che aveva di fronte. Eseguivano strani rituali con oscure pratiche nella Foresta Nera, presso il castello di Wewelsburg. In guerra si diceva che le unità combattenti, le Waffen-SS, che avevano attratto letteralmente legioni di giovani stranieri nelle loro file, combattessero in modo fanatico e feroce. Di loro, però, si parlava anche sempre più spesso di sinistre operazioni di rastrellamento nell’Europa dell’Est, in particolare contro civili ebrei e di campi di concentramento gestiti dalla loro organizzazione in cui accadevano cosa strane e misteriose.
Gustav si muoveva su un terreno molto cedevole, lo sapeva bene. Ma il ritrovamento, per quanto fortuito, del libro scritto di propria mano da Oscar, dava nuova linfa alle sue teorie. Senza considerare che, mentre Rahn era convinto di cercare la Sacra Coppa tra Francia, Spagna e Italia, Oscar era andata nel sud dell’Inghilterra, come la tradizione voleva che Giuseppe d’Arimatea, il custode del Graal e il suo gruppo di fuggitivi fossero giunti. E il sud dell’Inghilterra, perlomeno in quel momento, non era ancora stato invaso dalle armate del III Reich.
Himmler, però, non sembrava per nulla preoccupato anche se, dietro i suoi occhiali rotondi, Gustav poteva vedere due occhi in cui brillava una fredda luce di ferocia: - Vorrei ricordarvi, Conte Fersen, che altri mi hanno deluso…Come il suo illustre collega Otto Rahn – sospirò – E altri ci mettono i bastoni tra le ruote, come quell’americano, quel professor Jones che ha rovinato la nostra operazione in Egitto qualche anno fa –
Gustav sorrise con l’angolo della bocca – Herr Reichsfuhrer, Io cerco qualcosa che il simbolo stesso di tutto quello che mi ha convinto a dedicarmi allo studio. Oscar de Jarjayes, quell’eroina senza macchia e senza paura, per qualche recondito motivo, ne è venuta a contatto e io lo troverò, Herr Reichsfuhrer, lo troverò, dovessi farmi paracadutare sulla collina di Glastonbury! –
Himmler sorrise – Non dovrà per forza essere così. Il nostro glorioso esercito sta fronteggiando le orde comuniste ad Est e credo che per il prossimo anno entreremo a Mosca. Per quello che riguarda l’Ovest l’Organizzazione Todt finirà entro i tempi previsti le difese costiere per fermare ogni invasione dal mare. Per il Sud, anche se l’Italia, una settimana fa, si è arresa senza condizioni, le montagne austriache e quelle svizzere ci forniranno un valido baluardo. Il Feldmaresciallo Goering ha comunicato ieri allo Stato Maggiore che la Luftwaffe riprenderà le operazioni per la supremazia aerea sui cieli inglesi e che, oltre alle bombe, assaggeranno anche alcune delle nostre nuove armi! Quando poi le nostre unità sbarcheranno in Inghilterra voglio che voi siate tra loro e che vi mettiate subito al lavoro per trovare la Sacra Coppa. Per il momento voglio un’analisi completa di questo libretto – disse e si alzò, andò alla scrivania e prese una cartellina marrone.
Gustav si alzò, prese il libretto, il dattiloscritto e poi la cartellina dalle mani del Reichsfuhrer. Quest’ultimo sorrise – Avrete bisogno anche di risorse economiche, questa è una lettera di presentazione per il comandante del nostro campo di concentramento più grande nell’Europa dell’Est. Ho ordinato che vi venga messa a disposizione ogni cifra necessaria – disse e guardò il ritratto alla parete – Non posso fare a meno di vedere un segno in tutto questo! Oscar de Jarjayes, come una valchiria bionda dagli occhi azzurri, è scesa a portare questo dono al Reich! E non verrà sprecato! –
 
Gustav si strinse nelle spalle nel sedile posteriore dell’automobile. Aveva finalmente raggiunto il suo scopo e non vedeva l’ora di mettersi al lavoro. La macchina raggiunse il quartiere di Wannsee, a sud ovest della capitale tedesca e poi la villa che gli era stata assegnata, proprio sulla riva del lago. In origine era stata la magione di campagna di un ricco industriale ebreo, poi confiscata.
