I.
Un violento scossone svegliò Betty.
Alzò la testa dal finestrino dove l’aveva poggiata per riposare, ancora un po’
stordita. Si era assopita quasi subito dopo la partenza, approfittando di un
irreale silenzio tra i componenti di quella strana compagnia.
Si accorse con imbarazzo di avere un
po’ di bava a un angolino della bocca; si affrettò a pulirsi. Poi un altro
scossone la colse di sorpresa, facendole battere la testa contro il tettuccio
del pulmino.
“Marc, non puoi stare un po’ più
attento?” esclamò dolorante.
“Ehi, non è colpa mia: è questo affare
che non sopporta molto bene gli urti”
“Non pensavo ci fossero tutti questi
dossi nel New Jersey.”.
“Infatti, ma credo di investire
qualcosa. Scoiattoli, forse.”.
Betty alzò gli occhi al cielo: cominciava
a dubitare che sarebbero arrivati tutti sani e salvi a destinazione.
***
Betty entrò in ufficio e si era diresse
verso la poltrona rosa fiammante che campeggiava dietro la sua scrivania.
Quando fu seduta, si prese qualche altro secondo di pausa chiudendo gli occhi e
lasciando cadere la testa all’indietro. Era tutto ancora così irreale... Ma non
aveva tempo per compiacersi di sé. Portò lo sguardo sul lato destro della sua
scrivania dove, in una cartellina dello stesso rosa shocking della poltrona, se
ne stava, piuttosto alla rinfusa, la posta delle ultime due settimane. Doveva
decisamente trovarsi un assistente, lei da sola non ce l’avrebbe fatta. Da
quando era stata promossa (Era ora che riconoscessero i tuoi meriti mija!
aveva esclamato giubilante il padre, ignorando che la scelta di Betty per quel
posto fosse stata fatta dietro suggerimento di una monetina da mezzo dollaro). Insomma,
da quando era stata promossa a Feature Editor erano successe così tante cose
che un’incombenza tanto impegnativa come la ricerca di un assistente non era
ancora riuscita a farsi posto.
Intanto, c’era Daniel di cui
preoccuparsi. Dalla morte della povera moglie lo aveva visto solo due volte: la
sera del fatto, quando lo stesso Daniel l’aveva chiamata in cerca di conforto,
e il giorno del funerale, tre giorni più tardi. In entrambi i casi non avevano
parlato, semplicemente lui l’aveva abbracciata, stretta a sé, e Betty aveva
sentito solo le sue lacrime bagnarle il collo.
E poi… alzò gli occhi dalla scrivania
invasa dalle carte, e guardò fuori verso di lui. Lui era Matt, che aveva
avuto la felice idea di farsi assumere dal padre come vice capo redattore di
Mode. No, non c’era mai stato prima di lui un vice capo redattore a Mode (con
due co-editori non ce n’era davvero bisogno), ma Cal Hartley poteva tutto,
compreso creare una nuova posizione ad hoc per il figlio. Matt era anche
intenzionato a darsi da fare, a rendersi utile, ma un aspirante pittore ex
giornalista sportivo, ex veterinario, ex karateka ed ex maratoneta, ben poco
sapeva di moda, cosicché alla fine, se pure cercava di dare un contributo a
livello generale - messo in crisi da abiti d’alta moda e creme di bellezza -
finiva per lasciare gran parte delle decisioni a Wilhelmina.
Questa era tornata ad essere Direttore
Creativo (affermava di aver preso la cosa con sportività, quando invece a
intervalli regolavi saliva sul tetto per sfogarsi distruggendo a colpi di mazze
da baseball i suoi manichini/antistress) e in quel momento si stava aggirando
come una pantera in gabbia nel suo ufficio, mentre Marc osservava la scena, a
tratti divertito, a tratti impietosito.
Betty pensò che non avrebbe dovuto
prendersela tanto, considerando che la poca esperienza di Matt e la dolorosa
vedovanza di Daniel le avevano servito su un piatto d’argento la possibilità di
controllare, di fatto, la rivista. Riportò lo sguardo sull’ufficio di Matt. Ora
stava dipingendo. Questi, proprio allora, alzò lo sguardo dalla tela e lo portò
a incontrare quello di Betty, che si affrettò a guardare altrove. Lui voleva
farle solo sapere che era lì. Era per questo che aveva accettato quel
lavoro, solo ed esclusivamente per farle sapere che lui era lì, nell’ufficio di
fronte, quello del suo diretto superiore, a ricordarle in ogni singolo momento
possibile il suo tradimento. Come se Betty avesse bisogno di lui per
ricordarselo.
Decise che era ora di concentrarsi sul
lavoro. Si buttò sulla posta, ma la prima lettera che le capitò tra le mani
tornò subito a distrarla. Era indirizzata a Daniel.
I primi giorni aveva provveduto lei a
prenderla da parte sua e a tenergli aggiornata l’agenda, un po’ per abitudine,
un po’ per sottrarla dalle mani distratte e potenzialmente pericolose di
Amanda. Ma poi Wilhelmina le aveva vietato di farlo, perché era un vincolo troppo
stretto con il suo lavoro di prima e perché la poteva distrarre dalle sue nuove
responsabilità, e soprattutto perché dava a Daniel la possibilità di riprendere
facilmente le redini della rivista non appena si fosse ripreso (naturalmente la Slater aveva omesso quest’ultima ragione a Betty, ma era bastato il sorriso tiratissimo
illuminato dal bianco accecante dei denti bianchissimi per confermarlo).
Fortunatamente per Daniel, Betty aveva
trovato un’alleata preziosa nell’assistente di Matt, Lily: una ragazza
biondissima e sempre pallida, carina ma non bella, vestita con abiti quel tanto
appena fuori moda da confinarla tra i paria della redazione (categoria cui
Betty era orgogliosamente appartenuta in quel tempo in cui nel suo armadio
ancora figurava il caro poncho da Guadalajara, che però aveva ingloriosamente
finito i suoi giorni in un falò appositamente organizzato sul tetto da Amanda
ai tempi della loro convivenza).
Lily, tra un colpo di tosse e l’altro,
aveva ottenuto da Matt ufficialmente l’incarico di occuparsi delle faccende di
Daniel fin tanto che fosse tornato e avesse trovato un nuovo assistente.
Meticolosa, leale, e di buona compagnia per qualche chiacchiera alla
caffetteria, aveva accettato volentieri di fare questo piacere a Betty, cui
concedeva anche di mettere naso nelle suddette faccende quel tanto da sfogare
le sue crisi d’astinenza da assistenza, e che teneva al corrente sulla vita di
Matt (soprattutto se tra gli appuntamenti della sua agenda spuntava qualche
cena con qualche modella).
Stava proprio pensando a lei, quando
questa apparve sull’uscio dell’ufficio.
“Lui. “ s’interruppe un attimo per
prendere fiato, perchè aveva corso e aveva polmoni poco sviluppati “Lui è
qui!!”
Betty non fece in tempo a chiedere di
quale lui si stesse parlando al momento, perchè lui apparve quasi
subito alle spalle di Lily.
“Daniel!”
Betty corse ad abbracciarlo. Daniel
accolse la calorosa manifestazione d’affetto senza dire una parola. Si limitò a
un sorrisetto, poi le fece cenno di seguirlo.
***
“Ma possibile che nessun altro sappia
guidare qui? Mi sta venendo il mal di mare” esclamò Wilhelmina cercando nel
contempo di trovare una posizione più comoda. “Senza contare che questi sedili
mi stanno spezzando la schiena”
“Scusami Willie, ma davvero non sono
io: è questo trabiccolo che è totalmente ingestibile. E ci sono troppi
scoiattoli in New Jersey”
“Uhm, veramente credo che abbiamo
attraversato il confine più o meno cinque minuti fa. Ora siamo in Pennsylvania.”
intervenne Matt “Comunque se volete posso guidare un po’ io”
Daniel, che gli era seduto accanto, si
voltò sorpreso verso di lui “Davvero hai la patente?”
Matt portò una mano a una delle tasche
interne della sua giacca.
“Se volete ve la most... ehm”
Betty capì immediatamente cosa c’era
che non andava.
“Temo di aver dimenticato il
portafoglio a casa.”
***
Daniel la condusse nella sala riunioni,
dove Betty vide si era già radunata quasi l’intera redazione. O erano tutti
molto veloci o aveva pensato troppo a lungo. No, decisamente era la prima
opzione quella giusta.
Prese posto in fretta, finendo così
senza accorgersene di fianco ad Amanda. Ci pensò lei a farlelo notare, con un
caloroso saluto accompagnato da un altrettanto caloroso commento sulle calze
gialle fluorescenti che indossava.
“Bene, eccoci qua” cominciò Daniel con
tono solenne “E’ una gioia per me tornare tra voi dopo… beh, dopo i recenti
accadimenti..” Un mormorio si alzò dalla redazione.
“Ma non siamo qui per parlare di
questo…” fece ancora una pausa, poi continuò “come doveste sapere, ultimamente
Mode e la Meade non stanno navigando in buone acque, nonostante l’amichevole
aiuto della famiglia Hartley. La fortuna, tuttavia, ci ha riservato una nuova
possibilità per rimetterci in campo.”.
Questa volta le voci si alzarono per creare
un unico grande sospiro speranzoso. Betty portò gli occhi su Wilhelmina. Stava sorridendo.
Beh, sorridere proprio no, ma era un ghigno che ci somigliava molto.