Il vecchio maggiordomo aprì la porta – Vostra Eccellenza, è molto tardi, avete cenato? –
Gustav sorrise; quell’uomo aveva servito fedelmente i suoi genitori e lo aveva seguito fino a lì dalla Svezia: - No, mio caro Rasmus, non ho cenato, ma non ne ho voglia, devo lavorare, quindi preparami solo del buon the e portamelo nello studio –
Rasmus annuì – Come volete Vostra Eccellenza, ma…Ecco…La…Freulen Bohler è arrivata e vi attende in camera –
Gustav alzò lo sguardo verso la grande scala in legno che portava al piano superiore. Aveva conosciuto Helga Bohler appena arrivato in Germania ed erano subito diventati amanti. Lui sapeva che era una spia di Himmler, mandata per monitorare le sue mosse, ma in fondo, si disse, fino a quel momento non c’era mai stato molto da nascondere per lui. No. Per quella sera il corpo bello e fremente di Helga avrebbe dovuto aspettare, non vedeva l’ora di leggere le reali parole di Oscar. Fece un cenno a Rasmus – Portami il the e poi avverti freulen Bohler che può coricarsi senza di me –
Il maggiordomo fece un profondo inchino e se ne andò seguito dagli occhi di Gustav che, poi, si infilò in una porta ad arco e se la chiuse dietro. Lo studio aveva una sola finestra, l’aprì di qualche centimetro e poi andò al grammofono; lo caricò e abbassò la puntina su un vecchio disco di musica jazz americana, ottima per concentrare lo studio. Quel tipo di note era formalmente proibito; la propaganda del dottor Goebbels le chiamava “lamenti negroidi”, ma Gustav sapeva bene che, come lui, anche molti altri studiosi, compresi alcuni gerarchi del regime, ascoltavano quei dischi. Si sbottonò la giacca dell’uniforme e si accese una sigaretta, poi accese la lampada della scrivania e posò davanti a sé il libretto, con accanto il dattiloscritto della Ahnenerbe e la cartella marrone di Himmler. Aprì il testo di Oscar e iniziò a leggere.
 
Dopo lunghi attimi Gustav sollevò la testa e si massaggiò le tempie. Guardò il posacenere quasi pieno di cicche e si disse che, quella notte, aveva fumato troppo. Guardò l’orologio e realizzò che era anche notte fonda. Non era stata improduttiva, nel complesso. Doveva dar ragione al suo antenato, quelle pagine erano il frutto di una mente che cercava, a volte disperatamente, di non dimenticare qualcosa. Era vero che Oscar aveva iniziato a scrivere su quel libretto quando era più giovane. Secondo i dati della Ahnenerbe, che avevano analizzato la carta ed eseguito la perizia sulla calligrafia, all’incirca tra il 1775 e il 1780 e che poi l’aveva integrato nel 1787, anno del suo viaggio in Inghilterra. Lui aggrottò la fronte: quindi i sogni della de Jarjayes non derivavano dal viaggio a Tintagel e Glastonbury, ma più probabilmente erano quelli che, al contrario, avevano favorito la trasferta britannica.
Gustav sprofondò nella poltrona e congiunse le mani all’altezza della bocca: dal 1775 al 1780 era stato il periodo dello scoppio della Rivoluzione Americana. La Dichiarazione di Indipendenza risaliva al 4 di Luglio del 1776 e l’incoronazione di Luigi XVI e di Maria Antonietta era avvenuta nel 1774. Si alzò, andò allo scaffale e prese un volume consumato dall’uso: era una delle prime edizioni di “Una spada al servizio della Francia”, la biografia di Oscar scritta da Bernard Chatelet. Consultò l’indice e le appendici, ma trovò solo una breve nota: “Nel 1775, dopo essere stata nominata colonnello comandante delle Guardie Reali, Oscar, accompagnata da André, si recò in Normandia dove si trovava uno dei feudi della sua famiglia
Appoggiò il libro e prese un atlante, lo aprì sulla tavola che riportava le coste settentrionali della Francia e quelle meridionali dell’Inghilterra. Trovò il villaggio di Sainte Marie du Mont, ma non la località de La Madeleine. Aggrottò la fronte: in Normandia aveva quindi preso la passione per il ciclo arturiano. Che la Coppa si fosse trovata in Normandia? Quindi, in quel momento, sotto gli stivali dei nazisti? No, pensò, non avrebbe avuto senso il successivo viaggio e poi perché quel piccolo tomo pieno di frasi sconnesse senza un apparente senso logico? Donne misteriose, cavalieri, luoghi ben definiti come Tintagel, nel nord della Cornovaglia o anche Glastonbury ed il suo Tor. No, la Coppa doveva essere in Inghilterra, dove Oscar stessa era andata a cercarla oppure, si disse, a nasconderla. Una nuova idea si fece spazio nella sua mente: Oscar e André, per qualche motivo che non conosceva, avevano trovato la Sacra Coppa in Normandia, consapevole delle leggende che la circondavano, Oscar aveva iniziato a leggere ogni cosa che la riguardava, compresi i racconti del ciclo arturiano. I sogni e le frasi del libro erano forse il frutto di un profondo senso di colpa per aver tenuto per sé una delle reliquie più grandi della cristianità? Forse. Da qui il viaggio in Inghilterra, come un vero cavaliere, per restituirla secondo la tradizione che la voleva conservata ad Avalon, quindi a Glastonbury.