Si girò verso Amanda “Tu sai di cosa si
tratta?”
Lei alzò le spalle e rispose “Sì, me lo
ha detto Marc. No, non te lo posso dire” aggiunse in risposta allo sguardo
supplichevole di Betty “Mi ha fatto promettere di non dire niente. E tanto
adesso saprai tutto no?”
“Conoscete certo tutti la Fabia Cosmetics, nostra inserzionista di punta per anni.”. continuò Daniel.
A sentirla nominare, ognuno nella
redazione associò un proprio ricordo a quel nome. Betty ad esempio pensò ai
suoi primi giorni a Mode, Wilhelmina non vide niente per qualche secondo, e
Marc portò d’istinto una mano su una delle bruciature di sigaretta che Fabia
gli aveva procurato su un braccio.
“Negli ultimi tempi la società ha visto
un grosso aumento di capitale” (grazie alla inaspettata e prematura
scomparsa dell’ultraottantenne quinto marito di Fabia e alla sua eredità,
seppe dopo Betty) “e vogliono tornare a fare grandi investimenti. Nel farlo
però vorrebbero anche migliorare, come dire, la propria immagine pubblica, ed è
qui che entriamo in gioco noi.”.
Betty lanciò un’occhiata a Lily, che si
era rannicchiata tra Betty e una filiforme quanto anonima editor. Capì subito
che sapeva già tutto anche lei.
“Ci è stato proposto di partecipare a
una sfida, contro Elle.”. Il nome della rivista rivale fece echeggiare nuovi
cori dalla redazione, tra cui era possibile riconoscere alcune frasi del grido
di battaglia delle ragazze pon-pon di Mode alla partita di softball di un anno
prima. “In palio c’è, oltre alla pubblicità indiretta, un contratto in
esclusiva per due anni di inserzioni con la Fabia Cosmetics. Con quello che ci offrono, e quanto porterebbero altre società attirate
dalla Fabia…beh, inutile dirvi che per la società sarebbe una bella boccata
d’aria.”.
E potremmo finalmente liberarci
degli Hartley, ma questo non l’ho
aggiunse ad alta voce. Non che gli stessero antipatici, padre e figlio, ma era
importante che al più presto i Meade riprendessero controllo della società. Da
soli.
“La sfida si articolerà in due fasi: la
gara vera e propria, e la pubblicazione di un inserto speciale nel numero di
Settembre. Fabia in persona deciderà poi quale delle due squadre si
aggiudicherà la vittoria.”.
Daniel parlava con scioltezza e
decisione. Gli occhi erano ancora visibilmente un po’ rossi, la barba
leggermente incolta, ma si vedeva quanto era entusiasta dell’intera faccenda.
Betty fu felice di rivedere un barlume di speranza nei suoi occhi.
“Ma arriviamo al dunque: il nostro
obiettivo sarà portare moda e stile in un ambiente dove non sono propriamente
di casa. Un carcere, per essere esatti”
Betty ridacchiò. Metà della redazione e
delle alte sfere della Meade aveva conosciuto gli ambienti carcerari.
“Dovremmo recarci nella prigione
assegnataci, scegliere alcune detenute, vestirle, truccarle e così via, per poi
lavorare con loro all’inserto.”.
“Ok, va bene, i dettagli dopo.” s’intromise
allora Wilhelmina “Ora pensiamo a darci subito da fare. Chi conosce un bravo
fotografo?”
“Wilhelmina no, non ce ne sarò bisogno.”
le rispose Daniel “Abbiamo precise indicazioni su chi parteciperà all’impresa”
“Ovvero?”
“Il capo redattore, il suo vice o
collaboratore, il direttore creativo e il responsabile degli inserti, con i
rispettivi assistenti”
“E chi preparerà le ... modelle
... il set, chi scatterà le foto?”
“E’ questo il bello. Solo otto persone
al massimo, di quelle abituate a dare gli ordini, che si occupano di tutto. Con
un budget di 1000 dollari.”
“Mille?”
“Oh sì, viaggio incluso.”
Questo zittì Wilhelmina per i
successivi cinque minuti. Era troppo incredula per controbattere ancora.
“Pensavo che Wilhelmina conoscesse
tutti i dettagli” disse Betty sottovoce.
“Oh no, Daniel le ha fatto sapere solo
lo stretto necessario” rispose Amanda “L’ho sentito per caso dal
centralino”
Lily annuì in conferma. “Lo hai sentito
anche tu per caso?” le domandò allora Betty aggrottando un sopracciglio.
“No, me lo ha detto Matt. Dovevo
cominciare a preparare un paio di cose...”.
***
“Quando ci fermiamo? Qua cominciamo ad
avere fame!”