Gustav strinse le labbra, poteva anche essere così, ma perché non dare la Coppa alla famiglia reale francese e alla Francia intera? Dopotutto, se era stata trovata davvero in territorio francese, era proprio alla Francia che apparteneva; perché mai darla alla protestante Inghilterra? E André perché non era andato con lei nel 1787 lasciandola da sola, lui che la seguiva sempre come un’ombra? C’era qualcosa che legava Oscar e Re Artù e non era solo la passione letteraria, ne era certo, ma che cosa?
Chiuse l’atlante con uno scatto e represse uno sbadiglio. Aveva molto tempo per far luce sull’accaduto, perlomeno, si disse, fino a quando l’esercito tedesco non fosse sfilato al passo dell’oca davanti al Big Ben di Londra. Si sedette e sospirò guardando la cartellina marrone che il Reichsfuhrer gli aveva dato. Aggrottò la fronte, la prese e l’aprì. C’erano alcuni fogli, il primo era una lettera di presentazione per un ufficiale delle SS del suo stesso grado e comandante di un campo di concentramento; un certo Rudolf Franz Ferdinand Hoess. Aggrottò la fronte e si chiese che tipo di ricchezza ci potesse mai essere in quella località della Polonia meridionale chiamata Oswiecim, che in tedesco suonava come Auschwitz.
 
Gran Bretagna – Altrove – oggi
La donna si passò una mano sulla treccia di capelli biondi che gli ricadeva sul lato sinistro del collo. Il buio di quel luogo era solo parzialmente illuminato dalla luce spettrale dell’oggetto posto sopra il sarcofago. Si chiese, ancora una volta e per l’ennesima volta, perché mai era lì, come aveva fatto migliaia e migliaia di volte nel corso dei tanti, troppi anni che aveva vissuto in quel luogo.
Non era mai cambiato nulla e ormai, alla fine, stava anche smettendo di crederci. Tuttavia sua sorella minore le aveva detto che proprio quel giorno qualcosa sarebbe successo, che ci sarebbe stata una prova che la fine della loro lunga veglia era cominciata, ma non aveva ancora visto nulla. Sospirò e si girò per uscire quando, improvvisamente, qualcosa la arrestò. Aveva intravisto qualcosa, il cambio della luminosità che per decenni era rimasta sempre la stessa e non poteva essersi sbagliata. Si girò con il cuore in gola e osservò la fonte della luce. Si portò le mani alla bocca commossa e sentì le lacrime agli occhi: “E’…E’ cominciato!” pensò e corse via da quel luogo oscuro.
Una volta fuori si diresse a passo spedito in una ben precisa direzione. Si fermò per un attimo e si guardò attorno; capì che anche l’ambiente circostante aveva percepito il cambiamento. Sorrise debolmente “Aveva ragione! Come sempre” pensò, ma era troppo felice per essere arrabbiata con sua sorella. Sospirò e alzò il volto verso il cielo “Ci siamo! Adesso è tutto nelle tue mani, sorella mia e spero davvero che tu abbia trovato il nostro campione!” pensò di nuovo e continuò a camminare a passo più lento.
   
 
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