Betty si voltò di scatto: si era quasi
dimenticata che con loro c’era anche Amanda. Se n’era stata tanto tranquilla
fino a quel momento… grande idea, quella di partire alle sei di mattina - dopo
qualche iniziale momento di euforia, infatti, la ragazza si era addormentata di
colpo, lasciando agli altri della compagnia il beneficio del silenzio.
“Tra poco tesoro, ho visto
un’indicazione prima. Ora rimettiti a dormire, da brava” la rassicurò Marc.
“Il programma di Lily non parla di
soste prima di mezzogiorno…” cominciò Betty, ma Amanda subito la interruppe.
“Ma io non ho fatto colazione!”
“Ti avevo avvisata…”
“Uff… allora torno a dormire.” L’espressione
di Amanda passò allora quasi istantaneamente dall’abbacchiato al ruffiano “Betty,
potresti venire qua dietro a farmi dei grattini?”
E Betty tornò a chiedersi quanto buona
potesse essere mai stata l’idea di chiedere ad Amanda di essere la sua
assistente.
***
Finita la riunione, al tavolo erano
rimasti solo quelli chiamati a partecipare all’impresa, ovvero Daniel, Betty,
Wilhelmina e Marc, Matt e Lily.
“Dove dobbiamo andare di preciso?”
chiese Betty.
“Tallahassee, Florida.” Le rispose
Wilhelmina “Beh, per lo meno quando questa follia sarà finita potremo andarcene
in spiaggia. Piuttosto, siamo solo noi a partire?”
“Oh, sì... a meno che Betty non si sia
trovata un assistente. Betty?”
Alla domanda rivoltale da Daniel, Betty
rimase un attimo in silenzio. Ne aveva dannatamente bisogno... Rispose “No,
ancora no. Ma posso farcela anche senza.”.
“Come preferisci... comunque non
preoccuparti troppo dei dettagli, a quelli potranno pensarci Marc e Lily”
Sentitasi nominare, Lily scattò in
piedi. “Certo signore! A questo proposito, direi che calcolando le ventotto ore
di viaggio nette previste, e le pause per cibo e riposo, potremmo
funzionalmente fissare la partenza per domani mattina alle sei..”
Wilhelmina riassunse la stessa
espressione sconvolta di quando aveva saputo del budget. Betty invece si chiese
come avesse fatto a dire tante parole così velocemente, e a quanto potesse
essere sicuro usare il metrò alle sei di mattina.
“Ecco, poi mi sarei permessa di
preparare una piccola guida, con indicazioni stradali precise e un paio di
consigli pratici... sapete, mio padre faceva il rappresentante, eravamo sempre
in viaggio” arrossì violentemente sulle note biografiche “spero vi possano,
ecco, essere d’aiuto. Non preoccupatevi per il mezzo, ho già preso contatti con
mio zio Bob – porterà lui stesso il pulmino qua davanti all’ora stabilita.”.
E sempre più rossa, Lily cominciò a
distribuire tre fogli a ciascuno – strada, consigli pratici, uso del budget.
“No, non se ne parla neanche. Non
indosserò dei pantaloni di tuta per Dio! Né acquisterò abiti e make-up in un...
in un grande magazzino” e Wilhelmina rabbrividì, pronunciando queste
ultime due parole. Le sue proteste furono comunque ignorate.
“Ottimo lavoro, grazie infinite Lily”
Per la prima volta da quando si erano
riuniti, Matt aveva preso la parola, lodando con tono gentile la sua
assistente. Poi si rivolse agli altri “Direi che per oggi abbiamo finito”
Daniel e Wilhelmina annuirono, e tutti
se ne andarono.
Anche Betty stava per abbandonare la
sala, quando qualcuno all’improvviso le spuntò alle spalle.
“Amanda! Mi hai spaventato!”
“Hai un telo da mare da prestarmi? E
niente riferimenti a Guadalajara o cose del genere.”.
“Telo da mare? A che ti serve scusa?”
“Stiamo andando in Florida no? Dovunque
si vada in Florida c’è sempre il mare.”.
“Stiamo? Amanda, guarda che tu
non puoi venire.”
“Oh Betty ti prego, trova un modo per
farmi venire. Ti prego ti prego ti prego” cominciò a supplicarla,
prendendole le mani. “Non voglio rimanere qua da sola, mi annoierei a morte
senza di te e Marc!”
E al tono supplichevole aggiunse
l’espressione del cerbiatto braccato.
“Amanda…”
A Betty venne un’idea, ma anche il
terrore di esprimerla ad alta voce.
“Ecco... un modo ci sarebbe. Amanda…”
“Sì Betty?”
Si sentiva imbarazzata: Amanda le stava
tenendo ancora le mani.
“Amanda… vorresti…”
“Sì?”
“... vorresti essere la mia
assistente?”
E prima che potesse fare o dire
nient’altro fu sopraffatta da una nuvola di capelli falsi biondi.